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Autore: Yanez76    07/08/2019    1 recensioni
In questa storia ho immaginato alcuni flash della vita di Elsa Schneider sia prima che dopo gli eventi narrati in "Indiana Jones e l'ultima crociata". La storia si ricollega alla mia precedente "L'ultima impresa del cavaliere del Graal" e ne costituisce un'espansione ma è di fatto una storia indipendente.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa Schneider, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr.
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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Provincia di Hatay, Turchia, 1998
 
Il grosso fuoristrada avanzava rombando, sollevando al suo passaggio la polvere del deserto. La guidatrice, una bionda sulla trentina con gli occhi di un blu intenso dallo sguardo fiero, teneva saldamente in mano il volante, manovrando abilmente il mezzo sul terreno accidentato. Seduta accanto a lei, stava una donna anziana in cui però si notavano ancora le tracce di un’antica bellezza la quale guardava il paesaggio dando, di tanto in tanto, indicazioni alla compagna sulla strada da seguire.
La dottoressa Alexandra Johnson, stimata archeologa, curatrice del Museo di Storia antica di New York, era rimasta stupita e onorata quando, alcuni mesi prima, la professoressa Schneider le aveva chiesto di accompagnarla in quel viaggio. Il momento non era forse dei più favorevoli: il dittatore iracheno, Saddam Hussein, aveva nuovamente rifiutato le ispezioni dell’ONU, complicando ulteriormente la già intricatissima situazione mediorientale e, da un momento all’altro, quella zona di confine tra Turchia e Siria avrebbe potuto esplodere come una polveriera; ma, in fondo, i rischi non avevano mai fermato due come loro.
Alexandra rivolse uno sguardo alla donna accanto a lei che continuava a fissare fuori dal finestrino, assorta nei suoi impenetrabili pensieri. Per tanti anni, Elsa Schneider era stata un mentore per la giovane archeologa, un modello da seguire, sia come studiosa sia come donna d’azione; aveva vissuto una vita incredibile, incontrando dei veri e propri miti dell’archeologia: aveva lavorato con il professor Henry Jones Sr. e aveva anche incrociato più volte suo figlio, il celeberrimo Indiana Jones; aveva poi ritrovato le perdute Miniere di Re Salomone e vissuto mille altre incredibili avventure.
Quel paesaggio brullo che le scorreva davanti riportava alla memoria di Elsa quel giorno di sessanta anni prima in cui aveva percorso quegli stessi luoghi. I Turchi chiamavano quei monti Nur Dağları, monti della luce; forse era un segno del destino che la sacra coppa del Graal, quella straordinaria fonte di luce spirituale, fosse custodita proprio tra di essi. Ripensò ad Henry ed al tempo che avevano passato assieme: era stato veramente un uomo incredibile, uno studioso serio e rigoroso che a volte però sapeva tirare fuori lati insospettabili della sua personalità che ne facevano una persona piena di vita e di passione. Ripensò agli ultimi anni che aveva passato assieme a lui e sorrise di un sorriso dolce e un po’ malinconico: in fondo, si erano divertiti molto assieme, nonostante le inevitabili maldicenze sollevate dalla loro differenza di età e dal fatto che lei fosse una sua allieva e collaboratrice. Poi, all’improvviso, lui era diventato scostante, chiuso in se stesso e un giorno, inaspettatamente, se n’era andato. Avevano detto che era stato un infarto improvviso a portarselo via. Quand’era successo, Elsa, impegnata in una ricerca, non si trovava in America e così non aveva neppure potuto rivederlo un’ultima volta il giorno del funerale[1]. Ripensò anche ad Indy ed al loro rapporto burrascoso; lui non aveva mai veramente accettato la relazione tra lei e suo padre, l’aveva accusata apertamente di approfittarsi di lui, cosa che aveva portato ad un’aspra discussione tra il giovane ed il vecchio Jones, il quale non poteva ovviamente sopportare di essere trattato dal figlio come un qualunque vecchio rimbambito che si fa abbindolare.
