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Autore: LysandraBlack    23/11/2019    2 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 23
Red water dreams


 

 

Garrett non ricordava l'ultima volta che era entrato in una chiesa per assistere alla funzione. Forse a Lothering, quando ancora Leandra e Malcolm si preoccupavano che ciascuno dei loro figli mantenesse una facciata di rispettabilità agli occhi della piccola comunità che si riuniva ogni settimana per la messa.

Andraste sembrava non curarsi di loro, lo sguardo dell'enorme statua puntato verso il cielo, la fiamma tremula del cero nella sua mano che illuminava il volto impassibile. Nella sinistra reggeva l'enorme spada, pronta ad affrontare i nemici dei suoi fedeli.

Ma quali fossero gli amici, e quali i nemici, Garrett non lo sapeva.

Lanciò uno sguardo a Marian. Qualche fila più avanti, sulla destra, la Comandante Meredith fissava con un cipiglio feroce l'altare dal quale la Somma Sacerdotessa Elthina predicava il suo sermone, mentre al suo fianco il Capitano Cullen, pallido in volto e più scavato del solito, aveva lo sguardo perso nel vuoto, la mano salda sull'elsa della spada. Dall'altra parte, lo spallaccio dell'armatura nuova di zecca che sfiorava quello della Comandante, stava Marian, il capo chino sulle mani giunte in preghiera. Non poteva vedere chiaramente il suo viso con quella fioca luce, ma gli sembrava che la sorella avesse gli occhi chiusi. Tutto attorno ai fedeli riuniti vi erano sull'attenti templari e guardie cittadine: poteva vedere le loro armature luccicare nelle alcove, dietro le balaustre al piano superiore, accanto all'ingresso principale e alle uscite secondarie.

Leandra, accanto a lui, si soffiò piano il naso mentre Elthina cominciava ad elencare la lunga lista di caduti di quella terribile notte. Al nome di Laurence Harvent udirono un singhiozzo sommesso dalle tre persone in piedi nel banco di fronte al loro. Tobias, il più giovane dei figli, circondò con un braccio le spalle della madre mentre il maggiore, Taddeus, cercava di restare impassibile.

Alcuni erano nomi di persone che Garrett aveva incontrato spesso, altri invece di cui a stento ricordava il volto, molti infine erano sconosciuti. Tanti, troppi.

Notò con una punta di fastidio che erano stati elencati non in ordine alfabetico, come sarebbe stato logico per lui fare, ma di prestigio.

Vide Margaret Deghmont sussultare, il volto coperto da un velo nero, quando la voce della Somma Sacerdotessa chiamò i nomi del fratello minore e della madre, morta solo qualche ora prima dopo una lunga agonia, i maghi del Circolo non erano riusciti a fare nulla contro le ustioni riportate sul corpo della donna e del ragazzino, troppo vicini all'esplosione.

Lunette Dewine scoppiò a piangere sentendo il nome del fratello maggiore, Martyn, e si stinse alla madre e al fratellino in cerca di conforto.

La famiglia Reinhardts occupava due file complete, i volti rigati di lacrime per aver perso quattro dei suoi componenti. Due erano templari, ne ricordava vagamente uno tra i colleghi di Marian.

Myranda Selbrech stringeva la mano di James Selwyn, mentre la madre di quest'ultimo piangeva sommessamente accanto al marito la perdita del figlio maggiore, che aveva lasciato orfani due gemelli nati solo l'estate prima. Mancava la vedova, rimasta a casa ancora convalescente. I genitori di Myranda erano ad una fila di distanza dalla figlia, entrambi col capo chino.

Fifi e Babette de Launcet indossavano dei vestiti neri con delle decorazioni appariscenti, riuscendo anche in un momento di lutto come quello a risultare sconvenienti. Guillaume e Dulci de Launcet, i genitori delle due, erano al fianco dei fratelli De Varley, che avevano perso entrambi i genitori: Orson, il maggiore, stringeva la stampella di legno come se stesse per romperla, il moncone di gamba ancora avvolto nelle bende dove il cerusico aveva dovuto amputare, il volto pallido e malaticcio mentre cercava di darsi un contegno di fronte alle altre famiglie orlesiane.

Garrett riconobbe i coniugi Durand, che avevano perso due dei figli tra cui Antoine, il ragazzotto biondo che alla festa aveva riso sguaiatamente alle sue battute; le tre sorelle De Rosier, la maggiore delle quali sfoggiava una vistosa fasciatura alla testa e non doveva avere più di dodici o tredici anni, strette attorno al padre con gli occhi incavati e rossi di pianto a dare l'ultimo saluto alla madre; Pierre e Yvonne Beaumont, immobili come statue di sale, gli occhi puntati verso la statua di Andraste come se si aspettassero che restituisse loro il padre e il fratello maggiore, uno dei templari che erano stati uccisi nello scontro, mentre la madre non c'era, doveva essere ancora in bilico tra la vita e la morte.

Quella lunga lista di nomi altisonanti lasciò spazio a quelli che non avevano un blasone di famiglia, semplici guardie cittadine e templari, mercanti che si erano ritenuti fortunati ad aver ricevuto un invito, e ancora servitori, camerieri, giardinieri, facchini, cuochi, musicanti.

Garrett riconobbe alcuni nomi, era gente che conosceva dai tempi in cui viveva in città bassa, le loro famiglie erano in fondo alla chiesa, in piedi e accalcate per mancanza di spazio. Data l'ingente partecipazione, agli abitanti dell'Enclave era stato proibito l'accesso, ma gli enormi battenti della chiesa erano rimasti aperti e un gran numero di elfi si era radunato fuori dall'ingresso per affidare anche i propri cari al Creatore e alla sua sposa, che per prima dopo lunghi secoli di schiavitù li aveva riconosciuti come suoi pari.

