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Autore: NPC_Stories    08/10/2019    5 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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8. Waterlilies


Sotto-genere: avventura, drammatico
Ambientazione: Forgotten Realms


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1277 DR, da qualche parte nella giungla del Chult

Gobeith non aveva mai affrontato un avversario tanto coriaceo. La paladina manovrava la lunga spada reggendola con entrambe le mani, perché la fatica ormai esigeva il suo prezzo, ma l'arma continuava a muoversi con la grazia di una biscia d’acqua. La lama dai riflessi azzurri saettò e colpì l’uomo-serpente, aprendogli un taglio su una spalla. Gobeith aveva mirato al collo, ma lo yuan-ti era sfuggente e veloce, anche più di lei.
Nonostante tutto, era cautamente ottimista. Avrebbe potuto vincere.

La gente la chiamava Portatrice di Pace, per il suo importante lavoro diplomatico nel Mare di Meth, ma ogni tanto la pace poteva giungere solo attraverso l’uso delle armi.
Era giunta fin quasi all’altro capo del Faerûn pur di smantellare il traffico di schiavi che affliggeva la sua gente. Una compagnia di yuan-ti, guidata dal malvagio Zsumoahis Toltsallu, aveva stabilito un quartier generale nell’Unther e da lì aveva iniziato a rapire umani e spiritidi dei fiumi, mentre il governo corrotto guardava dall’altra parte. D’altronde, a chi importava di quei semplici pescatori? E gli spiritidi, non del tutto umani, non erano forse una presenza sgradita nel Mare di Meth? Tolti loro, le città di Shussel e Messemprar avrebbero avuto il controllo totale del lago, con tutti i vantaggi economici che ne conseguivano.
Nessuno voleva aiutare quella regione periferica, Gobeith e la sua gente avevano dovuto cavarsela da soli.
Alla fine di un quinquennio di guerriglia, indagini e inseguimenti, aveva finalmente messo all’angolo il braccio destro di Toltsallu, uno yuan-ti mezzosangue che appariva come un umano mingherlino, ad eccezione della coda da serpente che partiva dal coccige e arrivava quasi a terra. Avrebbe potuto passare per un umano se non fosse stato per la coda e per quegli occhi da rettile, inquietanti e crudeli.
Gobeith sapeva che Zsumoahis Toltsallu, che si faceva chiamare con l’altisonante titolo di Dente di Sseth, non avrebbe saputo mantenere la presa sul potere senza il costante supporto del suo luogotenente.
Sszarek Ivanissu era una persona leale, nonostante la sua malvagità. Non aveva mai cercato di fare le scarpe al suo superiore, anche se un abominio ofidiomorfe come Toltsallu di sicuro non portava scarpe. La sua lealtà però lo rendeva ancora più pericoloso. Non c’erano crepe né punti deboli nell’organizzazione della cellula yuan-ti, e questo significava che i loro elementi di spicco dovevano essere semplicemente distrutti.
Sszarek era l’ultimo. Il clan Ivanissu, i maggiori sostenitori di Dente di Sseth, erano stati trovati e uccisi uno alla volta. Alcuni di loro erano studiosi, maghi, cacciatori di umanoidi. Sszarek era un combattente, e anche molto esperto.
Gobeith parò tre colpi in rapida successione, e poi un’ondata di energia mentale riuscì quasi a farle perdere la concentrazione e l’equilibrio. Si rimise in posizione di difesa, ma faceva sempre più fatica.
Devo farcela. Devo sopravvivere.
Gobeith non era sempre stata una paladina. Un tempo era una donna normale, che si curava della sua famiglia e del suo villaggio subacqueo; il massimo della responsabilità che poteva assumersi era guidare gli incontri diplomatici con gli umani della regione… insomma era una persona pacifica.
Non era nella natura degli spiritidi, essere così seri e grevi. Quasi tutti loro avevano ereditato la leggerezza dei loro antenati fatati, che fossero nixie, ninfe dei fiumi, o altre creature acquatiche. Gobeith non faceva eccezione; erano state le razzie yuan-ti a spingerla a prendere sul serio la vita e imbracciare le armi.
Devo sopravvivere. La mia gente sarà libera dalla paura. Tornerò al mio villaggio, a curare le ninfee d’acqua che crescono vicino alle rive. Sarà tutto come prima.
Un altro assalto mentale, ma Gobeith scosse la testa e si liberò di quel peso prima che facesse presa su di lei. Modificò la presa sull'impugnatura della spada e si lanciò contro il nemico.
Sszarek non si aspettava che la fragile guerriera riuscisse a resistere al suo ultimo attacco, avrebbe dovuto schiacciarle il cervello come una frittella. Aveva pianificato di prendere tempo con quell’assalto, in modo da potersi concentrare per evocare altri poteri… ma la donna non gliene diede il tempo.
Prima che l’uomo-serpente potesse alzare la spada per parare, l’affilata lama sacra della sua avversaria gli era già penetrata nel petto fino all’elsa.

