Rieccomi
dopo quanti…anni? Boh, troppi però! Sono riuscita
con
un po’ di calma a riesumare dal vecchio pc rotto gli ultimi
capitoli di questa
mia fic.
Grazie a tutti quelli che hanno continuato a recensire ed ad
incorraggiarmi perché terminassi il mio lavoro.
Se ancora qualcuno a seguisse la storia…consiglio di
ricominciare
a leggerla, come ho fatto io 😉
30- Prospettive
Si
sforzava per concentrarsi sulle carte sotto i suoi occhi, mentre dal
giardino
gli giungevano il rumore delle spade che cozzavano e le risate di Hans.
Davanti
a lui, Lord Weston osservava la scena tenendo leggermente scostata dal
vetro la
tenda della finestra.
“Il
Conte de Jarjayes non si risparmia nemmeno con i reduci di guerra!
E’ davvero
notevole con la spada!”
“Già”
fu il commento laconico di Andrè.
“Si
prova sempre una strana sensazione a battersi con uno spadaccino
così abile ed
al contempo così
attraente…il brivido
della paura si mescola a ben altri impulsi…” si
voltò e notò lo sguardo torvo
di Andrè.
"Tranne
che per il sottoscritto, si intende! La superiorità bellica
di Madamigella
Oscar mi terrorizza, senza lasciare spazio ad
altre…emozioni!”
Il
giovane spalancò gli occhi. Madamigella?
“Perché
rimane una donna bellissima, anche se vestita da uomo, dico
bene?”
Tacque
un istante.
“Da
quanto tempo lo sapete, Lord Weston?” chiese Andrè.
“Che
il vostro padrone è una donna o che l’avete sempre
amata, amico mio?” lo
incalzò, appoggiandosi con le braccia alla scrivania.
Andrè
si alzò senza rispondere e prese il posto del nobile davanti
alla vetrata che
dava sul giardino. Il duello era terminato e Fersen parlava ad Oscar,
chinandosi verso di lei. Forse le raccontava qualcosa di
divertente…lei rideva,
lui sfiorava una ciocca dei suoi capelli, in un modo che trovava troppo
confidenziale.
Sospirò
profondamente e tornò ai suoi registri. Weston lo seguiva
con lo sguardo,
inarcando un sopracciglio.
“Devo
concludere questi rendiconti prima di partire per Auxerre”
“E’
proprio necessario che partiate …ora?” insistette
Weston.
Andrè
non rispose, tenendo gli occhi fissi sui fogli di carta davanti a lui.
“E
sia, se è così che avete deciso.
Sarà bene
che mi assicuri che il pranzo sia pronto al più
presto” concluse Lord Weston,
lasciando la presa su di lui.
Oscar
aveva chiesto di poter desinare nella sua tenuta, insieme al suo ospite
e ad
Andrè.
Era
una gradevole giornata di inizio primavera e Lord Weston aveva
predisposto un
semplice rinfresco nella veranda, attorno ad un tavolo colmo di
composizioni
floreali, creando un’atmosfera davvero accogliente ed intima.
Oscar
rammentava benissimo quel luogo, dove era avvenuto il loro primo
incontro: si
chiese se la scelta di riceverli lì fosse stata davvero
casuale.
Il
pranzo fu gradevole e sereno.
Fersen
aveva davvero l’innata capacità di ambientarsi
immediatamente, tanto in un
salotto elegante quanto in una taverna di periferia. Parlò a
lungo con Lord Weston
dei vantaggi di una vita ritirata in campagna, per poi discorrere
riguardo agli
incredibili progressi compiuti nel recupero del suo braccio malato e
infine
concluse portando la conversazione sulle condizioni di Parigi e della
famiglia
reale.
Andrè
aveva terminato il suo pranzo senza quasi proferire parola e adesso
stava in
piedi, appoggiato allo stipite della porta che conduceva al giardino,
volgendo
ora lo sguardo alle terrazze che circondavano la tenuta, ora a Fersen
ed alle
sue argomentazioni.
“Quindi
affermate che la situazione nella capitale sia tanto
degradata?” chiese Lord
Weston.
“Purtroppo
sì, signore” rispose
Hans.
“La
città è sovraffollata di miserabili che vi si
riversano, spinti dalla fame e
dall’indigenza. I quartieri nei quali è
impossibile per un gentiluomo
transitare in carrozza senza rischiare il linciaggio sono sempre
più numerosi.
E ovunque le effigi dei sovrani sono oggetto di vilipendio. Soprattutto
le
immagini delle regina Maria Antonietta, odiata anche per le sue origini
austriache.”
“Forse
la povertà che regna nel paese è il vero motivo
di tanto odio, non credete?”
replicò Andrè, pentendosi immediatamente di
essere intervenuto.