Il Visconte Dumar era in prima fila, di fronte alla Somma Sacerdotessa, e per tutta quella lunga lista di nomi non rialzò mai il capo, chino sulle mani giunte in preghiera. Il figlio Seamus, accanto a lui, pareva distante, lo sguardo vacuo posato sui ceri spenti ai piedi del simulacro di Andraste. Il Siniscalco non c'era, segno che non si era ancora ripreso dalla brutta esperienza, ma al suo posto c'era Rodney, il petto gonfio nel suo farsetto nuovo: Garrett non si stupì notandolo poco coinvolto.

Elthina concluse il suo discorso con un accorato appello alla comunità di restare unita. Si chinò ad accendere un imponente cero bianco ai piedi della statua della Profetessa, e la dozzina di fratelli e sorelle della Chiesa in abiti candidi dietro di lei sciamarono verso l'altare, facendo altrettanto con le decine e decine di candele argentee poste in ricordo dei defunti. Sebastian era tra loro, scuro in volto e concentrato: Garrett lo vide sussurrare qualcosa, accendendo la prima candela.

«La Luce li guiderà al sicuro, attraverso questo mondo e verso il prossimo. Per coloro che hanno fede nel Creatore, il fuoco è la loro acqua. Come una falena vede il bagliore e vola verso la fiamma, così loro vedranno queste fiammelle e proseguiranno verso la Luce. Il Velo non avrà segreti per loro e non conosceranno paura della morte, poiché il Creatore e la sua Sposa saranno il loro faro e il loro scudo, le loro fondamenta e la loro spada.»

Terminata l'accensione dei ceri, la Somma Sacerdotessa tese la mano verso i suoi fedeli, invitandoli a seguirla: scese la scalinata verso la navata centrale, scortata da Meredith, Cullen e altri quattro templari tra cui Marian, e percorse il tragitto verso l'uscita. Dietro di lei venivano i fratelli e sorelle della chiesa, tutti vestiti di bianco: ciascuno di loro reggeva un cero pallido, la fiamma che guizzava lentamente seguendo i loro passi.

Garrett e Leandra si unirono al resto dei nobili, accodandosi. La folla di persone sul fondo della chiesa si aprì in due ali al loro passaggio, permettendo alla processione di uscire all'esterno, per poi seguirli. Anche gli elfi sull'ampia scalinata di fronte all'ingresso si spostarono ai lati, aggregandosi in fondo al folto gruppo.

Percorsero il lungo tragitto fino al porto, i toni rossi e caldi del tramonto invernale ad accompagnarli, intonando canti e preghiere al Creatore e ad Andraste fino ad arrivare al molo più grande della città, dove erano state allestite due grandi pire funebri galleggianti. Sotto lo sguardo dell'intera Kirkwall, due sorelle della Chiesa presero una torcia ciascuna e le avvicinarono ad un braciere posto a pelo dell'acqua, poi salirono su una coppia di piccole barchette di legno con tre rematori per una, che le trasportarono fino alle piattaforme. Depositarono le torce tra la legna e subito la fiamme attecchirono grazie all'olio e unguenti posti sui fasci di legname e sui corpi vestiti di bianco: ben presto, il fuoco ardeva brillante nella baia, il fumo che si alzava in una nube scura che si perdeva nel cielo ormai scuro. Le due lune assistevano impassibili a quell'ultimo addio.

Le pire sarebbero andate avanti a bruciare per ore, ma Garrett non era in vena di rimanere tutto quel tempo lì ad aspettare.

«Madre, torniamo a casa?»

Leandra annuì, anche lei era scossa e tremava sotto la brezza gelida della sera.

Allontanandosi, in molti lanciarono a Garrett cenni di ringraziamento, occhiate riconoscenti, parole di encomio per aver aiutato a difendere la città e i suoi abitanti.

Lui si limitava a chinare il capo, accondiscendente, un nodo alla gola e lo stomaco sul punto di rivoltarsi come un calzino. Non riusciva a smettere di pensare che, in parte, fosse colpa sua: aveva sottovalutato il pericolo, la follia che sembrava aver preso possesso di Geralt, Jowan e molti altri della Resistenza. Maghi con cui aveva collaborato per anni, alcuni dei quali aveva fatto uscire lui stesso dalla Forca, o aveva aiutato a scampare alla cattura dei templari.

Degli stessi templari che aveva scelto di proteggere, voltando le spalle ai compagni di lotta.

Ma era davvero quella l'unica soluzione? Uno schieramento o l'altro, senza possibilità di riconciliazione, di dialogo, di tregua?

Sospirò profondamente, mentre rientravano a casa. Bu gli si avvicinò uggiolando, sfregando il muso sui suoi pantaloni alla ricerca di coccole. Si chinò ad accarezzarle il dorso, abbracciandola stretta mentre la mabari cercava di leccargli la faccia.

Leandra si sedette nella poltrona comoda di fronte al caminetto acceso, un bicchiere di brandy aromatizzato stretto tra le mani. Accortasi che il figlio la stava guardando, gli sorrise stancamente. «Anche io ho bisogno di bere qualcosa, stasera.»

«Pensavo avessi smesso.»

La donna fece roteare lentamente il liquido ambrato nel bicchiere di cristallo. «Lo pensavo anch'io.»

Rimasero in silenzio per un po', lui coccolando Bu, lei seduta con lo sguardo perso tra le fiamme del camino, entrambi assorti nei propri pensieri.

«Perdonatemi... è arrivata una lettera per voi.»

La voce di Bodahn li riscosse con un sussulto. Bu scattò verso il nano, saltandogli addosso e cercando di rubargli il rotolo di pergamena piegato che reggeva in mano. Quello la schivò abilmente con un agilità nata dall'avere sempre a che fare con i dispetti della mabari, facendola caracollare sul tappeto e scattando in avanti per consegnare la lettera tra le mani di Garrett, che si era alzato per aiutarlo. «Eccola, Messere.»

