Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: ArrowVI    15/07/2019    0 recensioni
L'Arcadia, un luogo idilliaco dove chiunque vive in tranquillità ed armonia, la nazione con meno criminalità e la qualità di vita migliore fra tutte...
Fino a quando rimani all'interno delle mura della sua capitale.
Dietro la facciata di "Nazione perfetta", si cela un lugubre teatro dove chi non è considerato utile alla nazione viene rapidamente allontanato, un mondo dove coloro che sviluppano abilità speciali sono considerati demoni e prontamente eliminati.
Si dice che la luce della speranza possa nascere anche nei luoghi più bui... Sarà veramente così?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 6-5: Giuramento [2-2]

 

Quando Levyathan tornò, notai rapidamente che non fosse solo.
Accompagnato da Blake, si avvicinò rapidamente alla cella, e i miei occhi caddero sul ragazzo che l'aveva accompagnato: il suo sguardo era spento, cupo, e capii ben presto ci fosse qualcosa che lo preoccupasse.

Prima che potessi chiedergli qualsiasi cosa, però, Levyathan mi domandò cosa fosse accaduto durante l'ora in cui rimasi a fare da guardia a Diana.

"Nulla da segnalare, signore."
La mia risposta non sembrò piacergli poi tanto.


Sembrò quasi non riuscisse a credere che quella ragazza non fosse chi lui pensasse, e che
 stesse aspettando un motivo valido per poter finalmente agire come lui preferiva.

Iniziò, quindi, a farle delle domande lui stesso, ma Diana non lo degnò neanche di uno sguardo.

"Forse sarebbe meglio se fosse qualcun altro a parlarle, signore."
Non appena dissi quelle domande, Levyathan posò il suo sguardo cupo su di me.

"Dopotutto, ha appena perso suo padre. Non credo vorrebbe parlare con..."
Continuai, senza finire la frase. 
Sono sicuro che il Generale capì perfettamente cosa fosse ciò che stessi cercando di dire.


In quel preciso istante Levyathan prese un profondo respiro.

"Tutto questo è ridicolo."
Lo sentii mormorare.

<< Pensi davvero di riuscire a mettere in scena questo teatrino con me, Flare? >>
Domandò poco dopo alla ragazza, improvvisamente.



Flare... Avevo già sentito quel nome, anche prima di quel giorno.

Il killer della fazione Azzurra che prese il posto di Mist non appena quest'ultimo abbandonò i suoi compagni per unirsi all'Uroboro.
Non si avevano informazioni dettagliate su quella figura, se non per il fatto che fosse un killer spietato e violento, una donna dai lunghi capelli rosso sangue che poteva manipolare le fiamme a suo piacimento.

Non si avevano immagini o ritratti. Il suo volto era un mistero: nessuna delle sue ventidue vittime era sopravvissuta per raccontare la storia... O fornire un identikit.

Mi sembrò assurdo anche solo pensare che quella ragazza potesse essere la famigerata "Flare". 
Eppure Levyathan sembrò fermamente convinto di quelle sue parole.

"Sarà una semplice coincidenza."
Dissi a me stesso, cercando di convincermi.
Come soldato non avrei mai dovuto dare nulla per scontato, o considerare qualunque cosa come una "coincidenza".

Eppure, per qualche motivo, in quella situazione qualcosa dentro di me continuò a sperare che quella persona non fosse veramente quel criminale.


Nonostante le domande del Generale, però, neanche stavolta Diana lo degnò di uno sguardo, e quel comportamento sembrò dargli parecchio fastidio.
Si avvicinò rapidamente alle sbarre in ferro, colpendole con forza con la mano sinistra, attirando finalmente l'attenzione della prigioniera.



<< Dovresti rispondere ai militari quando ti vengono fatte delle domande. >>
Ringhiò.

<< Perché dovrei risponderti? Non mi crederesti in ogni caso. >>
Rispose la ragazza, ricambiando lo sguardo del Generale con uno altrettanto cupo e infastidito.

<< E cosa ti fa credere che io voglia parlare con te? Ti disprezzo, non ho nulla da dire a un mostro come te. >>
Aggiunse subito dopo.



Levyathan ringhiò.

Le parole che il generale sussurrò in quell'istante mi colsero del tutto alla sprovvista:
"Puoi ingannare loro, ma non me."
Prima che potessi, però, chiedergli qualsiasi spiegazione, Levyathan si allontanò da noi.

"Interrogatela ancora una volta."
Ordinò, incamminandosi per quel corridoio subito dopo averci dato le spalle.