“Io
non voglio negare le eventuali responsabilità dei sovrani
nell’aver condotto
una disastrosa politica economica. Ma ormai il punto non è
più questo”
insistette Fersen.
Poi
si rivolse direttamente ad Oscar.
“La
regina è stata lasciata sola. Circondata da cortigiani avidi
e senza scrupoli,
non ha più amici. Non ha nessuno che possa difenderla,
nemmeno dai propri
errori”. Pronunciò queste ultime parole abbassando
leggermente la voce.
“Il
comandante delle Guardie Reali, il conte Girodelle, è un
uomo di valore e di
principi irreprensibili. E credo che lo stesso valga per il suo
secondo, nonché
sua moglie, Rosalie Lamorliere de Girodelle” rispose Oscar,
sentendosi chiamata
in causa.
“Non
è così, Oscar. Non è più
così” sospirò Fersen.
“Girodelle
è solo da molto tempo, ormai. La giovane Rosalie attende un
erede e per questo
ha lasciato l’esercito. Per quanto sia un eccellente soldato,
non è un uomo di
comando, soprattutto in frangenti come quelli che stiamo attraversando.
E’ un
ottimo esecutore, ma è privo di un’efficace
intraprendenza. Sarebbe il primo a
sentirsi sollevato per un vostro ritorno.
Il
comandante delle Guardie Reali deve avere la completa fiducia dei
sovrani ed al
contempo deve essere in grado di comprendere le azioni di coloro che
cavalcano
il malcontento popolare, per anticiparne le mosse o per neutralizzarle.
Deve
essere sensibile ed intelligente. Deve essere leale e coraggioso. Deve
essere
come voi Oscar. Dovete essere voi!”
Andrè
allontanò lo sguardo. Solo per un attimo provò ad
immaginare come sarebbe
diventata la sua vita, a Versailles.
Come attendente di Oscar. Insieme al piccolo Sebastiane.
Lasciando al
suo destino Monsieur Florent e le vigne De la Borde. Dovette
appoggiarsi allo
stipite per sorreggersi. Non riusciva a rivolgere lo sguardo ad Oscar,
temeva
quello che avrebbe potuto leggervi.
“Oscar,
non c’è motivo per restare in questo esilio, per
quanto dorato possa essere! Il
vostro braccio non rappresenta più un problema: mi sono
misurato con voi e
posso attestare senza ombra di dubbio che potete riprendere
ciò che è stato
vostro! Ciò di cui l’astuzia di una nobildonna vi
ha derubato! Ciò che ha dato
senso alla vostra vita e lustro al vostro casato! Pensate a quanto
vostro padre
stia aspettando il momento in cui tornerete ad indossare la divisa
scarlatta da
Colonnello delle Guardie Reali!”
La
donna non replicava. Con lenti e pacati movimenti, senza tradire alcuna
emozione, staccava ad uno ad uno i petali di una rosa del centrotavola
davanti
a lei.
“Siete
stato quindi inviato qui dai sovrani, conte di Fersen?”
chiese Lord Weston con
garbo. L’uomo, che fino a quel momento si era rivolto quasi
esclusivamente ad
Oscar, ignorando gli altri commensali, ebbe come un sussulto.
Sembrò soppesare
il senso di quella domanda prima di rispondere.
“No,
Lord Weston. Non sono qui come messaggero della corona.
Il Re e la Regina vivono entrambi in un loro
mondo, completamente distaccati dalla realtà che li
circonda.
Sua
Maestà Luigi XVI cerca di interessarsi alle questioni
economiche del paese, ma
non è in grado di apportare un vero contributo per la loro
risoluzione. Si
limita a cambiare i ministri senza criterio alcuno, se non le pressioni
che
riceve dai diversi membri della corte e per quanto riguarda la
Regina…” sospirò
e solo allora Oscar tornò a guardarlo.
“…la
Regina vive coi figli al Trianon, una piccola depandance
della reggia,
senza altro interesse che l’intrattenimento degli
eredi…Sembra lei stessa
tornata bambina…Non ci si può aspettare che
capisca cosa succede al di fuori
delle mura di Versailles, o che sappia porvi
rimedio…”
L’amate
ancora, Hans, non è così? Siete stato lontano,
avete combattuto una guerra che
non vi riguardava, forse vi siete persino augurato di non
tornare…tutto per
lei…solo per lei…
“Ma
io non sono cieco! Oscar, io ho già visto questa medesima
storia, in America!
So a quale violenta ribellione può portare la disperazione e
la fame! E
credetemi: quando la miccia esplode, divampa un incendio che raggiunge
tutto e
tutti! Non ci sarà luogo che possa ritenersi sicuro e
protetto! La rivoluzione
travolgerà chiunque, dovunque! Non la fermeranno le mura
della reggia di
Versailles e si riverserà anche qui, nella remota e piccola
Chablis”
“Qui?!”
ripetè Lord Weston, incredulo.
