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Autore: NPC_Stories    02/10/2019    11 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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2. Lantern


Sotto-genere: dark fantasy
Ambientazione: fantasy generico


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Il ragazzino raggiunse il limitare del bosco, riuscendo finalmente a tirare un sospiro di sollievo. Il cielo ormai era scuro, ma pieno di stelle. Sotto gli alberi perfino quella fioca luce gli era negata, ma adesso che finalmente aveva raggiunto il prato aperto poteva spaziare con lo sguardo. Non era meno perso di quanto lo fosse prima, però almeno non avrebbe più girato in tondo.
Non sapeva come avesse fatto a perdere di vista la sua famiglia; la montagna sapeva essere crudele e non perdonava il minimo errore. Una svolta sbagliata, una scorciatoia che non portava dove aveva sperato, e si era irrimediabilmente perso. Quella che avrebbe dovuto essere una felice gita fuori porta stava diventando un incubo.
Non sapendo cosa fare, il ragazzo ipotizzò che camminare in discesa prima o poi l'avrebbe riportato a valle. La montagna non era molto alta e forse perfino una persona inesperta come lui avrebbe potuto cavarsela in qualche modo.
La via che aveva scelto lo portò sull'orlo di un precipizio, una gola molto profonda sul cui fondo scorreva un torrente. Un vicolo cieco, insomma, visto che scendere da quella parte era impossibile e la gola era troppo larga per poterla saltare. Se solo fosse riuscito a capire in quale direzione scorreva l'acqua! Avrebbe potuto intuire almeno a grandi linee dove fosse la valle. Il torrente però era troppo lontano, sfuggiva al suo sguardo, e il rumore dell'acqua corrente non suggeriva nulla.
Il panorama davanti a lui non era facile da leggere. Non vedeva da nessuna parte quelle luci artificiali (fiaccole, lanterne, perfino una candela dietro una finestra!) che gli avrebbero indicato l'ubicazione del suo villaggio. La grande valle era davanti a lui? Oppure quello spazio nero che vedeva era una valle interna e disabitata, sull'altro versante della montagna?
Poi, quando stava ormai disperando, vide una luce che si muoveva in lontananza. Forse era una fiaccola? Forse suo padre era tornato a cercarlo?
Il ragazzo s'incamminò in quella direzione, il battito del suo cuore gli rombava nelle orecchie come il fragore di una cascata, tanto che perfino suo padre a quella distanza doveva averlo sentito. Agitò le braccia, provò ad urlare. Nell'aria fredda e immobile, il suo grido dovevano averlo sentito fino a fondovalle.
La luce smise di avvicinarsi, e il piccolo sventurato si accorse che non tremolava come il fuoco di una fiaccola. Era una fiamma più fioca eppure più stabile: la luce di una lanterna.
"L'Eremita" sussurrò, con timore reverenziale.
Quella dell'Eremita era una leggenda tipica delle loro montagne. Una storia antica, di cui neppure gli anziani ricordavano l'origine. Si diceva che di notte vagasse una creatura terrificante, non umana, vestigia di un'epoca in cui le creature fatate vivevano insieme agli uomini. L'Eremita doveva essere l'ultimo sopravvissuto di quell'antica stirpe. Eppure, nonostante il suo volto nero e gli occhi rossi come braci, non aveva mai fatto del male a nessuno. Secondo la leggenda portava armi e armatura, ma non aveva mai sguainato la spada. Tutto ciò che reggeva in mano era una lanterna, ma la sua luce era visibile solo a chi si trovava vicino a lui… vicino all'altro mondo.
Il bambino continuò a camminare, avvicinandosi sempre di più a quella creatura. Adesso riusciva a quasi a vederne i dettagli: il mantello lacero, come se fosse stato trafitto da mille spade. Il suo fisico minuto e quasi scheletrico. Le dita delle mani, lunghe e affusolate, nere come la notte. Aveva davvero in mano una lanterna, splendida e dalla foggia aliena; all'interno però non c'era fuoco, solo quattro piccole sfere di luce magica. Un prodigio delle fate, di sicuro.
