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Autore: Flaminia_Kennedy    28/07/2009    3 recensioni
Per la sesta volta in un giorno mi chiesi perché mi ero voluta trasferire a Forks, la zona più piovosa di tutto il continente americano.
Certo, non adoravo il sole di casa mia in Texas, ma nemmeno il perenne strato di nubi che nascondeva il cielo.
[...]
Ridacchiai, perché il volto di quel ragazzo dai capelli bruni e corti mi ispirava simpatia, un po’ come gli orsacchiotti che avevo nella mia vecchia camera a Dallas.
Quando l’auto, guidata da un ragazzo dai capelli ramati e sparati in aria, arrivò a pochi metri da me il ragazzone si infilò dentro la vettura, parlando concitatamente con il ragazzo vicino a lui.
Era un tipo dai capelli color miele e in quel momento il volto meraviglioso e pallido era contratto da una smorfia addolorata.
Genere: Azione, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jasper Hale, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10.

Baseball

 

Sentii il pick-up fermarsi in salita e capii che Jacob aveva fermato la macchina nel cortile di casa, davanti al garage.

I miei occhi erano aperti, li sentivo aperti, ma era come se fossi cieca.

Mi sentii trasportare prima fuori dal veicolo, poi percepii il cigolio appena accennato della porta di casa e lo sbattere di essa.

Fu come se qualcuno mi avesse urlato nell’orecchio.

Mi irrigidii e cercai di scendere, di allontanarmi da Jacob, di riprendere a respirare.

Ero completamente stordita e nonostante riuscissi a distinguere i mobili a me familiari non mi riuscii di metterli a fuoco.

Sentii qualche lieve passo al piano superiore e mentre Jacob si avvicinava a me e cercava in ogni modo di farmi reagire, sentii la familiare calma esterna raggiungermi.

Jasper stava scendendo le scale di casa mia –come avevo immaginato era tornato proprio quella sera– e io capii che era preoccupato.

Doveva aver sentito le mie emozioni e in quel momento vedermi barcollare per stare in piedi non doveva essere un bello spettacolo.

Era come se qualcuno mi stesse comprimendo la testa: non era doloroso, sono molto fastidioso e opprimente.

L’ossigeno non ne voleva sapere di entrare nei polmoni e più cercavo di respirare più mi sembrava di soffocare.

Sentii l’abbraccio freddo e sicuro di Jasper, avvertii la sua voce chiedere prima a Jacob cosa fosse successo –dato che non poteva leggere nel pensiero come suo fratello– poi lo sentii rivolgersi a me.

Mi stava pregando di guardarlo, di parlargli.

Io aprii la bocca e cercai di parlargli, ma ero come drogata, la bocca non rispondeva e la lingua era come addormentata.

Portai una mano alla tempia sinistra, afferrandomi i capelli. Stavo cercando quella cosa che mi stava comprimendo la testa, ma non esisteva.

Il mondo si spense qualche secondo dopo, con Jasper che chiamava il mio nome e il volto lontano del mio angelo biondo contornato da un alone scuro di formiche brulicanti.

 

Riaprii gli occhi quello che mi sembrò un’eternità dopo.

Ero in un letto d’ospedale e seduto accanto a me c’era Jasper, con la sua espressione preoccupata.

Il suo potere stava accarezzando dolcemente il mio cuore, in modo da non farmi cadere nel panico quando avessi ripreso totalmente coscienza «buonasera principina» mi disse nel suo adorabile accento meridionale «come ti senti? » aggiunse, avvicinandosi e alzando una mano per scostarmi dal viso una ciocca di capelli.

I suoi occhi dorati mi stavano scrutando a fondo, per capire come stavo «una drogata» risposi, guardandomi la mano destra: mi sembrava di vederla sempre ricoperta di sangue.

Lui ridacchiò, afferrandomi la mano e portandosela alle labbra; lasciò sulla mia pelle un piccolo bacio e lo sentii inspirare a fondo l’odore del mio sangue «sto iniziando ad abituarmici» disse con tono scherzoso e guardandomi di nuovo con le sue iridi preziose.

Io sorrisi, un sorriso debole e delicato, ma riuscii comunque a farlo calmare «Jacob mi ha detto tutto. Mio padre è ancora in quella zona e…beh» mi disse, lasciando cadere un attimo i suoi occhi sul mio collo «devo dirti che noi non siamo gli unici vampiri qui a Forks» e i suoi occhi tornarono di nuovo a fissarmi.

