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Autore: syila    21/05/2019    5 recensioni
"In tutto sono quarantamila Yen piccolo, incluso lo sconto per i minori di undici anni."
"Andata e ritorno?"
"Certo."
"Allora... Prendo solo l'andata."
"Sei sicuro?"
Il bambino con gli occhiali al di là del vetro parve esitare, poi annuì deciso.
"Si."
"Va bene, un biglietto con posto non riservato Fukuoka-Tokyo sola andata." ricapitolò l'addetto alla biglietteria, il quale subito dopo si vide depositare nella cassettiera una cascata di monete e banconote di vario taglio.
Uno spirito più zelante avrebbe avuto degli scrupoli nel vendere un biglietto dello Shinkansen ad un marmocchio di dieci anni senza accompagnatore, ma il signor Nakagawa era in turno dalle cinque del mattino e l'unica cosa che voleva era una caraffa di caffè bollente e la sua agognata pausa di dieci minuti.
Perciò si limitò a contare il denaro e, appurato che si trattava di valuta legale, stampò il tagliando e glielo consegnò.
Il bambino sembrava sapere il fatto suo e avrebbe viaggiato su un treno super veloce, famoso per puntualità e sicurezza; del resto erano in Giappone, uno dei paesi col minor tasso di criminalità al mondo, cosa poteva accadergli di male?
Genere: Avventura, Fluff, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hiroko Katsuki, Toshiya Katsuki, Victor Nikiforov, Yakov Feltsman, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II°

La stazione di Fukuoka era meno affollata del solito dato il giorno festivo. Nel breve tragitto da Hasetsu era filato tutto liscio; il treno era semivuoto e non si era vista nemmeno l'ombra di un controllore.
Yuuri ebbe tutto il tempo di arrivare al binario, salire sullo Shinkansen e trovare un posto a sedere anche senza prenotazione.
Diversamente dai pendolari, che utilizzavano il treno super veloce per lavoro, il grosso dei passeggeri del suo vagone era composto da famiglie e persone anziane, che andavano in visita ai parenti approfittando della breve vacanza.
Il bambino cominciò a valutare che era da solo e avrebbe finito con l'attirare l'attenzione di uno steward e troppe domande scomode.
Durante la prima ora non accadde nulla di particolare, tuttavia lui rimase in stato di allerta costante e, appena vide profilarsi un cappellino gallonato oltre le porte scorrevoli in fondo alla carrozza, lasciò il suo posto e andò a chiudersi in bagno.
Aveva evitato i controlli del personale, però non poteva pensare di trascorrere il resto del viaggio nascondendosi in tutti i bagni del convoglio!
Urgeva una soluzione più pratica.
Cautamente uscì dal nascondiglio e prese a risalire il treno in cerca di ispirazione, ma gli unici posti liberi erano o accanto a famiglie "al completo", che non avevano bisogno di un marmocchio aggiuntivo, neppure per un breve tragitto, o coppie senza figli, che probabilmente stavano bene così.
Scartò per lo stesso motivo un paio di austeri signori di mezz'età dall'aria accigliata attaccati al loro telefono, forse costretti a lavorare anche in un giorno di festa, poi nell'ultima carrozza in testa al treno, quando ormai aveva abbandonato le speranze, individuò il suo passaporto per un viaggio tranquillo.
"Posso vedere il biglietto per favore?" chiese con professionale cordialità la giovane steward al bambino occhialuto, che sgranò un largo sorriso e le porse il tagliando.
"E il suo?"
"La nonna si è addormentata da poco." rispose Yuuri in un bisbiglio indicando l'anziana in kimono seduta dirimpetto a lui, che dormiva della grossa col capo reclinato sul petto "Ci siamo svegliati prestissimo stamattina!"
"Oh, capisco..." annuì conciliante l'addetta, mantenendo un analogo tono sommesso.
"Comunque eccolo." con la maestria di un borseggiatore Yuuri sfilò il tagliando dalle mani della donna, la quale continuò a dormire, ignara di tutto.
La fortuna stava girando a suo favore e di questo non aveva mai dubitato, perché prima di partire era andato al santuario, aveva pregato i Kami* e aveva preso un omikuji*, che gli aveva predetto daikichi, ovvero una grande fortuna.
Il bigliettino lo aveva ancora con sé, ne sentiva la benefica protezione anche dal fondo del suo zainetto.
Non sapeva quanto sarebbe durata, ma sperò il più a lungo possibile.