Dopo la morte di Senior, lei e Indy si erano ritrovati talvolta a dover collaborare e l’aiuto dell’archeologo era stato particolarmente prezioso in quella faccenda delle Miniere del Re Salomone. Ma, per il resto, i loro rapporti erano rimasti piuttosto freddi soprattutto dopo che Jones aveva sposato la Ravenwood, la quale, sospettando quello che c’era stato tra loro due, non vedeva certo di buon occhio che suo marito la frequentasse.
Infine, qualche anno fa, anche Indy se n’era andato ed Elsa aveva capito di essere rimasta sola, testimone di un tempo ormai passato; sentiva che non c’era più nulla per lei in quel mondo che le era divenuto estraneo. Da tempo, lottava contro un cancro ai polmoni, certo causato dalla sua passione per le sigarette e, sapendo che ormai le rimaneva poco tempo, non intendeva certo passarlo ad agonizzare in un letto d’ospedale.
Il fuoristrada si fermò nel punto che Elsa aveva indicato e l’anziana donna si rivolse alla giovane collega.
“Alex, adesso che siamo arrivate posso finalmente dirti come stanno veramente le cose e perché ti ho chiesto di accompagnarmi in questo viaggio: io ho il cancro, Alex, sono vecchia e malata, sto morendo e non ho intenzione di passare i giorni che mi rimangono come una larva attaccata ad un respiratore. Voglio che tu mi lasci qui, voglio concludere degnamente la mia vita in questo deserto dove, tanti anni fa, ho vissuto la più grande avventura della mia vita.”
La donna si interruppe e aprì la sua borsa, traendone una grossa busta che porse alla giovane studiosa. “Prendi, qui dentro ci sono gli atti legali con cui ti ho intestato tutte le mie proprietà: la casa, i miei libri e tutte le mie sostanze. Tu sei la mia migliore allieva e ti considero come una figlia, voglio che le abbia tu: io non ho più nessuno al mondo.”
Elsa tacque e guardò Alex che l’aveva ascoltata in assoluto silenzio senza far motto. Elsa ne fu un po’ indispettita: si sarebbe aspettata un abbraccio, una lacrima, uno sguardo di tristezza, di gratitudine o almeno di sorpresa.
Infine, Alex si riscosse, infilò una mano sotto il giaccone e la tirò fuori impugnando una pistola.
“Ma, Alex, sei forse impazzita!?”, strillò Elsa, “Cosa credi di fare con quella pistola?”
“Mi dispiace, professoressa, mi dispiace davvero ma c’è qualcos’altro che lei deve darmi.”
“Ti ho detto che ti ho lasciato tutto, cosa altro dovrei darti?”
“Io voglio il Santo Graal.”
“Il Santo… ma dico, Alex, hai preso un colpo di sole? Ritorna in te, non dire sciocchezze…” fece Elsa, cercando di ridere forzatamente.
“È inutile che lei cerchi di negarlo, so perfettamente quello che è accaduto qui sessant’anni fa. È stato quasi per caso: il mio compagno ha un negozio di antiquariato e, qualche tempo fa, ha acquistato ad un’asta una cassa di documenti che si dice fossero appartenuti a Himmler, tra cui parte degli archivi dell’Istituto di Cultura Ariana. Lì ho trovato la relazione redatta dalla commissione d’inchiesta delle SS sul fallimento della spedizione organizzata dal Terzo Reich per il recupero del Graal, spedizione di cui anche lei faceva parte.”
“E allora? Non ho mai fatto mistero di aver lavorato per l’Istituto e di aver partecipato a quella spedizione.”
“Sì, ma nella relazione c’erano anche dei particolari inediti: un soldato sopravvissuto ha potuto testimoniare che la coppa del Graal era stata effettivamente rinvenuta e che essa si era rivelata realmente dotata di poteri miracolosi avendo risanato le ferite mortali del professor Jones Senior. Quel soldato ha anche detto di averla vista cadere in un profondo crepaccio nel quale lei doveva aver sicuramente trovato la morte. Il dossier riportava poi la notizia della sua ricomparsa in Svizzera qualche anno dopo e conteneva la sua condanna a morte per alto tradimento firmata da Hitler in persona.”
