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Autore: NPC_Stories    27/10/2019    2 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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27. Folk Music


Sotto-genere: lore
Ambientazione: Forgotten Realms


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1371 DR, Tethyr

Il Meraviglioso Spettacolo di Ombre e Musica Folk stava lentamente terminando la sua tournée nel Tethyr. Il tour, che era iniziato sulla costa del Mare Scintillante a Myratma, si sarebbe dovuto concludere nella città di Saradush e poi piegare a sud-est fino a Mintar, ma la cittadella sul Lago dei Vapori era in mano alla Chiesa di Bane da qualche anno e quindi era stata esclusa dai piani della compagnia circense. Adesso l’idea era dirigersi a nord, verso Riatavin, la porta sull’Amn. E poi forse continuare verso Trademeet poteva essere una buona opportunità...
Anche a Saradush i guadagni non erano stati niente male, considerando che la città si stava appena riprendendo da un saccheggio di due anni prima. Il vecchio Bert, capo della compagnia, si soppesò fra le mani il bauletto di legno che usavano come cassa. Non erano ricchi, questo no, ma erano liberi. Erano artisti. Questo per lui e i suoi amici contava più di tutto.
La loro piccola carovana di carri (due carri possono essere definiti carovana?) procedeva pigramente lungo la strada sterrata fra la Saradush e la città del nord, che era diventata parte del Tethyr da meno di un anno. Verso metà mattina Lindsey, la barda della compagnia, spronò la sua giumenta nera per mettersi accanto al carro in testa, in un tintinnio di campanellini.
“Lin” la salutò Bert, rimettendo a posto il prezioso scrigno nello scompartimento segreto sotto il suo sedile. “Cosa posso fare per te?”
“Fai correggere il manifesto” rispose lei, con voce fredda.
Lindsey era una giovane donna orgogliosa, acutamente consapevole della sua bellezza e della sua abilità nelle arti sceniche. Non solo sapeva suonare, ma danzava con la grazia di una silfide e sapeva arricchire le sue esibizioni di trucchi magici. Il suo arrivo aveva dato nuova linfa al piccolo circo itinerante, e la donna aveva ogni intenzione di farlo pesare.
“Mia cara, perché insisti su questa cosa?”
'Spettacolo di Ombre e Musica Folk'. Non ha nessun senso, Bert. La gente si chiede cosa diamine c’entri il teatro delle ombre con la musica folk, ed è una domanda legittima! Dovevi scrivere 'Musica Ffolk'!
Bert aveva già sentito quell’obiezione diverse volte, e sbuffò dal naso, producendo un fischio acuto. “Certo! Così la gente si sarebbe chiesta cosa c’entri il teatro delle ombre con la musica folk, e anche perché siamo così analfabeti da non saper scrivere 'folk'. Pensi che qualcuno dei cittadini e dei villici che vengono allo spettacolo sappia cos’è la musica ffolk? O il popolo dei ffolk, per quello che vale?”
Lindsey arrossì di rabbia, cosa che le riusciva facile con quella sua carnagione pallida. Ormai era lievemente abbronzata grazie al sole del Tethyr, ma i suoi compagni stavano iniziando a convincersi che non sarebbe mai diventata più scura di così. I suoi occhi neri brillarono di una luce pericolosa.
“Io sono una ffolk, Bertrold Chimmey, e non sarò mai niente di diverso da una ffolk. Sono Lindsey Kendra di Caer Corwall e discendo dai veri ffolk, il popolo dei Talfir che colonizzò l’isola di Gwynneth più di mille anni fa. Io conosco la musica e la magia dei miei antenati e non tollero che la mia arte sia ridotta a semplice musica folk.”
“Bene signorina, solo perché sai un sacco di parole sciccose e strimpelli un violino ti credi tanto migliore di noialtri?” Bert perse la pazienza. “Sei solo una bastarda della casata dei Kendrick e ti va già bene che ti abbiano dato un’istruzione.” Lindsey era già rossa di rabbia, ma ora divenne praticamente viola. “Se sei così speciale, com’è che giri con una compagnia circense?”
I fieri occhi neri di Lindsey erano così carichi di odio che Bert non si sarebbe stupito se una maledizione l’avesse ucciso sul colpo, ma non poteva più stare zitto. Aveva sopportato le angherie di quella primadonna anche troppo.
Nonostante tutto, lei riuscì a contenersi, dandosi arie da gran signora. Alzò il viso verso l’alto in segno di sdegno. “Pensavo potessi aiutarmi a diventare famosa. Era quello il nostro accordo.”
“Volevi solo un modo sicuro per viaggiare e per esibirti, nella speranza che qualche nobile si invaghisse di te” la provocò lui, ancora non pago.
“Ah! Come sei gretto e meschino. Ho solo espresso la convinzione che le persone nobili e acculturate sappiano apprezzare la mia arte meglio dei plebei.”
“Bene, come rappresentante auto-eletto dei plebei, ti auguro che questo sia vero!” Sbottò il vecchio. “E scordati che io cambi il cartellone. Non succederà.”

