Capitolo sesto
I'm surrounded by liars everywhere I turn
I'm surrounded by imposters everywhere I turn
I'm surrounded by identity crisis everywhere I turn
Am I the only one to notice?
I can't be the only one who's learned
I don't want to be anything
Other than what I've been trying to be lately
All I have to do is think of me and I have peace of mind
I'm tired of looking around rooms wondering what I gotta do
Or who I'm supposed to be
I don't want to be anything other than me!
(“I don’t want to be” – Gavin DeGraw)
Il tempo trascorreva
in fretta mentre Giovanni e i due fratelli Medici cercavano il modo di
smascherare Andrea Pazzi e punirlo, finalmente, per quel delinquente che era!
Però, poiché i mesi
passavano, alla fine accadde qualcosa che si rivelò molto bello per qualcuno,
ma altrettanto devastante per altri e soprattutto per una persona in
particolare…
Cosa accadde di tanto
significativo? Beh, è ovvio, nacque il secondo figlio di Rinaldo e Madonna
Albizzi, quello che la donna aveva tanto desiderato. Per la precisione, era una
bambina e fu chiamata Susanna. *
Rinaldo aveva più
volte dichiarato di non avere il minimo interesse per sua moglie ed era
perfettamente sincero quando lo diceva, però… eh, però quando venne a sapere
che Alessandra aveva dato alla luce una bambina non poté rimanere indifferente
alla bella notizia e partì immediatamente per la campagna, con il permesso del
Gonfaloniere, per abbracciare la sua piccola.
Diciamoci la verità,
la risposta di Albizzi all’avvenimento era del tutto giustificata e naturale,
ma Giovanni da quell’orecchio non ci voleva proprio sentire: per lui la
partenza di Rinaldo fu un altro vero e proprio tradimento, come se fosse andato
dalla moglie per rimettersi assieme a lei. Ne fu terribilmente addolorato e
deluso e, come faceva sempre, reagì nascondendo la sofferenza dietro una rabbia
furiosa. L’uomo gli aveva detto che sarebbe tornato presto, che voleva solo
stare un po’ con la figlia appena nata ma che lui era sempre nei suoi pensieri;
gli aveva promesso che sarebbe rimasto in campagna solo pochi giorni e che, se
voleva, poteva anche raggiungerlo. Giovanni, però, non ne volle sapere, non
rispose nemmeno ai saluti affettuosi di Rinaldo e ostentò un’aria gelida e
offesa, da principino oltraggiato. Poi, non appena Albizzi, scortato dalle
guardie della Signoria, si fu allontanato da palazzo a cavallo, il ragazzino,
da vero adolescente geloso e infuriato, si sfogò dapprima facendo a pezzi due o
tre vasi preziosi appartenenti alla famiglia, quindi lasciò il palazzo,
sbattendo la porta, e si diresse verso Palazzo Medici intenzionato a non
rimettere mai più piede a casa di Rinaldo nemmeno se fosse stato l’ultimo
rifugio sulla Terra!
E, in effetti, i vari
casini che si stavano abbattendo anche su Palazzo Medici servirono, almeno per
un po’, a distrarre Giovanni dalla sua rabbia e dal suo dolore.
Sappiamo già che
Marco Bello era stato cacciato da Cosimo, accusato di aver assassinato suo
padre. Nel frattempo, Cosimo si stava preparando per andare a parlare con il
vescovo Vitelleschi, il capo dell’esercito papale:
gli avrebbe offerto il denaro necessario per rafforzare l’esercito e riportare
il pontefice a Roma.
Ma c’era anche una
notizia felice che attendeva Giovanni a Palazzo Medici.
Piero e Lucrezia gli
andarono incontro, molto emozionati, e il giovane amico gli raccontò la bella
novità.
“Giovanni, voglio che
tu sia il primo a saperlo!” disse Piero, con gli occhi che gli brillavano.
“Domattina andrò a parlare alla Signoria per proporre una nuova tassa che serva
a finanziare l’esercito papale… e sarò io a parlare davanti a tutti, mio padre
si fida di me, mi ha detto di sostenere la causa dei Medici! Lui non ci sarà
nemmeno, perché è partito per Roma, quindi sarò io il rappresentante della
famiglia. Voglio che tu sia presente, ti voglio accanto a me quando parlerò ai
membri della Signoria. Purtroppo Lucrezia non potrà presenziare, ma tu devi
esserci, Giovanni!”
