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Autore: GladiaDelmarre    23/12/2019    9 recensioni
Una serie One Shots che parlano di missing moments.
Ognuna di queste associata ad uno dei cinque sensi: vista, gusto, olfatto, udito, tatto.
E forse, alla fine, esisterà anche un sesto senso, quello che serve a comprendere la vita e le sue ragioni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sense of Life '
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Londra – 1666

(brucia)

 

Le ultime propaggini d'estate gocciolavano via lente.

Era stato un Agosto eccezionalmente caldo, quasi soffocante a tratti, ma prevedendo che come sempre l'autunno avrebbe portato interminabili piogge, freddo e malattie, i londinesi cercavano di goderne ogni singolo attimo. Ci sarebbe stato il tempo in cui sarebbero presto tornati col pensiero a quei pomeriggi pigri, immobili, illuminati da quel sole tanto generoso.

 

Aziraphale aveva conosciuto altri mille soli e non se ne curava: il caldo, come il gelo o la pioggia, lo sfioravano appena. Continuava con le sue ricerche, le sue occupazioni giornaliere, in un cerchio raramente interrotto.

 

Era stata una notte meravigliosa e piena di stelle quella del primo di Settembre. Aziraphale l'aveva accolta con una certa malinconia e aveva pensato a Crowley, perso chissà dove. Erano anni che non si vedevano. Represse subito il pensiero e si concentrò sul libro che stava leggendo. Il vento, cresciuto durante la notte, fischiava lugubre. Le ore passavano lente.

Quando iniziò a sentire puzza di bruciato era ormai il primo pomeriggio. L'odore si fece strada verso di lui sinuoso, sottile ma pungente, attraverso le finestre del suo appartamento a ovest del centro di Londra. Non se ne accorse da principio, ma diventò sempre più sgradevole e gli pizzicò le narici, facendogli storcere il naso.

Si affacciò alla finestra, spalancandola, ma non riuscì a scorgere nulla.

 

In quel momento la porta della bottega al di sotto dell'appartamento si aprì con violenza.

Una voce nota lo chiamò, con urgenza “Angelo, vieni. Dobbiamo andar via”.

 

Crowley.

Che succedeva?

 

Aziraphale scese lesto le scale e lo trovò in piedi, con un'espressione preoccupata, le spalle tese, nervose, e le dita che si stringevano su un bastone da passeggio.

“Angelo, andiamo via. Non puoi stare qui”, disse.

“Ma cosa succede Crowley?”.

“E' scoppiato un grosso incendio. Non si fermerà, devasterà Londra. Perfino... i miei superiori mi hanno detto di andar via. Non c'è nulla da fare: la città è condannata”.

 

Il primo pensiero di Aziraphale andò ai suoi libri. Ne aveva accumulati un buon numero e non poteva abbandonarli. Subito dopo si vergognò di questo pensiero. Deglutì un paio di volte e poi alzò lo sguardo, addolorato ma fiero.

“Non me ne andrò. La gente potrebbe aver bisogno di me. Di noi” aggiunse guardandolo dritto negli occhi.

“Mi hai sentito? La città è spacciata! Non pensi ai tuoi libri? Non pensi al tuo corpo?”.

“Dal paradiso non ho avuto alcuna notizia, quindi vorrà dire che resterò e aiuterò ove mi sia possibile. Devo proteggere gli umani... non i miei libri” disse, coraggiosamente.

“Sei impossibile. Non resterò a vederti bruciare. Addio Aziraphale” gli rispose il demone, voltandogli le spalle e uscendo da lì, lasciandosi dietro l'impressione di aver gelato il pavimento laddove era passato.

 

Aziraphale aspettò qualche istante.

Poi, prese il cappello e il bastone e si precipitò di fuori.

 

Quando infine raggiunse il punto dove era scoppiato l'incendio, si rese conto che Crowley aveva ragione. Non era normale, non era possibile che Londra si fosse trasformata in quel rogo in così poche ore. I tetti di paglia, asciugati dai tanti giorni di sole, erano invasi da fiamme alte parecchie braccia (1). Le strutture delle case sembravano ardere di una luce propria: il fuoco aveva attecchito dalle fondamenta e stava bruciando ogni cosa. La cosa più atroce erano le urla. Le persone imprigionate che stavano bruciando vive gridavano di dolore, chiedevano di essere salvate, chiedevano la morte. Altrove, solo urla inarticolate, dolore puro concentato in un suono disumano.

Per quanto Aziraphale non fosse mai stato all'Inferno, non riusciva a pensare che potesse essere troppo diverso da quello.

