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Autore: NyxTNeko    17/11/2019    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Valence, 6 febbraio 1792

- Quel maledetto Buonaparte, non solo non si è presentato a gennaio, non mi ha neanche fatto sapere nulla, aveva intenzione di disobbedire fin dal primo giorno - mormorò a denti stretti il colonnello Compagnon ricordando le ultime parole che il tenente gli aveva riferito, con quel tono altezzoso - Mi ha preso per i fondelli deliberatamente, ma farò in modo che non metta più piede qui! - rivolse lo sguardo verso il nuovo arrivato, anch'esso da poco avanzato di carriera - Il suo sostituto è già venuto, al ministero ho mandato tutto il necessario per informare l'inaffidabilità di costui - aggiunse soddisfatto.

Ajaccio, 22 febbraio

Il giovane tenente era pienamente consapevole di aver violato i patti con il colonnello a Valence, tuttavia, era al corrente anche del fatto che al ministero, con tutto il caos che c'era, nessuno si sarebbe interessato a lui, un misero ufficiale inferiore corso di 22 anni. Se avesse avuto un'età maggiore e provenisse da un luogo più noto, forse qualcuno avrebbe avuto da ridire, insistito di più, specialmente in un periodo burrascoso come quello, in Francia.

Siccome il suo desiderio era sempre stato quello di prestare servizio in Corsica, non aveva nessuna voglia di immergersi nella confusione francese, gli bastava quella corsa. Inoltre non poteva di certo farsi sfuggire l'occasione che aspettava da tempo: la candidatura come aiutante di campo con il rango di tenente colonnello al 2° battaglione della guardia nazionale corsa. Avrebbe ottenuto quel posto in qualsiasi modo, legale o non, era troppo importante per lui e il suo nome. 
"Con i soldi rimanenti dall'eredità del prozio" aveva escogitato prendendoseli immediatamente, li guardava come se fossero la chiave per accedere ad una porta segreta "Ora che abbiamo finalmente pagato tutte le rate per la pépinerie e gli altri debiti, posso usarli per me"

Giuseppe, gli diede ampia libertà, limitandosi a raccomandarlo di stare attento e prudente - Nabulio, non fare pazzie, ti prego - stava comodamente seduto sulla poltrona del padre, a consultare delle carte, i casi di discordia, assieme agli omicidi, erano cresciuti a dismisura negli ultimi mesi. L'instabilità la faceva da padrone.

- Tranquillo fratello - lo rassicurò Napoleone sicuro e pacato - Ho già in mente cosa fare per ottenere quel posto - sorrise malizioso, nascondendolo dietro le dita.

Giuseppe finse di non notare quel ghigno, ma aveva paura, non gli piaceva quando si atteggiava così. Che diavolo aveva in mente stavolta? Perché doveva sempre macchinare per raggiungere il suo scopo? Si preparò al peggio.

- Sai che sto frequentando un po' l'ambiente militare e sono riuscito a raggruppare dei fedeli seguaci, che come me, vogliono che Paoli si intrometti poco nella politica corsa, favorendo gli inglesi e sostengono Saliceti - disse Napoleone gironzolando per la stanza, con le mani allacciate dietro la schiena.

Giuseppe evitava di guardarlo, tuttavia sentiva nell'aria una sensazione di pesantezza opprimente, ingoiò la saliva, riuscendo a dire - Scommetto che molti li hai corrotti con i soldi - fissava ancora quei fogli, a testa bassa, pur di non vederlo in viso.

Napoleone si fermò e lo guardò fisso - Certa gente venderebbe l'anima pur di avere denaro, che sia necessario o superfluo - fu la sua risposta avvicinandosi a passi svelti, a Giuseppe, quest'ultimo sussultò trovandoselo vicinissimo - E quindi perché negarglieli? Ognuno è avido di qualcosa, no? Loro dello squallido denaro, io della gloria militare...

- O ambizione - corresse il primogenito, spostando le iridi chiare verso Napoleone per leggervi la sua reazione, era ancora sereno, con una punta di orgoglio: ammetteva di esserlo senza vergognarsi.

