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Autore: NyxTNeko    13/10/2019    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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1° febbraio

Napoleone aveva pronto tutto il necessario per la partenza. Allontanarsi per un po' dall'isola avrebbe fatto bene a tutti - Allora Luigi, hai finito di preparare i bagagli? - chiese al fratello dodicenne, il quale non aveva particolare voglia di andare in Francia, tuttavia, si era promesso di non creare troppi problemi al fratello e soprattutto di non contraddirlo.

- Quasi - rispose Luigi aiutato da alcuni servi, a cui aveva chiesto in segreto di farsi dare una mano. Se suo fratello lo avesse visto pigro e svogliato, si sarebbe beccato una bella ramanzina. Li incoraggiò ad accelerare.

Giuseppe bussò alla porta aperta della stanza di Napoleone - Si può? - domandò cortese.

- Ah sei tu Giuseppe - esclamò il secondogenito ruotando leggermente gli occhi grigi verso di lui, prendendo la sua sacca e la sua valigia - Sì, entra pure - lo autorizzò - Immagino che tu mi abbia portato le carte che ti avevo detto di far compilare...

- Certo, come mi hai ordinato - emise il maggiore alzando gli occhi al cielo. Negli ultimi giorni lo aveva tormentato con quei dannati certificati di malattia e le attestazioni sul maltempo.

- Giuseppe, una volta che me ne sarò andato non sarò più causa di disturbo! - scattò Napoleone innervosito - E potrai esercitare liberamente il ruolo di capofamiglia - aggiunse strappando di mano quei documenti. Posò la valigia e aprì i fogli per controllare, le iridi chiare si muovevano rapide sulle righe, le labbra s'incurvarono in un sorrisetto compiaciuto - Ottimo...con questi potrò avere almeno tre mesi di arretrati e quindi pagare la scuola a Luigi, oltre all'affitto - sussurrò tra sé, piegando i fogli delicatamente.

Giuseppe sospirò: aveva dato il permesso al fratello di portare Luigi con sé e di addestrarlo, per prepararlo alla vita militare, pur sapendo che lo avrebbe fatto comunque, anche senza la sua autorizzazione. La sua testardaggine e il suo egoismo erano insormontabili. Pensò, però, al piccolo Luigi, per quanto Napoleone lo trattasse come un figlio, più che come un fratello, non si era mai posto delle domande sulle aspirazioni del quintogenito; cosa gli piacesse davvero, cosa volesse fare, i suoi sogni, i suoi interessi, nulla. Aveva già deciso tutto lui sul suo futuro e destino. 

- Che c'è? - fece Napoleone con tono serio al fratello, a braccia conserte - Non dirmi che ci sono dei problemi...

- No, fratello, non ce ne sono - mentì Giuseppe. Era meglio così, forse, in fondo Luigi non si era lamentato più di tanto. "Se qualcosa dovesse andarmi male c'è mio fratello" gli aveva riferito una volta, quando aveva chiacchierato con il diretto interessato per sapere se desiderasse davvero quella vita. "E poi con me è permissivo, l'importante è che mostri impegno".

- E allora perché quella faccia scura? - lo interrogò Napoleone per nulla convinto della sua risposta. Lo scrutò attentamente, rapace.

- Sono solo preoccupato per il viaggio - sospirò Giuseppe, riuscendo a non rivelare i suoi veri pensieri - Tutto qui, posso avere il diritto di preoccuparmi, oppure mi devi rimproverare anche questo...

Quell'insinuazione non piacque molto a Napoleone. Strinse le labbra sottili per evitare di sbraitare a sproposito, prese la valigia e uscì dalla camera - Grazie per le carte comunque - disse solamente.

Il maggiore gli mise una mano sulla spalla, l'altro lo guardò interrogativo - Nabulio, sai che mi fido di te, del tuo talento, della tua capacità di adattamento straordinaria, ma temo per Luigi - precisò lui - Deve imparare ancora la vita dura...