Nonostante fosse ormai arrivato molto vicino, il ragazzino non riusciva a distinguere bene i tratti del volto dell'Eremita. Era come se i suoi lineamenti fossero avvolti nella nebbia, sotto il cappuccio sbrindellato. In presenza di quella figura mitologica, il cucciolo d'uomo ammutolì, sentendosi piccolo e ignorante. Aveva sempre riso di quella sciocca credenza, e invece… L'Eremita era davanti a lui, con la sua magica lanterna che faceva da guida alle persone che si erano perse sui monti. Era incredibile. Soprannaturale. Era praticamente un dio, per le persone semplici della valle, e uno sciocco ragazzino come lui era stato ammesso alla sua presenza, aveva avuto occasione di vederlo per davvero in questa vita, di confermare la leggenda…
L'Eremita alzò la lanterna, illuminando meglio il suo volto, e i suoi occhi rossi come il sangue scrutarono il piccoletto dall'alto in basso, con espressione greve. Poi, la creatura di un altro tempo parlò.
"Oh que ti fosti smarrito, puero?"
Il bambino sbatté gli occhi in silenzio, un paio di volte.
"Eh?"
"Puote lo favellar mio parerti un poco arcaico? Molti eoni passarono dall'ultimo incontro mio con un figlio dell'uomo."
"Eh… sì" balbettò lui, incerto. "Come dite voi."
"Ebbene, vieni meco, puero. Menoti allo sentiero que conduce alla vallata. Vagolare pel bosco, fosti invero uno gran capo de mentula."
"Eh?" Ripeté il bambino, poi si accorse che L'Eremita si era mosso, anche se non stava esattamente camminando. Sembrava più che altro che scivolasse sul sentiero. Si affrettò a seguirlo, perché nonostante lo strano spirito si muovesse in modo apparentemente lento, il ragazzino si trovò presto a dover quasi correre per stargli dietro.
"Aspettatemi! Chi siete voi? Sono vere le storie sul vostro conto?"
"Nissun figlio d'uomo fecemi mai menzione d'historie."
"Alcuni dicono che siate una creatura fatata" raccontò, la voce rotta dal fiatone perché non era facile muoversi rapidamente in montagna. "Altri dicono che siate un fantasma. I vecchi ci litigano, su questa cosa..." dentro di sé, si figurava già come l'eroe che avrebbe risolto l'annosa diatriba. Anzi, sarebbe stato visto come un eroe anche solo per il fatto di avere avuto il coraggio di parlare con l'Eremita.
"Tonterie!" Sbottò la creatura. "Fregiomi d'esser ambo le cose."
Questa volta il ragazzino sperduto restò ammutolito per lo stupore, e per molto tempo proseguirono in silenzio. Rientrarono nel bosco e le fronde degli alberi si chiusero sopra di loro, tagliando fuori ogni luce tranne la lanterna magica. Tutta l'attenzione del giovane umano deviò verso la necessità di non inciampare nelle radici.
Alla fine, improvvisamente com'era iniziato, il territorio boschivo si aprì, e anche il sentiero si fece più largo.
"Laggiù. L'umana cittade." Indicò l'Eremita.
"Oh… Sono a casa!" Esclamò il piccolo, asciugandosi gli occhi improvvisamente colmi di lacrime. Non sapeva perché stesse piangendo, ma in qualche modo si accorse che fino a un attimo prima aveva paura. Pensava di fidarsi dell'Eremita, ma il terrore dell'ignoto era una cosa irrazionale. "Grazie… grazie, Buon Vicino! Come posso…?"
"Non puoti" tagliò corto lo spirito. "Quieta le lagne."
"Ma… posso chiedervi… dove eravamo prima?"
L'Eremita aveva già iniziato a risalire il sentiero, ma si fermò per guardare con curiosità il bambino.
"In sul monte, ciuco."
"Gli anziani dicono che soltanto le persone vicine al vostro regno possono vedere la luce della lanterna." Insistette lui. "Mi trovavo al confine del regno delle fate?"
L'Eremita aveva sempre uno sguardo severo ma in quel momento riuscì a farlo sembrare anche giudicante.
"No, capo de mentula. Fosti prossimo allo regno delli defunti. Men que all'alba saresti giunto." Il ragazzo restò di sasso e sentì un brivido gelido (e non era il primo quella notte!), ma non dubitò nemmeno per un istante che fosse vero. "Simili cose, sentole per istinto. L'esistenza mia nutresi della di voi vita."
"Della vita?" Un'altra doccia fredda. "Ma quindi… perché non mi avete ucciso?"
"Que?" Lo sguardo rosso fuoco brillò ancor più intensamente, in un moto d'indignazione. "Della vita, dicoti! Non della di voi morte, stolto."
Il fantasma girò le spalle e se ne andò, in un teatrale fluttuare del mantello sfilacciato. La luce della sua lanterna diventò presto fioca e debole, forse perché il ragazzo non ne aveva più bisogno. Prima che scomparisse del tutto, però, gli sembrò che adesso ci fossero cinque sfere di luce in quel magico artefatto, non più quattro.

   
 
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