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Autore: Vanclau    19/11/2019    1 recensioni
È quando l'oscurità si fa più fitta che la luce risplende più fulgida. Proprio per questo, nell'ora più tetra dell'umanità, sette fiaccole ardono intense come guide degli uomini; sette spade, sette ragazzi uniti da un destino comune, sette Altari del passato che riemergono nel futuro per scrivere un'altra volta le pagine dei libri di storia.
Genere: Fantasy, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Più guardava Merlino, più notava che c’era qualcosa di strano in lui, come se avesse pensieri per la testa che lo preoccupassero. «Cosa stai pensando?» si decise infine a chiedergli Edgard.
«Ho avuto una strana conversazione con Beatriz ieri, l’erede di Sigurd» spiegò lui. «A quanto pare era già a conoscenza di tutto, qualcun altro deve avermi preceduto e non saprei chi possa essere, se è da considerarsi un alleato o se invece dovremmo tenerlo in considerazione come nemico.»
Edgard era certo ci fosse dell’altro, ma preferì non indagare oltre per non forzare troppo la mano di Merlino. Se persino lo stregone di Camelot era preoccupato significava che c’era davvero qualcosa di cui poter avere paura e forse era meglio che innanzitutto se ne occupasse lui chiarendo tutti i suoi dubbi. Riponeva molta fiducia in quell’uomo, nonostante non apprezzasse alcuni suoi modi d’agire, ma soprattutto lo rispettava.
Senza più menzionare quell’argomento i due viaggiarono con il teletrasporto fino a Rocamadour, nella speranza di trovare la spada; quella era l’opzione più plausibile secondo Edgard, che comunque avrebbe voluto evitarsi lo scandagliare del fondale marino alla ricerca della lama. «Se davvero Orlando l’avesse scagliata nel mare» aveva anche affermato «possibile che con tutte le ricerche nei fondali marini fatte dai sommozzatori e dai radar per i più svariati motivi nessuno l’abbia mai trovata?»
Merlino si era trovato in accordo con quel ragionamento, optando per raggiungere uno dei pochi borghi rimasti sulla Terra che non avevano subito grosse modifiche inseguito al boom tecnologico degli ultimi secoli e rimaneva un pezzo di storia non indifferente, sebbene ormai praticamente disabitato; nemmeno le poche centinaia di abitanti che lo popolavano intorno al ventunesimo secolo ormai erano quasi più presenti e il tutto lasciava al comune un’aria da “città fantasma”.
I segni del decadimento erano più evidenti in quelle abitazioni rimaste disabitate per secoli, tra la muffa che si vedeva sui muri, la polvere accumulatasi addirittura per le strade e alcune case divenute dei veri e propri ruderi. Edgard trovava incredibile che quello posto, che continuava a reputare comunque molto pittoresco grazie anche alla stupenda vista del paesaggio naturale che lo circondava, fosse stato un tempo luogo di pellegrinaggio e con una rilevante importanza religiosa.
Rocamadour era stato eretto a ridosso di un roccione e, nonostante in passato fosse per la maggior parte in pendenza sul latro di quella che era una collina, ora era quasi tutta in piano per effetto degli agenti atmosferici che avevano portato notevoli cambiamenti ambientali negli anni; gli stessi fenomeni che dovevano aver causato il crollo di molte abitazioni mal curate e che non avevano resistito a secoli di piogge e forti venti.
«Un tempo questa strada la percorrevano i pellegrini in ginocchio» commentò Edgard mentre al fianco dello stregone continuava a camminare lungo l’unica via del borgo fiancheggiata dalle poche abitazioni rimaste in piedi. Per tutto il tragitto non incrociarono nessuno né videro alcun movimento all’interno delle case ancora intatte, pur se malmesse, segno che davvero ormai il conteggio degli abitanti poteva essere considerato pari a zero.