“Quale onore…”, disse Elsa con un sorrisetto, “Certo, è tutto vero: i nazisti hanno cercato di assassinarmi in Svizzera nel ’42; ma, per fortuna, sono stata salvata da due agenti britannici, di cui uno, per inciso, era anche molto carino. Non capisco però cosa c’entri adesso tutto questo.”
“Beh, gli Inglesi l’avranno salvata dai nazisti; ma ammetterà che è piuttosto curioso ricomparire perfettamente integri dopo essersi sfracellati in fondo a un crepaccio…”
“Beh, come disse Mark Twain: La cronaca della mia morte era una vera e propria esagerazione.”
“Andiamo, professoressa, giochiamo a carte scoperte. Non ci vuole poi molto a mettere assieme tutti i pezzi: lei esce miracolosamente illesa da un incidente che avrebbe ucciso chiunque proprio nel luogo in cui è conservata una reliquia dai poteri taumaturgici e, adesso, gravemente malata, ritorna nello stesso luogo. Mi pare evidente che lei non vuole affatto chiudere la sua vita ma vuole prendere il Graal per vivere in eterno, giusto?”
“Beh, l’ho sempre detto che sei una ragazza brillante…”, rispose Elsa.
Alex abbassò la pistola e assunse un’espressione accorata.
“Ascolti, professoressa Schneider, io la stimo immensamente e non voglio mettermi contro di lei; ho accettato di aiutarla, di portarla fino a qui e adesso tutto quello che le chiedo è di farmi bere dalla coppa del Graal. Mi creda, la mia non è ambizione, io ne ho veramente bisogno.”
“Ne hai bisogno? In che senso?”
Alex sospirò. “Si ricorda, professoressa, di quella spedizione che ho guidato in quel sito archeologico in Giappone?”
“Sì, la grotta del leggendario mago Nakano, mi sembra sia stato quattro anni fa.”
“Esattamente, è stato nel corso di quella ricerca che ho conosciuto l’uomo che amo.”
“Sì, devo averlo visto qualche volta quando è passato a prenderti all’Università. Beh, devo farti i complimenti: davvero un gran bel ragazzo. Si chiama Russell, giusto?”
“Sì, anche se il suo vero nome sarebbe Connor: è scozzese, nato nelle Highlands.”
“Ehi, anch’io ho frequentato un highlander qualche tempo fa, e devo dire che non sono per niente male.”, fece Elsa sorridendo al ricordo di Henry.
“Sì, ma il fatto è che lui non è un tipo come gli altri lui è, come dire… speciale.”
“Beh, le persone che amiamo lo sono sempre.”
“Ma lui non lo è solo in quel senso: lui è immortale”.
“Immortale?”
“Sì, in realtà lui è nato all’inizio del XVI secolo e ora ha quasi 500 anni.”
“Uhm, se li porta bene a quanto sembra.”
La giovane chiuse gli occhi mentre le lacrime iniziavano a rigarle le gote: “Sì, è proprio questo il punto: lui non invecchia. Ci sono dei giorni in cui accende delle candele, sniff… lo sa perché?”, mormorò con la voce che le si spezzava in gola, rotta da un singulto di pianto.
“Beh, dalla tua espressione direi che non è per preparati una cenetta romantica…”
“Sono per ricordare le donne che ha amato e che sono morte: Heather, Sarah, Brenda… Lui accende una candela per ricordare il giorno in cui festeggiavano i loro compleanni. Di loro non resta ormai che una ciocca di capelli, un dipinto, una foto che lui a volte fissa con uno sguardo malinconico e io non posso non pensare che un giorno sarà così anche per me. Adesso sembra che lui abbia qualche anno più di me; ma presto sembreremo coetanei, poi sembrerò sua madre, sua nonna e poi… sniff… No! Non voglio, non voglio diventare per lui solo un’altra candelina… La prego, professoressa Schneider, mi creda, non sono pazza, mi aiuti, non voglio finire così, non voglio…”
Elsa abbracciò Alex per calmarla e le tolse dolcemente dalle mani la pistola che la giovane, ormai in preda ad una crisi di pianto, aveva già abbassata.