L'attempata nonnina si svegliò poco dopo e si rivelò una gradevole compagnia; Yuuri le ricordava il nipote più piccolo, che si era trasferito a Tokyo con la famiglia da alcuni mesi e di cui sentiva molto la mancanza.
Stava andando a trovarli e una volta appreso che avrebbero viaggiato insieme lo riempì di attenzioni e lui in cambio ascoltò paziente la cronaca dei suoi acciacchi, le vicissitudini lavorative della figlia e i successi scolastici dei nipoti.
A lei non volle mentire, o meglio: omise per prudenza la parte in cui era letteralmente fuggito di casa, però le raccontò del grande evento sportivo a cui voleva assistere, perché anche lui praticava pattinaggio su ghiaccio e presto sarebbe entrato negli juniores.
L'ultima affermazione forse era un po' azzardata, tuttavia sentiva che dopo aver incontrato Victor tutto sarebbe stato possibile.
Giunti a destinazione venne il momento di congedarsi e Yuuri la salutò inchinandosi, con quel rispetto verso le persone anziane tipico della sua cultura e della sua educazione.
"Grazie per aver vegliato su di me durante il viaggio obaasan* e per i biscotti."
"Oh tesoro sono io che devo ringraziarti, hai reso il tragitto molto piacevole! Mia figlia sarà qui a momenti, potremmo accompagnarti noi al Palazzo del Ghiaccio."
Erano sulla banchina della stazione, dove il via-vai dei passeggeri si era placato in concomitanza dell'ora di pranzo; al bambino cadde l'occhio sull'orologio digitale e gli prese un colpo: erano quasi le due e le gare sarebbero cominciate di lì a mezzora!
"Mi dispiace, sono già in ritardo obaasan!"
La gentile nonnina lo vide scomparire alla velocità della luce nel sottopasso e scosse il capo sospirando “Benedetti ragazzi moderni, sempre di corsa!”
Yuuri sapeva che c'era una fermata della metro all'uscita della stazione, doveva solo azzeccare la linea giusta che lo portasse fino al parco sportivo di Edogawa, però un conto era la teoria, un altro la pratica.
La metropolitana di Tokyo era un dedalo di linee e stazioni che ad un ragazzino cresciuto in una piccola città sembrava un garbuglio incomprensibile e dopo aver perso ben cinque minuti del suo prezioso tempo a contemplare la cartina decise di usare i vecchi metodi.
"Mi scusi signore..."
L'addetto all'ufficio informazioni fu costretto ad allungare il collo, perché l'utente arrivava a malapena al bancone.
"Che c'è piccolo, ti sei perso?"
Niente di grave, in una stazione così grande non passava giorno che qualche marmocchio perdesse di vista la sua classe o i genitori, il personale era abituato a fare fronte a questo tipo di emergenze; tuttavia il bambino rispose con un fiero diniego e gli allungò un tesserino sportivo.
"Federazione Regionale di Pattinaggio di Figura, Prefettura di Saga..." lesse l'uomo incuriosito "Ah! Sei qui per il Gran Prix di pattinaggio allora!"
Yuuri annuì entusiasta e precisò "Non capisco quale linea della metro prendere per arrivare ad Edogawa."
"Non ti serve la metro! C'è un servizio di navette gratuito che parte dal piazzale qui di fronte... Ehi! Aspetta!" l'uomo si sporse, voleva dargli una cartina e dei depliants informativi, ma il bambino era già scappato via, come se avesse il diavolo alle calcagna.
Individuare il pullman fu piuttosto facile; aveva un grande display che indicava la destinazione e la carrozzeria era fasciata con una vistosa pubblicità dell'evento.
Di nuovo Yuuri ebbe la conferma che quel viaggio era nel suo destino: un Victor enorme e sorridente lo aspettava effigiato sulla portiera, che si aprì davanti al passeggero ritardatario e lo inghiottì, per poi partire alla volta della cittadella sportiva di Edogawa.