Ebbe un piccolo tuffo al cuore, notando il sigillo di ceralacca argentata dei Custodi Grigi. Lo aprì con attenzione, avvicinandosi alla madre e sedendosi sul bracciolo della poltrona. «È di Carver.»

 

Cara madre, caro Garrett (e Marian, se anche lei si degnerà di leggere),

Come state? Spero che le cose vi vadano bene. L'inverno è arrivato presto a Weisshaupt, e le tempeste di sabbia si sono fatte più violente, tanto che quando il vento gelido si abbatte sulle finestre ululando nella notte, quasi mi ritrovo a rimpiangere il tempo in cui ci lamentavamo di dormire sul freddo pavimento del tugurio di Gamlen.

Ma non è del tempo che voglio parlarvi, anche se scommetto che il mio più caldo mantello di pelliccia non sia soffice nemmeno la metà di qualsiasi cosa tu ti metta addosso di questi tempi, fratello.

Il Comandante Adrien mi ha permesso di unirmi a lui per un viaggio nei Liberi Confini, e se tutto va per il meglio dovrei riuscire a venire a trovarvi entro la fine del mese di Umbralis. Cercate di non imbarcarvi in strane imprese prima del mio arrivo, non vorrei perdermi tutto il divertimento come al solito. E comunque, ho parecchio da raccontarvi anch'io, ormai sono un Custode Grigio a tutti gli effetti, alcuni aneddoti che ho in serbo farebbero impallidire persino i racconti da templare di Marian.

Salutate anche Gamlen da parte mia, se è ancora in giro.

Spero di vedervi presto,
Carver

Ps. Garrett, non ti azzardare a dire niente a Merrill, voglio che sia una sorpresa. Non che ci sia niente da nascondere, ovviamente, ma fatti gli affari tuoi.

 

Ridacchiò leggendo l'ultima riga, scuotendo la testa. L'elfa avrebbe saltellato dalla gioia a saperlo, ma non aveva intenzione di rovinare i piani del fratello, qualsiasi essi fossero.

Bu abbaiò, attirando la loro attenzione. Garrett lasciò la madre intenta a rileggere più volte quelle poche righe, mentre andava verso la cucina a cercare qualcosa da dare alla mabari. Lumia e Seth, i due elfi che aiutavano Bodahn a tenere in ordine la casa tra pulizie e cucina, avevano lasciato un paio di forme di pane caldo nel forno ormai spento. Ne tagliò qualche fetta, allungandone un paio a Bu che sgranocchiò la crosta croccante con soddisfazione.

Tornò dalla madre, trovandola dove l'aveva lasciata. «Pensavo di uscire, per cena. Seth ha lasciato dello stufato pronto, va solo scaldato, se hai fame. Altrimenti posso dire a Bodahn di preparare qualcosa al momento.»

Leandra scosse la testa. «Penso mangerò solo un pochino di pane con del latte, sono ancora un po' scossa. Marian non viene?»

«Ha da fare, l'hai vista. Credo che Meredith li stia mettendo parecchio sotto torchio.»

«Ah, già...» Sembrava distante.

«Allora io vado.»

La donna si limitò ad annuire, augurandogli buona serata. Garrett le lanciò un ultimo sguardo preoccupato, ma si strinse nelle spalle. Intercettò Bodahn, che stava portando due scodelle di stufato per sé e Sandal in camera loro. «Tienila d'occhio, non credo sia molto in sé.»

Il nano sorrise sotto la folta barba, cordiale. «Certo Messere, è in buone mani.»



 

L'impiccato era più vuoto del solito.

Entrando, venne accolto da un improvviso silenzio, mentre molte teste si voltavano verso di lui all'unisono. In molti gli lanciarono sguardi compiaciuti, salutandolo vivacemente e facendogli i complimenti per quello che aveva fatto, ma non gli sfuggirono anche le occhiate di diffidenza, addirittura astio che alcuni gli rivolsero prima di tornare ai propri boccali.

Filò dritto verso il piano di sopra, dove sapeva che Varric lo stava aspettando con la cena e, sperava, informazioni fresche di giornata.

«Ah, mi chiedevo quando saresti arrivato.» Lo salutò il nano con un cenno. Accanto a lui, Anders aveva uno sguardo più tormentato del solito, mentre Merrill dava loro le spalle, rivolta alla finestra.

«Mia madre non se la sta passando bene.» Rispose semplicemente, prendendo un boccale vuoto e riempendolo da uno dei piccoli fusti che l'amico teneva nella stanza. «L'ha scossa parecchio.»

Anders lo guardò preoccupato. «Spero non c'entri nulla il fatto che noi-»

Scosse il capo, spazzando via il pensiero con un gesto della mano, accomodandosi accanto al mago.

«I templari sono passati all'Enclave, stamattina.» Raccontò Merrill, voltandosi finalmente verso di lui. L'espressione era seria, sul volto giovanile di solito un po' svampito c'era solo una fredda determinazione. «Sono passati di casa in casa finchè non hanno trovato il ragazzino che stavano cercando, aveva appena dodici anni. L'hanno trascinato urlante fino alla Forca, li ho seguiti.»

«Non avresti dovuto, soprattutto in questi giorni.»

Lo guardò risentita. «La madre ha una bancarella di stoffe proprio vicino a casa mia, li salutavo ogni giorno. A stento potrebbe giudicarsi un mago, quel ragazzo, era in grado solo di accendere una fiammella. L'ho visto, una sera, è scoppiato a piangere dopo essersi scottato una mano.» Incrociò le braccia, appoggiandosi al muro.

«Non avrà vita facile, là dentro.» Commentò cupo Anders.

Garrett sospirò. «Non possiamo farci niente, è troppo pericoloso per il momento.»

«Quindi... è finita?» Gli chiese Merrill, una profonda tristezza nella voce, i grandi occhi verdi puntati su di lui.

«Non posso crederci che abbiano mandato tutto a puttane.» Ringhiò Anders sottovoce. «Per cosa, poi? Demoni e magia del sangue.»

