Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
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Autore: BabaYagaIsBack    20/05/2019    0 recensioni
●Book I●
Aralyn e Arwen anelano alla libertà. Fin dall'alba dei tempi quelli come loro sono stati emarginati, sfruttati, ripudiati, ma adesso è giunto il momento di cambiare le cose, perché nessun licantropo ama sottomettersi, nessun uomo accetta la schiavitù. Armati di tenacia e coraggio, i fratelli Calhum compiono la più folle delle imprese, rubando a uno dei Clan più potenti d'Europa l'oggetto del loro potere. In una notte il destino di un'intera specie sembra cambiare, peccato che i Menalcan non siano disposti a farsi mettere i piedi in testa e, allora, lasciano a Joseph il compito di riappropriarsi del Pugnale di Fenrir - ma soprattutto di vendicarsi dell'affronto subìto.
Il Fato però si sa, non ama le cose semplici, così basta uno sguardo, un contatto, qualche frecciatina maliziosa e ogni cosa cambia forma, mettendo in dubbio qualsiasi dottrina.
Divisi tra il richiamo del sangue e l'assordante palpitare del cuore, Aralyn e Joseph si ritroveranno a dover compiere terribili scelte, mettendo a rischio ciò che di più importante hanno.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
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44. Forget the limits

Appena Aralyn mise piede fuori dal ristorante, con la pancia piena, si concesse un grosso respiro d'aria fresca. La salsedine le si infilò prepotentemente su per le narici, pizzicandole il naso e facendola starnutire più e più volte, esattamente come le era capitato durante il viaggio. 
Josh accanto a lei, preso ancora dalla disperata ricerca del pacchetto di sigarette, si ritrovò a ridacchiare sotto ai baffi di fronte a quella serie di versetti ridicoli.

«Smettila!» lo riprese subito, costringendosi a respirare con più lentezza per non venire nuovamente sopraffatta da quella sfilza di "etcù", ma la cosa parve non servire. Il ragazzo scosse la testa, mettendosi tra le labbra il filtro giallo: «Perché dovrei? È abbastanza ridicolo il fatto che ti dia fastidio la salsedine» le rispose con prontezza. Il sorriso pareva non volerglisi levare in alcun modo dal viso e, nonostante tutto, la lupa si scoprì felice della cosa.
Avevano passato una piacevole serata e, oltre a ciò, per qualche ora ogni cosa li avesse frenati o spaventati era sparita dalle loro menti.
«Si vede che non hai l'olfatto sviluppato come il mio» sottolineò sfacciatamente, cercando di colpirlo nell'orgoglio di lupo, cosa che sicuramente ebbe un certo effetto, visto che pericolosamente le si avvicinò. L'agitazione prese la meglio sulla ragazza. Perché mai si stava portando così vicino?
Ad ogni passo che faceva nella sua direzione, Aralyn avvertiva le gambe farsi sempre più molli.
Lo stomaco sembrò contorcerci, mentre il cuore accelerò notevolmente il ritmo. Se non ci fosse stata la brezza leggera a impedirglielo, avrebbe persino potuto dire di star sudando freddo.
Sfruttando la mano libera, Josh le prese una ciocca accanto alla guancia e, in un gesto lento e del tutto provocatorio, se la portò al viso: «Eppure il tuo profumo lo sento benissimo» le disse con sguardo languido, provando a metterla a disagio - cosa che non faticò ad accadere.
Aralyn sentì le guance prendere fuoco e la gola seccarsi, così, per non agitarsi ulteriormente, fece qualche passo indietro in un istintivo gesto di difesa. Perché tutto sommato non era ancora sicura di voler accorciare le distanze tra loro.
In lei, desiderio e paura, stavano lottando allo stremo per decretare un vincitore.
«Sei uno scemo» fece lanciandogli un'occhiata bieca. Sapeva che ogni sua frase sarebbe stata presa e mal'interpretata dalla mente contorta di lui, così si costrinse a passargli accanto senza aggiungere altro, ripercorrendo così la strada che avevano fatto all'andata - non poteva certo dargli modo d'infierire ancora a quel modo!
Grazie al cielo, il suo sesto senso seppe condurla nella direzione corretta. Le botteghe e i negozi avevano ormai abbassato le serrande, diventando ognuna uguale all'altra e le persone che prima avevano riempito le vie erano ormai al sicuro nelle proprie case - orientarsi non sarebbe poi stato tanto facile, per altri soggetti.
Josh le corse dietro, senza però smettere di sorridere. Doveva divertirsi davvero a prendersi gioco di lei!
Aralyn riusciva a sentire sia i passi veloci di lui, poco distanti dalle sue orecchie, sia il suo sogghignare continuo.
Avrebbe davvero voluto girarsi e invitarlo nuovamente a tacere, ma temette fino all'ultimo che potesse uscirsene con un altro commento simile a quello precedente, così procedette senza pause fino all'ingresso dell'hotel e lì, con un grosso respiro, valutò l'idea di abbandonare definitivamente il piano di restare con il ragazzo a fare ancora due chiacchiere, in modo d'allontanare qualsiasi paura la stesse per aggredire e non permettere ai rimorsi di aver la meglio su di lei, dopo.

