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Autore: _aivy_demi_    20/05/2019    59 recensioni
Una ragazza sbadata, disordinata e senza alcun pelo sulla lingua.
Un ragazzo famoso, allontanatosi dalla propria città in cerca di qualcosa.
Si incontrano, si detestano fin da subito.
Una simpatica commedia romantica het piena di malintesi, incontri fortuiti (e non), umorismo e una punta di ironia che non guasta mai.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Singing

is the answer


5-Supermarkets have the red colour of embarrassment



«Ferma, ehi… Ehi!» Åsli tentò un’ultima volta di bloccare il carrello pieno nell’attraversare l'ennesima corsia di articoli per la casa; Raon lo guardò distrattamente, chiedendogli invece quale dei due stracci da cucina preferisse. Le scelte ricadevano tra il cagnolino triste o la giraffa con la cravatta.
«Ah ah.» “Certo, ti sento ma non ti ascolto.”
«Lo sapevo. Sapevo che non avrei mai dovuto accettare. I tuoi gusti sono assolutamente pessimi, te lo ha mai detto nessuno?»
«Più o meno tutti credo.»
Il ragazzo sbuffò ma la sua attenzione venne attirata da un semplice servizio da tè in ceramica: la trama floreale dai colori accesi gli aveva ricordato la scanzonata vecchietta che adorava prenderlo in giro ad ogni occasione. Raccolse teiera e tazzine complete di piattino e tentò di adagiare il pacchetto delicatamente nel carrello. La giovane non s’era neppure accorta del tentativo, fino a che non venne letteralmente bloccata con i piedi.
«Che carino! Estimatore di tè?»
«Beh, non proprio. Tu invece? Estimatrice del cattivo gusto?»
Raon rise sincera: gli chiese il motivo di tale domanda, un po’ per burla, un po’ per farlo ridere, nel momento in cui una tovaglia a cuori rosa venne fatta cadere su un cuscino da divano verde acido con il prezzo volutamente nascosto. Lui indicò gli innumerevoli articoli scelti quasi esclusivamente da lei: «cattivo gusto.»
«Che crudele. Io lo definirei carino, non certo kitch.»
Åsli afferrò le presine da forno in stile naïf sventolandogliele davanti agli occhi. «Non devo mica arredare la cucina delle bambole.»
Sbuffò sonoramente contrariata nel tentativo di far pesare in maniera palese il suo disappunto; era lì per dargli una mano, voleva e anzi doveva, ed era anche per colpa sua. Non aveva certo scelto lei di trovarsi in una situazione simile.
«Se ti fossi fatto bastare i dolcetti, ora non saresti qui a sorbirti il mio cattivo gusto, come adori chiamare il mio senso estetico nell'arredo.»
«Se tu non fossi arrivata a lavori fatti, ora te ne staresti a casa a leggere scan yaoi sbavando davanti al computer.» Forse aveva esagerato, forse non avrebbe dovuto dirlo in una maniera così cinica. Non poteva farci niente, la frase aveva preso l’autostrada cervello/lingua senza neppure una sosta intermedia. Era fatto così, e non se ne vergognava in nessun modo.
«Portatile.»
«Cosa?»
«Ho detto portatile. Le scan le leggo lì.»
“Non funziona neppure l’ironia con lei. Non ha proprio peli sulla lingua.”
«Senti, che ne dici se poggiamo tutta questa roba da qualche parte e ci fermiamo un attimo? Sarà almeno un’ora che siamo chiusi qui dentro.»
«No, prima passiamo in cassa, paghi e poi andiamo via. Prima finiamo prima ce ne andiamo.»
«Così puoi tornare a guardare le tue cose porno.» Touché.
«Ovvio.» Ironia destabilizzata.
Il ragazzo si passò le dita sulle palpebre scuotendo la testa: possibile che prendesse sul serio ogni singola frecciatina che le lanciava con noncuranza? Un assurdo carattere cristallino e prevedibile. Il fatto di non averla mai vinta con lei in maniera assoluta risiedeva nelle risposte ricevute senza neppure pensare alle conseguenze.
«D’accordo, passiamo in cassa e poi usciamo di qui. Ho un sacco di cose da fare.»
«Immagino: leggere commenti su YT, rispondere a qualche ragazzina arrapata che ti dice quanto ti ama sotto alle foto del tuo profilo, gongolare dei fan che ti seguono ad ogni video.»
«Hai parlato proprio tu di arrapate?»
«Io almeno non mi sciolgo in brodo di giuggiole a scrivere messaggi osceni tramite google traduttore per far sapere ad un ragazzo famoso quanto sia sensuale.»
«Andiamo a pagare.»
«Sì, che è meglio.»
