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Autore: Mistress Lay    08/05/2005    49 recensioni
Dopo l'assassinio di Sirius la vita di Harry è radicalmente tanto che fugge da Privet Drive senza dare più notizia di sè, senza avvertire gli amici, senza dare una spiegazione. Torna dopo due anni. Non solo, ma accompagnato da un altro ragazzo che odia ferocemente Albus Silente. Ma durante l'assenza di Harry è cambiato qualcosa a Hogwarts? Sono cambiati i suoi amici? E i suoi nemici? Chi sono i Rinnegati? E Draco Malfoy, che ruolo avrà?
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry, Potter, Serpeverde, Tom, Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Raggi di Speranza - Revisione

- HARRY POTTER -

RAGGI DI SPERANZA

 

Titolo: Raggi di Speranza (cap. I, part. I)

Autore: Mistress Lay

Categoria: Drammatico, generale

Sottocategoria: Slash, Slash, AU

Personaggi: Harry Potter, Draco Malfoy, Tom Riddle, Ron Weasley, Hermione Granger, Tutti...

Pairing: Harry/Draco, Harry/ Tom Riddle etc...

Disclaimer; tutti i personaggi appartengono a J.K. Rowling, i personaggi nuovi, che escono fuori direttamente dalla mia fantasia malata... ^___^;;;

 

 

 

Note: La figura di Tom Riddle mi ha sempre incuriosito... non proprio Voldemort ma colui che era stato un ragazzo, che aveva sofferto come una persona normale, che aveva difetti ma anche virtù, che, come Harry, trovava in Hogwarts una casa, un rifugio, la ragione di felicità. È tutto nato da lì, dal secondo libro.

Tom Riddle così simile a Harry Potter da sembrare l'uno la metà dell'altro, che con i proprio difetti, le proprie virtù, la propria storia non così diversa, i loro temperamenti forti ma alla stessa maniera passionali, che si compensavano.

So che un legame tra i due non avrebbe mai potuto avvenire e forse è per questo che ho scritto questa FF, non di certo romantica o sdolcinata, ma un poco forte che riflette le mie ultime letture... Così ai personaggi normali ho affiancato altri personaggi, alcuni buoni ma così enigmatici da sembrare ambigui, altri così buoni da risultare sospettosi, altri ancora così malvagi da sembrar non avere un'anima...

Mi ha sempre colpito il finale del quinto libro e la morte di Sirius Black che non ho mai accettato ( è il mio personaggio preferito in assoluto e non sono d'accordo con l'autrice quando lo ha fatto morire, cavallerescamente, ma è morto e non posso accettarlo! >.<) e così è nata da qui il desiderio di scrivere una FF proprio dopo quel fatidico giorno e devo confessarvi che il lavoro che è venuto fuori non mi dispiace molto ^__^… ma soprattutto volevo il MIO Harry diverso, più Slytherin che Gryffindor, più simile a Voldemort e Tom Riddle di quanto non fosse nel libro, più simile a ciò che mi aspetto da lui.

 

 

 

Mi raccomando, fatemi sapere se vi piace!!!!

Miss

 

 

 

 

CAPITOLO PRIMO

HOGWARTS, UN ANNO DOPO

  

 

 

 

Il ragazzo uscì da Nocturne Alley con un sacchetto in pugno e l'altra mano calata all'interno della tasca del mantello dove le dita stringevano la bacchetta di quercia contenente la corda del cuore di un drago, bacchetta originale e senza gemella, cosa strana per le bacchette vendute da Olivander, a Diagon Alley.

Una bacchetta comprata da poco, meno di due anni fa.

Nel ritrovarsi alla luce solare di Diagon Alley, il ragazzo aprì e chiuse più volte gli occhi per abituarsi al passaggio tra la via buia che era Nocturne Alley e la gemella ora affollata e piena per la maggior parte di studenti eccitati o allegri che sarebbero andati a Hogwarts, la prima Scuola di Magia e Stregoneria in tutta l'Inghilterra, famosa in tutto il mondo per la presenza del preside Albus Silente, il ‘baluardo inespugnabile’.