A Garrett non sfuggì l'occhiata che rivolse all'elfa. «Non c'entra la magia del sangue, Geralt odia i templari addirittura più di Giustizia, forse. E noi non l'abbiamo fermato in tempo.»

«Forse non avremmo dovuto.»

Gli lanciò uno sguardo di sfida. «Cosa intendi dire?»

Anders non abbassò gli occhi. Poteva vedere un barlume di luce nelle iridi color miele, segno che Giustizia era in allerta. «Se l'Ordine fosse caduto nel caos, avremmo avuto l'occasione per fare irruzione alla Forca e liberare tutti.»

«Se l'Ordine fosse caduto, tre giorni fa, mia sorella sarebbe stata tra le vittime.»

Il guaritore non rispose, ma quel silenzio valeva più di mille parole.

Garrett inspirò, la mascella rigida. «Avrebbero dato la colpa a tutti i maghi, indistintamente.»

«Sarebbe stato troppo tardi.» Ribattè l'altro. «Sarebbero morti tutti molto prima.»

«E poi? Li avrebbero mandati a Val Royeaux, un branco di templari posseduti ad uccidere la Divina in persona?!» Sibilò furente, sbattendo il boccale sul tavolo e rovesciando della birra. «Non è la soluzione, lo sai benissimo.»

Sentì il Velo assottigliarsi, mentre Giustizia faceva capolino. «La soluzione non è nemmeno proteggere quei templari!» Ruggì lo spirito, alzandosi in piedi. «Hai visto cos'hanno fatto alla Forca, almeno una mezza dozzina di maghi sono stati sottoposti al Rituale solo perché sospettati di aver collaborato con la Resistenza! Accusati, senza prove, solo per il fatto di aver parlato contro i propri oppressori!»

«E altrettanti templari sono stati decapitati sul posto perché creduti posseduti, che fosse vero o meno!» Si rese conto di aver alzato la voce, e strinse i denti, cercando di contenersi. Se avesse perso la pazienza, Giustizia si sarebbe scaldato troppo, e nessuno voleva uno spirito incazzato in quella stanza. «Se Geralt non avesse portato avanti il suo folle piano-»

«Hei, vediamo di calmarci!» Si intromise Varric, stufo infine di quella discussione. «Maghi, templari, vi ho già detto che il primo che rompe di nuovo il tavolo finisce in strada con un quadrello nel culo, non mi importa chi abbia ragione e chi torto.»

Garrett inspirò un paio di volte, calmandosi. Rimase però in piedi finchè Giustizia non lasciò il posto ad Anders, che barcollò fino a sedersi di nuovo al suo posto, reggendosi il capo.

«Hai ragione, Varric, scusaci.»

«Contento di averti di nuovo tra noi, biondino. Scheggia, a cuccia, fa' il bravo.»

Obbedì risentito. «Ammetto che la situazione sia peggio di prima, ma non è certo colpa nostra.»

«Mi chiedo,» lo interruppe Merrill sedendosi al tavolo anche lei, le sopracciglia aggrottate «come facevano a controllare mentalmente tutte quelle persone? Insomma, il piano da quanto sappiamo era prendere controllo della maggior parte dell'Ordine, per farli sterminare tra loro e... cosa, farli andare fino ad Orlais per fare lo stesso con gli altri Circoli?»

Anders annuì. «Anche io sono confuso, non sono esperto come te nella magia del sangue, ovviamente, ma non ho mai sentito parlare di una forma di controllo mentale così vasta. Già ne avevano assoggettati molti, per essere comunque un esiguo numero di maghi, non ho idea di come avrebbero fatto a controllarne altri.»

«Credo gli servisse quella pietra, per farlo.» Parlò Garrett, grattandosi la barba e prendendo un sorso di birra scura. «Quel demone, Xebenkeck, avrebbero imbrigliato il suo potere per aiutarli a controllarli tutti, e uccidere Meredith inscenando il loro finto colpo di stato. Una volta in controllo della città avrebbero potuto andare a Val Royeaux, o in qualunque altro posto, a fare lo stesso, possedendo templari di alto rango nei vari circoli...»

«Fino a farli cadere tutti.» Concluse Anders.

Garrett dovette ammettere che era un piano ambizioso, ma avrebbe potuto funzionare. Se solo non li avessero fermati, avrebbero avuto un'ottima possibilità di riuscire a sovvertire l'intera organizzazione della Chiesa e del suo braccio armato, fino ad arrivare magari al manovrare persino i Cercatori e la Divina come marionette coi fili.

Per un attimo, uno solo, si soffermò a pensare cosa sarebbe potuto essere: una realtà in cui poter andare in giro senza paura, senza nascondersi, accettato come chiunque altro e non temuto come un mostro sempre sul punto di perdere il controllo.

Si riscosse, scuotendo il capo. “No, non così.”

Sapeva che Anders e Merrill stavano pensando la stessa cosa. Bevve un altro po' di birra, lo stomaco che brontolava. Varric sembrò notare la sua fame, perché si avvicinò ad un piccolo scomparto nel muro e, tirando una cordicella, ordinò di portare su la cena.

Dopo poco, arrivarono quattro piatti di carne fumante.

«In ogni caso, non so se la Resistenza potrà continuare.» Disse dopo un po' Garrett, rompendo il silenzio che gravava attorno al tavolo.

Anders strinse il coltello fino a sbiancarsi le nocche. «Non possiamo abbandonare tutti quei maghi a sé stessi. Non ora che i templari si scaglieranno contro di loro con ancora più forza.»

«Lo so, ma cosa possiamo fare?» Scosse la testa, sconfitto. «Abbiamo perso la maggior parte dei nostri, il Carta non ci appoggerà probabilmente più, e con questo casino ci siamo fottuti il poco di segretezza che ancora poteva avere il movimento. Ci braccheranno come mastini con la selvaggina, appena fiutato il nostro odore.»

«Abbiamo davvero perso il Carta?»