“Ma certo, ne sarò
felicissimo” rispose il ragazzo, davvero contento per l’amico che finalmente
aveva la fiducia del padre. “Mi raccomando, non lasciarti intimidire da quelle
persone e, tanto meno, da Andrea Pazzi, che farà di tutto per zittirti.
Ricordati come hai visto parlare me
alla Signoria, io non ho mai avuto soggezione di nessuno.”
“Eh, sì, me lo
ricordo bene” rise Piero. “Mi ispirerò al tuo modo di fare e sono certo che
farò una bella figura!”
“E, se Pazzi dovesse
infastidirti troppo, ci penserò io a rimetterlo a posto…” minacciò Giovanni,
già pronto a saltare alla gola dell’uomo.
“No, no, non ce ne
sarà bisogno!” replicò Piero, ridendo ancora più forte.
“Sono certissima che
Piero parlerà in modo convincente e tu stesso ne rimarrai incantato, Giovanni”
intervenne Lucrezia. Voleva bene al giovane amico, ma sperava anche che non si
mettesse in mezzo con la sua insolenza… avrebbe potuto rovinare ogni cosa!
“Va bene, io non
aprirò bocca, ma tu distruggilo, quell’Andrea Pazzi!”
“Non vedo l’ora!”
esclamò Piero.
Così, il giorno dopo,
Lucrezia accompagnò Piero e Giovanni al Palazzo della Signoria, baciò il marito
facendogli coraggio e attese fuori. I due giovani entrarono e bisogna dire che
Piero, oltre che rifrancato per la fiducia che il padre aveva dimostrato di
nutrire in lui, si sentiva anche particolarmente deciso grazie alle parole
affettuose della moglie e alla presenza di Giovanni accanto a lui. Aveva visto
molte volte l’amico prendere la parola davanti ai membri della Signoria, l’aveva
visto incosciente e sfacciato, l’aveva visto anche osteggiato e minacciato da
Pazzi e dallo stesso Gonfaloniere, eppure lui non si era mai arreso.
Io
non sarò da meno, giurò Piero a se stesso.
Così, sotto lo
sguardo ammirato di Giovanni, il giovane Medici presentò alla Signoria la
proposta della sua famiglia: una nuova tassa per finanziare un esercito che
avrebbe riportato il Papa a Roma. Giovanni era felice di vedere che, nonostante
i mugugni e le risatine della maggior parte dei membri, Piero non era affatto
intimidito e anzi difendeva la sua posizione con calma, decisione e pacatezza,
in un modo molto simile a quello di suo padre Cosimo. Anche il Gonfaloniere,
infatti, rimase favorevolmente colpito da Piero e, quando alcuni cercarono di interromperlo,
protestando che non volevano altre tasse, fu proprio Messer Guadagni a
difenderlo e a zittire chi lo osteggiava, invitandolo a proseguire.
Poi, appunto, si
intromise Andrea Pazzi.
“Perché Cosimo de’
Medici non è qui a presentare la sua proposta personalmente e ha mandato suo
figlio a farsi umiliare?” disse in tono caustico, sorridendo di scherno di
fronte al giovane Medici. “Ve lo dico io il perché: si vergogna. Cosimo non ha
il coraggio di richiedere nuove tasse ai nobili e ai mercanti solo per fare
bella figura davanti a Sua Santità!”
Giovanni avrebbe
voluto azzannare alla giugulare Pazzi: quel modo di fare era proprio ciò che
più metteva in crisi Piero… ma non questa volta. Il giovane si voltò a
guardarlo con un sorriso fiero e poi si rivolse a lui e a tutta la Signoria.
“Mio padre non è qui
perché è già a Roma, a prendere accordi con il vescovo Vitelleschi:
la famiglia Medici ha donato quarantamila fiorini per rafforzare l’esercito
papale” spiegò con orgoglio. “E queste nuove tasse non dovranno essere i nobili
e i mercanti a pagarle.”
“Ah, no? Allora
Cosimo de’ Medici vuole farle pagare ai poveri?” domandò sprezzante Pazzi.
“Questa domanda
rispecchia esattamente tutta la vostra intelligenza” commentò Giovanni, che
proprio non era riuscito a trattenersi. Qualcuno rise, ma Piero aveva la
risposta pronta anche per quello.
“No, affatto: saranno
le Banche di Firenze a pagare questa tassa, saranno le Banche ad aiutare il
Papa a tornare a Roma” dichiarò.