Sbuffò.

Ci mancava solo Silente.

Silente, così com’era, com’era stato in un tempo lontano, sempre lui… che aveva sempre detestato.

Il ragazza sbuffò nuovamente, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa o qualcuno, gli occhi si restrinsero, crucciati, nel vedere solo scalpitanti mocciosetti tutti eccitati di cominciare finalmente a studiare nella scuola più prestigiosa del mondo, nel luogo più sicuro dall'arrivo di Voldemort, risorto meno di due anni prima, e dei suoi Mangiamorte, tutti fuggiti da Azkaban dopo esservi stati imprigionati dopo la famosa incursione all'Ufficio Misteri.

Già… i mangiamorte.

Tutti  fuggiti dalla prigione di massima sicurezza di Azkaban, in libertà, nascosti da qualche parte, celati sotto false maschere ed identità, forse dietro l’amico che si conosce da una vita, dalla sorella lontana, dal marito dedito al lavoro, chissà...

La guerra era cominciata, nuovamente, i Dissennatori si erano alleati con Voldemort come aveva preannunciato Silente qualche anno prima, i Giganti si erano mossi dai loro rifugi sicuri, pronti per una nuova guerra, una guerra di riscatto e chissà quali altre creature oscure militavano tra le file del lord oscuro.

Hogwarts sorgeva come una speranza sommessa.

La fortezza dei sostenitori di Silente non era mai stata toccata, nessun Mangiamorte nè l'Oscuro Signore si era mai avvicinato alla scuola protetta, nessun attacco lì, nessuna morte.

Il ragazzo ricordava quella scuola. La scuola dove aveva trovato la felicità, o dove si era illuso di trovarla.

Sospirò e si continuò a guadare attorno a sè.

Il ragazzo non capiva per quale motivo la persona che doveva presentarsi all'appuntamento non si trovava ancora, tardava troppo, persino per i suoi soliti standard, eppure sapeva i rischi che si potevano correre a Diagon Alley. Si erano dati appuntamento lì qualche ora prima, il ragazzo aveva persino fatto la fatica di trovarsi a Diagon Alley e non a Nocturne Alley, che preferiva decisamente, e in più la persona che aspettava non era mai stata in ritardo.

"E se..."

Pensò al peggio e decise che avrebbe aspettato solo qualche altro minuto poi sarebbe andato a cercarlo, a Diagon o Nocturne Alley, nella Londra babbana, ovunque, anche a costo di essere scoperto.

Poi gli venne un'illuminazione improvvisa.

"Vuoi vedere che..."

Le dita strinsero ancora più saldamente la presa della bacchetta, infilò il sacchetto nella tasca del mantello e tolse il cappuccio sul capo – negli ultimi tempi non era una buona cosa girare per i luoghi pubblici con un cappuccio calcato in testa –  poi s'incamminò.

Osservò con attenzione e con trepidazione le vetrine nella speranza di trovare la persona che doveva incontrare: prima la Gringott, entrò nel suo atrio affollato ma niente, poi la sartoria di Madama McClan, da Olivander, al Serraglio Stregato...

Stava cominciando ad aspirare il gelo del terrore.

"Dove diavolo..."

Decise di passare in un’ultima vetrina per poi avviarsi come ultima speranza al Paiolo Magico e così, con il sudore che gli imperlava la fronte e la schiena per il calore del sole estivo, si diresse verso il negozio più frequentato di tutta Diagon Alley, comprovato dalla piccola folla che fissava ammirata la vetrina.

 

Il ragazzo si avvicinò e lo vide.

 

Spostò senza tanti complimenti alcuni bambinetti e prese per il braccio uno in prima fila. Questi si girò ma non fece in tempo a dire o fare niente che il ragazzo lo trascinò fuori dalla folla, poco distante dal negozio affollato.