- In Corsica posso dire e agire come voglio, Giuseppe, a differenza di quanto faccio in Francia, lì non ho tante conoscenze e quelle poche che ho non sempre possono aiutarmi, qui siamo in periferia, per i francesi non siamo che provinciali - precisò Napoleone altezzoso, sulle labbra era dipinta la malizia, negli occhi, la bramosia, poggiò le mani sul tavolo di legno, le braccia magre e tese, allungando il collo verso il fratello - Inoltre conosco la situazione francese meglio della maggior parte della popolazione corsa

- Per questo stai facendo lo stesso gioco di Paoli, ossia accattivare più gente possibile per avere alleati sia in politica sia in guerra - emise Giuseppe guardandolo a sua volta, cercando di non mostrare il timore che provava nell'incrociare gli occhi gelidi e penetranti di Napoleone.

Il fratello minore alzò il sopracciglio e si congratulò con lui, dicendo - Vedo che cominci a capire che tutto ruota intorno ai soldi e all'apparenza, mi stai sorprendendo... - ridacchiò soddisfatto - Stai frequentando quell'ambiente anche tu - si rimise dritto e, a braccia conserte, riprese a camminare per la stanza.

- Era inevitabile - fu la risposta di Giuseppe seguendo la sua figura con lo sguardo - Con un fratello del genere, non posso non tenermi aggiornato...

Napoleone non intese bene il tono del fratello, se fosse serio oppure lo stesse prendendo in giro. Sperò la prima, maldigeriva quel genere di battutine, scosse leggermente la testa per non ripensare al passato e a tutto quello che aveva subìto in quegli anni. Doveva mostare il sangue freddo, stava per mettere in pratica un atto rischioso e illegale, non che la cosa lo preoccupasse più di tanto, quando desiderava qualcosa era disposto a tutto pur di ottenerlo.

- Nabulio...mi stai ascoltando? - si sgolò Giuseppe dopo aver visto il fratello perso nei suoi pensieri più reconditi.

Napoleone sobbalzò e si voltò, il cuore in gola, si era seriamente spaventato - Dicevi fratello? - domandò riprendendo fiato e compostezza.

Giuseppe passò oltre - Mi vuoi dire che cos'hai in mente di fare? Almeno così mi organizzo, mi preparo anche spiritualmente e non devo improvvisare come sempre...

- Sicuro di volerlo sapere? Non vorrei che poi te ne pentissi - lo avvertì lui, gli occhi lampeggiarono e Giuseppe sbiancò, in preda alla paura, la faccenda era più pericolosa di quanto potesse immaginare.

- Sì - ingoiò nuovamente la saliva, la gola sempre più secca, sentì l'esigenza di bere, si fece coraggio.

30 marzo 

Due uomini armati di bastoni e spade irruppero in una delle aule nelle quali si stava svolgendo lo spoglio per l'assegnazione del posto nel battaglione, si diressero verso l'uomo indicatogli dal capo, lo afferrarono per il colletto, intenti a trascinarlo via. I suoi colleghi si opposero animatamente, alcuni addirittura sfoderando le armi, ma l'uomo catturato alzò la mano, fermandoli, conosceva il mandante del sequestro. Ammiccò e gli altri capirono - Allora fa sul serio... - bisbigliarono tra loro.

- Fate quello che dovete e vedrete che tornerò sano e salvo - urlò mentre si dirigeva con gli altri verso la destinazione. 

All'esterno dell'abitazione un giovane uomo in uniforme li attendeva, appoggiato all'albero, a braccia conserte, scrutava l'orizzonte silenzioso e febbrilmente controllava l'orologio, augurandosi che non fosse tardi. Alzò la testa, quel cielo coperto dalle nuvole scure sembrava quasi rispecchiare la situazione; si strinse nel giaccone, odiava il freddo, il gelo lo rendeva ancora più vigile e attento, vide arrivare i due seguaci con la 'preda', e rientrò a casa, attendoli all'ingresso - Tutto sta andando secondo i piani... - sussurrò compiaciuto.

Quando si avvicinarono, notarono la porta aperta e capirono che li stava aspettando, nonostante ciò bussarono, per rispetto e timore, ed entrarono - Vi abbiamo portato l'uomo che ci avete chiesto, tenente - parlò uno dei due seguaci, a nome di entrambi.

- Buonaparte! Perché vi siete ridotto a fare questo? - lo interrogò l'osservatore strattonandosi e liberandosi dalla presa, esigeva una risposta. Il ragazzo non parlò, mentre i due uomini lo riacciuffarono di nuovo, minacciando di ucciderlo.