Pazzi non riuscì a
replicare a questa affermazione tanto inaspettata, ma la sua espressione
parlava per lui. I Medici lo avevano raggirato ben bene, non c’era dubbio.
Adesso, se la sua Banca si fosse rifiutata di pagare, avrebbe dimostrato di non
avere a cuore gli interessi del Papa e della Chiesa e addio ai conti papali!
Poteva solo sperare che gli altri banchieri protestassero, visto che lui non
era nella posizione per farlo.
Ma Piero non aveva
ancora finito.
“So bene che chi fa
un mestiere come il nostro è spesso considerato un avido e un usuraio” riprese,
“ma con questa generosa offerta in favore dell’esercito papale noi banchieri
dimostreremo, una volta per tutte, di non essere disonesti e attaccati solo al
denaro.”
Gli altri banchieri
non sembravano intenzionati a protestare, con grande dispetto di Pazzi… e
grande divertimento di Giovanni, ovviamente, che stavolta si godeva lo
spettacolo di vedere il nemico scornato senza nemmeno prendersi la briga di
farlo personalmente. Piero era davvero fenomenale!
E non era ancora
finita!
“La famiglia Medici,
tuttavia, non vuole imporre niente a nessuno. Se le altre Banche di Firenze non
volessero o non potessero accettare la tassa, questa sarà pagata interamente
dalla Banca Medici!” disse, scatenando quindi un grande applauso e
congratulazioni da parte di molti membri della Signoria… beh, chissà se si
complimentavano con lui perché aveva parlato bene o perché si era offerto di
pagare lui tutte le spese? Lasciamo questo piccolo particolare ammantato dal
dubbio…
La tassa per
finanziare l’esercito papale fu dunque approvata tra l’entusiasmo generale.
Piero era raggiante e Giovanni si sentiva molto orgoglioso di lui… che peccato
che il padre non lo avesse visto all’opera! Ma di sicuro quella sarebbe stata
la prima di molte occasioni in cui Piero avrebbe dimostrato le sue capacità
alla Signoria…
Mentre i due amici
uscivano insieme, sottobraccio e ridendo felici, si imbatterono in Andrea
Pazzi, che aveva la tipica faccia di qualcuno che si è trovato a calpestare
sterco fresco con gli stivali buoni.
Giovanni sapeva che
avrebbe dovuto tacere, ma proprio non riuscì a trattenersi.
“Allora, Messer
Pazzi, questa volta vi è andata male, vero? Dovrete pagare voi stesso, se non
volete passare per usuraio… altro che arricchirvi con i conti papali. E non
temete, questo sarà solo l’inizio della vostra disfatta” lo schernì.
L’uomo lo trapassò da
parte a parte con uno sguardo assassino.
“Fossi in te non
canterei vittoria troppo presto, ragazzino. E nemmeno la famiglia Medici…”
sibilò, in un tono minaccioso che raggelò Piero.
“Pensate piuttosto
alla vostra, di famiglia. Credo che il nome dei Pazzi avrà finalmente quello
che si merita, dopo tanti anni” replicò invece Giovanni, che non temeva le
minacce di Andrea Pazzi, benché sapesse ciò che era capace di fare.
“Intendi dire quello
che è capitato al nome della tua
famiglia di eretici, sciocco ragazzo? Non riuscirai mai a riabilitare il nome
degli Uberti, la tua famiglia non conta più niente qui a Firenze, non ricordi
che il loro palazzo è stato raso al suolo e che noi lo stiamo calpestando
proprio adesso?”
Giovanni si sentì
bruciare dentro a quelle parole, quell’insulto lo aveva ferito più di qualsiasi
minaccia Pazzi potesse rivolgere a lui. Eppure il sangue degli Uberti si
risvegliò nelle sue vene e lo fece rispondere con la calma e la dignità che
avrebbe dimostrato Farinata stesso…
“Gli insulti e le
minacce sono le armi dei vigliacchi e di chi è stato ormai sconfitto, come voi”
ribatté. “Il nome della mia famiglia tornerà grande a Firenze proprio grazie ai
Medici, mentre la vostra famiglia sarà ricordata soltanto per disonestà, trame
e inganni.”
E, visto come andò
poi, non aveva neanche tutti i torti! Sembrava proprio che i Pazzi avessero il
complotto e il raggiro inscritti nel DNA…
Festanti e
vittoriosi, Piero e Giovanni tornarono a Palazzo Medici, dimenticando per il
momento Andrea Pazzi e le sue intimidazioni. Piero brillava di luce propria,
corse subito dalla moglie Lucrezia per festeggiare insieme a lei e quella sera,
a cena, ci fu grande gioia mentre il giovane Medici raccontava la sua prodezza
ancora una volta. Lucrezia e Giovanni erano pieni di orgoglio e il trionfo del
figlio fece finalmente sorridere anche Contessina, che in quel periodo aveva
pure lei le sue pene.