“Io non penso affatto che tu sia pazza: nella mia vita ho visto tante di quelle cose che a prima vista sembravano assurde e che invece erano reali, da non stupirmi più di nulla. Credimi, tu mi sei molto cara e ti aiuterei volentieri; ma il Graal non può darti ciò che desideri. Guardami, Alex, non ti sto mentendo: io ho bevuto dalla sacra coppa e sono guarita, è vero, ma ciò non mi ha impedito di invecchiare. Mi dispiace, Alex, mi dispiace veramente tanto, ma l’immortalità conferita dal Graal ha un limite ed un prezzo: quello di non lasciare il tempio dove esso è custodito.”
Alex la guardò e capì che Elsa diceva la verità. La ragazza pianse sommessamente.
 “Ascoltami, Alex, lo so che l’idea di dover un giorno lasciare coloro che amiamo può essere molto triste; ma pensaci bene: in fondo la tua situazione non è poi così diversa da tutti gli altri mortali. Tutti hanno un tempo limitato da vivere con i loro cari e tutti un giorno diventano per loro solo dei dolci ricordi; ma questo non impedisce che la vita possa essere meravigliosa lo stesso. Non possiamo decidere la lunghezza delle nostre vite; ma possiamo fare in modo di viverle nel modo migliore. Se lui ti ama veramente come dici, continuerà a farlo anche quando tu porterai i segni del tempo che passa e il vostro amore non sarà per questo meno bello e meno intenso…”, continuò Elsa dolcemente, senza smettere di abbracciarla.
Alex si asciugò le lacrime. “Sì, è vero, adesso comprendo. La prego di perdonarmi, mi ero lasciata prendere dalla disperazione. Mio Dio, non so cosa mi è preso: le ho addirittura puntato contro una pistola, dovevo essere impazzita…”
“Sei solo innamorata.”, le disse Elsa, abbracciandola di nuovo.
Poi, dopo essersi salutate per l’ultima volta, le due donne si lasciarono. Elsa scese dal fuoristrada e rivolse un ultimo sguardo ad Alex che rimise in moto e ripartì.
L’anziana donna guardò la vettura che spariva all’orizzonte, lasciandosi dietro nuvole evanescenti di polvere che il vento si affrettò a disperdere, poi si diresse decisa verso la parete rocciosa dove, ben mimetizzato dalle rocce, si apriva uno stretto passaggio: lo stesso dal Elsa era uscita, sei decenni prima.
“Povera Alex”, pensò, “Mi è dispiaciuto non poterla aiutare. Del resto, non a tutti è concesso di poter vivere e amare eternamente come a me.”, concluse tra sé con un sorrisetto soddisfatto, mentre affrettava il passo.
Era quasi arrivata alla meta, quando sentì improvvisa una fitta al petto che le mozzò il fiato in gola. “No, non può finire così…”, pensò con terrore, sentendo la vita sfuggirle, “mancano solo pochi metri, sarebbe una beffa troppo grande…”. Con la forza della disperazione si slanciò in avanti, vide il pertugio nella roccia, si sentì cadere, poi tutto si fece buio attorno a lei.
Quando riaprì gli occhi, si sentiva confusa, era dolorante e si trovava in un ambiente stretto e oscuro. Per un attimo, temette di essere morta e che, con la vita che aveva condotto, non si fosse propriamente meritata il paradiso. Poi si sollevò faticosamente a sedere e si guardò attorno, dietro di lei vide l’apertura che dava sull’esterno, sulla soglia vide il sigillo.
Sospirò di sollievo, poi scoppiò in una risata di trionfo: ce l’aveva fatta! Aveva passato il sigillo, era dentro il tempio e lì chi aveva bevuto dalla sacra coppa non poteva morire.
“Sapevo che saresti tornata, amore mio.”, udì una voce accanto a lei.
Si volse e vide il cavaliere: non era cambiato minimamente dal giorno in cui si erano lasciati.
