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Autore: reggina    14/09/2019    3 recensioni
Non è tutto oro quello che luccica. All’apparenza i Ross vivono una vita da sogno ma, sotto la superficie perfetta, in realtà non c’è dialogo ma solo incomprensioni e muto rancore.
Nell’arco di un pomeriggio tutto si sgretola. Julian e la sua famiglia si ritroveranno con una realtà tutta da reinventare.
Alla paura iniziale si sostituirà, poco alla volta, la meraviglia di ritrovare dentro di sé le risorse per fare il mestiere più difficile del mondo: il genitore.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sulle porte di ogni camera d’ospedale si dovrebbe inchiodare il cartello Attenti al cane! Un cane nero che ti vive dentro e che diventa sempre più grande, la paura che alimenta la paura.

Fino ad oggi Andy si è nascosta, ha trovato il modo di mandarla via, si è messa in salvo…Tutto fuorché affrontarla.

Ora è costretta a guardarla in faccia quella paura.

Deve raccogliere tutte le sue forze per entrare lentamente in quella stanza: il silenzio interrotto soltanto dal suono del battito del cuore di Julian.

Richiude la porta senza far rumore, solo un lieve scatto, e finalmente si avvicina a lui.

Julian è appoggiato ai cuscini, il viso pallido e i naselli per l’ossigeno che non annullano minimamente la sua bellezza. Ha gli occhi chiusi e il suo respiro è lento e regolare, segno che sta dormendo.

Andy si avvicina e gli prende la mano sinistra tra le sue, e nel momento in cui i suoi occhi si riempiono di quelle lacrime che si ostina a trattenere, gli passa le dita sul viso per accarezzarlo. Segue la guancia, la mascella, il mento e infine gli disegna le labbra perfette che, in quel momento, sono leggermente dischiuse.

Senza lasciargli la mano, prende la sedia che è accanto al letto, l’avvicina e si siede senza distogliere lo sguardo dal ragazzo. Gli accarezza il dorso della mano, scorrendo sulla pelle calda.

Quel movimento le serve per assicurarsi che non sta sognando: suo figlio è lì ed è vivo.

Julian sta riacquistando conoscenza lentamente, scivolando fuori da un sogno confuso indotto dai medicinali.

Un lieve movimento delle dita fa balzare il cuore nel petto a sua madre, solleva la testa verso il suo viso e sa di non essere pronta a vederlo sveglio.

Julian apre gli occhi cercando di mettere a fuoco l’immagine. Poi la fissa un po' confuso.

Uno sguardo penetrante che sembra entrare fin dentro l’anima. Andy si piega su di lui, in una posizione strana, mezza in piedi e mezza in ginocchio, per guardarlo negli occhi.

“Ciao, come ti senti?”

Stringe ancora la sua mano ma Julian non ricambia la stretta.

“Ho avuto giorni migliori!”

La donna torna a sedersi. Le sembra un tradimento guardarlo troppo fisso, soprattutto così da vicino, conciato com’è su quel letto d’ospedale. Più della flebo e della maschera dell’ossigeno, più del battito cardiaco della macchina attaccata a lui, è qualcos’altro a non quadrare. Qualcosa nel suo viso pallido e nei suoi occhi malinconici.

È qualcosa che rende Julian la persona che è .


Cala il silenzio, un silenzio denso.

Le parole, le paure sono tutte aggrovigliate in una palla che si è piazzata da qualche parte, tra voce e cuore, impedendo loro di dire quello che realmente provano.

Andy pensa alla sua infanzia.

Lei non disegnava ragazze in abito bianco o donne con il pancione come facevano altre sue compagne.

Non c’era il matrimonio con l’uomo dei sogni o una sfilza di bambini sulla lista dei desideri che si raccontavano tra amiche.

Da bambina voleva fare l’avvocato. Aveva avuto quell’idea dacché ricordasse, quella decisione fissa in testa.

Non aveva mai desiderato di fare la madre. Se non ci fosse stato Julian, non sa se avrebbe avuto quell’istinto materno di cui tanta retorica parla.

La verità, però, è che la nascita di suo figlio ha influenzato i suoi passi più di quanto voglia ammettere .

“Dove sono gli altri?”

All’improvviso Julian la mette difronte ad una verità spinosa e impopolare ma incontrovertibile. Ad un ricordo che le si palesa dinnanzi all’improvviso e con fastidio.

Ha dato di matto nel corridoio dell’ospedale scacciando i ragazzi – compagni e avversari- corsi lì a sincerarsi della salute di Julian. Ha trovato un capro espiatorio in Gregory e si è accanita su di lui con parole taglienti.

“Come hai potuto permettere a nostro figlio di rischiare la vita per una stupida partita di calcio? Non te lo perdonerò mai!”