Merlino si limitò ad annuire, forse perché già conosceva la storia di quel posto, ma non aggiunse altro portando Edgard a chiedersi se lui ci fosse già stato nel corso della sua fin troppo lunga vita. Alla fine non sapeva nulla del passato del suo compagno di viaggio, se non quel che aveva appreso attraverso le leggende e il Ciclo Arturiano, ma spesso il tutto veniva reso diverso da quel che era la realtà; la stessa figura di Merlino gli appariva in qualche modo differente da quanto descritto nei libri e nelle tradizioni orali. Si diceva dopotutto che Merlino fosse stato l’artefice dell’inganno di Uther Pendragon per dargli l’aspetto del duca di Cornovaglia e far concepire a Igraine suo figlio, Arthur Pendragon, ma per come Edgard fino a quel momento l’aveva conosciuto non lo reputava capace di una simile azione.
Merlino parve capire in qualche modo i suoi pensieri, facendo ricordare a Edgard che lo stregone poteva leggere nel cuore delle persone, ma si limitò a sorridergli. «A volte bisogna macchiarsi di crimini orribili per perseguire il bene della collettività» disse scrollando le spalle. «Non vado fiero di quanto feci a quel tempo, né lo rifarei una terza volta, ma era necessario per preservare la luce e ritardare l’avvento dell’Era Oscura.»
Edgard strabuzzò gli occhi. «Ma allora ai tempi di Camelot…» Non riuscì a completare la frase, incredulo.
Merlino si fermò, posandogli delicatamente una mano sulla spalla. «Non avrei voluto parlarne né con te né con Jeanne o Julius fino al ritrovamento di tutte e sette le spade» spiegò. «Ma è anche vero che non avrei mai sospettato che tra di voi ci fosse qualcuno con la tua arguzia, la tua curiosità e la tua indole a porti le domande giuste per trovare diverse risposte a tutti i tuoi dubbi.» Spostò lo sguardo verso la rocca che si intravedeva praticamente sin dal loro arrivo nel borgo, il castello ormai in rovina dove doveva essere nascosta Durlindana. «Quella che chiamo Era Oscura fu già evitata una volta, quando ancora esisteva Camelot, ma a quel tempo il processo non era avanzato come lo è in quest’epoca.»
«Ma se hai già evitato l’Era Oscura perché hai permesso che arrivassimo fino a questo punto?» Edgard era stanco di tutte le cose che Merlino fino a quel momento gli aveva tenuto nascosto, come il nome di colui che c’era dietro l’Era Oscura o il motivo per cui qualcuno potesse desiderare un’oscurità perenne sul mondo. Ora che avevano recuperato Gioiosa, trovato Excalibur e forse Durlindana e preso contatti con quattro dei Sette credeva fosse giunto il momento delle risposte, così come presto sarebbe giunto il tempo di combattere per la propria e altrui sopravvivenza.
«Non si poteva far nulla né per evitarla né per distruggere i suoi fautori, ma solo per ritardarla. Questo fu il mio compito sin dai tempi in cui servivo re Uther, concretizzatosi poi quando prestai servizio a Camelot con suo figlio Re Arthur.» La voce si era fatta più bassa e gli occhi sembravano esprimere una tristezza da troppo tempo celata agli sguardi; Edgard non l’aveva mai visto con quell’espressione, quasi come se il semplice parlare di quel periodo gli riportasse a galla ricordi che avrebbe preferito evitare. Dovette ammettere di sentirsi in colpa per la sua domanda, ma se era suo destino combattere brandendo Durlindana credeva anche fosse suo diritto sapere tutta la verità o comunque una sua buona parte. Già immaginava che Merlino non avrebbe detto proprio tutto, limitandosi alle informazioni più adatte al momento e che il resto lo avrebbe reso noto quando si sarebbe sentito pronto.