Però...

Prima di varcare la soglia dell'entrata si volse, alzando senza pudore lo sguardo sul viso di Josh - quell'incantevole volto capace di far innamorare ogni donna, ammaliante e pericoloso come una rosa piena di spine.
«Posso farti un'ultima domanda?» e di fronte a ciò le sopracciglia del ragazzo si levarono in segno di stupore.
«È un interrogatorio?» scherzò, lanciando lontano il mozzicone della sigaretta.
Del tutto incapace di capire se stesse facendo o meno la cosa giusta, Aralyn tornò ad avvertire lo stomaco contorcersi, oltre che il cuore aumentare il ritmo. Rimase sospesa nei suoi dubbi per lunghissimi secondi, poi trovò la forza per aprir bocca: «Nel tuo vecchio Clan c'era qualche usanza strana? Cioè... facevate qualcosa di particolare per scongiurare il peggio?» e, seppur velato, in quella domanda aveva nascosto un altro significato.

Joseph batté più e più volte le palpebre, restando stupito da quel quesito e, soprattutto, non sapendo esattamente cosa rispondere. Provò a riportare alla mente tutto ciò che tra i Menalcan si usava fare per invogliare Mànagarmr a concedergli sia la grazia, sia un posto al suo fianco nelle Lande Selvagge se le cose fossero andate male, peccato solo che nessuna delle cose a cui pensò sembrava essere adatta al momento, così scosse la testa: «Nulla che si possa definire speciale» disse, improvvisamente vergognandosi di tutto ciò che aveva fatto negli anni.
Per qualche strano motivo sentì di averle fatto un torto lasciandosi andare ai piaceri della carne e ai sadistici rituali del proprio branco, eppure non avrebbe dovuto. Quando tutto ciò era successo nemmeno sapeva della sua esistenza.
Aralyn di fronte a quella risposta parve delusa. Forse dentro di sé stava aspettando una soluzione per calmare tutte le paure che la stavano mangiando viva o forse si aspettava da lui comprensione, ma aveva fallito.
Lo sguardo della ragazza si abbassò sulla punta degli stivali, allontanandosi dal volto del Nobile e impedendogli così d'indagare in lei, nelle sue iridi dorate. Cosa poteva fare per rimediare?
«Peccato» la sentì dire all'improvviso: «Avrebbe fatto comodo, non pensi?» Con la coda dell'occhio la vide torturarsi le mani oltre la tasca della felpa, lì dove probabilmente credeva di non essere scoperta, per poi abbozzare un sorriso a labbra strette.
Il Puro fu sopraffatto da un senso di spaesamento, quasi non si sarebbe mai aspettato una simile fine per la serata - dopotutto, il tempo passato insieme era sembrato piacevole per entrambi. Avevano parlato di tutto ciò che poteva essere interessante e, anche se non completamente e nemmeno troppo apertamente, le aveva parlato di sé. Non poteva rovinare tutto lasciandola da sola a fare i conti con le paranoie.
«Ara... » con il cuore in gola cercò di avvicinarsi a lei, provando in qualche modo a capire cosa le stesse frullando per la testa. Le si fece sempre più vicino, arrivando alla distanza perfetta per afferrarle le mani: «andrà tutto bene» le sussurrò, pregando dentro di sé di non star dicendo la più grande bugia della sua vita e aver ben interpretato il motivo del suo malumore.
Forse... forse avrebbe potuto indirizzare Kyle sugli emissari del Duca, far catturare e massacrare loro al posto di lei; sì, perché non gl'importava di nessun altro in quel momento, perché voleva preservarla, renderla libera d'incontrarlo ancora in futuro.
«Ti ricordi cosa ti ho detto alla tavola calda?» la sentì dire d'un tratto. I passi si bloccarono, lasciando tra loro un breve spazio vuoto capace di sembrare immenso. Cosa diavolo stava cercando di dirgli?
«Sì» ammise, sentendo poi aumentare l'amaro in bocca. Come avrebbe fatto a dimenticare il suo rifiuto? Lei era stata la prima a fargli dimenticare i limiti imposti da Douglas Menalcan, a fargli scoprire un mondo diverso dal proprio e, soprattutto, a fargli desiderare di poter proteggere un meticcio.
Era stata la prima a fargli sfiorare il sentimento più vicino all'amore che avesse mai potuto provare.
Lei a quel punto iniziò a sollevare lo sguardo, partendo da terra e alzandosi verso il volto.
«Per stasera, solo per questa sera... dimenticalo, okay?»

   
 
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