- Calmatevi voi due! - rivolse loro tuonante svelando completamente la sua figura magra e spigolosa, abbastanza alta, all'apparenza gracile, carica di forza e volontà interiore - Volete farmi passare per un volgare assassino? Non sono queste le mie intenzioni, né i miei ordini, se gli torcerete solo un capello, la responsabilità sarà vostra e solamente voi ne pagherete le conseguenze - sentenziò pacato, con la mano tesa indicò loro di lasciare l'uomo a lui.

- Come...desiderate tenente... - risposero tremanti i due uomini al suo servizio, obbedirono senza più fiatare.

- Lasciatemi con lui, adesso e raggiungete i vostri compagni - ordinò Napoleone puntando il dito in direzione dell'uscita, non vi era alcun tentennamento o esitazione nella voce e nella postura. Era nato per comandare, non per eseguire gli ordini, e raggruppare quei pochi uomini per poterli usare a piacimento, adoperando persino del denaro, se necessario, per raggiungere il suo scopo, era l'unica soluzione a cui aveva pensato, al momento. I due annuirono ed uscirono correndo.

- Ora che siamo soli possiamo parlare meglio - emise Napoleone chiudendo per un istante gli occhi incavati, nascosti dall'ombra, li riaprì e lo vide immobile - Prego, accomodatevi pure, siete mio ospite, dopotutto, seppur abbia usato un po' la forza con voi, desidererei scusarmi per la scortersia, accogliendovi cordialmente - indicò il salotto ordinato, pulito.

L'uomo lo fece, titubante e timoroso, aveva paura che ci fosse una trappola o un qualcosa che gli impedisse di muoversi una volta seduto, invece non vi era nulla, con immenso stupore, era sincero, oppure stava recitando alla perfezione?

- Non vi fidate della mia parola? - chiese il ragazzo, sempre pacato. La sua camminata frenetica tradiva la sua agitazione interiore.

- Siete voi a non fidarvi, tenente - precisò l'uomo posando le mani sul cuore, ad indicare la sua di sincerità - Abbiamo un accordo o lo avete dimenticato? - gli rimembrò gesticolando energicamente.

- Come potrei averlo dimenticato - si voltò completamente verso di lui e lo raggiunse. Si sedette poco distante dall'uomo, alzando la coda della divisa - Ciò che sto facendo è una sorta di garanzia... - ammise con autocontrollo incredibile, nessuna emozione traspariva sul suo volto, né alcun tremore o desiderio fremeva sul suo corpo.

L'osservatore non riuscì ad inquadrarlo, gli pareva un'altra persona rispetto a pochi secondi prima, sbatté le palpebre più volte per riprendere il filo del discorso ed emise, accondiscendente - Garanzia? Ma come? Non basta la vostra preparazione in Francia, quando vi siete candidato mi eravate parso molto sicuro di voi, come in questo momento...

- Sentite, non cercate di fare il furbo con me - lo avvertì Napoleone, poggiando le braccia sulle gambe - So benissimo che state dicendo ciò solo per tenermi buono

L'uomo cominciò a sudare freddo, era troppo sveglio, Paoli e i Pozzo di Borgo li avevano avvertiti, pensavano che lo stessero sopravvalutando, dopotutto, era solo un ragazzo che si lasciava guidare dalle emozioni, nulla di più, a quell'età era più o meno normale. Invece quel Buonaparte era davvero come glielo avevano descritto, si stava mostrando ospitale, ma se non gli avessero dato la vittoria, e quindi il posto nella guardia, era più probabile che lo avrebbe fatto uccidere. Era così imprevedibile che nemmeno lui sapeva cosa pensare. Incrociò le iridi grigie del tenente e sbiancò, quello sguardo indagatore lo  terrorizzò, era come se gli stesse strappando l’anima dopo avergliela esaminata, al pari di un giudice infernale.

- Garanzia per evitare interferenze di Paoli e dei suoi alleati - specificò laconico Napoleone, fissandolo ancora. Non aveva intenzione di fargli nulla, in fondo era solo una pedina, come quasi tutti i seguaci del Patriota, doveva, però, stare attento e prudente.

Il resto della giornata, per fortuna dell'osservatore, passò tranquillo, mentre Napoleone si teneva aggiornato sullo spoglio, che lo davano in vantaggio netto. Il tenente non fece mancare nulla all'uomo, dimostrando di essere una persona intelligente e macchinosa, che aveva calcolato tutto nei particolari.