«Abbiamo provato a cercare il modo di fermarla in maniera definitiva» continuò lo stregone. «Io e Nimue, prima ancora della nascita di Arthur, sapevamo di un antico male che si stava risvegliando pur non conoscendone nome e obiettivi. La profezia dei druidi che seguimmo a quel tempo era incompleta e speravamo che il figlio di Uther fosse l’eroe di cui il mondo avesse bisogno per andare incontro a un futuro luminoso. Quello fu il nostro più grande errore e quando riuscii a rimettere insieme tutti i pezzi di ciò che era stato profetizzato ce ne rendemmo conto troppo tardi per porvi rimedio. A essere sinceri,» aggiunse poi ridacchiando «è stato l’incontro con Beatriz a darmi la parte mancante che non avevamo.»
«E perché non è possibile ritardarla anche ora?» chiese quindi Edgard.
«Perché ormai il nostro nemico si è fatto troppo forte o come a quel tempo anche oggi sarebbe bastata la semplice Excalibur ad adempiere a questo compito; Re Arthur non dovette mai affrontare Fafnir, per esempio, che ora è un nostro nemico.»
«Quindi visto che possiamo fermare per sempre l’Era Oscura hai preferito arrivare al punto di non ritorno per far risvegliare quest’essere che ci minaccia e poterlo distruggere» commentò Edgard non riuscendo a nascondere un sincero stupore per quella scelta. Non c’era davvero altro modo?
«A volte è necessario distruggere per poter creare un nuovo mondo dalle sue ceneri.»
Edgar scosse la testa. «Se me ne avessi parlato prima avremmo potuto trovare un altro modo, riunire Julius, Jeanne, Beatriz e gli altri due prima, accelerare la ricerca delle spade! E forse siamo ancora in tempo se recuperiamo Durlindana, incontriamo Jeanne e facciamo ragionare Julius!» Il ragazzo si sentiva improvvisamente animato da una flebile luce di speranza. Ora voleva sapere ogni cosa sull’Era Oscura e trovare un modo per impedirla definitivamente, non avrebbe permesso la morte di persone innocenti per le scelte fatte da uno stregone del passato e da un’entità immortale e ambigua come la Dama del Lago. Però stranamente non provava rabbia nei confronti di Merlino, solo una profonda tristezza.
«Sai già che è impossibile» rispose Merlino.
«Non lo sapremo mai veramente finché non ci proviamo e se anche non possiamo impedirla potremmo ridurre drasticamente le vittime. Non sarebbe comunque una prima vittoria? E iniziare sin da ora a combatterla non ci aiuterebbe quando l’Era Oscura giungerà?»
Merlino sembrò pensare seriamente a quelle parole. «E va bene, hai ragione come sempre, però prima recuperiamo Durlindana; poi ne parleremo insieme tu, io, Jeanne e James. Spero anche di riuscire a contattare anche Beatriz e convincere Julius.»
Finito quel discorso, Edgard e Merlino ripresero a incamminarsi iniziando a salire la lunga scalinata composta da gradini ormai consumati dal tempo come tutto in quel borgo, spesso irregolari e che rallentarono di molto la loro andatura, soprattutto per Merlino che sembrava iniziare a sentire l’affaticamento dovuto ai suoi molti secoli e alla magia che pareva lo stesse abbandonando. Più volte aveva ripetuto a Edgard che aveva vissuto ben più a lungo di quanto gli fosse concesso.
«Quindi alla fine Fafnir non stava andando da Beatriz?» chiese all’improvviso Edgard mentre si trovavano all’incirca a metà strada.
«Non possiamo saperlo con certezza, quando ho scoperto di Beatriz non avevo idea di quale spada fosse legata a lei. Io credo tu potresti avere ragione, ma magari neanche Fafnir sa che il possessore di Gramr si trova in Spagna e dunque ancora non l’ha trovata» fu la risposta di Merlino. «Ho comunque messo in guardia Beatriz chiedendole di fare attenzione e di chiamarmi se fosse successo qualcosa.»
Lo sguardo di Edgard fu piuttosto eloquente.