Come le avesse letto nel pensiero, il cavaliere le porse la coppa e di nuovo, come era accaduto tanti anni prima, le mani di Elsa Schneider si posarono sul Santo Graal.
Accostò la coppa alle labbra riarse e rinsecchite e bevve avidamente; di nuovo percepì quella sensazione ineffabile di pace e benessere che ricordava di aver provato l’altra volta. Restituì al cavaliere la coppa vuota; si sentiva strana, come se tutto il suo corpo fosse attraversato da un’intensa ondata di energia. Un forte fremito la percorse tutta, Elsa sentì i muscoli flettersi con rinnovata forza, le sue carni farsi nuovamente turgide e la sua pelle che si tendeva.
Mise freneticamente una mano in tasca, traendone uno specchietto ed esitò un attimo prima di guardare.
“Sì! Sì, ha funzionato!”, gridò ebbra di gioia, contemplando il viso della splendida ventottenne che lo specchio le rimandava. Sputò via l’ormai inutile dentiera, passandosi la lingua sui denti appena rigenerati, candidi e perfetti.
“Evviva, sì, sì! Lo sapevo, lo sapevo che era possibile: ho di nuovo l’età che avevo quando ho bevuto per la prima volta! Sono di nuovo giovane e stavolta sarà per sempre.”
Si volse verso il cavaliere.
“Ho vissuto la mia vita all’esterno, come avevo detto di voler fare; ma adesso che essa è finita, non vedo perché non dovrei godermi l’eternità. Ci pensi amore mio? Adesso non dovrai più soffrire la solitudine.”
“Ehm, ecco madamigella Elsa, a questo proposito c’è una cosa che dovreste sapere…”, disse il cavaliere un po’imbarazzato.
“Sì, lo so cosa stai per dire: tu sei un cavaliere senza paura e senza macchia e quello che ho in mente non sarà forse propriamente immacolato; ma ascolta: da quando sei entrato qui dentro, la scienza è un po’ progredita e ti posso assicurare con certezza che il mondo non finirà ancora per parecchi milioni di anni. Quindi, visto che abbiamo tutto il tempo che vogliamo per pentirci, possiamo peccare un pochino. Che ne dici? Facciamo un milioncino di anni o due?”, gli disse, strizzandogli l’occhiolino.
“Vedete, madamigella, il fatto è che…”
“Shhh, non parlare, baciami.”, gli sussurrò Elsa, allacciandogli le braccia attorno al collo.
Il cavaliere obbedì alla sua dama e le loro labbra si unirono appassionatamente.
“Amore mio, quanto mi sei mancato. Adesso non ci lasceremo più, mai più. Abbiamo tutta l’eternità per noi: saremo assieme per sempre, noi due soli soletti…”
Il cavaliere fece per parlare di nuovo quando, dal fondo della caverna, rimbombò una voce che pareva provenire dalle viscere della montagna.
“Ah, ah, che ti dicevo Junior? Lo sapevo che sarebbe arrivata!”
Elsa sgranò gli occhi per la sorpresa. “Ma… questa voce…  non è possibile! Henry!”
“Papà, ti ho già detto di lasciarla perdere quella…”, aggiunse un’altra voce che, anch’essa, risuonò molto familiare alle orecchie di Elsa.
“Indy! Ma… ma come?!...”
Elsa non credeva ai propri occhi: Henry ed Indy erano lì davanti a lei, ed erano tali e quali li aveva visti nel 1938. Indy non portava neppure più la benda sull’occhio.”
“Ma, ma… non è possibile, voi siete, siete…”
“Morti? Già, come te più o meno.”
“Allora volete dire che anche voi avete solo inscenato le vostre morti per venire qui…”
“Andiamo, biondina, credevi forse di essere l’unica a cui seccava lasciare questa valle di lacrime?”
“Addio privacy…”, sospirò Elsa, scuotendo la testa.