Nemmeno stavolta era riuscito ad avere l’ultima parola, ma l’espressione che aveva usato per ribattere era mirata, come se fosse cambiato per un attimo il suo atteggiamento. Chissà perché poi, gelosa non sarebbe potuta essere di sicuro. La notorietà portava ad avere a che fare anche con persone che riversavano sul web il proprio apprezzamento in maniera esplicita ed alle volte imbarazzante, e di questo Åsli era a conoscenza. Caricò per metà la spesa notando la presenza di una piccola cornice d’argento: non riuscendo a trovare l’utilità di un oggetto simile, la prese tra le dita rigirandola un paio di volte e la poggiò su uno dei ripiani.
Venne letteralmente fulminato con lo sguardo.
L'appoggiò con movimento lento e studiato per evitare di ricadere nelle ire della vicina decisamente pepata, continuando a riporre il tutto; cose di ogni tipo gli erano passate davanti agli occhi, di dubbio gusto decisamente ma utili. Non aveva mai dato troppa importanza a quello che serviva davvero in casa, considerando che di quel genere di cose s'era occupata Kisha a suo tempo. L'immagine della ragazza si stagliò nella sua mente, ma venne cancellata con un colpo di spugna subito dopo, finendo nuovamente nell'oblio.
Non doveva pensare a lei, in nessuna maniera.
Non lo avrebbe fatto più, non ora che s'era deciso a cambiare vita e città.
Doveva pensare esclusivamente al suo lavoro, non alle cazzate, nemmeno al passato che saltuariamente tornava a tormentarlo.
Pagò con la certezza che una ragazza avrebbe decisamente pensato a tutto in occasioni simili, non tralasciando nessun particolare. Sospirò spingendo il pesante carrello verso l'area ristoro sperando in una pausa più che meritata, e non dal supermercato, bensì da Raon stessa: quando ci si metteva, non era in grado di stare zitta per più di cinque minuti di fila.
«...sli?»
Come facesse a riversare così tante sillabe una dopo l'altra poi.
«Signor notorietà? È diventato sordo?»
Si stupì d'essere richiamato in maniera così impertinente e si voltò corrugando la fronte: «che c'è? Di cosa vuoi blaterare stavolta, logorroica?»
«L'ordinazione.»
Sbuffò nascondendo l'imbarazzo di quella uscita senza senso, tentando di non focalizzare l'attenzione sulla banconiera che se la stava ridendo sotto ai baffi.
«Un caffè va bene, grazie.»
«Perfetto.» Raon saldò il conto alla cassa e si portò all'altezza di uno di quei tavolini da bar accostati ad alti sgabelli, famosi per la mancanza di comodità; faticò a mantenere l'equilibrio dall'alto del suo metro e sessanta, per poi affondare i denti in uno dei croissant più golosi tra quelli esposti. Il ragazzo la raggiunse trattenendo tra le dita la tazzina bollente.
«Mangi sempre così?»
«Sì, perché?»
«Complimenti, riesci ad essere un figurino nonostante le calorie che fagociti ad ogni sfizio o merenda extra.»
Lei restò per un attimo sul chi va la: non sapeva se interpretare la cosa come un complimento oppure come un insulto al suo stile di vita.
«Se te lo stai chiedendo, era proprio un insulto. Ingorda.»
«Eh vabbé, l'idea di stare a dieta e mangiare esclusivamente sano mi mette ansia, va bene?» La domanda retorica piccata si mostrò per quello che era: un tentativo di mascherare la sensazione allo stomaco di aver percepito un minimo di apprezzamento, scavando in profondità all'interno di quel sarcasmo che tanto caratterizzava ogni singola osservazione del ragazzo. Lui scoppiò a ridere macchiandosi la felpa, rigorosamente bianca, con evidentissime gocce scure.
«Almeno io non sono un completo disastro.» Rise pure lei sporca di zucchero a velo fino alla punta del naso.
Per un attimo si guardarono mentre Åsli le passava il polpastrello sulla pelle recuperando la sostanza dolce e portandosela alle labbra, succhiandola con entusiasmo. «Mhn, buono. Quasi quasi la prossima volta ne prendo una anche io. Saprai sicuramente indirizzarmi in qualche buon posticino scommetto. Chissà quanti ne avrai provati, no?»
«Smettila!» Gli rispose improvvisamente, senza riflettere.
«Ehi, non voleva essere un'offesa la mia!»
«Non è per quello, imbecille!» Si sollevò dallo sgabello raggiungendo la toilette del centro commerciale e richiudendosi con violenza la porta alle spalle.
«Certo che è davvero strana.»


