16.
Flamenco
Passai
una decina di giorni
chiusa in quell’ospedale che scoprii essere nella mia
città natale.
Saltai
i funerali sia di mio
nonno sia dei miei genitori, rividi la zia Lind almeno ogni due giorni
e Jasper
stette con me per tutto il mio periodo di convalescenza.
Mentre
sentivo i tagli chiudersi
e le ossa rinsaldarsi, lui mi aveva raccontato un po’ del suo
passato; parlò di
Maria, la vampira che lo aveva trasformato, e di come aveva ucciso
parecchie
persone e vampiri assieme a lei nel tentativo di conquistare
l’intero sud.
Almeno
ogni tre ore dovevo
ricordargli che non era un mostro e che se lo avesse ridetto avrebbe
rischiato
di ricevere una scarpa in faccia.
Ma
ogni volta rideva e andava
avanti nel racconto, senza mai ricevere nessun oggetto su quel volto
d’angelo.
Dopo
che ebbi saputo tutto o
quasi di lui e della storia che aveva alle spalle, era il momento di
dare aria
alla bocca e raccontargli un po’ di me.
Lui
che mi aveva vista ridere e
piangere, soffrire e diventare rossa come un peperone –come
piaceva tanto a
lui–; lui che mi aveva fatto scoprire una vita pericolosa e
meravigliosa, che
mi aveva salvato da morte certa per ben due volte…non sapeva
nulla di me.
Gli
raccontai, mentre lui mi
faceva appoggiare al suo petto come un cuscino, che un paio di anni
prima il
primo ragazzo di cui mi ero innamorata aveva tentato di violentarmi;
quando i
miei genitori lo scoprirono diedero la colpa a me, per come mi
comportavo «così
ho preso e mi sono rifugiata
a Forks, un posto così anonimo che mi sembrava perfetto per
scappare…ma a
quanto pare i posti anonimi hanno sempre dei segreti strani»
ridacchiai.
Jasper
rise con me,
abbracciandomi e lasciando un piccolo bacio in cima alla testa.
Dopo
quel periodo passato lontano
dalla umida cittadina nello stato di Washington, ritornare era stato
come un
tuffo in piscina.
Mi
ritrovai ricoperta di umidità
da capo a piedi in un istante, con il gesso che mi rendeva gli
spostamenti
quasi impossibili.
Ritornai
con gioia alla mia
camera, svuotata dei miei vestiti ma comunque nello stato in cui
l’avevo
lasciata «hai
bisogno di una mano per cambiarti? »
mi chiese la zia, mentre stavo
salendo un po’ a fatica le scale.
Io
dissentii con un cenno del
capo e riuscii a raggiungere la mia stanza in poco più di
cinque minuti fatti
di sbuffate, tonfi, piccole fitte e tante maledizioni.
Quando
aprii la porta, il mio
biondo vampiro era già lì ad attendermi, seduto
sul letto. Come mi vide aprire
la porta scattò in piedi, venendomi vicino e sollevandomi
per la vita senza
alcun problema «guarda
che non sto per morire…di nuovo»
dissi ridendo.
Lui
non volle sentir ragioni: mi
trasportò fino al letto, dove mi fece stendere con la
schiena appoggiata alla
testiera e il cuscino sotto il ginocchio «credo
che non potrò andare comunque al ballo»
dissi sospirando «figurati,
cercare di ballare con
questo masso al posto della gamba sarebbe veramente ridicolo»
aggiunsi ridendo.
Jasper
si avvicinò a me,
tenendomi due dita sotto il mento «chiunque
crederà che tu sei ridicola può definirsi
già
un cadavere»
mi sussurrò sulle labbra, baciandomi poi dolcemente.
Di
nuovo il suo profumo mi riempì
totalmente e la mia anima per un attimo si ritrovò
già in paradiso; la sua mano
passò dietro il mio collo, accarezzandomi lieve la pelle con
la punta delle
dita, la mia salì fino alla sua spalla e mi aggrappai a lui,
la mia ancora di
salvezza.
Rimanemmo
immobili in quel modo
per almeno un minuto o due, poi lui si staccò piano per
potermi parlare ancora
con quel suo accento di cui non potevo fare a meno «davvero
non ci vuoi andare? »
mi domandò.
Io
scossi la testa «non
so come la pensate voi
vampiri ultracentenari, ma le povere ragazze come me devono tenersi
alla larga
da certi luoghi quando sono ridotte a questo modo»
gli dissi, scherzosa.