- Allora? - chiese furioso il ragazzo. Aveva capelli neri e leggermente mossi lunghi fino alle spalle ma raccolti in una coda mentre i suoi occhi erano scurissimi. Si stava rivolgendo al ragazzo che aveva trascinato via dalla vetrina del negozio.

- Mi hai fatto prendere un colpo! - esclamò l'altro. Era castano di capelli e aveva occhi color nocciola.

- Direi che TU mi hai fatto prendere un colpo! - ribattè il moro.

- Ehi, ma che ti prende? Non hai nemmeno il cappuccio! - replicò il castano, contrariato.

- È per te, idiota! Non potevo girovagare per Diagon Alley con il cappuccio calcato in testa! - obiettò il moro, ancora arrabbiato.

- Stà calmo, maledizione! Sei un fascio di nervi! - ribattè il castano, sbuffando e passandosi una mano tra i suoi capelli lisci.

- Calmo, calmo, calmo! - scimmiottò l'altro ad un tono di voce maggiore - Come posso esserlo se tu non ti presenti all'appuntamento che avevamo? Ho pensato a qualsiasi cosa... e tu invece eri bellamente a fissare una stupida scopa da corsa! - quasi gridò il moro, decisamente alterato, indicando la vetrina da cui lo aveva trascinato via "Accessori di Prima Qualità per il Quidditch".

Inaspettatamente il castano ghignò, soddisfatto: - Allora vedi che conto qualcosa per te? - Non disse "Allora vedi che mi vuoi bene" perchè sapeva che l'altro ragazzo lo avrebbe strozzato seduta stante ma sapeva che in fondo qualcosa provava per lui.

Amici.

Erano così, vero?

Il moro sbuffò, scocciato: - Và al diavolo! - e si girò ma il castano lo prese per un braccio, costringendolo a voltarsi verso di lui.

- Scusa - disse quello - Ma avevo perso la nozione del tempo -

Il viso del moro sembrò distendersi: - Tipico da parte tua perdere il tuo tempo, che di certo non può essere detto illimitato, dietro l'ultimo modello di stupida scopa... - le labbra perfette si tesero in un sorriso malvagio.

L'altro gli lasciò il braccio e disse, aggrottando le sopracciglia: - Almeno io mi svago un po' -

- Cosa che tra l'altro non dovresti fare - obiettò il moro.

Il castano sbuffò, annoiato. Sapeva che cosa l'amico voleva dirgli e non voleva sentire una parola di più, gli aveva fatto quel discorso almeno un milione di volte.

- Su, andiamo - disse solamente incamminandosi, lanciando un ultimo sguardo alla vetrina.

Il moro lo fissò un attimo, non disse niente e lo seguì fino a che non entrarono a Nocturne Alley a quel punto entrambi abbassarono i cappucci e fecero il loro ingresso in un pub.

Il castano ordinò due Whisky Incendiari e prese posto in un tavolo isolato, seguito dal moro. Non dissero una parola finchè un cameriere non portò loro i loro drink.

- Ebbene? - chiese il moro.

L'altro non rispose subito, prima bevve un sorso di whisky: - Che ne pensi della mia idea? -

Il moro lo guardò con occhi di fuoco e rispose: - Che è la cosa più idiota che ti fosse mai venuta in mente. Non ho parole - e bevve un sorso della bevanda.

- E per questo la vuoi scartare? -

- Naturalmente -

 

Silenzio.

 

- Ci hai pensato? -

- Non ci si deve pensare. Già l'idea in suo è inconcepibile -

Il castano sorrise tristemente: - Sai cosa devo fare -

 

Silenzio.

 

Il moro non si curò nemmeno di gettargli un’occhiata ma fissava il suo bicchiere semivuoto senza realmente vederlo, perso nei suoi pensieri.

Ma l'altro aveva ragione.

E lui lo sapeva.