Durante il percorso il bambino notò a malapena le meraviglie della grande metropoli; gli altissimi grattacieli, il traffico pedonale variopinto e bizzarro delle signore in kimono e delle lolite coi loro leziosi abitini da bambola non lo attiravano quanto fare l'inventario dello zaino.
Controllò che il regalo per Victor fosse al suo posto e la rosa blu era ancora lì, appena sgualcita, ma passabile. L'aveva comprata il giorno prima ed era costata un occhio della testa, perché il fioraio aveva dovuto ordinarla apposta, a causa del colore insolito.
La navetta si fermò davanti al palazzo del ghiaccio puntualissima, allo scoccare della mezzora, e Yuuri si diresse baldanzoso verso le porte a vetri, dove però venne intercettato dagli addetti alla sicurezza.
"Biglietto prego."
"Bi-biglietto?"
"Per entrare serve il biglietto, tremila yen per gli adulti, duemila e cinquecento per i bambini."
L'interpellato impallidì, poi arrossì di vergogna: lui non aveva tutti quei soldi!
Aveva speso fino all'ultimo centesimo per il treno!
La sua buona stella aveva già smesso di brillare?
La fortuna si era esaurita così presto?
Dove rinunciare ad un passo dalla meta?
Era ormai in preda al panico quando nella sua visione periferica entrò una coppia di coetanee in tuta da ginnastica coi borsoni sportivi a tracolla e gli venne un'idea.
Frugò nelle tasche del giaccone e mostrò il tesserino della Federazione di pattinaggio; si stava giocando il tutto per tutto, dentro o fuori, vedere Victor o non vederlo.
"Potevi dirlo subito!" esclamò l'uomo dopo averlo letto "L'ingresso dei volontari e del personale in servizio a bordo pista è sul retro, esci e costeggia l'edificio... Ehi! Non correre! Gli atleti stanno facendo riscaldamento, non c'è fretta!" il piccolo era già scomparso e l'uomo si strinse nelle spalle scuotendo la testa "Ah, ragazzini..."



Accedere agli spogliatoi e confondersi con gli altri assistenti di pista fu facilissimo; dando per scontato il motivo della sua presenza la responsabile gli diede un cartellino e una pettorina col logo ufficiale del Grand Prix, poi lo invitò ad indossare i pattini.
Portarseli dietro da Hasetsu era stata una faticaccia, ampiamente ripagata dal fatto di poter accedere direttamente alla zona riservata ai concorrenti.
Era una prospettiva che andava perfino al di là dei suoi sogni più arditi: non avrebbe visto la gara dalle gradinate, ma direttamente dal rink!
Alcuni concorrenti erano già sul ghiaccio, essendo il primo giorno di gare dovevano cimentarsi nel programma breve e questo metteva ansia un po' a tutti, per via dell'elevata difficoltà.
I giudici non valutavano tanto le combinazioni di passi, l'espressività o la coreografia, quanto le capacità di esecuzione, pulizia e tecnica con cui venivano affrontati degli elementi richiesti nel programma.
Non c'era spazio per sbavature e indecisioni e spesso l'ansia giocava brutti scherzi anche agli atleti più navigati.
Ma non a Victor Nikiforov ovviamente.
Lui era perfetto.
Quando Yuuri lo individuò sentì un brivido corrergli lungo la schiena e propagarsi in un piacevole formicolio in ogni parte del corpo.
Era bellissimo nel suo costume blu e argento; alto, slanciato, coi capelli raccolti in una morbida coda e un filo di trucco che metteva in risalto i magnifici occhi turchesi.
Sembrava perfettamente rilassato, a suo agio, al contrario di quel mastino del suo allenatore, il cui cipiglio era più contrariato del solito.
Ad un certo punto disse qualcosa e l'allievo scoppiò a ridere, indisponendolo ancora di più.
A Yuuri la sua risata parve il suono più melodioso che avesse mai sentito.
Vedendolo staccarsi dal parapetto e scivolare con aggraziata sicurezza sulla pista trattenne il fiato: il giovane russo non pattinava, volava e le sue lame non graffiavano la superficie insidiosa, la sfioravano appena.
Ad un certo punto passò abbastanza vicino da permettergli di distinguere perfino i ricami argentati della sua blusa; Yuuri abbassò gli occhi e sentì le guance andare a fuoco, sperava al medesimo tempo che lo notasse e che fosse diventato invisibile.