Molti giorni dopo, a Riatavin, Lindsey si stava cambiando nella sua stanza in locanda. Gli altri potevano pure dormire sui carri, lei non si sarebbe mai accontentata di una sistemazione così misera. Preferiva impiegare la sua percentuale dei guadagni per concedersi una vita dignitosa.
L’ultima esibizione era stata un successo. Stavano dando tre spettacoli al giorno, uno la mattina, uno prima del tramonto, e uno nel primo pomeriggio, nell’ora che le persone del luogo dedicavano alla sosta. Lo spettacolo del primo pomeriggio era quello che raccoglieva il maggior numero di spettatori, ma il lato negativo era che si trattava anche delle ore più calde della giornata. Dopo quello, solo qualche ora di riposo e poi di nuovo in scena… Lindsey era esausta. Almeno la sera aveva del tempo libero, visto che lo spettacolo della magia delle ombre aveva un senso solo alla luce del sole. Non era pienamente apprezzabile nel bagliore tremolante delle torce.
Con estrema cura, districò la sua retina di fili d’argento e opali dall’acconciatura elaborata. La donna non scioglieva i suoi capelli nemmeno per dormire, rifare l'acconciatura ogni mattina avrebbe richiesto troppo tempo, ma era più prudente togliere la retina d'argento la sera dopo l'ultimo spettacolo. Se l'avesse indossata per dormire si sarebbe sicuramente rovinata.
Le era sempre piaciuto il modo in cui l’argento risaltava sui suoi capelli neri. La retina però era ormai consumata dall’uso e un filo era addirittura spezzato. Aveva intenzione di farla aggiustare, non appena fosse riuscita a mettere da parte un po’ di soldi…
Un leggero colpo di tosse la fece sobbalzare, perché era convinta di essere sola nella stanza, e non aveva sentito la porta aprirsi.
Si girò di scatto: in un angolo, accanto al semplice armadio di legno, c’era un uomo.
Lindsey prese in considerazione l’idea di gridare, ma lo sconosciuto non sembrava un malintenzionato o uno stupratore: se ne stava lì, appoggiato alla parete, con le braccia conserte.
“Chi siete?” Domandò la barda, con la voce che tremava giusto un pochino.
L’uomo si fece avanti, uscendo dalle ombre; avvicinandosi alla finestra, che ancora faceva entrare un po’ di luce del sole al tramonto, la donna si accorse che il nuovo arrivato non era esattamente un uomo. Era più simile a un elfo, solo che lei non aveva mai visto elfi conciati così. La pelle era di un grigio pallido, insalubre, innaturale. La carnagione era chiara come se la creatura fosse esangue. Anche i suoi lunghi capelli folti erano di un color grigio perla che tendeva al bianco. Lindsey tremò da capo a piedi, pensando di trovarsi davanti un vampiro. Ma no, non era possibile, era ancora giorno… e lui si trovava immerso nella luce del sole proprio in quel momento.
“Uno spettacolo mirevole” riconobbe la creatura, con un leggero inchino. La sua voce usciva dalle labbra pallide come un sussurro, come se fosse il resto del mondo a doversi impegnare per ascoltarlo. “Seguo il vostro circo itinerante da Darromar, e in ogni esibizione non avete mai sbagliato un passo o un assolo.”
Lindsey all’inizio non rispose, ma cominciò a pensare che forse lui non era pericoloso. Forse era davvero un elfo, ed era entrato nella sua stanza solo perché non conosceva i costumi degli umani…
“Solo, non ho capito perché 'musica folk'. Non mi sembra una definizione adeguata.”
Il suo tono era così calmo ed educato che la barda trovò il coraggio di rispondere.