Sapeva cosa l'amico doveva fare. Era il suo imperativo, maledizione, era nel suo carattere purtroppo.

Amico...

Non si era mai aspettato di definire così la persona che in quel momento era seduto di fronte a lui e che stava bevendo un'altra sorsata di whisky, non aveva mai pensato di definirlo così anche perchè lui non sapeva cosa fosse un amico.

Che parola… amico…

Chi ne aveva realmente bisogno?

"Rimani con me. Non andare lì. Lì ti cambieranno. Se andrai non tornerai da me. O se tornerai sarai diverso, sarai così diverso che io dovrò odiarti di nuovo come ti odiavo prima e come invece non vorrei mai fare. Lì troverai risposte, interrogativi ma anche quello che hai seppellito da sempre. E io non ci sarò. Io sarò solo un mero ricordo. Forse nemmeno tanto importante. E se andrai lì io non potrò adempiere al mio giuramento. Tu sai quanto è importante un giuramento per me. Non andare o ti cambieranno e sarai come prima e non come adesso..." stava pensando a questo ma non disse nient'altro. Bevve il suo ultimo sorso e si alzò, lanciando sul tavolo quattro zellini e incamminandosi uscendo dal locale, seguito a ruota dal bruno.

Si smaterializzarono e materializzarono in una stanza di albergo nella Londra babbana, subito il moro estrasse la bacchetta e sigillò la stanza mentre il castano si toglieva il mantello.

Non si dissero niente.

Il moro fece apparire la cena e si sedettero a mangiare al tavolo, solo quando la finirono il castano prese la parola, raccogliendo il coraggio a due mani e decidendo che questa scenetta silenziosa non poteva continuare a lungo.

- Dimmi cosa ne pensi -

Il moro lo fissò sorpreso, stupito da quella replica.

Davvero voleva sapere cosa ne pensava lui?

E che avrebbe cambiato?

L’altro avrebbe cambiato idea? No. Troppo testardo, troppo ostinatamente deciso a fare il bene.

- Dimmi cosa ne pensi della mia idea, sul serio - insistette il castano. Aveva bisogno di sentire che cosa l’altro avesse da dire, ancora una volta, nonostante avesse paura che se il ragazzo gli ripetesse ancora una volta che non era d'accordo lui potesse cambiare idea.

Solo, ormai si era abituato all'idea di averlo accanto.

- Ti ho detto che la trovo stupida - sbuffò alla fine il moro.

- Io devo andare – ribadì l’altro con decisione.

- E ALLORA VAI, CHI TE LO VIETA? - sbottò finalmente il moro alzandosi in piedi e non disse quello che veramente pensava "Non andare! se ne andassi tutto cambierebbe, persino quel legame che c’è tra di noi. Lo vuoi davvero buttare fra le ortiche? Avresti questo coraggio? Se te ne andassi… ci riempirebbe il vuoto della mia vita?".

L'altro era calmo, come se fosse abituato a quei cambiamenti repentini di umore: - Tu -

- Come? -

Ma l'altro non rispose.

Trascorsero attimi che sembrano secoli e i due al tavolo rimasero nella stessa posizione.

- Vengo con te - disse all'improvviso il moro.

Il castano alzò lo sguardo verso altro, sorpreso, allibito, confuso da quella replica inaspettata oltre che per il reale significato celato dietro quelle tre semplici parole: - Scusa? -

- Vengo con te - ripetè il moro con la voce decisa di chi non solo non ammette repliche ma persino non se le aspetta.

- Ma... -

L'altro lo zittì con un’occhiata minacciosa: - Non mi far ripetere cento volte la stessa cosa, vengo con te e non si discute -

- Ti riconosceranno, tu... -

Il moro non represse un ghigno soddisfatto: - Ora sei tu a doverti calmare -

Il castano si alzò in piedi: - Ma non capisci che tu potresti essere catturato, riconosciuto... -

E ancora il moro lo interruppe: - Finiscila di insistere. Io vengo con te, ho detto. E quello che dico faccio -

 

Silenzio.