Poi la bionda si volse verso il cavaliere che allargò le braccia rassegnato e disse, assumendo il suo tono più saggio: “Penso che fosse scritto nel destino: tutti noi, seppure diversi, abbiamo cercato il Graal e il Graal stesso, permettendoci di arrivare fin qui, ci ha scelti come suoi eterni custodi. Io, molto tempo fa, avevo cercato la coppa inseguendo un sogno e voi, ascoltando la storia delle mie gesta, vi siete messi alla ricerca, inseguendo lo stesso sogno. Adesso, altri potranno sognare, sentendo raccontare le vostre avventure, e forse è proprio questo il più grande potere del Graal: fare sì che l’umanità non smetta mai di sognare e di inseguire i propri sogni.”
“Oh, cavaliere”, mormorò Elsa, “allora forse anche noi siamo fatti della stessa materia dei sogni?”
“Forse”, rispose filosoficamente il cavaliere, “quello che è certo è che voi siete il mio sogno più bello, madamigella Elsa.”, disse, chinandosi a baciarle i capelli.
“Bah, volete smetterla con tutte queste smancerie, piccioncini? Sono indecorose in questo santo luogo.”, sibilò Henry piccato.
“Siete forse invidioso, messere, che la donzella preferisca la mia compagnia?”
“Ma figurarsi, potrei raccontarvi due o tre cose di quella donzella che…”
“Papà, alla tua età non dovresti più pensare a certe cose…”
“Oh, stai zitto tu, Junior. Mi spiace per te, ma anche alla mia età potrei tranquillamente darti dei punti: ricordo benissimo che lei ha detto che con me è stato più…”
 “Andiamo, papà! Potrebbe essere tua figlia!”
“E smettila con questa storia, Junior. Se è per quello, potrebbe anche essere la sua bis-bis-bis-bis nipote, ma questo non gli ha certo impedito di…”.
 “Basta! Volete star buoni tutti e tre?!”, sbottò infine Elsa, rimettendoli in riga, “È mai possibile che voialtri maschietti dobbiate sempre litigare come galletti davanti ad una ragazza?!”
Tutti si fermarono e scoppiarono a ridere.
Elsa scosse la testa, poteva solo immaginare le battutine, gli ammiccamenti e i colpi di gomito che quei tre dovevano essersi scambiati in attesa del suo arrivo.
I quattro si incamminarono e raggiunsero in breve l’interno del tempio.
“Bene”, concluse Henry, “adesso finalmente possiamo iniziare a giocare in quattro.”
“Henry! Questa da te non me la sarei proprio mai aspettata! Come puoi pensare che…”
Senior estrasse dalla tasca un mazzo di carte da gioco.
“Hai idea di quanto sia difficile trovare un gioco da fare in tre? Adesso finalmente possiamo fare le coppie: io e Junior contro tu e il cavaliere; ma vi avverto che non avete alcuna possibilità: nessuno batte i ragazzi Jones!”
Elsa alzò gli occhi: “Questo lo vedremo, dai le carte!”
 
FINE (per il momento)
 
Con questo capitolo si concludono le avventure di Elsa (ma non è detto che in futuro non si possa raccontare qualche altro episodio finora tralasciato).
Il mio raccontino vuole essere un omaggio al mio Indiana Jones preferito: “l’Ultima crociata” di cui quest’anno ricorre il trentennale. Spero che i lettori che hanno avuto la pazienza di arrivare fino in fondo si siano divertiti a leggerlo come io a scriverlo. Mi farebbe comunque piacere sapere ciò che ne pensate.
Mi sono divertito a far incontrare la nostra anche con personaggi provenienti da universi narrativi diversi: in particolare James Bond, Hannes Oberhauser e Felix Leiter vengono dai romanzi di Ian Fleming e dai film che ne sono stati tratti; mentre Alex Johnson viene dal terzo Highlander, ciò anche in omaggio a Sean Connery, indimenticabile Henry Jones Sr , James Bond e Juan Sánchez Villa-Lobos Ramírez.
 
[1] Non c’è concordanza tra le fonti sulla data della morte di Senior: il libro di Jim Luceno la fissa nel 1951; ma una frase pronunciata da indiana Jones nel quarto film sembrerebbe invece datarla decisamente al 1955.
   
 
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