Sszarek spalancò le palpebre, sia quelle umane sia quelle da serpente, e sgranò gli occhi per la sorpresa. Non doveva andare così! Il suo elmo gli garantiva un effetto costante di Leggere Pensieri, un potere psionico che permetteva di captare i pensieri superficiali delle altre persone. Doveva servirgli a prevedere le mosse dell’umana, ma il suo stile di combattimento era molto meno ragionato di quello a cui lo yuan-ti era abituato. Tutto quello che aveva visto erano sciocchi ricordi di fiori che crescevano sull’acqua e persone che sorridevano, e poi quella spada gli aveva trapassato il torace.
Morire in questo modo… era ridicolo. Dopo tutto quello che aveva fatto. La scalata al potere, tradire e pugnalare alle spalle membri della sua stessa famiglia mentre insieme lavoravano per scalzare altri clan dalla gerarchia, ottenere il favore di quell’idiota borioso e violento di Zsumoahis Toltsallu… per poi morire in un lontano avamposto, per mano di una stupida invasata che pensava solo al suo piccolo inutile villaggio e a stupidi fiori d’acqua.
Non c’era un senso, non c’era uno scopo.
No, Sszarek non poteva accettarlo. L’umana stava per estrarre la spada, ma con le sue ultime forze lo yuan-ti la afferrò per il collo, arpionandola con una mano. C’era una protezione di cuoio ma lui cominciò comunque a stringere. Il suo intento non era soffocarla; come tutti gli individui della sua razza, aveva il potere di secernere acido dalla pelle.

Quando Gobeith si sentì afferrare la gola, il suo primo istinto fu cercare di divincolarsi, ma il nemico non voleva lasciarla andare. La paladina rigirò la spada nel petto dello yuan-ti, ottenendo un soddisfacente scricchiolio. Non voleva essere crudele, ma dargli una morte veloce era il modo migliore per fargli mollare la presa.
Poi la pelle del collo cominciò a bruciare, laddove la mano dello yuan-ti la stava toccando, e si rese conto che la protezione di cuoio era svanita, come se fosse stata corrosa.
“No!” Gridò, un urlo strozzato, disperato. Stava cominciando a capire.
Cercò di divincolarsi, ma la presa dello yuan-ti non accennava a rilassarsi, anche se lui era ormai ferito a morte.
“Affonderai con me, cagna” biascicò lui, sputando un grumo di sangue.
La scelta di parole fece tornare in mente a Gobeith il suo villaggio subacqueo, la sua gente che viveva in pace. Non avrebbe mai più rivisto suo figlio, né la sua nipotina. Non avrebbe più curato le ninfee, non avrebbe più giocato fra i loro alti steli, spensierata come gli altri spiritidi dei fiumi. Sarebbe morta lì, a centinaia di miglia da casa, e la realizzazione di quella terribile perdita la colpì con più violenza della paura della morte. No, non aveva paura della morte, non davvero, perché aveva portato a termine il suo compito. Ma non poter tornare alla sua vita… era così triste.
Triste come doveva esserlo quel patetico individuo, quel meschino insetto che, piuttosto che niente, doveva proprio trascinarla nella tomba. Quel gesto non l’avrebbe salvato. Era solo per pura cattiveria.
Stava per perdere tutto a causa di un nemico che non era nemmeno in grado di capire quello che le stava togliendo.
Avrebbe dovuto essere arrabbiata, ma la tristezza riempiva tutto il suo animo e non c’era posto per altri sentimenti. Era così soffocante che si ritrovò a provare pena anche per lo yuan-ti, per la sua vita vuota e senza amore, per quel rancore che era l’unico sentimento che sapeva provare.
Quando l’acido bucò la pelle - e fu questione di un attimo - Gobeith morì, con quell’orribile espressione di pena negli occhi.

Sszarek stava morendo, ma il suo elmo magico gli lasciò sbirciare gli ultimi pensieri della nemica, anzi, glieli sbatté in faccia. Di nuovo quel maledetto lago, poi immagini della paladina che indicava i fiori a una mocciosetta bionda. Erano visioni prive di senso per uno come Sszarek, ma mentre moriva riuscì a intuire quanto dovessero essere importanti per la sua vittima. Si capiva dalla sua tristezza. Ma chi mai poteva essere triste per quelle cose prive di valore? Solo una povera stupida.
Sarebbe morto per mano di una povera stupida. Si sarebbe anche arrabbiato, se ne avesse avuto la forza, ma il suo mondo si stava oscurando. L’ultimo pensiero che riuscì a captare fu una criptica frase, anzi meno di una frase, più una sensazione: “Quanta pena provo per me, che perdo tutto. Quanta pena provo per te, che non hai nulla da perdere.”
E nonostante il fatto di essere riuscito a uccidere la sua avversaria, Sszarek non trasse alcun conforto da quella vittoria. Lei se n’era andata senza odiarlo.

   
 
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