«Anche io ho dovuto adeguarmi a quest’epoca» disse quindi Merlino tirando fuori dalla tasca dei pantaloni il vecchio modello di un piccolo cellulare. «Anche se è stato più difficile del previsto imparare a utilizzare questa stregoneria.»
Edgard rise. «Parli proprio tu di “stregoneria”, Merlino, stregone di Camelot?»
La tensione accumulatasi per la discussione di poco prima sembrava essersi affievolita, come sempre accadeva quando i due erano in disaccordo su qualcosa e si ritrovarono addirittura a ridere entrambi. Nonostante ritenesse che fosse pieno di difetti e avesse fatto scelte sbagliate in passato, Edgard si era ormai affezionato a Merlino che lo iniziava sempre più a vedere come un compagno d’avventura e, forse, anche un compagno d’armi pur non avendo mai avuto modo di combattere fianco a fianco; Edgard non aveva proprio mai combattuto, così come non era mai andato in palestra e di certo non era il tipo che si cimentava in sport quali il pugilato o una qualsiasi arte marziale o di combattimento. In effetti temeva sempre il momento in cui avrebbe impugnato Durlindana per ritrovarsi a combattere battaglie sconosciute dove c’erano in gioco la sua vita e il destino del mondo stesso, ma cercava di non pensarci andando avanti per la sua strada.
Giunti nei pressi del rudere che un tempo era stato probabilmente un bellissimo castello, Edgard si fermò alzando lo sguardo al cielo privo di nuvole e cercando di evitare l’ovale nero che ancora incombeva sulle loro teste, ma senza troppa fortuna. Esso era ancora là, invisibile a occhi normali ma non ai suoi o a quelli di Merlino. «La Terra gira intorno al sole, ma allora come mai lo spirale rimane fisso nel cielo e non segue una qualsiasi orbita essendo visibile sia qua che in Inghilterra o in Spagna nello stesso punto?» chiese d’un tratto guardando lo stregone.
Merlino si indicò gli occhi. «In realtà c’è una spiegazione logica, sebbene potrebbe sembrare un po’ incredibile» iniziò a rispondere. «Il motivo per cui solo voi potete vederlo risiede nella magia delle vostre spade, che pur non stando con voi continuano sempre a guidarvi, i loro poteri sigillati nel Vuoto. Anche quell’ovale si trova fisicamente nel Vuoto, e voi potete vederne solo l’ombra che va pian piano definendosi con l’avanzare dei giorni. Dimmi, dalla sua comparsa hai mai provato a guardare il cielo voltando lo sguardo?»
Edgard rispose negativamente, poiché aveva proprio evitato di alzare gli occhi sin dalla comparsa di quel fumo nero, ma esortato dallo stregone provò a fare come gli si richiedeva, rimanendo a bocca aperta per lo stupore. «È sempre nello stesso punto, indipendentemente dall’angolazione o dal punto del cielo che guardo.»
Merlino annuì soddisfatto. «Non si trova fisicamente in questo mondo, come dicevo, e la vostra magia vi permette di osservarlo nel punto dove supponete inconsciamente che esso esista, spesso questo è il centro esatto del campo visivo, come capita a me.»
«Ma allora, se è legato anche all’immaginazione individuale, come abbiamo fatto a vederlo non sapendo cosa avrebbe portato l’Era Oscura?»
Merlino si toccò la tempia con un dito, indicandosela. «Voi lo sapevate e lo ricordavate» rispose alzando le spalle.
«I nostri sogni, hai ragione. Compariva anche nei nostri sogni, visibile inoltre a chiunque.»
«Nessuno saprà cosa potrebbe accadere nell’Era Oscura, nemmeno io o Nimue, ma è possibile che la sua forza diventi tale da poter riflettere la propria ombra su qualsiasi essere vivente. Fino al tramonto di ieri neanche sapevo si trattasse di un ovale nel cielo, ma come te o Julius ho immaginato un enorme occhio che scrutava sotto di sé e solo con il tramonto e la consapevolezza di quel che fosse ho iniziato a vederlo fisso in un punto.»