Sperava che io non mi arrabbiassi?

Come mai avrei potuto? Come se fosse stata colpa sua «mi dispiace, avrei dovuto essere li con te. Se quei nomadi fossero stati nei dintorni e ti avessero uccisa…» «n-nomadi? » riuscii a dire.

Le forze mi stavano ritornando poco a poco, ma ricordare il sogno, la realtà, era dura da morire «i vampiri che hanno ucciso tuo nonno. Non vivono in un posto fisso più o meno come noi, ma vagano in continuazione di luogo in luogo. E si cibano di sangue umano».

Non dissi nulla, completamente rassegnata. Ero entrata in un mondo più grande di me e se non ci fosse stato Jasper con me a guidarmi, sicuramente ne sarei rimasta schiacciata.

Sollevai la mano libera e me la posai sulla faccia, come per impedire alle lacrime di uscire dai miei occhi o almeno per non lasciare che Jasper le vedesse.

Sentivo la stretta della sua mano farsi più salda e sapevo che se avesse potuto mi avrebbe abbracciata, come aveva fatto quelle rare volte in passato.

Poco dopo arrivò la zia Lind, con gli occhi rossi e gonfi un po’ per quello che mi era successo e un po’ per quello che era successo «Sarah! Oh Sarah stai bene! » esclamò, avvicinandosi e prendendomi la testa per posarvi un bacio sopra «sono venuta prima che potevo! Grazie per esserle stato vicino caro» disse poi rivolta a Jasper, che si era alzato in segno di rispetto nei confronti di mia zia.

Io dentro di me ridacchiai, pensando che era proprio di un’altra epoca «zia sto bene…»«sua nipote ha solo avuto un piccolo shock, ed è stato un piacevole dovere starle accanto, signora».

La mia ilarità interiore aumentò, sentendolo parlare così ossequiosamente a mia zia, una donna di campagna molto alla buona «se volete vi lascio sole» e senza aspettare risposta si girò per andarsene; arrivato dalla porta voltò il viso verso di me e mi fece l’occhiolino, sorridendomi in quella maniera assolutamente divina.

La zia si sedette esattamente dove prima era Jasper e in quel momento ogni mia singola cellula le stava sbraitando che quello era il suo posto e che doveva togliersi da lì «Mi ha contattato la polizia e sono subito corsa qui».

Dov’era la zia quando tutto era successo? Forse a casa di qualche altro uomo «mi hanno detto che tuo nonno è…» si fermò, cercando le parole più giuste.

Per dirmi quello che Jasper mi aveva già detto nel suo modo tutto speciale «non è più tra noi. La polizia mi ha detto che si è trattato di un animale, ma devono ancora indagare e per ora non potremo riavere la salma».

Quello non fu per me una novità; sapevo che nessun animale sarebbe riuscito a fare quello che un vampiro sapeva fare e mi era sembrato strano che la polizia si fosse fermata a un’ipotesi così banale.

Consolai la zia meglio che potei, nonostante il mio cervello non fosse ancora del tutto sveglio.

Dovevo esser svenuta e in quel momento mi diedi della stupida: svenire per del sangue non era mai stato da me e mai avrei pensato di cadere in quello stato così deprimente e vergognoso.

Tornai a casa con la zia dopo una mezz’ora e non vidi Jasper per tutta la sera; tra i vicini e gli amici che ci venivano a trovare, anche se ci fosse stato non avrei trovato tempo nemmeno di chiedermi se fosse già in camera mia.

Il primo a presentarsi a casa mia fu Jacob, sollevato nel vedere che stavo bene «mi hai veramente spaventato sai? Per poco non ci rimanevo secco! » mi disse, scherzoso.

Io feci spallucce e lo guardai da capo a piedi: doveva essersi alzato ancora e non dovevo essermene accorta.

Sembrava un ventenne «che hai da guardare? » domandò allargando le braccia e guardandosi anche lui «sei diverso...più grande»«non te l’ha mai detto nessuno che noi maschi cresciamo tutti d’un botto? » mi rispose facendomi la linguaccia.

Magari era così, ma io non ci credevo molto.

C’era qualcosa che mi nascondeva, un segreto che sentivo essere simile a quello di Jasper.

 

Finalmente, quando giunsi in camera mia era praticamente l’alba e io non mi reggevo in piedi.

Mi chiusi la porta alle spalle e mi ci appoggiai, tirando un sospiro di sollievo: lo sceriffo Swan ci aveva assicurato che avremmo avuto indietro la salma in appena qualche giorno e alla zia bastò.