"Voglio un rapporto dettagliato tra mezz'ora, nel mio ufficio. Se non dovessi riceverlo, la farò giustiziare all'istante."
Aggiunse subito dopo.

"Non levatele gli occhi di dosso neanche per un istante."
Concluse, girando poi l'angolo e svanendo dal nostro campo visivo.



Per qualche secondo cadde di nuovo un silenzio assordante intorno a me.
Diana rimase a fissare il vuoto davanti a lei, senza proferire parola, con braccia conserte davanti al suo petto.

Blake, invece, continuò incessantemente a fissare il pavimento in silenzio, senza muovere neanche un muscolo.
I suoi occhi e le sue labbra tremavano.


<< Cosa succede, Blake? C'è qualcosa che ti preoccupa? >>
Gli domandai.

Blake sollevò lentamente lo sguardo, posandolo su di me per a malapena una frazione di secondo, prima di riprendere a fissare il pavimento.

<< Non... Riesco a togliermi quella immagine dalla testa. >>
Borbottò poco dopo, con una voce debole e spaventata.

Capii all'istante di cosa stesse parlando.

<< Era la prima volta che hai visto qualcuno morire davanti ai tuoi occhi? >>
Le mie parole lasciarono Blake sbigottito.
Sollevò di scatto il capo, fissandomi con occhi spalancati e fermi, pallido in volto come se avesse visto un fantasma.

Per un istante balbettò, non riuscendo a proferire parola.


<< Tu... Hai ucciso qualcuno? >>
Mi domandò, finalmente.

Gli risposi rapidamente con un cenno negativo del capo.

<< No, ma ho assistito alla tragica fine di alcune persone. >>
Aggiunsi subito dopo.

<< Come fai a conviverci? A dimenticarlo? >>
Mi domandò ancora una volta.
Non avevo quelle risposte, non potevo quindi dargliele in alcun modo.

<< Non puoi farlo. >>
La mia risposta lo lasciò di stucco. 

<< Non potrai mai abituarti a quelle immagini, a quei ricordi, nemmeno dopo anni e anni. L'unica cosa che puoi fare è accettarli, tenere bene a mente quella scena e non dimenticarla mai. >>
Non credo si aspettasse quel mio consiglio.
Mi guardò con una espressione confusa, quasi come se volesse chiedermi cosa significasse "tenere bene a mente quella scena", "non dimenticarla mai".
Quelle mie parole, per Blake, furono come un fulmine a ciel sereno.
Credo si aspettasse qualcosa che potesse aiutarlo a lasciarsi quella scena alle spalle, invece l'unica cosa che fui in grado di dirgli fu di "ricordare".

Non credo fosse ciò che stesse cercando.


Continuò a fissarmi in silenzio, incredulo, e con una espressione totalmente scioccata.


<< Come... Perché...? >>
Balbettò, incoerentemente.

<< Qualche anno fa... >>
Cominciai a raccontare.

<< ... Due criminali furono giustiziati davanti alla folla. Uno dei due era, presumibilmente, un ladro e aveva rubato dei lingotti d'oro da una carovana militare. L'altro, invece, aveva ucciso una persona durante una lite. Non conosco tutt'ora quali fossero i loro nomi, ma ricordo perfettamente cosa accadde a entrambi. Il ladro venne bendato, e finì sotto la ghigliottina. Le persone lo insultavano, altre incitavano alla sua morte, ma quell'uomo non tremò neanche per un secondo. L'unica cosa che disse fu: "avete preso la persona sbagliata." Non so se stesse mentendo, o se avesse detto la verità... Ma a nessuno importarono le sue parole. Le persone continuarono a guardare, insultandolo e incitando la guardia a far cadere la lama. Alcuni iniziarono perfino a ridere, quando videro la sua testa rotolare su quel legno scuro.

Per lo meno, non ha sofferto o visto nulla...
L'altra persona, invece, non fu così fortunata.

Non appena toccò a lui, la folla sembrò infiammarsi: la gran parte dei cittadini cominciarono a tirargli le pietre addosso, insultandolo, e urlando che "doveva morire". Quell'uomo cominciò a piangere e ad agitarsi...

"Non sono stato io!"
Urlo alla guardia, inginocchiandosi davanti a quel soldato con le mani legate.

Anche stavolta, a nessuno importò di quelle parole. 
A differenza dell'uomo che venne giustiziato prima di lui, non c'era alcun dubbio su quale fosse il suo crimine. Venne trovato dai militari con le mani insanguinate e un coltello in mano... E un corpo senza vita, sventrato, di un suo collega ai suoi piedi.