Il fratello lo guardò e sorrise leggermente - Se ti fidi, allora lascia fare a me, Giuseppe - lo rassicurò prendendo la mano e stringendola. Il maggiore non insistette e lo lasciò andare.

Luigi lo raggiunse dopo un po', pieno di valigie, Napoleone ne fece lasciare qualcuna - Devi imparare a vivere con poco se vuoi essere un ottimo soldato e ufficiale... - lo ammonì benevolo. Il ragazzino sbuffò, ma gli ubbidì e ripose gran parte dei vestiti,  accessori inutili, portando con sé solo qualche abito e qualche ricambio.

Napoleone approvò soddisfatto, salutò tutti quanti, abbracciò forte la madre e salpò ancora una volta in direzione della Francia "Tornerò e Paoli capirà con chi ha a che fare" pensò ammirando l'orizzonte frastagliato dalle abitazioni, allontanarsi. Luigi notò la sua tensione celata, stava imparando a riconoscere le emozioni impetuose di quel fratello così burrascoso.

Lui non provava nulla di ciò che Napoleone poteva pensare, né nostalgia, né tristezza, nemmeno il desiderio di conoscere, scoprire il luogo in cui sarebbe approdato e dove avrebbe studiato. Si posizionò in un angolo della nave a guardare vacuo e inespressivo l'immensa distesa di acqua, gli pareva tutto uguale, già non ne poteva più di quel viaggio. 

- Invece di perdere tempo, perché non leggi qualcosa sulla matematica? - gli propose Napoleone, vedendolo annoiato e sonnolento.

- Non mi va - rispose semplicemente, senza badare allo strano tono di voce del fratello maggiore. Si girò lentamente e lo vide barcollare lungo il lato della barca, tenendo la mano sulla bocca, il volto verdognolo, vomitare direttamente in mare. Sbatté le palpebre stupefatto, incredulo "Soffre di mal di mare?".

- Ogni volta è così umiliante - mormorò tra sé Napoleone pulendosi la bocca disgustato e con un pizzico di vergogna. Intravide l'espressione di Luigi e capì che lo aveva 'scoperto' - Non farne parola con nessuno - emise quasi terrorizzato all'idea che qualcuno lo venisse a sapere.

La voce di Napoleone risuonò quasi ovattata nelle orecchie di Luigi, restava imbambolato. Si ridestò solo quando si sentì strattonato per il colletto violentemente - Hai capito, Luigi? Non parlarne con nessuno! - disse tra i denti, evidentemente adirato.

- S-sì, sarò...più muto... di-di una tomba - rispose il ragazzo sorridendo forzatamente, tremando dalla paura.

Napoleone lo lasciò e riprese fiato - Fai il bravo - gli raccomandò, allontanandosi da lui, diretto verso la cabina, sconvolto a sua volta. 

Valence, 15 febbraio

Arrivarono poco lontano il reggimento d'artiglieria di La Fère che era quasi buio, anche se erano le sette del pomeriggio. Napoleone teneva in una mano un foglio su cui vi erano scritti l'indirizzo dell'alloggio e il nome della proprietaria, mentre rimirava attento le varie vie. Luigi non vedeva l'ora di stendersi su un letto e dormire, dopo aver cenato abbondantemente.

- Grand-Rue n°4 - sussurrava continuamente il fratello, camminando speditamente. 
Il minore non riusciva a tenere il passo, nonostante Napoleone lo tenesse per mano. Vi era un via vai di gente: militari, civili, donne, bambini - Eccola! - esclamò correndo.

- Aspetta...Nabulio...non ho le gambe... lunghe come... le tue - lo seguì Luigi ansimante e goffo, stringendo più forte sia una mano a quella del fratello, sia l'altra che teneva la valigia. Poi si fermò di colpo, per poco non inciampò.

- Mi raccomando, comportarti come una persona educata, immagina che ci sia nostra madre e non la proprietaria - ammiccò il fratello.