Una mano si posò sulla sua spalla e mise fine a quel misto di benessere e imbarazzo, i volontari avevano bisogno di aiuto per distribuire l'acqua ai vari team sportivi presenti e fu costretto a malincuore ad allontanarsi.
I giudici avevano preso posto, le luci si erano concentrate sulla pista, lasciando gli spalti avvolti nella penombra.
Lo speaker diede il benvenuto in giapponese e inglese, fece un breve preambolo, presentò i componenti della giuria e infine pronunciò il nome del primo concorrente a cui seguì un applauso di incoraggiamento da parte del pubblico.
Yuuri si accorse che stava tremando come se in gara avesse dovuto andarci lui.
Il cestino delle bottigliette si svuotò in fretta, ma si guardò bene dal tornare a riempirlo; non voleva perdere nemmeno un minuto della competizione, perché doveva capire quali avversari potevano dare noie al suo idolo.
Scelse un nascondiglio defilato vicino alla postazione dei paramedici e rimase lì fino alla fine della competizione.
Il russo fu l'ultimo ad esibirsi, prima di lui aveva gareggiato il suo compagno di squadra, Georgi Popovich, verso il quale Yuuri non sentiva il medesimo trasporto; sebbene fosse un bravo pattinatore, forse più preparato dal punto di vista tecnico non gli provocava le stesse emozioni.
Dal momento in cui iniziò la musica il piccolo giapponese andò in apnea; oltre le lenti dei suoi occhiali c'era spazio solo per l'elegante figura di Victor; la fluidità dei suoi movimenti, la leggerezza rarefatta della coreografia, l'espressione del viso sempre composta, nonostante l'evidente sforzo di alcuni passaggi lo rendevano etereo, quasi immateriale.
Lo aveva già visto gareggiare in televisione naturalmente e credeva di conoscere ogni passaggio, ogni sfumatura del suo modo di pattinare, ma guardarlo dal vivo, sentire il rumore roco delle lame o il tonfo cadenzato all'atterraggio di un salto lo emozionarono fino alle lacrime.
Yuuri si accorse di piangere a dirotto quando ormai l'esibizione era giunta al termine e il pubblico stava già applaudendo, mentre dalle gradinate piovevano fiori e peluche.
Senza pensarci tolse i coprilama e corse in pista ad accaparrarsi il pupazzo più bello sottraendolo ad una ragazzina che lo aveva puntato prima di lui.
Con un diabolico ghigno di soddisfazione si lasciò alle spalle i richiami della coetanea e pattinò veloce ai cancelli di uscita col suo bottino, intenzionato ad offrirlo a Victor, che stava uscendo in quel momento.
Il giovane atleta vide prima il barboncino di pezza, poi chi glielo stava porgendo e si fermò.
"È per me?" chiese in inglese sgranando un largo sorriso.
Yuuri così audace nella sua incursione di un attimo prima aveva perso completamente la parola; non aveva considerato l'effetto devastante di avere Victor Nikoforov a distanza ravvicinata, si limitava a fissarlo con due occhi enormi e il russo pensò bene di peggiorare le cose.
"Kawaii!" esclamò, poi catturò peluche e bambino giapponese in un unico abbraccio e stampò un impetuoso bacio a schiocco su quella gota morbida e rotonda.
L'attimo dopo era già lontano trascinato via dall'onda degli strilli del coach Feltsman che gli intimava di raggiungerlo al Kiss And Cry.

Era accaduto tutto molto in fretta e Yuuri di solito aveva bisogno di tempo per elaborare gli accadimenti.
Tastò con enorme cautela la guancia, dove gli sembrava di sentire ancora il tepore e l'impronta delle labbra; era successo sul serio? Non stava sognando? Non era caduto dalle scale della locanda ed era svenuto?
No, si trovava davvero al palazzo del ghiaccio di Edogawa e il suo eroe gli aveva appena dato un bacio.
Sentì le gambe farsi di gelatina, mentre un pulviscolo di lucciole dorate gli danzava davanti agli occhi.
Aveva bisogno di sedersi.
Vacillando incerto guadagnò una panchina addossata alle gradinate e si lasciò cadere; dallo strato di ovatta in cui era avvolta la sua testa percepì vagamente la lettura dei risultati e il successivo applauso, che sanciva la prima posizione provvisoria di Victor in classifica, ma lui non riuscì a gioirne.
Il suo serbatoio della felicità era pieno, non poteva contenere altro o sarebbe scoppiato.
Gli restava solo una cosa da fare per concludere con successo la missione: trovare il modo di consegnargli la rosa blu.