Lui
sembrò capirmi e mi accarezzò
la testa «come
vuoi…anche se mi dispiace che tu non possa
divertirti, dopo quello che hai passato»
mi disse, la sua voce dolce quasi direttamente
nell’orecchio.
Lo
squillo del telefono al
secondo piano mi distrasse un attimo dai suoi occhi dorati e magnetici «Sarah!
È Jacob, ti porto su il
telefono? »
gridò mia zia dal piano sottostante.
Guardai
Jasper «fai
pure piccola»
mi disse con un sorriso.
Arrossii
per il nomignolo che mi
aveva dato e urlai alla zia una risposta affermativa.
Quando
lei aprì la porta di
camera mia, il mio biondo vampiro si era già dileguato dalla
finestra «pronto
Jake? »
risposi, appena mi accostai
all’apparecchio «hey!
Sei viva! Scommetto che i tuoi rapitori si sono
consegnati perché non ne potevano più di te! »
esclamò il ragazzo dall’altra parte della linea «certo,
li ho talmente stressati
che sono corsi via urlando»
risposi a tono, lasciandomi scappare una risata qualche
secondo dopo «veramente
so cos’è successo…te l’avevo
detto di stare
lontana dai Cullen»«come…?
»«mio
padre. Ha parlato col padre della tua sanguisuga e
io sono stato a spiare».
Aggrottai
la voce, offesa «Jacob
Black non ti permettere mai
più!»
esclamai fredda, utilizzando quanta più rabbia
possibile.
Jasper
non era una sanguisuga! «ok
ok, niente nomignoli per il
tuo cadavere ambulante…beh, allora non andrai a quello
stupido ballo, credo»
la sua voce era un po’ delusa,
ma sollevata nel sentirmi ancora intera.
Più
o meno.
Io
sorrisi, un po’ intenerita:
sapevo che stava facendo gli occhi da cucciolo bastonato «no
non credo proprio…sai –ehm–
quei maledetti mi hanno cacciato giù dalla macchina e mi
sono rotta una gamba»«nah,
spero che almeno i tuoi
amici vampiri abbiamo fatto a pezzi quei bastardi».
Scrollai
di nuovo la testa «uno
è riuscito a fuggire, ma non
credo che ritornerà»
dissi, guardando la zia che stava ad ascoltare.
Io
sorrisi «senti
Jake, ora devo andare, ho
una fame che non ci vedo…Ci sentiamo domani? »
«ok
vengo a trovarti io non ti preoccupare»
mi disse e capii dalla sua voce
che mi stava sorridendo.
Menomale,
pensai, non volevo
litigare di nuovo con lui.
Chiusa
la conversazione diedi la
cornetta alla zia «che
c’è per cena? »
chiesi con la faccia più supplichevole che riuscii a
fare.
Zia
Lind rise e scese al primo
piano, per prepararmi qualcosa di gustoso ma poco impegnativo.
Passarono
un paio di giorni senza
che io vedessi Jasper.
Mi
intristii un poco, ma pensai
che forse era andato a caccia; Jacob mi venne a trovare quasi ogni
giorno e io
non mi stupii che si fosse alzato ancora «la
smetti di crescere? »
gli domandai un giorno, mentre stava facendo il
buffone per raccontarmi di come Leah gli aveva fatto spudoratamente le
avances
davanti al suo ex Sam «e
che ci posso fare»
mi rispose, alzando le spalle «tu
hai qualcosa e non me lo vuoi
dire…stai per morire di una malattia rara, lo sento! »
esclamai io dopo qualche minuto,
fingendomi la più grande attrice drammatica di tutti i tempi.
Con
il solo risultato di farlo
accasciare a terra in un attacco di risate acute.
Non
mi spiegò nulla e io sentivo
veramente che c’era qualcosa in lui che era cambiato, come
una levetta che era
scattata da qualche parte dentro il suo corpo.
Passati
quasi cinque giorni, io
finalmente mi decisi ad abbandonare il sicuro rifugio di camera mia per
prendere un po’ d’aria.
Il
gesso non era poi più così
pesante –segno che mi stavo completamente
ristabilendo– e riuscii ad arrivare
fino in giardino senza arrecare danni.
Fu
mentre mi stavo sedendo sulla piccola
panca di legno che sentii un clacson conosciuto: alzai lo sguardo fino
alla
strada e non mi stupii di vedere la jeep scura con a bordo Jasper.