Varric sospirò, sollevando le spalle. «Per il momento, non ne abbiamo la certezza. Quello che so è che era il vostro amico ad averlo coinvolto in primo luogo, tagliato i ponti con lui, non ho idea se potremmo mantenere la collaborazione con i nani. Orzammar non ha fatto sapere ancora nulla.»

«Hanno investito parecchio nel piano di Geralt.» Ribattè Garrett, masticando rumorosamente. «Non avrei mai immaginato che avrebbero messo a disposizione uno dei loro esperti di esplosivi, finendo sotto i riflettori in quel modo. Sembra troppo... sfacciato, come comportamento.»

Il nano prese qualche sorso dal suo boccale, scuro in volto. «Fino a qualche anno fa, ti avrei dato ragione, ma dopo il Flagello qualcosa è cambiato, e non sto parlando solo del fatto che i profitti sono aumentati esponenzialmente.» Fece roteare la birra al suo interno, lo sguardo puntato sulla schiuma. «Non li ho mai visti tanto coesi. Di solito, i clan di superficie si tagliavano grosse fette di profitto, litigandosi le zone e i colpi come lupi attorno ad una carcassa, mentre ad Orzammar ogni scagnozzo con manie di grandezza cercava di tagliare la gola ai suoi superiori. Ora, i lupi si muovono in branco, e con un'organizzazione degna del migliore plotone di Chevalier Orlesiani, mentre nella capitale tutto fila liscio come l'olio. Non so perché abbiano puntato così tanto in quest'impresa, ma dovevano avere delle rassicurazioni belle grosse sui profitti che ne avrebbero ricavato.»

«Geralt aveva parlato di qualcuno in alto nel Carta.» Ricordò Garrett, guardando Anders in cerca di aiuto. «Abbastanza in alto da dargli così tanta fiducia?»

L'altro si strinse nelle spalle. «Non ho mai avuto occasione di parlarci a lungo, ma da quel poco che so, è stato ad Orzammar durante il Flagello. Ogni volta che si parla di quei mesi cambia subito argomento, ma è chiaro che debba essersi fatto amico qualche pezzo grosso, magari qualcuno che gli deve un favore, o qualcosa del genere.»

Merrill si rabbuiò subito, a sentir parlare del Flagello.

Varric scoppiò a ridere, amaramente. «Il Carta non funziona così, non esistono favori se non ne ricavano qualcosa. Il profitto è l'unica cosa che conta: “sangue o oro, il Carta ottiene sempre la sua parte”, si dice.»

«Ma avranno anche loro degli amici!» Si intromise Merrill, stupita.

«Non ci conterei, margheritina...»

Anders sospirò. «Riusciamo a metterci in contatto con Stök, capire che posizione prenderanno da ora? Se è rimasto qualcuno della Resistenza li riuniremo piano piano, non possono essere tutti dalla parte di Geralt, mi rifiuto di credere che siano rimasti solo maghi del sangue.»

Garrett fece una smorfia, ricordando l'ultima volta che il nano in questione gli aveva quasi fatto saltare in aria casa con i suoi fuochi d'artificio. «Quel bombarolo pazzo?»

Fu Varric a rispondere. «Non avrei mai creduto di dirlo, ma per ora è l'unico di cui mi fido che non ci riempia di stronzate sulle intenzioni del Carta, ha contatti diretti coi grandi capi giù ad Orzammar.» Finì la birra in pochi lunghi sorsi. «E terrò anche le orecchie aperte in caso qualcuno avvistasse una grossa Tal-Vashoth dal carattere di ghiaccio.»

Anders annuì. «Non avrebbe potuto intrufolarsi tra ospiti e servitori come hanno fatto loro, quindi è l'unica a non essere ricercata, al momento. Forse riusciremo a metterci in contatto con lei, almeno.»

«Sempre se vorrà ascoltarci...» Commentò tetro Garrett, ricordandosi come la Tal-Vashoth aveva seguito Geralt e Jowan senza fiatare quando avevano cercato di impiantare un demone nel corpo di Alrik. «Dopo tutti quei discorsi sui demoni e sul cadere preda di essi, non capisco come sia d'accordo anche lei all'uso magia del sangue.»

«Gliela abbiamo affidata noi. Su un fottuto piatto d'argento.» Anders vuotò la propria birra, scuro in volto.

«Non potevamo saperlo, Anders, non è colpa nostra.»

«Non lo è mai, vero Garrett?»

«Io farò qualche ricerca all'Enclave, invece.» Decise Merrill, interrompendoli prima che potessero iniziare di nuovo a battibeccare. «Scoprirò chi sia e con chi si era messa in contatto quella Vanya, è stato fin troppo facile per quegli elfi spacciarsi per servitori, qualcuno deve aver garantito per loro.»

«In ogni caso, per il momento è saggio tenere un basso profilo.» Concluse Varric, chiudendo la questione. «E parlo per tutti.» Lo sguardo del nano si puntò dritto su Anders, che si mosse sulla sedia a disagio. «Sono serio, biondino. I templari sono già passati più volte in città oscura, non occorre che ti butti addosso altra pece e ti dai fuoco in pubblica piazza.»

«Di nuovo?» Si preoccupò Garrett, volgendosi verso il compagno. «Non me l'avevi detto.»

«Non è una novità.» Ripose evasivo Anders, passandosi una mano tra i capelli. «Ma sì, in questi due giorni sono più del solito a pattugliare i bassifondi, con al fianco gli uomini di Aveline e parecchi... cittadini preoccupati. Un branco di invasati in cerca di qualche poveraccio indifeso da additare come mago e decapitare di fronte alla Forca, ne sono certo.»

«Aveline mi aveva assicurato che avrebbe fatto il necessario per tenerteli lontani.» Si infervorò Garrett, già pronto ad andare a dirne quattro all'amica.