Quando Victor uscì dal palazzetto sentì la stanchezza avvolgerlo come una cappa di piombo; si era attardato a ciarlare con alcune ammiratrici, che lo avevano bloccato all'uscita degli spogliatoi e, per non deluderle, si era prestato a fare qualche selfie insieme a loro.
Adesso l'unica cosa che voleva era andare in albergo, rimpinzarsi di schifezze alla faccia della dieta di Lilia, poi andare in letargo fino al pomeriggio del giorno dopo.
Yakov avrebbe provato a svegliarlo senza successo quindi avrebbe sfogato la sua frustrazione sul povero Georgi, sempre pronto ad obbedirgli, disciplinato come un bravo soldatino.
Al diavolo la disciplina, non c'era Georgi in testa alla classifica e con un programma Libero in grado di far strabuzzare gli occhi a quelle cariatidi ammuffite della giuria!
Al suo ridacchiare rispose un colpetto di tosse.
Il giovane russo si guardò attorno sorpreso; ormai erano usciti tutti e lo spiazzo davanti all'ingresso riservato agli atleti era deserto, o almeno gli sembrò finché non individuò una figuretta ferma al margine dell'area illuminata.
Chissà perché pensò ad un piccolo Hobbit; altezza e corporatura corrispondevano, poi, però, notò un paio d'occhi a mandorla sotto la fitta frangia bruna e non c'erano hobbit giapponesi nei libri di Tolkien!
Quel viso paffuto, che faceva capolino tra la sciarpa e la cuffia di lana aveva qualcosa di familiare... Dove lo aveva già incontrato?
Abbozzò un saluto con la destra e l'altro rimase immobile, allora fece un passo verso di lui e il piccoletto, in modo speculare, ne fece uno indietro.
Provò di nuovo e ottenne il medesimo risultato.
Nonostante la stanchezza, venne coinvolto in un inseguimento nel piazzale, ma grazie alle sue gambe lunghe, riuscì a raggiungere il fuggitivo in due balzi e ad agguantarlo per la collottola.
"Ehi! Dove scappi? Guarda che non ti mangio, anche se ho una fame che mangerei Yakov allo spiedo!"
Chissà se il marmocchio aveva capito qualcosa della sua insalata di russo all'inglese!
Di fatto si girò e lo fissò con gli occhioni spalancati a fanale, porgendogli subito dopo un involucro argentato con dentro una rosa un po' appassita.
Ecco dove lo aveva visto!
Era il bambino col peluche che aveva incrociato all'uscita della pista!
Non riuscì nemmeno a terminare i giusti collegamenti mentali: il giapponese taglia extra small emise un singulto, il suo labbro inferiore tremò appena, poi scoppiò in un pianto devastante.

Fine Seconda Parte


☼ La voce dell'innocenza ☼

Ohi-Ohi vi lascio sul più bello con Victor alle prese con la prima crisi di pianto del nostro giapponesino (dovrà affrontarne altre in futuro come ben sappiamo!).
Vitya è entrato in scena e il piccolo Yuuri deve fare i conti con la sua timidezza travolta dalla personalità impetuosa del campione Juniores.
Quando era partito da Hasetsu non poteva immaginare che le cose prendessero una piega del genere e adesso?
Cosa succederà?
Yuuri, che è riuscito a compiere un'impresa epica e ad intrufolarsi nel palaghiaccio sprezzante del pericolo, davanti al russo è andato in confusione, ma Vitya ha pronta una soluzione molto creativa per sistemare le cose, lo scoprirete nel prossimo aggiornamento :D


Traduzioni:
Kami= divinità scintoiste.
Omikuji= bigliettino oracolare reperibile presso i templi scintoisti e buddisti.
Obaasan= dal giapponese "nonna", è un termine con cui ci si rivolge a persone anziane che non necessariamente appartengono alla propria famiglia.

   
 
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