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Autore: swimmila    24/06/2019    10 recensioni
Ciò che resta avvolto nel silenzio esiste con una forza che non ha bisogno di voce.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Avrebbe potuto

La voce del mare cercava rabbiosa il ruggito straziato che l’aveva inquietata.
Dal nero fugace del respiro in superficie al buio perenne delle profondità immote, una corrente gelida l’aveva insidiata con la forza imponente di una insipida disperazione. E l’alito del mare si era a poco a poco increspato, incupito, agitato, confuso. Un senso di inquietudine crescente ne aveva gonfiato il soffio; un vuoto improvviso ne aveva dilatato gli spazi; uno struggimento indefinito gli aveva strappato un lamento; un desiderio conteso fra fuga e stallo lo aveva reso sgomento; un dolore sordo lo aveva spezzato; un buio compatto aveva chiazzato un riverbero esteso di pace.
Dai segreti fondali alle superfici apparenti, di pace era privo, il respiro del mare. Fino a che la sua voce si sollevò ad aspergere l’aria alla ricerca di quell’essere misero, quel ridicolo soffio, qualla vita meschina, un’irrisoria durata, un gretto imprevisto, un insulso nonnulla, una scialba minuzia.
Non si sarebbe fermata, la voce alterata del mare, fino a che non avesse sbattuto in quella vana infelicità che osava agitare il suo primordiale respiro.
 
Il nuovo Comandante della Guardia voleva cogliere l’autenticità dei suoi nuovi soldati irrompendo a sorpresa nelle loro camerate il giorno prima della sua attesa ufficiale.
E nella brama di sorprendere gli altri stava sorprendendo anche se stesso.
Il viso scolpito in rigore inflessibile, lo sguardo ghiacciato in risoluto dovere, il passo calmo e deciso scandito al ritmo di una assenza di fretta. O di mancanza di tutto.
Nel corridoio la voce ossequiosa e un tantino imbarazzata del Colonnello d’Agout urtava contro le pareti del silenzio in cui Oscar sembrava immersa. Il nuovo Comandante non sprecava parole. Non ce n’era una di troppo nelle rare che sceglieva, né lasciava equivoci in quelle che taceva. Che nel silenzio lei aveva sempre posto incondizionata fiducia. In vita sua non l’aveva mai sfiorata il dubbio che esistesse qualcosa che non si lasciava ascoltare, che non si faceva scoprire, che come un ladro s’intrufolava in testa dove si svelava nel tempo incessante bisbiglio, ininterrotto sussurro, fino a calzare sintattici ranghi, fino a infilare un senso indiscreto, fino a spiccare procaci parole.
E tutt’a un tratto, l’essere apparente era svanito in un nulla reale.
La mano del Conte stretta attorno al suo polso tremante. I frammenti di vetro sparsi per terra insieme al passato. Le lacrime, pronte da mesi, a recitare una parte ormai superata. Un addio a cucire i lembi già chiusi di una ferita guarita.
E tutt’a un tratto, l’apparente non essere era diventato essenza sfrontata.
Nel camino il fuoco pacato seguiva i suoi gesti che raccoglievano posati frammenti di vita da lasciarsi alle spalle. Per terra, il vino brindava con gocce rubine al calare di un giorno e all’avanzare di un altro. Dagli occhi, le ultime lacrime lavavano concrezioni di un nome rimosso, ripulivano residui ristagni di un’illusione svanita. E su quel fondo smacchiato il viso di André era emerso come da un restauro finito.
E ora, quell’apparente vuoto sentito per anni era diventato un vuoto reale in cui precipitare negli anni.
 
Sono il vostro nuovo Comandante e il mio nome è Oscar François De Jarjayes.
Ma avrebbe potuto dire sono il vostro solo Comandante senza letteralmente mentire. Perché Oscar François era letteralmente, indubbiamente, eternamente sola. E poco importava che quegli animi ruvidi avrebbero scambiato la sua irrimediabile solitudine per arrogante esclusività del comando.
Avrebbe potuto dire sono il vostro falso Comandante senza lontanamente sbagliare. Perché Oscar François era così brava a dire bugie che lei stessa ci credeva per prima. E poco importava se quegli uomini rozzi l’avrebbero presa per confesso impostore.
Avrebbe potuto dire sono il vostro vile Comandante senza commettere inesattezze. Perché Oscar François lasciava l’ingresso dell’anima appena velato da un impalpabile bisso, ma ne impediva l’egresso con strati densi, opachi e pesanti. E poco importava se quegli spiriti duri si sarebbero rifiutati di prendere ordini da un codardo.
Ma Oscar François era Comandante senza aggettivi, militare senza emozioni, disciplina senza mollezze e i visi anonimi e subordinati dei suoi nuovi soldati sfilavano immobili sotto il suo pavido sguardo ipocrita e solo.
Fino a che un colpo non le esplose nel petto.
 