Anders lo afferrò per un braccio, cercando di rassicurarlo. «Ed è quello che sta facendo, non si sono avvicinati molto alla clinica. C'era Donnic con loro, è un brav'uomo. Ma persino tra la Guardia c'è un po' di malcontento, e qualche testa calda che non vede l'ora di menare le mani senza un reale motivo. Aveline ha il suo bel daffare a tenerli buoni.»

Per tutto il resto della serata, Garrett non riuscì a scrollarsi di dosso l'idea che avrebbe dovuto fare qualcosa per proteggere i suoi amici.

Merrill aveva il sostegno dell'Enclave, ovviamente, e Varric aveva pagato abbastanza la Cerchia, il Carta e tutta una serie di altri personaggi da garantirle una certa sicurezza, ma non sapevano esattamente quanto potesse offrire l'altra fazione, o semplicemente se, con la paura dei maghi che sembrava serpeggiare sempre di più tra la popolazione, prima o poi non le si sarebbero rivoltati contro semplicemente per il gusto di farlo.

E Anders, che trascorreva il suo tempo nei peggiori bassifondi della città, avrebbe dovuto contare sul sostegno della peggiore feccia di Kirkwall per aiutarlo, in caso i templari avessero deciso di investigare con maggiore attenzione in quella clinica che offriva cure gratuite a chiunque, ignorando le parole del Capitano della guardia cittadina sul fatto che nessun mago fosse stato visto nei dintorni. Certo, il guaritore aveva più volte aiutato uomini, elfi e nani appartenenti alle varie organizzazioni criminali oltre che semplici cittadini, ma non potevano essere certi che quegli gli stessi pazienti sarebbero corsi in aiuto del loro salvatore, se ne fosse andato della propria vita. O che qualcuno non fosse disperato abbastanza da venderlo ai templari per qualche Sovrana, vista la taglia che c'era sui membri della Resistenza.

«Varric, ho notato una cosa prima, entrando...» prese parola, ricordandosi improvvisamente della strana sensazione che aveva avuto sotto gli sguardi di alcuni degli avventori al piano di sotto «non tutti sembravano entusiasti di vedermi, e non per vantarmi o altro, ma per me è nuova. Almeno, negli ultimi tempi. Mi è sembrato per un attimo di essere tornato un pezzente Fereldiano appena arrivato a rubargli il lavoro di mendicante.»

Il nano si lasciò sfuggire una risatina divertita. «Diciamo che non tutti sono contenti che tu abbia contribuito a salvare quei nobilotti, alla festa.» Rispose semplicemente, giocherellando con l'anello d'oro della sua collana. «In parecchi sono stufi del continuo sfruttamento che devono subire ogni giorno, e non gli dispiacerebbe vedere del sangue blu colare verso i bassifondi.»

«Ma io non-»

«Esattamente, tu ti sei sempre comportato in modo diverso, e non molto tempo fa eri uno di loro. Questo ti ha reso un po' un traditore ai loro occhi.»

Restò basito. «Avrebbero preferito lasciare che i maghi del sangue prendessero il comando della città?»

Varric scosse la testa. «Non capisci, pensi come qualcuno che è invischiato nella vostra lotta.» Si alzò dal tavolo, prendendo altra birra per tutti e allungandogli il boccale. «Alla maggior parte della gente non importa un accidente se i maghi sono nelle loro torri o morti stecchiti, né che Meredith vada in chiesa o tenti di soppiantare il Visconte, e nemmeno quante volte Dumar si faccia pulire il culo dal Siniscalco: tutto quello che interessa alla gente comune, è avere un pasto caldo e una birra schiumosa alla fine di una giornata di duro lavoro, del cibo per sfamare la famiglia, vestiti e un tetto caldo per tenere i figli al sicuro. E in questa topaia di città, con tutti quei ricconi impellicciati di ermellino che non esitano a schiacciare chi già striscia sui ciottoli per arrivare a sera, non sono comodità così scontate, lo sai bene: l'hai vissuto sulla tua pelle, anche se per poco.»

Garrett annuì, l'anno passato in servitù sotto Athenril non era stato certo una passeggiata.

«Vedo che non l'hai dimenticato.» Approvò Varric, sorseggiando la birra. «Ora, pensa vivere in questo modo da tutta una vita, così tuo padre prima di te, e sapere che i tuoi figli faranno lo stesso. Tutto perché il messere per cui ti spacchi la schiena tutti i giorni non si degna nemmeno di pagarti il giusto, solo perché ci sarà sempre qualcuno più disperato di te pronto ad accettare anche meno.» Inarcò un sopracciglio, fissandolo dritto negli occhi. «Se venissi a sapere che qualcuno ha ucciso un bel po' di quei bastardi, non ne trarresti una certa soddisfazione?»

«Ma sono morti anche tanti che non c'entravano niente...»

«In minima parte.» Lo interruppe l'amico, scuotendo il capo. «No, non saranno certo un paio di vittime accidentali a cambiare la loro opinione. E parecchie malelingue erano già all'opera un paio d'ore dopo l'accaduto, brindando in onore degli eroi che avevano “alzato la testa per far saltare in aria qualche ricco bastardo”, cito a memoria.»

«Come hanno fatto a saperlo così in fretta, se-» le parole gli morirono in gola ancora prima di finire di formulare la frase. «Faceva tutto parte del piano, per distogliere l'attenzione della città dal conflitto coi templari... fomentare una rivolta dal basso, addirittura.»

«Vedo che sei arrivato alle mie stesse conclusioni.» Approvò Varric, indirizzandogli un brindisi. «Te l'ho detto, il Carta si è fatto più furbo, e persino la Cerchia è coinvolta, ci scommetto la spilla di famiglia che hanno tirato in mezzo anche loro.»



 

Quando fu così tardi che Varric chiese loro se avessero intenzione di fermarsi a guardare l'alba dalla terrazza, Merrill, Garrett ed Anders salutarono l'amico, diretti a casa.