- Così non sei d'aiuto - sospirò l'altro sbuffando. Inoltre l'aspetto di quei palazzi non lo confortava di certo, erano tutto fuorché costosi, come al solito il fratello era andato sul risparmio.

Napoleone scoppiò a ridere fragorosamente, un istante dopo si ricompose, mostrando l'espressione seria e tesa che Luigi conosceva bene. Ogni volta che mutava espressione sentiva un brivido freddo percorrergli la schiena. Per l'ufficiale non era facile avere un approccio amichevole e aperto con gli altri, specialmente gli sconosciuti. Luigi lo imitò con enorme sforzo.

Bussò alla porta ed entrambi attesero che la proprietaria aprisse, udirono dei passi veloci e il rumore del legno scricchiolante. La donna che aprì, sulla quarantina, non era né sposata, né fidanzata. Napoleone non rimase particolarmente colpito da lei, era una di quelle tante donne che si intravedevano per le strade, il cui aspetto non emergeva sulle altre.

- È l'alloggio di madamoiselle Bou? - chiese cortesemente il ragazzo, baciandole la mano da vero gentiluomo. 

"Madamoiselle? Ma se ha la stessa età di nostra madre, più o meno" constatò tra sé Luigi, non mostrando all'esterno la sua perplessità.

- Sì - rispose la donna colpita dal garbo di quel giovane ufficiale - Voi siete l'ufficiale che mi hanno assegnato, giusto? - domandò a sua volta.

- Esattamente, Napoleone Buonaparte, sottotenente d'artiglieria - presentò il giovane - Lui è mio fratello, Luigi...

- Ho a disposizione un alloggio per uno solo... - fece la donna, guardandoli: si somigliavano davvero tanto, avevano dei lineamenti molto particolari e insoliti, specialmente il ragazzo. Gli trasmetteva una sensazione di fascino e di paura, per via dell'aria un po' trasandata, della divisa consumata. Fu lo sguardo ad averla colpita parecchio, parevano avere una vita propria, persuasivi e glaciali. Il ragazzino mostrava un'espressione molto più apatica, quasi come se fosse costretto dal fratello maggiore. Erano chiaramente stranieri, il nome e l'accento tradivano le loro origini.

- Non preoccupatevi - disse Napoleone comprensivo - Mio fratello starà qui per poco, il tempo necessario per studiare ed essere ammesso ad Auxonne... vero? - gli diede una pacca sulla spalla.

- Come dice mio fratello sì - rispose Luigi quasi scocciato.

La donna li fece entrare nell'alloggio: era una sola stanza con uno sgabuzzino, un tavolo e due sedie. Poco lontano c'era il letto. Si voltò verso di loro e scorse nel più giovane la delusione per quell'ambiente, non aveva torto, anche se momentaneo non era certo un posto per ragazzini - Immagino che abbiate fame, vedrò se c'è qualcosa...

I due annuirono e si sedettero, il tavolo era vicino alla finestra, potevano scorgere uno squarcio della vita quotidiana, affollata, diversa da quella Luigi conosceva. Napoleone era abituato ormai, il chiasso, le chiacchiere non lo disturbavano come l'inizio.

Era un modo che Napoleone utilizzava quando si trovava in luoghi piccoli e spogli come quell'alloggio squallido: odiava gli spazi piccoli, limitanti, gli ricordavano i primi anni di Brienne e quella prigione-stanza in cui aveva vissuto per quasi 5 anni. Purtroppo non erano ricchi a sufficienza per potersi permettere di più. Guardare il mondo fuori, leggere tanto, gli permetteva di evadere da quella realtà misera e priva di stimoli, di fantasticare, di stimolare la creatività, e chissà, forse un giorno, arrivare ad un livello superiore e vivere in ambienti migliori.

La donna portò loro uova, formaggio e pane - È tutto quello che ho qui, al momento - si scusò. I due annuirono per cortesia. Napoleone prese solo del pane, non aveva per nulla appetito, lasciando il resto a Luigi che lo divorò, affamato.