Eh, già, perché aveva
scoperto che la serva Maddalena, quella che Cosimo aveva portato da Venezia,
aspettava un figlio… e il figlio era di Cosimo, appunto.
Sì, beh, Cosimo de’
Medici aveva tanti pregi, ma anche i suoi bei difetti, soprattutto nel modo in
cui trattava le donne…
Dopo cena, Piero e
Giovanni si ritrovarono a parlare da soli e a rievocare quella memorabile
giornata.
“Ero sicuro che
saresti stato grande, ma tu hai superato anche le mie aspettative. Sinceramente
ho avuto un po’ paura che Pazzi riuscisse a intimidirti” rivelò Giovanni.
“Beh, l’ho temuto
anch’io, ma solo per un attimo” replicò l’amico, con un gran sorriso. “Mi sono
venute in mente tutte le volte in cui tu lo hai messo in ridicolo e, a quel
punto, mi è sembrato solo un pallone gonfiato. Si può dire che sei stato tu a
ispirarmi!”
“Macché, hai fatto
tutto da solo, sei veramente il degno figlio di Cosimo de’ Medici!” rise
Giovanni.
La parola figlio, però, fece rabbuiare
improvvisamente entrambi i ragazzi.
“Giovanni, vuoi dirmi
perché hai lasciato Palazzo Albizzi?” gli chiese Piero, improvvisamente serio.
Il ragazzo abbassò
gli occhi per nascondere il dolore e la rabbia che, almeno per quella giornata,
era riuscito ad accantonare.
“Messer Albizzi e sua
moglie hanno avuto una bambina. Lui è là, adesso. Mi ha preso in giro, mi ha
ingannato un’altra volta, non metterò mai più piede nel suo stramaledetto
Palazzo!” esclamò, furioso.
Piero sospirò.
“Immaginavo che potesse
essere una cosa del genere, però… dai, non è mica detto, magari Albizzi vuole
solo vedere sua figlia, è normale, no? Un figlio è sempre un figlio, anche
quando… anche quando non ti importa un bel niente della persona con cui lo hai
avuto!”
“Non è così, Messer
Albizzi è un ipocrita e un falso e… ma Piero, tu di chi stai parlando?”
Di fronte all’amico,
il giovane Medici non seppe più trattenersi.
“La serva di mio
padre, Maddalena, aspetta un figlio. Credevamo tutti che fosse di Marco Bello,
ma poi è venuto fuori che è… che è proprio di mio padre. Io sono certo che mio
padre non abbandonerà mai questo figlio, ma sono altrettanto sicuro che non ha
più alcun interesse per Maddalena e che questo bambino non rappresenterà un
legame con lei” disse, accalorandosi.
“Lo penso anch’io, ma
Maddalena è una serva e non… non la sua legittima moglie” obiettò Giovanni. “Per
Messer Albizzi è tutto il contrario, è lui che si è divertito con me come… come
se…”
“Beh, puoi dirlo:
come ha fatto mio padre con Maddalena. Ma non è così, non devi nemmeno
pensarlo. Tu hai fatto tanto per Messer Albizzi, lo hai salvato, hai difeso il
nome della sua famiglia… lui è legato a te, anzi, sono sicuro che già gli
manchi.”
Giovanni aveva un’espressione
truce negli occhi.
“No. Questa volta non
ho intenzione di perdonarlo. Non lo voglio più rivedere!” dichiarò.
Era veramente curioso
come le situazioni degli Albizzi e dei Medici si intrecciassero anche in questo
caso, no? Proprio vero che a Firenze non ci si annoiava certo, a quei tempi, e
chissà come sarebbero finite tutte queste storie tipo soap opera: Contessina avrebbe perdonato Cosimo? E Giovanni avrebbe
perdonato Rinaldo?
In mezzo a intrighi,
pericoli e trame oscure c’era anche qualche scandalo piccante con cui
divertirsi!
Fine capitolo sesto
* Rinaldo e Alessandra Albizzi ebbero davvero numerosi
figli, anche se nella fiction sembra che ne abbiano avuto solo uno, e una delle
loro figlie si chiamava veramente Susanna.