Lo
guardai scendere con grazia
dalla macchina e dirigersi verso di me; le pesanti nubi che coprivano
il cielo
non toglievano nulla alla sua bellezza «finalmente
sei uscita dalla fortezza in cima alla
torre, principina»
mi disse, chinandosi e baciandomi dolcemente la mano.
Arrossii,
come mio solito «ho
una sorpresa per te»
aggiunse, prendendomi in braccio
«hey!
»«ti
piacerà, vedrai»
continuò, trasportandomi fino
alla vettura.
Sbuffai
giocosa e tirai appena
una di quelle ciocche bionde e un po’ ricciute «dimmi
che cos’è, mi è già bastato
esser stata rapita
una volta»
scherzai, anche se sul suo volto si dipinse per un
attimo la tristezza. Aprì la portiera dalla parte del
passeggero, tenendomi con
un braccio solo «ti
ho già detto che è una sorpresa, testona.
Altrimenti te l’avrei già detto»
ridacchiò, posandomi dolcemente sul sedile e
guardandomi con i suoi occhi caldi e rassicuranti «stai
buona piccola, non ci
metterai molto a scoprirlo»
mi sussurrò, accarezzandomi la guancia e facendomi
l’occhiolino.
Stetti
brava per tutto il
viaggio, guardando fuori dal finestrino il paesaggio che cambiava:
percorremmo
la strada che portava fuori da Forks e Jasper imboccò un
sentiero sterrato che
portava fino in mezzo alla foresta rigogliosa.
Come
se conoscesse a memoria la
strada, fermò la macchina vicino a un albero dalla forma
contorta e scese «ci
siamo quasi, chiudi gli occhi ok?
Andremo un po’ veloci»
mi disse, dopo aver aggirato la jeep con la sua
velocità vampiresca e avermi presa di nuovo tra le braccia.
Io
mi aggrappai al suo collo,
facendo come mi aveva detto; provai di nuovo sulla pelle quella
sensazione che
già una volta mi aveva fatta credere di star volando.
Quella
volta, però, seppi che ero
al sicuro e mi sembrò quasi la cosa più naturale
del mondo.
Poi
c’era il rumore dei polmoni
di Jasper che si riempivano e si svuotavano rilassati, come se la corsa
non gli
pesasse per niente.
Con
un po’ di tristezza pensai
che doveva mancargli il battito del proprio cuore nel petto «siamo
arrivati»
mi sussurrò all’orecchio.
Tirai
su la testa e quello che
vidi fu quasi incantevole: davanti ai miei occhi c’era un
piccolo praticello
rotondo con l’erba bassa e punteggiata di fiorellini bianchi.
Accanto
ad esso, separato da un
piccolo cespuglio basso e odoroso, c’era un laghetto
d’acqua limpidissima e
bassa, alimentato da un ruscelletto che tintinnava argentino e ci si
tuffava
dentro con tante piccole cascatelle da una roccia ricoperta di edera e
muschio.
I
rumori dell’acqua e dei pochi
animali che si azzardavano a uscire di giorno «è
meraviglioso…»
«è
il luogo più intonato a te».
Lo
guardai senza capire bene la
sua frase «quando
sono qui tutto mi ricorda te ancora di più. Sei
fresca e limpida come quel laghetto, mi entri dentro come
l’odore di quell’arbusto…»
prese da terra un piccolo fiore
bianco, che mi sistemò in cima all’orecchio «e
sei delicata come queste campanelle».
Se
non avessi avuto la gamba
rotta a cui pensare sarei caduta a terra; la mia faccia aveva preso
fuoco e mi
ero completamente dimenticata come si faceva a parlare.
Jasper
mi fece alzare il volto
come solito era fare, con un paio di dita sotto il mio mento, e per la
terza
volta mi baciò.
Chiusi
gli occhi, lasciandomi
andare; nella mia mente risuonava un’orchestra sinfonica di
mille violini e
pianoforti, mille arpe e mille cimbali.
Quello
era il mio posto, la mia
casa.
Jasper
era la casa a cui avrei
voluto sempre ritornare e da cui non sarei mai riuscita a scappare.
Mi
ci ero incatenata da sola e
non volevo ritrovare le chiavi; ero completamente in suo possesso, in
possesso
del vampiro di cui mi ero follemente, insanamente innamorata.
Jasper
si staccò da me dopo una
manciata di secondi durati una vita e mi guardò negli occhi,
trapassandomi come
se fossi stata di vetro «aspettami
qui, arrivo subito»
mi disse col suo sorriso dolce,
lasciandomi sedere su un cuscino d’erba e muschio.