Il senso di colpa del Dottor Ross è stato spazzato via da una reazione d’orgoglio.

“Non capisci? Oggi Julian ha rischiato di morire per scegliere di vivere !”

“Hai sempre quel pallone in testa, Julian. Cerca di riposare adesso!”

“Vorrei restare da solo!”


Dopo qualche tempo, illuminata dalla luce bianca del neon di una camera d’ospedale, entra una donna capace di portare una ventata di aria pura.

Julian fa un respiro profondo e sorride.

“Ehi Oro di Yamashita !”

Fancy ha settant’anni ma è instancabile come una ragazzina.

Un po' casinista e un po' perfettina, quando si è ritrovata davanti a quella porta, come in un flash ha rivisto sé stessa nella medesima situazione.

Gli anni sono passati ma quella ferita è ancora vivida nei suoi pensieri.

L’estate trascorsa al capezzale di Albert, in una stanza doppia al terzo piano di quello stesso ospedale, con un voluminoso condizionatore che ronzava e sferragliava giorno e notte .

Sbatte le palpebre e pensa che le emozioni che sta provando giochino con la sua mente.

“Ho fatto tripletta oggi, sai nonna?”

Il ragazzo racconta con l’entusiasmo dei suoi quindici anni. Un lieve sorriso gli stira le labbra livide e le sue guance riprendono un po' di colore.

“Il mio piccolo campione!”

In realtà Fancy si sforza di trattenere le lacrime.

Probabilmente Julian non si rende conto del grave pericolo che ha corso per inseguire i suoi sogni. Lui fa un sospiro e si lascia ricadere sui cuscini, sopraffatto dal suo destino.

“Mamma e papà hanno ragione, vero? Non lo pensi anche tu che sono stato uno stupido incosciente?”

Scivolare dalle retrovie in prima linea è questione di un attimo ma Fancy sa bene che i nonni non devono fare i genitori .

“Secondo me no. Non ci si può permettere di giudicare quando non si posseggono tutti i particolari di un problema.”

E, allo stesso tempo, è incapace di starsene in un angolo. Una tristezza atavica adombra la mente di Julian, rendendolo incapace di formulare qualsiasi risposta.

Allora tocca a lei, che lo ha sempre accudito come un figlio, trovare le parole giuste.

“Ti hanno piegato oggi, Julian. Ma non sono riusciti a spezzarti!”


Intanto Andy si è concessa una breve fuga sul balcone del reparto. Sa che sua suocera, la nonna di suo figlio, troverà sicuramente le frasi giuste per calmarlo.

Finalmente ha smesso di piovigginare. Ha il filtro della sigaretta tra le labbra quando arriva qualcuno che si schiarisce la voce e fa un “ehm” come se si preparasse a recitare.

“E che palle! Se non posso almeno farmi due tiri vado fuori di testa!”

Gregory abbassa un po' gli occhi per mettere a fuoco quelli della moglie. La guarda, fa un sospiro profondo.

“Ehi, ehi calma. Non sono venuto per sgridarti ma soltanto per portarti questa!”

Con premura le appoggia sulle spalle un golfino in cachemire azzurro, poi dalla tasca del camice tira fuori anche lui un pacchetto di sigarette.

“Dai copriti bene, che ce ne fumiamo un’altra insieme!”

Andy apre e chiude la bocca, ma dalle sue labbra non escono parole. È sconcertata. Aveva previsto lamentele, grida, rimproveri, persino la possibilità di litigare seriamente.

Vorrebbe accusarlo perché ha permesso al loro figlio di rischiare la vita e invece si ritrova a sorridere, suo malgrado.

“Dovremmo smettere! Il fumo nuoce alla salute…Soprattutto a quella di Julian!”

Gregory le allunga l’accendino acceso. Per un momento si perde nel tremolio luminoso della fiammella, si lascia attirare come una falena, poi vi accosta la punta della sigaretta e aspira la prima boccata di fumo caldo.

L’uomo accende la sua e soffia fuori una nuvoletta di fumo che per un po' resta sospesa nell’aria.

Vapore di paura nell’aria fredda .

“Sai anche io ho paura, tanta! John mi ha detto che si potrebbe provare a sottoporre Julian ad un’operazione. Un’operazione seria”

Anche lui ha il suo cane nero dentro. Chissà se gli ha dato un nome! Quello che prova per lui ora è qualcosa di più della semplice solidarietà. È complicità.


Tornano insieme nella camera di Julian.

E per quasi tutta la notte restano seduti, Gregory, Andy e Fancy, un triangolo scaleno intorno al letto d’ospedale sul quale è adagiato Julian, con i bip delle macchine e lo schermo del televisore in un angolo che trasmette immagini di un film in bianco e nero perché nessuno si prenderà la briga di cambiare canale.

   
 
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