 

Lui, che era sempre stato posato, tranquillo, meditativo, agì d'istinto e corse insieme a tutti gli umani per cercare di spegnere quel rogo orribile.

 

Giunse la notte e le fiamme illuminavano ancora la città, spuntando come fiori incandescenti dopo essere state trasportate in minuscole scintille dal vento che non aveva mai smesso di soffiare.

 

***

 

Crowley si era allontanato sbuffando. Sciocco angelo. Cosa pensava di fare, salvare l'intera città?

Camminò velocemente, a lunghe falcate rabbiose. Era impossibile, avrebbe dovuto capirlo. Non sarebbe nemmeno dovuto andare ad avvisarlo.

Idiota.

 

***

 

Quando tornò indietro, all'appartamento, tormentato da immagini di un angelo in mezzo alle fiamme, Aziraphale non c'era più. La porta era stata lasciata aperta, negletta. Come se quel posto non appartenesse più a nessuno.

Crowley fu colto da una sensazione di panico: non sarebbe dovuto andar via. Avrebbe dovuto trascinarlo, stordirlo se necessario. Non era preparato a quello. Non alle fiamme. Non a quel rogo orribile.

 

Corse verso il centro dell'incendio.

 

***

 

Lo trovò ore più tardi, dopo aver gridato a lungo il suo nome. Era il mattino del 3 Settembre e l'incendio non accennava a smettere, dopo oltre un giorno intero.

Aziraphale era accasciato accanto a una fontana, esausto, coperto di fuliggine. Non sembrava nemmeno vivo. Crowley lo scosse e lui aprì gli occhi, di un azzurro cupo e disperato “Sei qui. Sei tornato” . “Perdonami angelo, sono qui, ora”.

 

***

 

Ci vollero giorni interi prima che l'incendio venisse domato. Nuovi focolai si accendevano a distanza di poche ore l'uno dall'altro e tutti gli uomini e le donne capaci di muoversi collaborarono per spegnerli, uno dopo l'altro. Tossivano, piangevano, gli occhi e i polmoni si riempivano di fumo, ma nessuno cedette. Perseverarono, corsero fino a crollare dalla stanchezza, non dormirono, a volte dovettero cedere il campo e abbandonare, tra le lacrime, le loro case, i loro amici, i loro parenti. I loro figli.

 

Insieme a loro, due creature sovrannaturali combatterono al loro fianco.

Trasportarono acqua con loro. Piansero con loro. Trascinarono via madri in lacrime, bambini spauriti con gli occhi vuoti e nessuna lacrima rimasta da versare. Centinaia di vite spezzate.

Il Grande Incendio di Londra non risparmiò nessuno. Passò sulla città come la mano di Dio su Sodoma e Gomorra,e rimase ben poco altro che cenere e carcasse bruciate.

 

***

 

Il 6 di Settembre un angelo e un demone si trascinarono lontano da quella che era ormai una distesa arida di strutture carbonizzate, e morte, e pianto. Entrambi avevano la pelle nera di fumo. Righe biancastre e slavate si allungavano sulle gote tonde di Aziraphale, laddove le lacrime avevano strisciato verso il basso. Si sedettero sui gradini che portavano all'ingresso della casa dell'angelo, rimasta miracolosamente intoccata: l'incendio si era fermato solo qualche casa prima.

Aziraphale si strinse le braccia al corpo e sussultò di dolore: una sensazione inaspettata, a cui non era abituato. Si chinò a guardare il braccio: una lunga bruciatura gli cingeva l'avambraccio destro, arrivando fino all'incavo del gomito. La pelle era tesa, spaccata, e da sotto si intravedeva la carne viva. Faceva male. Ogni minimo movimento strappava la pelle sottile e bruciata, e il sangue si era rappreso formando croste irregolari.

 

Aziraphale la osservò a lungo.

Crowley, preoccupato, gli disse di concentrarsi e rigenerarsi, semplicemente.

“Fallo angelo, non devi sentire dolore per forza”.

 

Aziraphale tornò a guardare quella carne esposta, che oscenamente gli ricordava un piatto da mangiare.

Poi pensò a Crowley, che migliaia di anni prima aveva dovuto affrontare, da solo, la caduta e il fuoco dell'Inferno.

 

“No. Voglio ricordare. Che sia di monito, e che io ricordi sempre quanto può essere terribile il fuoco”.

 

 

Note:

1) All'epoca del Grande Incendio di Londra, secondo il sistema di misura imperiale britannico, un braccio misurava circa 1.8 m

   
 
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