“I
rivoluzionari non chiedono solo pane per i poveri! Non sono frati
francescani!
Vogliono rovesciare lo status quo.
Vogliono eliminare l’aristocrazia e tutti i privilegi che ne
derivano. Chiunque
porti il titolo di nobile non potrà
ritenersi al sicuro, a meno che non rinunci a tutto quello a cui ha
diritto per
nascita! E mi sembra un pensiero talmente inconcepibile per ritenere
che
chiunque sano di mente lo possa accettare!”.
Oscar
levò lo sguardo verso Andrè. I suoi occhi erano
pieni di paura. Le parole di
Fersen sembravano entrargli dentro, come lame di una spada.
Sorrise
istintivamente, come per rassicurarlo.
“Suvvia,
conte di Fersen!” lo interruppe Weston “Non vi
sembra di essere…catastrofico?
Se anche fosse vero quello che dite, cioè che la borghesia
voglia far piazza
pulita di tutti i nobili, ci vorrebbero secoli, quanti ce ne sono
voluti per
creare l’aristocrazia così come è
oggi!”
Rise,
come a voler stemperare l’atmosfera che i discorsi del nuovo
ospite avevano generato.
“Quando
ci riusciranno saremo già tutti morti!”
Hans
scosse la testa, poggiando la fronte sul palmo della mano.
“In
America una guerra di una manciata di anni è riuscita a
cancellare una
sudditanza che regnava da più di due secoli!”
replicò amaramente, come se
stesse parlando ad un auditorio di ottusi. Quando rialzò il
capo si rivolse
nuovamente ad Oscar, abbassando il tono della voce, come se gli altri
non
fossero nella stanza.
“Voi
mi credete, vero, Oscar? Voi, almeno voi, mi capite?”
La
donna lo fissò un istante, poi annuì in silenzio.
“Voi
siete un membro dell’aristocrazia più vicina alla
corona e siete un militare
graduato. Non devo
certamente essere io
a ricordarvi qual è il vostro dovere!” concluse,
con tono fermo e risoluto.
Quindi si alzò e si voltò verso Lord Weston
“Ho gradito la vostra compagnia e la
vostra squisita ospitalità, Lord Weston. Mi congedo da voi
consapevole che
difficilmente ci incontreremo di nuovo. Tra due giorni farò
ritorno a
Versailles”
“Ma
Conte, siete appena arrivato! Intendete già
ripartire?”obiettò il suo ospite.
“Il
mio soggiorno qui aveva un unico scopo. La mia presenza, ed ancor
più quella di
Madamigella Oscar, sono necessarie altrove. Non posso trattenermi
oltre.”
Fece
un cenno di saluto rivolto ad Andrè ed attese che il padrone
di casa lo congedasse.
Lord Weston fu colto alla sprovvista. Anche Oscar allora si
alzò e gli si
avvicinò.
“Grazie
Weston di questa splendida giornata e…di tutto il
resto!”
Poi
si volse ad Andrè. Lord Weston fece allora strada a Fersen,
lasciandoli soli.
Lottando
contro le lacrime che gli bruciavano gli occhi, miste alla rabbia ed
alla
paura, sostenne il suo sguardo.
“Credi
sia vero quello che racconta della situazione di Parigi?”
Oscar
annuì, senza parlare.
“Credi
sia vero quello che sostiene riguardo a te ed al tuo possibile
ruolo…salvifico?” continuò, amaramente.
“Questo
posso saperlo solo…andando con lui e provandoci”
Seguì
un attimo di silenzio.
“Parto
subito per Auxerre, prima che sia pomeriggio inoltrato”
concluse Andrè,
voltandosi verso la vetrata. Gli sembrò stupido tornare
così alle sue
incombenze, forse voleva solo evitare di forzarla a decidere
lì, subito, tra
lui e Fersen. Lui, che sentiva di amarla al punto di non poterla
obbligare a
nulla, al punto di sentirsi meschino solo a pensare di ricattarla con
argomenti
sentimentali.
Sentì
i rumori dei cavalli che lo stalliere di Weston aveva già
condotto in cortile,
per i suoi ospiti. Oscar
si strinse a
lui, abbracciandolo e poggiando il viso sulla sua schiena, senza
parlare. E in
silenzio lui le prese le mani. Avrebbe giurato di sentire lacrime
segnare il
suo volto, le stesse che solcavano il suo.
Poi,
senza dire una parola, avvertì le sue mani svuotarsi e come
una folata di vento
Oscar lasciò la stanza.