“Avrebbe dovuto essere 'musica ffolk', ma il mio capo non sa scrivere. Io sono una ffolk, discendente del popolo Talfir. La mia famiglia ha preservato le tradizioni magiche dei nostri antenati.”
Lo strano elfo si accarezzò il mento glabro con una mano, lanciandole uno sguardo di vago interesse.
“In questo caso, lasciate che mi presenti. Sono Uryatan di Athkatla, reclutatore della compagnia mercenaria La Mano Dietro lo Specchio. Vorrei che mi permetteste di investire sul vostro futuro.”
Lei sbatté le palpebre rapidamente, come faceva sempre quando era sorpresa. Questo… uomo… voleva che lei lavorasse per lui?
“In che modo, esattamente?” Indagò.
Uryatan sorrise. Era un sorriso forzato, come se non gli importasse veramente, eppure gli importava abbastanza da fare quello sforzo.
“C’è molto potenziale in voi. Lavoro per un’organizzazione che agisce nell’ombra e usando la magia d’ombra. Se accetterete di diventare una nostra risorsa, riceverete una formazione completa che vi aiuti a integrare la carriera che avete scelto. Imparerete più cose alle nostre dipendenze di quante ne potreste apprendere da autodidatta. Potrete vivere ad Athkatla e continuare la professione di cantora, ma in un contesto che si addice meglio al vostro talento e alla vostra bellezza. In cambio… quando sarete pronta, presterete il vostro contributo, come incantatrice o come spia. O come assassina, ma solo se fosse nelle vostre corde. Non vi forzeremmo la mano su questo.”
Lindsey prese nota del fatto che non le era stato promesso alcun pagamento. D’altra parte, imparare la magia d’ombra e affinare le sue arti bardiche sotto la guida di un vero maestro poteva essere una ricompensa sufficiente. Come anche vivere ad Athkatla. Avrebbe potuto sfruttare l’occasione per farsi strada nell’alta società della capitale dell’Amn.
“Accetto, a condizione che mi diciate una cosa… non siete un vampiro, vero?”
La creatura simile a un elfo le scoccò uno sguardo di sufficienza, ma le sue labbra si lasciarono scappare uno sbuffo divertito.
“Sono uno shadar-kai, una creatura fatata del Piano delle Ombre.” Il suo sorriso si fece un po’ più stabile. “Non ho idea di cosa accadrebbe se un vampiro provasse a bere il mio sangue. Forse cadrebbe in depressione.”
“Avete un animo malinconico, signore? Permettetemi di rallegrarvi con una canzone” propose lei, accarezzando con un dito il violino che aveva poggiato sul tavolo scarno, accanto ai suoi orpelli di scena.
“Tenete le vostre canzoni allegre per il viaggio che ci aspetta, signora. Se vorrete venire con me, cammineremo nel Piano delle Ombre fino ad Athkatla. Non sarà un viaggio piacevole, ma è una prova necessaria, temo.”
Lindsey annuì, perché capiva la necessità di un test. Il Piano delle Ombre era il luogo da cui prendeva la sua magia, e con cui avrebbe dovuto stabilire un legame sempre più stretto se avesse scelto di continuare quella carriera. Non l’aveva mai visitato, perché un simile potere era ancora ben al di là delle sue capacità, ma sua madre le aveva detto che si trattava di un luogo terrificante e pericoloso.
La barda amava pensare che tutte le cose degne di nota dovessero essere terrificanti e pericolose, perché la bellezza non dovrebbe mai essere gratuita. Dovrebbe appartenere solo a chi ha il coraggio di rischiare tutto per conquistarla.
“Temo una vita ordinaria molto più dei pericoli dei Piano delle Ombre”, affermò con arroganza, preparandosi a partire.

   
 
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