 

- Grazie - sussurrò il castano.

Il moro lo udì ma non disse niente.

 

Era arrivato il momento di affrontare i fantasmi del suo passato.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Albus Silente uscì dalle fiamme verdognole del camino nel suo ufficio nella scuola di Hogwarts dopo aver viaggiato con la Polvere Volante da Grimmauld Place numero nove, casa Black o meglio, luogo dove si riunisce l'Ordine della Fenice dal momento che nessun Black viveva più lì e solo il licantropo Remus Lupin e l'ippogrifo Fierobecco si poteva dire che vi abitassero. Si spazzolò con cura con la mano la lunga veste scura costellata di polvere e cenere e si sistemò meglio il cappello sul capo in un gesto automatico.

 

- Bentornato, Silente - disse una voce femminile.

 

Silente alzò lo sguardo verso i ritratti del presidi che lo avevano preceduto nella guida della scuola e focalizzò lo sguardo su uno in particolare, il ritratto di una bella strega con i perfetti boccoli candidi e sorrise: - Grazie, Dilys -

- Quali notizie, Silente? - chiese impaziente il piccolo Armando Dippet.

- Le solite, Armando - sospirò sedendosi Silente - La situazione si trova in stallo: i Mangiamorte e Voldemort sono a piede libero, nessuno sa dare indicazioni, nessuno sa dove si trovano, nessuno sa cosa fanno, cosa escogitano per sconvolgere il mondo magico. Mi duole dire che le morti salgono a quindici. Otto maghi e sette babbani per ora. E siamo solo ad agosto... tre anni dopo la sua ricomparsa -

- Severus Piton che dice? - chiese un preside dalle profonde rughe.

- Sono in fermento. Stanno cercando un modo per trovare e uccidere il Ragazzo- che- è- sopravvissuto - Silente sospirò, passandosi stancamente una mano sul viso.

"Sono troppo vecchio per anche questo... per perdere un’altra persona così...sulla quale ho fondato tutte le mie speranze"

 - Nessuna notizia di Harry Potter, Albus? - chiese dolcemente Everard.

Silente sospirò di nuovo: - No, Everard, nessuna. Nessuna da almeno due anni –

 

Harry Potter.

 

Il ragazzo che è riuscito a sopravvivere cinque volte a Voldemort, che ha respinto la sua maledizione mortale, che è stato quindi marchiato, designato erede, destinato a trionfare sull'Oscuro Signore o a morire per mano sua. Lo stesso ragazzo che aveva protetto la Pietra Filosofale, ucciso il Basilisco e il ricordo di Tom Riddle, che aveva salvato Sirius Black, aiutandolo a fuggire, che aveva salvato la vita a Peter Minus, che aveva vinto il Torneo Tremaghi dopo aver superato un Ungaro Spinato col solo aiuto di una scopa e della sua bravura da cercatore, salvato dalle Sirene i suoi amici, superato Sfingi, Mollicci, Dissennatori, Schiopodi Sparacoda, vinto maledizioni senza perdono, assistito al ritorno in vita di Voldemort, che aveva combattuto contro Voldemort stesso, che lo aveva sconfitto momentaneamente, che aveva tentato di salvare il padrino, che aveva rivisto Voldemort, che aveva visto Sirius Black morire...

 

Ed era stato proprio l'assassinio di Sirius Black a far crollare il mondo ad Harry.

 

Perdere in quella maniera una delle persone che si poneva essere un sostituto del padre, che lo aveva conosciuto e amato come un fratello, che gli era stato accanto, era una cosa terribile. Soprattutto se il dolore per la sua perdita era unito al senso di colpa che il ragazzo sentiva dentro di sé.