Io
annuii, allungando il braccio
il più possibile per ritardare la nostra piccola temporanea
separazione.
Quando
sparì dalla mia vista
ripresi un lungo respiro.
Se
mai ci fossimo lasciati e se
mai io sarei sopravvissuta a una tragedia simile, non sarei riuscita a
trovare
qualcuno che lo eguagliasse in qualsiasi maniera.
Era
perfetto, come se fossimo
stati i due pezzi di un enorme puzzle e ci fossimo rincontrati per
volere del
fato.
Mi
chiesi come avevo vissuto fino
a quel momento senza sapere che nel mondo esisteva –e molto
prima che io nascessi,
per giunta– un ragazzo così dolce da farmi
sciogliere con un solo gesto della
sua mano.
Jasper
ritornò quasi subito, il
tempo di finire la mia rapida chiacchierata mentale con me stessa, con
uno stereo
portatile sotto braccio «e
quello? »
domandai, senza ottenere risposta.
Lui
lo posò su una roccia poco
lontano da noi, alzò il volume quanto bastava e premette
play; qualche secondo
e dalle casse partì il suono di una chitarra, suonata con
maestria per comporre
una melodia che mi sapeva di Spagna «spero
ti piaccia, ho dovuto lottare un po’ con la
cassetta del mangianastri prima che mi registrasse per bene».
Io
lo guardai strabiliata «sai
anche suonare la chitarra? »«beh…si.
Ti disturba la cosa? »
rispose un po’ intimorito dalla
mia domanda.
Io
sbuffai, abbracciandolo di
slancio «sei
proprio un uomo del sud»
esclamai, ridacchiante.
Lui
mi prese dolcemente la vita «magari
sarebbe stato meglio se
avessi chiesto a mio fratello di suonarmi qualcosa al piano…»
aggiunse, parlandomi nell’orecchio
mentre mi teneva sollevata da terra.
Io
lo lasciai fare, mentre mi
sorrise contro la pelle del collo «mi
offre questo ballo signorina? »
mi chiese, ridacchiando al mio
imbarazzo.
Stupido
potere, pensai, non
potevo nascondergli niente «e
va bene…anche se non sono esattamente una bravissima
ballerina di flamenco»
dissi.
Ci
mettemmo a ballare come due
professionisti, in quel piccolo prato che io sentivo solo nostro, con
lui che
stava ben attento a non farmi sfiorare il terreno con la gamba
ingessata.
Risi
parecchio, sentendomi come
una bambina che ballava in braccio al padre, e appena la canzone
finì io rimasi
a guardarlo con un po’ di fiatone «olè?
»
feci, guardandolo alzare il sopracciglio «no,
Emmett che non ne poteva più
di sentirmi suonare»
rispose e risi ancora.
Quanto
mi era mancata quella
tranquillità, quella serenità.
Erano
stati giorni di fuoco, gli
ultimi che avevo vissuto: cadaveri, vampiri assetati di sangue umano,
passati oscuri
e un amico che continuava a voler che io lasciassi l’angelo
che mi aveva
salvato.
Mentre
ci osservavamo –o meglio,
mentre io lo guardavo innamorata e lui sondava le mie
emozioni– partì un’altra
canzone, qualitativamente superiore a quella di prima.
Era
più tranquilla e rilassante.
Jasper
mi rimise a terra,
guardandomi «perché
prima eri triste? »
mi chiese, accarezzandomi la
testa.
Capii
subito che si riferiva a
pochi minuti prima, ma non sapevo se dirglielo; presi un respiro e
parlai «ero
solo un po’ dispiaciuta…non
ti mancano i battiti del tuo cuore? Non ti manca essere umano? »
chiesi, posandogli una mano in
mezzo al petto «no»
rispose semplicemente, senza rimpianti «ho
già te che vivi al posto mio.
Io preferisco rimanere vampiro per poterti stare accanto sempre».
Mi
abbandonai completamente su di
lui, appoggiandomi un po’ «voglio
sapere quand’è il tuo compleanno»
dissi «voglio
regalarti qualcosa di
speciale».
Lui
ridacchio «e
chi se lo ricorda più? Lascia
stare…il mio regalo più grande sei tu»
«no!
Insisto…Jasper quand’è il tuo
compleanno…è
impossibile che tu non lo sappia».
Mi
guardò un po’ colpevole «dopo
anni che uno non ci pensa,
non è che sia proprio automatico…»
sospirò, sapendo che non mi sarei fermata davanti a
un’insulsaggine simile.