Fino a che non avesse trovato quel dolore indicibile, quell’impavida pena, l’inarrestabile angoscia, l’immensa amarezza, lo spasmo inconsulto, il pianto impotente, il perpetuo rimorso che rendevano torbido e inquieto il fluire delle sue acque. Di questo andava vagando, quel mare che si era sinora scomposto solo per superiori motivi, per primitive ragioni, per ancestrali capricci. Ma da quando quell’essere avulso aveva attecchito con la sua gretta arroganza il suo respiro era sempre più spesso turbato da correnti nervose, il suo scorrere imbrigliato in un fluire vischioso.
Un vortice violento intorbidì gli strati dei suoi umori abissali e il respiro del mare si increspò di vittoria ormai certa. Innalzò le onde del suo furore per scorgere la futilità che rendeva ancora più sconosciuto il suo scorrere segreto.
E la sua onda rabbiosa si fece flutto atterrito.
 
Perché ti sei arruolato nei soldati della Guardia? Ho detto che non avevo più bisogno di te.
L’abitudine alla menzogna la teneva salda nella sua bugia come una condizione che si sentisse in dovere di onorare.
Il viso nitido e familiare di André, in mezzo a quella cortina confusa di fattezze sbiadite, era stato come una folgorazione. E del lampo era stato l’istantaneo sollievo che aveva sentito. Bugiarda. Del lampo era la fulminante felicità che l’aveva bruciata.
Nella riservatezza del suo nuovo ufficio il nuovo Comandante sbraitava falsamente contro uno dei suoi arditi soldati.
Era stata obbligata ad alzare in quel modo la voce, altrimenti avrebbe dovuto spiegare che quel respiro trafelato che le ansimava in gola erano salti incontrollati di gioia; che quell’affanno che le spezzava la voce erano sussulti impazziti del cuore; che quel ronzio che le ottundeva la mente era stordimento di insperato piacere.
André la guardava e parlava senza scomporsi, gli occhi fermi, la voce pacata, l’amore indiscusso.
Oscar gli agitava davanti i pugni che avrebbe dovuto rivolgere a se stessa, un silenzio sbigottito le penzolava dalla bocca spalancata. Che per un soffio non aveva perso tutto quello che senza merito possedeva e senza pietà ignorava. Per poco non era definitivamente sparita nella melma della solitudine vera, quella che non offre appigli né vie di ritorno.
Avrebbe potuto dire Perché non mi hai detto che ti saresti arruolato nei soldati della Guardia? Ho detto per caso che non avevo più bisogno di te? Che lui non le avrebbe fatto notare che sì, aveva detto proprio così, abituato com’era a riconoscere la verità anche quando lei la travestiva di paura. Ma Oscar era troppo impegnata a sedare il sollievo per disperdere energie dietro l’onestà.
E poi, non sapeva come dire ho bisogno di te; non so stare senza te; mi hai rapito l’anima; sei nei miei giorni, nel mio quotidiano; sei maledettamente mio in un modo che dovrai spiegarmi; dove credi di andare senza di me, ed io dove penso di andare senza di te. Non aveva mai infilato queste parole in questa sequenza. Non sapeva che ordine seguire, non sapeva che regole usare. Che la grammatica ha le sue leggi e lei pensava di conoscerle. Ora, invece, ricordava solo i dettami del silenzio. Ora, invece, era rimasta da sola nel suo ufficio mentre André era tornato al suo posto.
Fa come ti pare.
Il nuovo Comandante impartì quell’ordine senza che nemmeno lei capisse a chi fosse rivolto. Se a se stessa o al soldato che prendeva ordini solo dal suo cuore.
 
Due umanità turbolente e agitate, due inutili pene, due irriti dolori. L’aveva trovata, finalmente, l’origine di quel lamento straziante che si era infiltrato nel suo poietico fiato.
Due esseri strani dai confini confusi, non si capiva bene dove finiva l’uno e dove iniziava l’altro. Non era dato sapere se il dolore nasceva da uno e travasava nell’altro o viceversa. Sembrava un abbraccio tautologico di due sofferenze su cui il mare sbuffò infine il suo demiurgico soffio.
Che non osassero più intralciargli il fluire, che non lo agitassero ancora col loro apparente eterno dolore. Che eterna è una condizione che non appartiene a nessuna creatura. Persino lui, persino il mare, era destinato a sparire.
Il ritmo acquietato del suo respiro si ritirò dalle sponde dell’umana dolenza e tornò a inabissarsi nella segretezza delle sue ragioni. Attraversò tutti gli strati dei suoi umori, e man mano che scendeva il buio si richiudeva su di essi fino a diventare una pressione densa e compatta. Arrivato sul fondale, il respiro del mare si placò su un fondo di speranza. In superficie, le sue acque ondeggiavano sotto lo sguardo assonnato del sole.
Sembrava tornato tranquillo, ma era solo apparenza.
Stava solo aspettando il richiamo di un altro dolore.
   
 
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