Potevano dire quanto volevano che Sirius era stato un impulsivo a venire in soccorso, poteva gridare quanto voleva contro Silente e i suoi divieti senza cuore, ma Harry sapeva la verità che cercava invano di celarla nel suo cuore: era stata colpa sua se Sirius era morto, della sua poca applicazione nell’occlumanzia, dei suoi pregiudizi e della sua avventatezza. Piuttosto sarebbe dovuto morire lui, non Sirius.

Dopo la sua morte, dopo le spiegazioni ritardatarie di Silente, dopo che Harry aveva realizzato di essere colpevole della morte della persona che più amava, di aver messo in pericolo gli amici fedeli che lo avevano seguito...

Harry era divenuto scostante e non erano servite a nulla le chiacchiere di Ron, Hermione, Ginny e Neville o i sorrisi di Luna o gli impacciati tentativi di conversazione di Hagrid.

Era tornato a casa Dursley ma meno di una settimana dopo era fuggito lasciando le persona a cui stava a cuore che soffrissero: Remus Lupin, che aveva solo Harry ormai, la signora Weasley che non si era mai ripresa e piangeva sovente per lui, per quello che considerava suo figlio, gli altri membri di casa Weasley che lo conoscevano bene, i gemelli, ma soprattutto Ron e Ginny, distrutti, e Hermione, sempre sull'orlo delle lacrime.

E a loro si dovevano aggiungere tutti gli amici di Harry, i suoi compagni di dormitorio, i suoi "fedeli", i membri dell'ES, il corpo docente come una turbata professoressa McGranitt, e anche lo stesso Albus Silente, che davvero voleva bene a quel ragazzo che si cacciava sempre nei guai e che sempre correva in aiuto alle persone che avevano bisogno...

 

E lui se n'era andato.

 

Forse aveva creduto che lì non avrebbe più trovato pace e conforto dopo la morte della persona a cui doveva tutto il suo affetto.

Forse aveva creduto che lui non serviva più.

Forse aveva creduto che sarebbe stato meglio non essere più causa scatenante di guai.

 

Silente non lo sapeva e non lo sapeva con certezza nessuno.

 

Erano passati due anni ormai, dalla fuga di Harry da Privet Drive, anni in cui nessuno sapeva niente se fosse vivo o morto o ferito o pazzo o...

Nessuno lo sapeva eppure tutti lo cercavano.

Sia membri dell'Ordine della Fenice sia sostenitori di Voldemort, ma il risultato era stata una ricerca infruttuosa.

In quei due anni di assenza il panico e l'orrore erano dilagati come macchie d'olio: creature Oscure Mangiamorte a piede libero, Voldemort con i suoi originali poteri, con i medesimi obiettivi.

 

E ancora Harry non si trovava.

Sembrava essere scomparso dalla faccia della terra, inghiottito in un luogo sconosciuto.

Dov’era?

 

Ron e Hermione si erano sempre ripetuti, con amarezza, che se Harry fosse tornato lo avrebbero rassicurato circa la sua sempre implicazione nei guai: infatti senza che lui fosse presente era morto il professore di Difesa Contro le Arti Oscure all'inizio dell'anno, ucciso, e così Silente era dovuto correre ai ripari e permettere a Severus Piton di accollarsi anche Difesa contro le Arti Oscure, con suo grande compiacimento e compiacimento dell'Oscuro Signore che Piton faceva finta di servire.

E in quei due anni erano morti una ventina tra maghi e babbani, Voldemort stava stringendo alleanza con altre creature oscure per poter attaccare Hogwarts e l'intero mondo magico, anni trascorsi nella paura, anni di grandi incertezze: infatti molti Mangiamorte avevano figli e figlie, figli che frequentavano Hogwarts, figli che stavano raggiungendo l'età giusta per essere iniziati a nuovi Mangiamorte.

Ma in realtà pochi desideravano ricevere il marchio.

Solo persone come i Serpeverde Theodore Nott e Azazel Macnair avevano accettato e alla fine dello scorso anno si erano aggiunti alle schiere oscure di Voldemort, dopo aver passato il loro settimo anno a Hogwarts.