«Ora sbrighiamoci a trovare Durlindana e andiamocene. Voglio subito mettermi all’opera per trovare una soluzione e ho meno di un mese.»
Secondo quanto riportava la storia, la spada era una meta turistica di Rocamadour, acclamata come l’originale arma di Orlando, rimasta infilata in una parete di roccia all’incirca in quel punto. Cominciò a vagare con lo sguardo alla sua ricerca, senza però riuscire a scorgere nulla che potesse anche solo assomigliare all’arma, sebbene rimase perplesso quando notò un anello di metallo corroso dal tempo da cui penzolava una catena. Facendolo notare a Merlino, quest’ultimo utilizzò la propria magia per portare se stesso ed Edgard sul tetto della casa più vicino all’anello, abitazione miracolosamente ancora intatta.
Merlino sembrava abituato a spostarsi in quel modo, ma Edgard che per ovvi motivi fino a quel giorno aveva volato solo a bordo dell’aereo per un attimo si senti cadere perdendo l’equilibrio e finendo sdraiato nell’aria mentre continuava a salire. Qual era la logica dietro cui due corpi potevano sollevarsi nel cielo senza aver bisogno di propulsione verso l’alto? Da quanto ricordava i sistemi antigravitazionali di alcuni mezzi neanche funzionavano correttamente se impiantati in alcuni indumenti, come si era provato a fare in passato.
Merlino non smise un attimo di sorridere. «Da quanto ho appreso i sistemi gravitazionali permettono ai vostri mezzi di sollevarsi da terra, anche se di poco, grazie a quello che chiamate campo gravitazionale, in grado di invertire la forza di gravità che inizia a spingere verso l’alto anziché verso il basso.»
Edgard annuì, sorpreso che oltre a essersi procurato un cellulare Merlino avesse appreso anche quella che doveva essere una grandissima innovazione per lo stregone.
«Posso già dire con sicurezza che una forza così dispersiva come quella del campo gravitazionale non funzionerà mai con gli esseri umani se ci si affida solo alla scienza, poiché non si tiene in considerazione lo spirito di ogni individuo.»
Ora Edgard era confuso.
«La vostra tecnologia ha fatto passi da gigante in molti ambiti, ma non avete considerato il punto di vista spirituale, nonostante ci siano ancora diverse religioni in questo mondo. Parlo del peso dell’anima.»
«Quindi le persone non possono volare perché la spinta è troppo debole, in quanto si tiene in considerazione solo il peso corporeo degli individui e non quello… dell’anima?»
«Esatto, anche se nemmeno la magia può misurare il peso di un’anima; questo dovrebbe essere il compito della scienza ma servirebbe il macchinario giusto e qualcuno in punto di morte che voglia sottoporsi al trattamento durante gli attimi finali della propria vita. Non credo sia possibile pesare un’anima prima della morte.»
Edgard non credeva alle proprie orecchie, ma per quanto leggera potesse essere un’anima se non si calcolava il suo peso doveva ammettere che Merlino poteva avere ragione, non si dava abbastanza spinta verso l’alto quando si invertiva la gravità. «Ma quando ci si mette sulla bilancia l’anima non si aggiunge al peso del corpo?» chiese senza nascondere la propria curiosità e chiedendosi come mai uno come Merlino, stregone e druido, fosse così interessato alla loro scienza.
«In teoria sì, ma il peso è così millesimale che non viene calcolato da molte delle vostre bilance. Ne servirebbe praticamente una in grado di calcolare pesi minuscoli, ancor più di quelli calcolati dalle bilance utilizzate per i grammi di marijuana, ma anche abbastanza grande da poter pesare una persona.» Merlino dovette aver scorto anche il dubbio di Edgard, poiché riprese a parlare. «Magia e scienza sono sempre avanzate di pari passo, almeno così era ai miei tempi, anche se la chiamavamo alchimia.»