Dopo aver accompagnato l'elfa all'Enclave, Garrett provò a chiedere ai due se avessero bisogno di un posto più sicuro dove nascondersi, almeno temporaneamente.

«I templari non penseranno mai di venire ad investigare proprio a casa di una di loro.» Spiegò, cercando di convincerli. «Solo per qualche giorno.»

Merrill si fermò, lo sguardo rivolto al Vhenadahl, le foglie ormai quasi tutte cadute per l'inverno. «Sei gentile, ma devo rifiutare.» Sorrise con affetto, chinando un poco il capo. «Questa è la casa che mi sono scelta, non posso allontanarmi. C'è gente qui che ha bisogno di me. Poi credo che mi mancherebbero i ratti giganti se mi trasferissi. Su non ci sono, vero?»

«Merrill...»

«Ti prego di non insistere, Garrett. Ma grazie davvero, lo apprezzo.»

Sospirò, capitolando. «Sai che sei libera di cambiare idea in qualsiasi momento.»

L'amica annuì, aprendo la porta di casa e scivolando al suo interno. «Buonanotte.» L'incantesimo di protezione dell'elfa si attivò subito dopo che la serratura scattò a chiudersi, illuminandosi debolmente per un battito di ciglia prima di eliminare ogni traccia della sua presenza.

Anders si voltò a guardarlo, serio in volto, in silenzio.

«Almeno tu stai considerando la mia proposta?» Gli chiese Garrett mentre si incamminavano verso la città inferiore. «So che abbandonare la Clinica per te sarà difficile, ma si tratta solo di qualche giorno, settimane al massimo-»

«Avrei voluto che me lo chiedessi in maniera diversa.»

Rimase senza parole, guardandolo confuso. «In che senso?»

L'altro scosse la testa, corrucciato, allungando il passo. «Lascia perdere...» Lo vide fermarsi dopo poco, voltandosi verso di lui. «Anzi, no, parliamone. Qui ed ora.»

«Anders, cosa stai blaterando?»

«Pensavo volessi renderlo ufficiale, dopo quel bacio.» Lo interruppe l'altro, rosso in volto. «Che fossimo finalmente una coppia, che non ti vergognassi a far sapere a tutti che stai con un uomo e magari a vivere con me, e invece hai ricominciato a fare finta di nulla, come se non fosse accaduto niente! Forse hai anche detto a tua madre che era tutto uno scherzo, che avevi bevuto troppo, o che-»

«Ma sei impazzito?»

«E allora perché non è cambiato niente?! Ti vergogni, ammettilo!»

Lo afferrò per le spalle, ignorando il suo tentativo di divincolarsi. «Ma sei scemo?!» Sbottò, serrando la presa. «Non ho voluto sbandierarlo al mondo perché avrei attirato l'attenzione su di te, mettendoti in pericolo proprio ora che sono tutti così agitati. E scusa, se non ti ho dedicato tutto il mio tempo in questi tre giorni, Anders, ma se non te ne sei accorto abbiamo problemi ben più grossi di noi due.»

Lo sguardo ferito dell'altro fu come una stilettata in pieno petto. «Non m'importa se l'intera città mi mette sotto scrutinio, se è il prezzo da pagare per starti accanto. Ma tu non la pensi così, l'ho capito, è inutile girarci attorno e accampare scuse.»

Garrett aprì la bocca e la richiuse, senza trovare le parole che cercava disperatamente. Lasciò andare il compagno, il quale si liberò con uno strattone e quasi corse verso il vicolo che lo avrebbe portato in città oscura.

Rimase lì impalato, a guardare il mantello di Anders ondeggiare un'ultima volta prima di sparire dietro un edificio diroccato, le gambe che rifiutavano di muoversi, il cervello che vorticava furiosamente. Poi, all'improvviso, si ritrovò a corrergli dietro, incespicando sui ciottoli resi scivolosi dalla brina che si era creata col freddo della notte.

«Anders!» Lo chiamò urlando, vedendolo fermarsi, gli occhi rossi.

«Cosa-»

Gli afferrò il volto tra le mani, le dita che andavano a sciogliere ciò che restava della piccola coda di cavallo in cui li aveva legati. «Ti amo.»

Anders rimase di stucco, sgranando gli occhi.

«Ti amo, e mi sento un idiota a non avertelo detto prima, ma non sapevo come dirtelo, né come fare i conti con il fatto che non ho mai provato una cosa simile per nessuno, mai.» Proseguì Garrett, senza riuscire più a fermarsi. «E mi sono spaventato, perché tu sei stato così diretto la prima volta, e io ancora non sapevo bene cosa pensare, o come reagire, ma non volevo perderti, Creatore, non so cosa farei se dovessi perderti. Forse non sono pronto a salire sul tetto della chiesa e urlarlo al mondo, ma ti amo. E se venissi a vivere con me, te lo ripeterei tutti i giorni, non importa quante persone ci guarderebbero male, in quanti ci osteggerebbero. Nemmeno se Meredith in persona dovesse buttare giù la porta a calci per venirti a prendere.»

Anders lo strinse a sé, baciandolo con passione fino a togliergli il fiato. Nascose il volto tra la pelliccia del suo mantello. «Ti amo anche io. Mi dispiace di aver dubitato di te, solo...»

«Non importa.» Sussurrò, senza lasciarlo andare. «Dispiace anche a me.»

«Sono un pericolo per te, non voglio trascinarti nel baratro che mi si apre davanti.» Sentì Anders, la voce appena udibile. «Templari, maghi del sangue, ed io stesso... da quando mi hai conosciuto, non faccio altro che incasinarti la vita. E ora ti sto chiedendo per l'ennesima volta di metterti in mezzo ai miei problemi, ma non riesco a non essere egoista quando penso che potrei perderti.»

«Non sono solo i tuoi problemi.» Gli ricordò Garrett, allontanandosi quel poco che bastava per guardarlo in volto. «Siamo maghi entrambi, e ci siamo imbarcati in questo compito assieme. Voglio tenerti al sicuro, e posso farlo. Neanche io voglio perderti.»