Ma altri Serpeverde come Draco Malfoy, Pansy Parkinson, Vincent Tiger, Gregory Goyle, Millicent Bulstrode, Blaise Zabini avevano deciso di non divenire Mangiamorte e proprio per questo motivo avevano passato le vacanze tra il sesto e il settimo anno a Hogwarts, protetti dalla furia dei rispettivi genitori.

Protetti sì dalla furia dei genitori ma non dalla rabbia degli altri studenti di Hogwarts: Tassorosso e Corvonero non li degnavano nemmeno di uno sguardo anzi, erano i loro bersagli preferiti e dal momento che le voci più autorevoli nelle due case erano grandi amici e fedeli di Harry Potter, li incolpavano persino della sua scomparsa; Grifondoro non faceva testo ancor peggio di Tassorosso e Corvonero e alcuni degli stessi Serpeverde, purosangue sostenitori di Voldemort, e così un piccolo gruppetto di rinnegati Mangiamorte e altri che li appoggiavano erano rimasti isolati.

 

E a questo nessuno poteva porvi rimedio, nemmeno il preside.

Troppo odio, troppi pregiudizi…

 

- Stai pensando ai giovani Serpeverde che hanno rinnegato? -

Albus si riscosse dai suoi cupi pensieri e si rivolse al ritratto che aveva parlato, una donna dai capelli argentei, occhi incolori, seduta su una poltroncina scura e che aveva davanti un tavolo con una sfera di cristallo: - Oh, Emilia - esclamò verso la preside di Hogwarts, un'italiana, famosissima veggente - sì è così... -

- La sola tua speranza è la Speranza stessa, Albus - disse lei, sibillina.

- Che vuoi dire? - chiese indispettito Phineas Nigellus che fino a quel momento aveva fatto finta di interessarsi ai suoi guanti, trisavolo di Sirius Black e antico Serpeverde - Sono gli altri studenti, sciocca gentaglia, è colpa loro se coloro che hanno rifiutato il Marchio sono isolati da tutti e forse stanno ripensando di riconvertirsi! -

- Quello che intendevo dire, Phineas - riprese Emilia con voce di sopportazione - È soltanto la Speranza potrà portare armonia -

- Ma Harry non tornerà! - ribattè Phineas - Quel ragazzo non tornerà a Hogwarts! -

I due ritratti presero a litigare animatamente mentre anche gli altri decisero di schierarsi da una parte o dall'altra.

Albus sapeva che Emilia aveva probabilmente ragione.

Era un ritratto, è vero, ma aveva guidato per molti anni la scuola di Hogwarts, in un periodo molto difficile per giunta, all'epoca dell'Inquisizione, e sapeva essere una grande veggente, che prevedeva spesso il futuro quando le pieghe di questo fossero così vicine da poter essere decifrate.

E sapeva anche che Emilia aveva spesso etichettato Harry Potter con il termine "Speranza", colui che solo può distruggere Voldemort.

E lui sperava davvero che Harry potesse tornare.

Ma come poterlo convincere se nessuno sapeva dove si trovasse?

E se non fosse nemmeno vivo?

Silente si rifiutò di prendere in considerazione quest'ultima possibilità, troppo spaventosa e dolorosa per essere anche solo concepita.

Ma la morte del suo padrino lo aveva sconvolto tanto, troppo e forse desiderava vendicarsi su Bellatrix Lestrange, colei che lo aveva ucciso, in fondo era quello che desiderava fare all'Ufficio Misteri.

Fanny, la maestosa fenice fedelissima di Silente, gli volò accanto, fissandolo con i suoi occhi ambrati e rassicuranti. Silente le accarezzò la testa.

- Manca anche a te, vero? - le sussurrò.

Fanny fece un trillo sommesso.

- Albus, ma siamo sicuri che non sia nelle mani dell'Oscuro Signore? - chiese Dilys.