Per me era indifferente: ormai era solo un cadavere, mio nonno non esisteva più «stai bene? » mi chiese la voce dolce di Jasper, dal mio letto.

Era seduto sul materasso, tenendo in mano uno dei miei libri preferiti «potrei stare meglio» risposi piatta e andai a sedermi vicino a lui.

Il biondo vampiro posò i miei racconti gotici sul comodino e alzò un braccio per cingermi le spalle «mi dispiace, davvero» mi borbottò vicino all’orecchio e sfregando la sua fronte contro la mia tempia.

Mi allontanai da lui, guardandolo seria e arrabbiata «non va a genio neanche a me» sbottai.

Jasper mi guardò confuso, sentendo le emozioni che in quel momento mi stavano facendo salire il sangue alla testa «smettila di dispiacerti, non è stata colpa tua. Doveva succedere. Basta» continuai a dire, con il tono più tagliente che avessi.

Lui mi guardò con quei suoi occhi dorati e liquidi, caldi «ma se ti fosse successo qualcosa? Se fossero stati ancora là e avessero ceduto al profumo del tuo sangue? » «non mi è successo niente! » gridai, alzandomi di scatto dal letto e fronteggiandolo in piedi.

Presi il libro dal comodino –ricordo che era della stazza di Guerra e Pace– e glielo lanciai contro; ovviamente lui lo aveva deviato se glielo avessi lanciato da un chilometro di distanza e il volume andò a schiantarsi con il muro alle sue spalle con uno schiocco secco «basta sangue! Basta vampiri e morte! Basta uccisioni! Basta! » gli urlai ancora, mentre calde e grosse lacrime mi rotolavano giù dagli occhi «non voglio più pensarci. Non voglio più avere niente a che fare col passato» sussurrai, stando in piedi davanti a lui e stringendo i pugni «ho solo bisogno di te ora» gemetti, lasciando che le lacrime uscissero tutte, senza ritegno.

Jasper si alzò e mi abbracciò, per poi prendermi in braccio e appoggiarmi sul letto dove mi cullò e stette vicino a me finché non mi addormentai.

Non ebbi alcun sogno quella notte, il mio corpo era immobile e avvolto dalle coperte e rinfrescato dalla vicinanza del mio vampiro.

 

Il mattino aprii gli occhi mentre sentivo delle carezze sulla mia testa.

Jasper era sdraiato dietro di me e un suo braccio mi cingeva la vita, mentre l’altro mi aveva fatto da cuscino «buongiorno» mi disse dolce, lisciandomi i capelli.

Dovevo aver un covone di paglia al posto della testa e me ne vergognai altamente «sei bellissima anche il primo pomeriggio» continuò, scherzando, e i miei occhi si fissarono sulle sue labbra.

Non mi aveva mai baciato e in quel momento avvertii la solita adrenalina arrivare di soppiatto a farmele desiderare.

Lui mi scrutò attentamente, ridacchiando «già appena sveglia sei così attiva? » mi domandò.

Ma notai che anche lui stava subendo il riflesso del mio desiderio e i suoi occhi si erano incupiti un po’ «beh non è colpa mia se appena mi sveglio vedo il tuo meraviglioso viso» lo ammonii di rimando, alzandomi e tendendo la schiena fino a sentire un debole crock «sei stato tutta la notte con me? » domandai e lui negò scrollando la testa «se fosse stato così saresti morta congelata» mi disse «sono tornato a casa per una riunione di famiglia e abbiamo deciso di fare una partita a baseball oggi pomeriggio» continuò, alzandosi e abbracciandomi delicatamente la vita «il meteo ha messo pioggia come solito».

Io lo guardai confusa, pensando di aver sentito male perché ero ancora mezza addormentata, ma lui mi fece l’occhiolino e si alzò «non c’è nemmeno da dire che tu sei invitata» mi disse ancora, porgendomi la mano per aiutarmi galantemente ad alzarmi dal letto.

Io a una partita di baseball? Io che non ero capace nemmeno a prendere una palla ferma con la mazza di gommapiuma?

Una partita di baseball vampiresco poi era il massimo «ma voi vampiri non andate solo a caccia? » domandai ridacchiando e dirigendomi verso l’armadio.

Cos’avrei potuto mettere per un’occasione simile.

Poi un’idea mi fulminò da parte a parte «non è che mi vuoi portare con te per presentarmi ai tuoi, vero? » domandai, voltandomi appena.