Anders scosse il capo, chiudendo gli occhi. «Se dovesse succederti qualcosa... non importa quello che ho fatto per trattenermi fino ad ora, sommergerei entrambi nel sangue, e così l'intera città, se servisse a proteggerti.»

Si morse il labbro inferiore. «Non sarà necessario.»

«Non puoi saperlo.» Insistette l'altro «Un giorno, dovranno vederci come persone, non come maghi, mostri o schiavi da incatenare sotto stretto controllo. Verrà il giorno in cui due persone come noi potranno amarsi liberamente, senza alcun templare ad ostacolarli, ma dobbiamo combattere per quella libertà, per quel futuro.» Appoggiò la fronte contro la sua, i nasi che si sfioravano, cercando le sue labbra. «Voglio che quello sia il nostro futuro.»

«Lo voglio anch'io.» Sussurrò Garrett, baciandolo di nuovo.



 

Era mattina inoltrata quando Anders lo costrinse ad alzarsi, scostando le pesanti coperte e alzandosi ad aprire le tende, illuminando la stanza nonostante il cielo plumbeo che gravava sulla città. Ignorò le sue proteste e i suoi infidi tentativi di farlo tornare a letto, sfuggendo alla sua presa con un sorrisetto divertito e aprendo di scatto la porta.

Bu, appostata dietro di essa, si lanciò dentro entusiasta, per poi immobilizzarsi sul posto, gli occhi puntati su Anders.

«Te l'ho detto che le sue sopracciglia mi mettono in soggezione?» Gli chiese quello, spostando il peso da un piede all'altro sotto lo sguardo inquisitorio dell'animale. Le piccole macchie color caramello poco sopra gli occhi spiccavano sulla pelliccia scura, conferendole uno sguardo quasi umano. «Mi sento giudicato.»

«È la sua arma segreta.» Rispose Garrett ridacchiando, accovacciandosi accanto a Bu e grattandola dietro un orecchio. «Facci l'abitudine, bella...» La mabari gli leccò la faccia, scodinzolando. Incrociò lo sguardo disgustato del compagno.

«Fereldiani...» Commentò Anders, scuotendo la testa. «Voi e i vostri cani.»

«Hei, attento a come parli!» Finse di offendersi Garrett, dando una paca affettuosa sul fianco di Bu. «Tu sei bellissima, vero? Sì che lo sei, ma certo!» Lanciò un'occhiata maliziosa all'altro, concedendosi un piccolo ghigno. «Va' a fargli vedere quanto sei bella!»

La mabari si lanciò di peso contro Anders, buttandolo a terra e inchiodandolo sotto le grosse zampe anteriori mentre gli leccava la faccia, senza curarsi minimamente dei tentativi del mago di scollarsela di dosso. «No- no! Non la faccia, non- Garrett!»

Scoppiò a ridere, aspettando qualche secondo prima di richiamare Bu, che trottò al suo fianco soddisfatta. «Brava, bella.»

Anders si rimise in piedi barcollante, cercando di pulirsi la faccia e il collo con la manica della camicia, i capelli arruffati e un'espressione di assoluto ribrezzo stampata in faccia. «Mi manca Ser Pelosotto. Lui non sbavava.»

«La mia meravigliosa e nobile mabari non sbava.» Bu abbaiò una volta, affermativamente. «E poi i gatti non hanno sentimenti, lo sanno tutti.»

«Questo è perché tu hai bisogno di qualcuno che ti dimostri costantemente affetto.»

Sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia, divertito dall'ironia della situazione.

Anders dovette rendersene conto, perché arrossì un poco mentre si sistemava i capelli. «Andiamo a fare colazione, su. Ho fame.»

Mentre scendevano le scale, Garrett gli passò un braccio attorno alle spalle, stampandogli un bacio sulla guancia per poi precederlo quasi di corsa verso la sala da pranzo, ridacchiando.

Leandra, intenta a sistemare dei fiori bianchi in un vaso di vetro decorato di rosso e foglia d'oro, li salutò con un sorriso. Garrett sentì un'ondata di affetto improvvisa verso la madre: anche se doveva essere ancora frastornata per l'inaspettata piega degli eventi che aveva preso la sua vita sentimentale, non lo dava a vedere. «Dormito bene?»

Rimasero a chiacchierare, mentre Seth portava in tavola una cesta di brioches della forneria di Elin e un po' di quel meraviglioso caffè che avevano ordinato da Antiva qualche mese prima, con un goccio di latte freddo da aggiungervi.

«Sai,» gli disse ad un certo punto Leandra, guardandolo da sopra la sua tazza di caffè fumante, «vederti così felice mi fa rimpiangere tuo padre... So che nessuno mai potrà prendere il suo posto, eppure mi manca avere qualcuno al mio fianco.»

Garrett inghiottì a fatica il boccone di brioche. «Perché questo discorso...?»

La madre sollevò le spalle. «Dico solo che potrei iniziare a frequentare qualcun altro, ormai tu e i tuoi fratelli siete grandi abbastanza da non prendervela.»

«Beh, penso di poter parlare anche a nome di Marian e Carver: se trovassi qualcuno che ti renda felice anche un quarto di come lo eri con papà, saremmo solo contenti per te, madre.» Si accigliò un attimo, incuriosito. «Hai conosciuto qualcuno?»

«Chissà...» Leandra sorrise, enigmatica, lasciando cadere la domanda nel vuoto.



















Note dell'Autrice: Kirkwall è rimasta parecchio scossa dagli eventi recenti, e altre nuvole tempestose si stanno ammassando all'orizzonte. Nel mentre, Garrett si è finalmente dichiarato come si deve e Anders può stare più tranquillo (per quanto sia possibile, parlando di Anders...). Rivedremo presto qualcuno, e conosceremo facce nuove. 
Alla prossima! :D 

  
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