Il minore si alzò e si diresse verso il letto, era stanchissimo, anche se era ancora presto, aveva sonno, ma Napoleone lo fermò - Quel letto non è tuo, Luigi - sentenziò.

Il ragazzino deglutì - Dove dormo io allora?

- Nello sgabuzzino - indicò Napoleone.

- Eh? Ma perché?

- Devi abituarti alla vita militare - rivelò il fratello, il suo tono non era duro, nè severo, anzi era paterno, quasi come se lo stesse mettendo in guardia - Luigi, non lo faccio per cattiveria, devi ancora conoscere il mondo, la Corsica è troppo piccola per apprendere tutto questo - lo guardava fisso, serio, quando lo osservava in quel modo aveva paura - Io l'ho imparato sulla mia pelle, con violenza, tu sei fortunato invece, non sprecare queste opportunità, fratello, perché io non potrò esserci sempre

Luigi non poté non annuire e si avviò verso lo sgabuzzino sistemandolo in modo da renderlo più comodo possibile. Trovò un tappeto consunto e si sdraiò sopra. Si addormentò subito, stanchissimo.

Napoleone lo coprì con un lenzuolo, probabilmente lo avrebbe odiato un giorno per questo, ma non conosceva altri metodi. Accese una candela e si sedette sul letto con i fogli che doveva portare al suo superiore, per ottenere tutto quello che gli serviva, rinunciando a parte del suo benessere, investendo sulla formazione del fratello.

Le studiò tutta la notte, quando l'alba arrivò si avvicinò alla finestra: il mondo ricominciava a vivere, il vociare della gente comune, le urla degli strilloni che tenevano aggiornati sulle novità della rivoluzione. "Già, la rivoluzione... chissà a cosa ci porterà..." sospirò. Controllò l'orologio - Svegliamo questo pigrone, prese la scopa e colpì la porta con la punta - Alzati dormiglione...

Luigi si svegliò di soprassalto, credendo di aver sognato, era il fratello. Non aveva altra scelta che ubbidire. Nel mentre il minore si preparava, Napoleone aveva preso qualche libro di matematica. Lo vide sopraggiungere sbadigliando svogliato e ancora sonnolento - Ebbene, che succede stamattina? Che cos’è questa pigrizia?

- Ho fatto un sogno meraviglioso, fratello - si stiracchiò - Sognavo di essere re!

Il fratello, con le mani sui fianchi, un sopracciglio alzato, sbottò sarcastico - E io allora? Che cos’ero io, imperatore? - ridacchiò - Ne hai di fantasia eh! Su forza, lavati e dammi stivali, scarpe e vestiti, così te li spazzolo

Luigi si tolse ogni cosa, amareggiato dal fatto che quello fosse solo un sogno. Gli era sembrato così reale, tuttavia sapeva che quella non sarebbe stata la loro vita, in fondo, come potevano diventare sovrani di qualche regno se non appartenevano a nessuna famiglia reale. Non biasimava lo scherno, seppur benevolo, di Napoleone.

Il sottotenente, in verità, era rimasto colpito da quel sogno, lui stesso era un sognatore nato, passava giorni interi a darsi da fare per cambiare la sua vita, renderla migliore, sperava ancora nel cambiamento che la rivoluzione stava portando. Forse era un segnale che qualcosa stava davvero cambiando, che il suo destino e quello della sua famiglia sarebbe stato glorioso, che la sua ambizione era, dunque, giustificata.

Sentiva che un giorno i suoi sacrifici sarebbero stati ricompensati e che il suo nome sarebbe apparso sui libri, accanto a quello di grandi condottieri e conquistatori. Doveva solo stare attento e cogliere il momento propizio, ottenere la carica più elevata, generale, perché no, tutti ormai potevano diventarlo e lui aspirava ad esserlo, sulla sua isola magari, mostrando al mondo intero la sua abilità di soldato e ufficiale. 

 

   
 
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