E'... Strano come le persone affrontino situazioni dello stesso tipo in modi così differenti, anche quando è la loro stessa vita a essere messa in gioco.
Ricordo che Levyathan disse di aver apprezzato il comportamento del primo prigioniero. Ordinò perfino che venisse sepolto nel cimitero del castello.

L'assassino, condannato alla pena capitale, fu giustiziato tramite impiccagione.

A differenza del ladro, lui vide tutto. Continuò ad agitarsi istericamente come un pesce fuor d'acqua per non so quanti secondi, prima di smettere di lottare.


Ormai, credo che nessuno si ricordi più di quei due uomini. Così odiati per un giorno intero, e già da quello seguente nessuno più sapeva neanche chi fossero.
Non so se fossero, o meno, colpevoli: credo fermamente nella giustizia, ma ciò non significa che gli errori non possono accadere. 

Per amore della mia coscienza, non posso dimenticare quel giorno. Non posso dimenticare i loro volti.
Per onorare la loro memoria, qualunque fosse stato il loro errore, dovevo ricordarmi di loro.

Erano persone. Umani come noi, con famiglie, persone che amavano, amici, compagni. Anche se fossero stati entrambi colpevoli, la loro morte non ha portato a nulla se non più odio e altro dolore.

E' per questo che non puoi dimenticarti di lui. Racconta a tutti di quell'uomo, esattamente come ho fatto io fin'ora. Poi, saranno le altre persone a decidere cosa pensare di lui. Ma erano persone come noi... Non possono scomparire nel nulla, senza uno scopo alcuno. La loro memoria deve sopravvivere, essere un insegnamento per chi verrà dopo. Molte persone pensano che, dopo la nostra morte, tutto finisca. Ma non credo sia così. Sono convinto che, anche dopo la nostra fine, la nostra esistenza possa fungere da catalizzatore per qualcun altro... Le nostre scelte, le nostre azioni, potrebbero diventare insegnamenti per chi verrà dopo... Che sia per il meglio, o per il peggio, non possiamo saperlo. Ma ciò che so per certo è che non possiamo dimenticarci di chi non c'è più, che conoscessimo o meno quelle persone non ha importanza. Le loro memorie devono sopravvivere. Ogni cosa è connessa, ogni cosa che viviamo ci rende chi siamo, e per questo motivo non possiamo dimenticarci di nessuno.
Questo è ciò che penso.

"Violenza per porre fine alla violenza"... E' un sistema sbagliato. Non funziona: l'unica cosa che si ottiene è instaurare il terrore di agire nelle persone, impedendo loro di fare o esprimere qualsiasi idea che, giusta o sbagliata che sia, potrebbe cambiare il corso della storia.

L'Arcadia è un posto "stagnante", dove tutto è rimasto uguale da quasi mezzo millennio a questa parte. 
Immagina cosa avrebbero potuto fare, quei due uomini, se invece di essere stati giustiziati fossero finiti semplicemente in una prigione.

Se fossero risultati colpevoli, allora avrebbero vissuto la loro vita in isolamento, ripensando alle loro colpe giorno dopo giorno, fino a quando non si sarebbero davvero pentiti. La loro morte non ha risolto nulla... Quelle due persone non si sarebbero mai pentite veramente. L'assassino stava solo cercando di salvare la sua pelle.

Se, invece, fossero risultati innocenti, dopo ulteriori esami... Avrebbero potuto continuare a vivere la loro vita. E chissà cosa avrebbero potuto fare in quegli anni che, ormai, hanno perso. >>
Non appena conclusi quel racconto, mi voltai verso Diana.

La sua espressione era diversa, sembrò quasi incuriosita dalle mie parole.
Allungai una mano, aperta, verso di lei.

<< Il sistema in cui viviamo è sbagliato, e io voglio cambiarlo: questo è il giuramento che feci a me stesso, quel giorno. Quindi ti prego: aiutami nel mio intento. Non voglio che Levyathan ti faccia del male, non voglio che anche tu diventi una memoria. >>
Le dissi.


Nonostante il suo sguardo stesse ancora bruciando, fu in grado di farmi provare qualcosa che non sentii mai prima d'allora.
Inconsciamente, le sorrisi.

Non so perché accadde, ma per la prima volta in vita mia sentii qualcosa di diverso solamente nello stare vicino a lei. 
Quella fu una sensazione di pace e tranquillità che non provai mai con nessun altro, prima d'allora.



Ma non fraintendete: quello non era ancora neanche lontanamente considerabile come "amore".

____________________________________________________________________________________________________________

Fine del capitolo 6-5, grazie di avermi seguito e alla prossima!


 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: ArrowVI