Lo avevo colto sul fatto «ringrazia che i vampiri non possono arrossire» borbottò, guardando dall’altra parte della stanza mentre mi cambiavo «e anche se fosse? » «mi avevi detto che non ero la tua ragazza».

Ridacchiai; per una volta lo stavo mettendo in difficoltà e la cosa mi stava piacendo da impazzire «diciamo che ho cambiato idea» rispose lui, alzandosi e andando verso la finestra.

Stava guardando verso la foresta, ma sapevo anche che mi controllava usando il riflesso nel vetro.

Io mi vestii con tutta calma, indossando un maglioncino smanicato e un paio di pantaloni pesanti che non mi avrebbero impacciato nei movimenti «te l’ho già detto una volta, ma te lo ridico: sei uno stalker» gli dissi.

Lui lasciò uscire la sua risata allegra e calda, ma non si girò.

 

Scendemmo entrambi –Jasper aveva detto che mia zia era partita, così eravamo solo io e lui in casa– e ci dirigemmo in cucina.

Lui si appoggiò con la schiena al muro e, incrociando le braccia sul petto, mi guardò mentre mi preparavo una tazza di caffè e la univo ai miei cereali col latte «sei l’umana più strana che abbia mai visto» ridacchiò Jasper mentre divoravo velocemente la mia colazione.

Anche se erano le due del pomeriggio.

Lavai la mia tazza, sistemai un po’ la cucina e finalmente potei uscire da casa con il mio vampiro; salimmo sul mio pick-up, come solito lui al posto di guida, e aspettai di partire magari verso il centro di Forks, dove si trovava il campo sportivo.

Invece lui fece inversione e si diresse verso la foresta «ma…dove stai andando? » domandai e lui sorrise, pigiando sull’acceleratore «noi abbiamo in nostro luogo privato dove giocare» mi disse.

Come si poteva giocare a baseball in mezzo alla foresta? Mah, roba da vampiri, pensai.

Ci mettemmo poco più di un quarto d’ora per arrivare nel grande spiazzo che Jasper aveva chiamato “diamante privato”; in effetti era grande abbastanza da contenere due dei normali campi da baseball che in passato avevo visto.

Tutti i Cullen erano già lì, chi a scaldarsi i muscoli e chi a chiacchierare in attesa del giocatore mancante.

Lo guardai un po’ nervosa: improvvisamente mi chiesi che cosa sarebbe successo se non fossi piaciuta a sua madre o a qualcun altro della famiglia.

Mi avrebbe lasciata oppure avrebbe sostenuto una possibile faida famigliare? «stai tranquilla» disse a un certo punto, fermando il pick-up e scendendo.

Fece il giro del veicolo e mi aprì la portiera «andrai benissimo» e mi prese la mano.

Camminammo verso il campo e io vidi tutti i Cullen avvicinarsi.

Riconobbi quasi subito la madre adottiva di Jasper: ovviamente bellissima, aveva i capelli lunghi e mossi, color cioccolato con alcuni riflessi rossi, il viso delicato e un grande, enorme sorriso.

Camminava attaccata al dottor Carlisle e fu la prima ad avvicinarsi a me «così tu sei Sarah! Oh che piacere conoscerti, Jasper non fa altro che parlare di te» disse, abbracciandomi come faceva spesso mia zia.

Si, dovevo esserle piaciuta «e non fa altro che pensare a te» mugugnò divertito Edward «la cosa stava iniziando a diventare seccante».

Jasper guardò in tralice il fratello ridacchiante, mentre io mi sentii letteralmente sollevare da terra: Emmett mi aveva presa per la vita e mi aveva posata sulla sua spalla come un sacco di patate «ci siamo tutto no? È ora di giocare! » esclamò e questa volta non mi intrattenni dal ridere.

Anche se vidi la bionda Rosalie fulminarmi con lo sguardo.

 

 

Risposta alle recensioni:

 

Norine: Grassie, veramente :3 La tua fiducia nella mia fantasia veramente mi commuove! Non posso mica dirtelo sai? Sennò ti spoilerizzo tuttoooo XD

Sa chan: la curiosità è sintomo di intelligenza XD Edward riesce a leggere nella mente di tutti in questa fict –putroppo per noi! ND. Sarah– e Bella è semplicemente una ragazza come un’altra che vive a Forks col padre. Spero di aver soddisfatto il tuo sintomo di intelligenza hihihi. Sono contenta che ti piaccia, sta coinvolgendo molto anche me, il che è tutto dire XD

   
 
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