Anche gli altri membri della famiglia lo trattavano con molto rispetto, proprio come fosse un ospite, persino questo insignificante dettaglio faceva parte del piano: se qualcuno lo avesse fermato, per chiedere spiegazioni, non si sarebbe potuto lamentare della famiglia Buonaparte. Quando si seppe, per certo, che il posto era suo, lo lasciò andare, non gli interessò se alla sala o a casa, aveva ottenuto ciò che voleva, il resto non contava.

- Nabulio - sbottò Giuseppe, prendendolo per il colletto - Questa è l'ultima volta che acconsento ad una tua pazzia! - lo scosse leggermente, Napoleone non gli dava alcuna soddisfazione, lo guardava quasi con sfida. Possibile che non avesse paura di niente? - Lo dico per te e per noi, rischiamo grosso!

- Nabulio... - s'intromise la madre preoccupata per quanto stava succedendo - Per una volta ascolta tuo fratello...

Napoleone alzò gli occhi al cielo, poi si liberò brutalmente dalla presa di Giuseppe che indietreggiò - Come al solito non avete capito niente, credete che abbia agito senza pensare! - sbraitò adirato stringendo i pugni - Eppure vi avevo spiegato tutto, dannazione!

Letizia questa volta non poté lasciar passare tale mancanza di rispetto - Da quanto in qua ti permetti di usare questo tono con tua madre e con tuo fratello maggiore? - gridò poggiando le mani sui fianchi, alzò la testa per poterlo guardare dritto negli occhi. Napoleone non aveva voglia di replicare con sua madre, lanciò un'occhiata feroce a Giuseppe.

Per evitare di perdere il controllo e far danni, uscì, andando nel campo di gelsi, con la scusa di controllarne la crescita, in realtà per sbollire la rabbia. Dopo una lunga battaglia finanziaria, finalmente avevano potuto pagare tutte le rate ed ottenuto il terreno. Fece qualche passo in avanti e toccò alcuni rametti di quei giovani alberi, si stavano coprendo di foglie verdissime, il vento gli scompigliava i lunghi capelli castano rame, coprendo gran parte del viso scavato. Si strinse nelle spalle per scaldarsi un po', aveva dimenticato il giaccone, si sforzò di spostare i suoi pensieri su altro. Sospirò amaramente: nessuno lo capiva; era destinato alla solitudine e all'incomprensione per il resto della sua vita.

Aveva ottenuto il posto tanto desiderato, ma aveva la sensazione di aver perso qualcos'altro. Che cosa voleva il destino da lui? E fin dove lo avrebbe portato? Era in bilico tra ambizione e desiderio di pace. Però perché sprecare una simile occasione? In fondo quel posto gli spettava di diritto, era andato a studiare in Francia per mettere a frutto le sue conoscenze sull'isola, sul continente si sentiva sprecato, inutile. A chi importava di un corso al di fuori della Corsica? Probabilmente a nessuno. Il bivio tra patria natia e acquisita non gli dava tregua, stava seguendo la strada dei suoi desideri, ma era quella giusta? 

- Come dobbiamo fare con lui? - sospirò la madre, accasciandosi sulla sedia, si sentì stanca come non mai. Si girò verso il figlio maggiore.

- Non lo so nemmeno io, madre - Ammise Giuseppe, più sconfortato di lei, poggiò la mano sulla sedia e la guardò.

- Forse non avrei dovuto farlo andare in Francia a studiare - confessò la donna, sospirando ancora. Quel bambino che l'aveva amata tanto, nonostante fosse sempre stato complesso e difficile fin dall'infanzia, era cambiato, adesso si lasciava guidare dall'ira e dalla voglia di vendetta e riscatto, perennemente tormentato da qualcosa che non gli dava pace.

I fratelli più giovani, Luciano e Carolina in primis, stavano origliando e non capivano il perché fossero così preoccupati per il fratellone, a loro piaceva che si comportasse in quel modo, che non si facesse mai sottomettere da nessuno, lo vedevano come un eroe.

Giuseppe non poté non condividere lo  sgomento della madre - Andiamo a preparare la cena, madre, non serve a molto aspettare che torni

- Hai ragione, Giuseppe - affermò, si alzò, lo guardò e lo abbracciò forte. Il figlio ricambiò massaggiandole la schiena, chiuse gli occhi, pensando a quanto suo fratello la stesse facendo penare. Sapeva che era ormai irrecuperabile - Andiamo - la incoraggiò il ragazzo. Letizia annuì e si sistemarono nella sala da pranzo. Il resto della famiglia si era già seduto e attendeva la cena, come se non fossero a conoscenza di nulla.

 

   
 
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