- È sicuro, Dilys, anche loro lo stanno cercando, disperatamente aggiungerei -

- Povero ragazzo... - intervenne un preside di bassa statura che sembrava rintanato nella sua poltrona di velluto rosso - Ha perso i genitori, un amico e il padrino che considerava un padre... -

- Ma ha anche persone che gli vogliono bene! - obiettò Dippet - Doveva solo guardarsi attorno! -

- È vero - confermò Everard - dopo la sua scomparsa le cose sono precipitate: Voldemort a piede libero alla sua ricerca, i suoi amici e i suoi sostenitori sull'orlo della disperazione, un gruppo di Serpeverde isolato da tutto il resto degli studenti, additati e deriso, mai capito -

- Everard ha pienamente ragione - disse una strega dai grandi occhialoni che aveva tra le mani un volume rilegato - Harry Potter DEVE tornare per riportare la Speranza -

Silente sospirò: - Chissà... -

- Tornerà Silente - lo rassicurò Emilia sorridendo - Tornerà -

- Se tornasse prima della fine della guerra... - ribattè sarcastico Phineas.

- Phineas, quello che tu non capisci è che la guerra non PUO’ finire se Harry non interviene! - replicò con veemenza Emilia.

- Harry di qua... Harry di là... la Speranza... al diavolo! - quasi gridò furioso e sarcastico Phineas - È un'irresponsabile, uno scriteriato! L'ho conosciuto! Non si può far affidamento su di lui: è fuggito! È un debole! Un'egoista! -

Anche Emilia si stava alterando: - Tutti qui lo abbiamo conosciuto! Ha salvato molte persone affidandosi al suo desiderio di aiutare il prossimo! L'unico egoista qui sei tu! -

- Svegliatevi! - gridò Phineas - Non varcherà mai i confini di Hogwarts! Non varcherà mai quella porta! - e indicò la porta di entrata all'ufficio di Silente.

In quell'attimo si sentirono rumori di passi e la scale che saliva.

 

Per lunghi istanti Silente, balzato in piedi, i ritratti azzittiti e che fissavano increduli la porta, credettero che fosse stato Harry Potter ad azionare le scale, a salirle, a bussare alla porta e... ad aprirla.

 

E invece era la professoressa McGranitt, che sembrava scossa come non mai, sudata e sconvolta, che entrò senza neanche attendere il permesso dal preside: - Albus! - esclamò.

- Minerva, è successo qualcosa? -

- Due ragazzi la vorrebbero vedere e uno di loro... uno di loro è... - non terminò la frase.

- Minerva... -

- Li deve vedere perchè uno di loro è... -

- Harry? Harry Potter? - chiese Dilys, speranzosa.

Minerva McGranitt riprese fiato e disse: - Lo vedrà -

Silente annuì: - Accompagnali qui -

La professoressa scese le scale velocemente, lasciando la porta accostata e Silente si sedette.

Il silenzio regnò nell'ufficio fino a che si sentì un rumore di passi, alcuni veloci della professoressa McGranitt che precedeva due ragazzi calmi.

 

Silente si alzò in piedi, i ritratti si sporsero.

Videro due ragazzi.

 

Diversi l'uno dall'altro come possono essere diverse le ore della notte e quelle del giorno.

 

Uno dai capelli castani mai visto, una persona comune, che una volta visto potevi confonderlo con mille altre simili, che veramente sembra INSIGNIFICANTE al punto da scordarsi subito la sua esistenza.

 

L'altro moro gli stava accanto, una mano al fianco, strafottente, alto, uno sguardo che non si dimentica, uno sguardo che NON vuole essere dimenticato.

 

 

- Salve professor Silente - disse il moro, sorridendo con malevolenza.

 

 

- ... Tom Riddle  - sussurrò Silente, riconoscendolo all'istante.

 

 

FINE PRIMO CAPITOLO

CONTINUA

Mistress Lay 

 

 

  
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