Raon sospirò davanti allo specchio dell'antibagno, reggendosi al lavabo con entrambe le braccia: tentava invano di regolarizzare il respiro ed il battito cardiaco. “Quanto sono stupida, cosa cavolo mi prende adesso?” L'ideale sarebbe stato rinfrescarsi un attimo, ma neppure il lavello sembrava voler collaborare. Aprì una, due, tre volte il rubinetto, senza alcun risultato, colpendo la base stessa: il getto uscì d'improvviso ad alta pressione, amplificato dalla mano che erroneamente aveva premuto contro di esso. L'acqua le si rovesciò completamente addosso, inzuppandole il torso ed il volto.
Rise isterica come non mai e prese a calci il lavandino lasciando un'evidente impronta di scarpa; l'imprecazione si levò con tutta la mancata grazia possibile, attirando l'attenzione di Åsli che si premurò di rassicurare la barista e chiederle di sorvegliare il carrello della spesa. La prima reazione dopo aver spalancato la porta offese palesemente la ragazza: le risate si stavano sprecando.
«Che cazzo stai ridendo a fare?»
«No, scusa... è che... è che sei davvero ridicola, sul serio!» Faticava ancora a trattenersi, ritrovandosela completamente zuppa da capo a piedi. «Carino però l'intimo, non si direbbe tu fossi capace di scegliere qualcosa di femminile.» Aveva ancora parlato a sproposito senza neppure dar peso ad ogni singola parola detta; si rese conto d'aver fatto un'altra gaffe solo quando il volto di lei si riempì di lacrime.
«Ehi, no aspetta... cosa fai adesso? Ti metti a piangere pure?»
«Sei un vero idiota, vattene!» Raon non stava capendo più come gestire le emozioni che le stavano letteralmente sfuggendo di mano. Si trovava in un bagno pubblico, bagnata fradicia, senza un solo cambio di vestiti e arruffata come un pulcino sotto la pioggia. Riaprì gli occhi e si ritrovò il giovane a petto nudo a pochi centimetri di distanza.
«Aspetta un momento, non vorrai mica approfittare?» lo spinse via con foga contro la porta schiusa del bagno, facendo levare un'ulteriore imprecazione.
«Certo che a volte non capisci proprio un cazzo. Ti pare che approfitterei in situazioni simili? Ti sto prestando una maglietta, scema.»
Si girò imbarazzata, più per il fatto d'aver travisato il gesto di cortesia che non ritrovarsi in maglietta chiara e intimo evidente davanti ad un mezzo estraneo. «Come farai?»
«Io sono capace di arrangiarmi, mica come te. Senti, lascia fare, altrimenti perderemo pure il bus per tornare a casa.»
Raon si ritrovò voltata di schiena, mentre il giovane le stava
sfilando la maglietta e pure sganciando i ferretti del reggiseno; la sua schiena venne scossa da brividi profondi, ed abbassò la testa nella speranza di non far notare la pelle paonazza fino alla punta delle orecchie. «Non era necessario.»
«Che cosa? Se non ti fossi levata anche questo,» disse lui indicando l'intimo stretto tra le mani, «non avresti potuto infilarti nemmeno questa.» La voce ferma tremò per un attimo mentre la guardava di sottecchi nel suo rivestirsi.
«Beh, io esco.»
La ragazza lo seguì a ruota leggermente a disagio, mantenendo lo sguardo basso e le mani infilate nella felpa aperta che miracolosamente s'era salvata dall'incidente. Alzò le iridi giusto per notare Åsli che chiedeva con noncuranza un sacchetto di plastica alla barista, sbandierando le coppe in pizzo chiaro che stringeva tra le dita come fossero un trofeo.
Se possibile, il colore delle sue guance superò il disagio precedentemente dimostrato.
«Andiamo, ti prego...» lo strattonò nascondendo il volto con l'altra mano e recuperando il carrello di corsa, mentre la banconiera le faceva l'occhiolino con il pollice alzato sorridendo sorniona.




Angolo dell'autrice (che per una volta s'è divertita un sacco e ha fatto fare figuracce a non finire!)
Rieccomi, salve a tutti! Un altro capitolo che mi è piaciuto scrivere, che mi ha donato il buonumore in un periodo in cui manca da far schifo. Mi ci è voluta un'eternità, ma i contrattempi sono tanti e insormontabili. Mi auguro comunque che la storia abbia preso una piega piacevole, questi due più si odiano più sono divertenti insieme!
Alla prossima, grazie a tutti voi per essere passati di qui, per avere un pensiero dedicato e per aver letto e recensito: siete dolcissimi.

-Stefy-

   
 
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