Lo
poteva sentire che ero
determinata.
Jasper
mi afferrò per la vita e
si lasciò cadere sull’erba, portandosi dietro
anche me; con un grido di
sorpresa mi lasciai cadere sul suo petto e per un momento mi domandai
se gli
avessi fatto male.
Poi
mi sbattei una mano sulla
fronte: quello poteva fermare i proiettili come Superman, figurarsi una
piccola
umana.
Rimanemmo
stesi sull’erba, a
guardare i piccoli sprazzi di cielo che gli alberi ci concedevano.
Stava
scendendo la sera, ma non me ne importava granchè «stavo
pensando…»
cominciai e lui mi baciò sulla
fronte «allora
c’è da preoccuparsi»«stupido
vampiro…dicevo, perché non
vuoi che io diventi vampira? »
chiesi.
Jasper
si tirò su sui gomiti,
guardandomi «che
domande sono queste? »«ti
prego è solo curiosità…».
Lo
vidi sospirare, sconfitto «perché
non è vita, questa. Certo
siamo praticamente invulnerabili, ma l’aspettativa di vivere
per sempre e di
non poter essere liberi di essere se stessi…non è
bello. Io sono diventato
vampiro non per mia scelta»
disse guardandomi con i suoi occhi magnetici «Non
mi piace essere umana…»«Sarah,
smettila»«tu
mi hai rotto per dieci lunghi
giorni di essere un mostro, ora ti rompo un po’ io di essere
una cosetta
fragile e flaccida! »
e detto questo misi il muso.
Lui
mi guardò e dopo un po’ rise
di gusto «tu
non sei arrabbiata…lo sai che non mi puoi fregare»
mi disse, stendendosi di nuovo e
abbracciandomi.
Io
smisi la mia commedia, posando
la testa sul suo braccio e rannicchiandomi contro di lui quanto potevo,
inspirando il suo profumo «resterò
un’inutile e fragile cosina…ma solo per te»
dissi «finché
qualcuno non tenterà di
nuovo di trasformarmi»
aggiunsi, ridendo.
Jasper
mi guardò un po’ offeso,
poi capii che probabilmente stavo scherzando e mi strinse
più forte a sé «ti
amo più di qualsiasi altra
cosa»
mi sussurrò, baciandomi la tempia un’altra volta.
Io
sorrisi, stringendo tra le
mani il tessuto della sua maglia «anche
io…non sai quanto».
Rimasi
ferma ad assorbire con
ogni cellula il dolce calore che mi partiva dal cuore per scaldarmi,
per
contrastare il piccolo inconveniente della sua pelle fredda.
Seppi
in quel momento che il mio
cuore stava battendo per lui, per rimpiazzare quell’organo
fermo che Jasper
aveva nel petto.
Dopotutto
non mi parve così male,
essere umana.
Certo
potevo morire per un
semplice incidente, ma sapevo che il mio bell’angelo biondo
non mi avrebbe
permesso di lasciarlo, quasi com’era successo quasi due
settimane prima.
E
anche io avrei venduta cara la
pelle, prima di abbandonarlo di nuovo.
Continua…
E
così, dopo tante vicende più o
meno belle siamo arrivati alla fine di questa ff, che penso
sarà la prima di
una bella serie.
Ringrazio
di tutto cuore chiunque
abbia seguito e recensito questo mio racconto, soprattutto Norine e Sa
chan,
mie fans sfegatate (hihi).
Ringrazio
il compositore Roberto
Cacciapaglia, che con le sue opere mi ha ispirato –consiglio
a tutti di fare un
salto su youtube eheh–.
Rispondo a Taty: quella robaccia puzzolente era carne di vampiro xD Maria aveva mandato Johnson a uccidere un vampiro a caso per prendere un po’ di carne e depistare Jasper dall’odore di Sarah, fin quando avrebbe voluto.
Rispondo a Norine: beh, è una sorta di liberazione. Dopo tutta quella tragedia Sarah è ancora sconvolta dentro e una lacrima scappa al suo contegno nonstante tutto.
Qui
le musiche di Jazz.
La
prima, flamenco style: http://www.youtube.com/watch?v=lEyFxK-d2Qs&feature=related
La
seconda, più romantica (anche
se purtroppo è corta): http://www.youtube.com/watch?v=udYDkE5nYHM&feature=related
Grassie
veramente a tutti quanti.
Bearhug
to everybody :D