Il volo durò pochissimo ma a Edgard sembrò più lungo grazie alle nuove sensazioni che poteva percepire, come l’assenza di un qualsiasi piano su cui poggiare i piedi, sentendosi di una leggerezza incredibile con il vento che gli scuoteva i capelli. Sorrise, rendendosi anche conto che non c’era alcuna forza a spingerlo verso l’alto ma semplicemente si stava sollevando come non avesse peso e comprendendo forse la natura di quella magia. «Non hai invertito la gravità, l’hai annullata!» disse mentre stavano toccando il tetto del pavimento. Merlino atterrò dolcemente, ma Edgard fu schiacciato dal peso del suo stesso corpo cadendo di schiena con un lamento per il dolore causato dalla botta.
Merlino lo aiutò a rialzarsi. «Corretto, ma non è possibile usarlo per volare come fa un uccello o uno dei vostri aerei. Potremmo chiamarlo, per usare vostri termini, un ascensore che serve a raggiungere luoghi troppo in alto. La magia può anche direzionare la forza di gravità, certo, ma servirebbe un’enorme concentrazione per mantenersi in aria e non ho mai conosciuto qualcuno che ci potesse riuscire, nemmeno tra i più grandi praticanti di magia dei miei tempi. Forse gli esseri umani non sono fatti per volare liberamente nel dominio degli uccelli e degli dei.»
«Sei religioso?»
«La religione non centra, chiunque in passato poteva essere considerato un dio o un semidio se aveva poteri che andavano contro i principi della scienza e della magia e ho potuto conoscerne qualcuno. Conosci il dio dell’inganno nordico, Loki?»
Edgard rise. «Ora mi stai prendendo in giro.»
Merlino scrollò le spalle. «Se ne sei tanto sicuro…»
«Aspetta, hai conosciuto il dio Loki?»
«Hai detto tu di non crederci e poi abbiamo affari più urgenti di cui occuparci.» Merlino si voltò a guardare l’anello e la catena spezzata, più una fenditura nella roccia. «Sono certo che siamo sulla strada giusta, altrimenti per quale motivo questa casa, quell’anello, quella catena e la fenditura non hanno riportato segni di corrosione dal tempo nonostante l’abbandono?»
«Pensi sia opera della magia di Durlindana?» chiese Edgard.
«Durlindana, dal latino durus, forte, resistente» spiegò Merlino. «Durlindana era considerata indistruttibile, lo stesso Orlando provò a spezzarla senza mai riuscirci e credo che la sua magia abbia permesso a ciò che la circondava di resistere alle intemperie. L’erede di Orlando, secondo la profezia, sarà la roccia dei Sette, colui che li sorreggerà nella loro più grande impresa e su cui maggiormente dovranno fare affidamento.»
«È una bella responsabilità per uno come me che è stato piuttosto scettico su tutta questa storia all’inizio» commentò sarcastico Edgard. «Però la spada non c’è» aggiunse poi con tono preoccupato.
«Dovresti essere in grado di percepirla o di seguire un residuo che ti possa guidare da lei.»
Edgard provò a concentrarsi chiudendo gli occhi e liberando la mente, come spesso aveva visto fare in molti anime e racconti di fantasia, senza sapere esattamente cosa dovesse cercare. Rivide per un attimo i suoi sogni, quelli da cui tutto era partito, convinto che anche là potesse esserci un qualche indizio e facendo leva su tutta la sua arguzia, finché un fascio luminoso non apparve dinnanzi all’oscurità che scorgeva tenendo gli occhi serrati, dirigendosi verso l’alto, verso il cielo. Alzò le palpebre, seguendo quella scia e poi lo vide. Ogni sua certezza in quel momento svanì, il battito cardiaco accelerò e per la prima volta dal suo coinvolgimento in quella storia così intricata ebbe paura, riconoscendo quanto superficiale fosse stato. Forse avevano sbagliato tutto.
   
 
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