Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: XShade_Shinra    06/02/2020    2 recensioni
Jean lo spiò, per vedere cosa dovesse fare di tanto urgente, e rimase basito nel vedere che il ragazzino, con nonchalance, aveva scavalcato il basso muretto del parco, dirigendosi nella zona non illuminata al suo interno.
Che diamine stava succedendo?!

[ Jean + Armin, no pair ]
[ Fanfiction partecipante alla Challenge "COW-T #10" indetta da Lande di Fandom ]
[ Fanfiction partecipante alla "Infinity Prompt Challenge" indetta da Harriet Strimell sul forum di EFP ]
[ Fanfiction partecipante alla Challenge "Un calderone di Prompt" indetta da catching_hearts sul Forum di EFP ]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Weather Boost
Weather Boost
Jean lo spiò, per vedere cosa dovesse fare di tanto urgente, e rimase basito nel vedere che il ragazzino, con nonchalance, aveva scavalcato il basso muretto del parco, dirigendosi nella zona non illuminata al suo interno.
Che diamine stava succedendo?!
[Jean + Armin, no pair]
Fanfiction partecipante alla Challenge "COW-T #10" indetta da Lande di Fandom

Fanfiction partecipante alla "Infinity Prompt Challenge" indetta da Harriet Strimell sul forum di EFP
Fanfiction partecipante alla Challenge "Un calderone di Prompt" indetta da catching_hearts sul Forum di EFP
 
Titolo: Weather Boost
Autore: XShade-Shinra
Fandom: Shingeki no Kyojin / L'attacco dei Giganti
Personaggi: Armin Arlert, Jean Kirstein, Marco Bodt, Ymir
Pairing: no pair
Genere: Commedia
Rating: Verde
Avvisi: modern!AU, !linguaggio
Prompt "COW-T 10" (W1, M2): Pioggia, Sereno, Neve
Prompt "Infinity challenge: "Quante cose diventano belle quando le guardi da vicino" – Lauren Oliver, Before I Fall
Prompt "Un calderone di Prompt": (28-11-2019) Pioggia Fitta
Capitoli: Oneshot
Wordcount: 3023 parole
Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d'altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
 

 
Weather Boost
 

Jean Kirstein stava scorrendo annoiato la sua Home di Instagram, quella sera.

Cibo, scollature, foto della pioggia, cibo, gattini, cosce all’aria, gattini, cibo, pioggia, cibo, foto in intimo, cibo, pioggia, cibo…

Una monotonia capace di ucciderlo.

Meno male che c’erano le tette, ogni tanto.

Stava giusto tentando di capire perché la gente mettesse frasi poetiche prese da qualche libro di Pablo Neruda, seguite da improbabili hashtag sulle asperità della vita, in accompagnamento a delle foto che sarebbero andate bene sui siti per escort, quando gli arrivò un messaggio su Line.

Abbassò la tendina delle notifiche, rimanendo basito leggendone il mittente.

Armin Arlert.

“Ciao. Scusa per il disturbo… Posso chiamarti?”.

Armin era un amico di un amico, che frequentava la sua stessa classe, ma si erano sempre parlati a stento.

“Ok…”.

Non si odiavano, si limitavano a ignorarsi, per diversi motivi.

Il loro amico in comune, Marco, la chiamava incompatibilità.

La canzone Shōnen no Hate dei GRANRODEO suonò solo per qualche secondo, prima che Jean rispondesse alla chiamata di Armin.

«Che succede?», domandò spiccio. In realtà era un po’ preoccupato: cosa mai avrebbe voluto Armin Arlert proprio da lui?

«Ciao… Scusa per l’ora... avrei un favore da chiederti… Marco mi ha detto che sei a casa, così...».

 

*

 

Erano passati solo dieci minuti da quando i due avevano staccato la chiamata e si erano ritrovati nella macchina di Jean, diretti verso il parco vicino a casa di Marco.

Jean era passato a prendere Armin sottocasa – non abitavano poi tanto distanti – e l'altro ragazzo si era limitato a salutare, mettersi la cintura e chiudersi in un religioso silenzio, mentre fissava il telefono.

«Di che emergenza si tratta?», chiese Jean, tanto per fare conversazione e coprire la lagnosa musica alla radio.

«Scusa, io non… non posso dirtelo», pigolò il ragazzo, in palese imbarazzo.

«D'accordo», disse l'altro, seccato. Se non glielo voleva dire non poteva certo estorcerglielo con la forza, ma lo aveva fatto uscire di casa in tutta fretta durante la tempesta… Un po' glielo doveva, insomma!

«Non capiresti», disse Armin, a mo' di scusa, stringendosi nelle spalle.

«Non sono un cervellone come te e Marco, d'accordo, ma non trattarmi da stupido. Ho ottimi voti anche io», gli ricordò Jean.

«Sì, lo so… Non intendevo quello…». Armin aveva il terrore che Jean non volesse più accompagnarlo oltre e, arrabbiato, lo scaricasse sul marciapiede sotto la pioggia.

In una situazione normale non avrebbe mai pensato di chiedere a lui, ma era stato Marco a suggerirglielo, poiché Jean era l’unico nella loro cerchia ad avere la macchina.

Jean sospirò e a quel mutismo selettivo non trovò altro rimedio che aumentare il volume dell’autoradio. Meglio quella stupida musichetta pop che quel silenzio martellante.

Davvero, come si era lasciato convincere?!

 

*

 

Casa di Marco era solo a qualche chilometro di distanza dal quartiere dove abitava Armin, verso la periferia.

Bastava attraversare la strada per entrare in un parco, attrezzato con un’area relax con panchine, una fontana monumentale, delle giostrine per bambini e una statua che ricordava i caduti dell’ultima Grande Guerra.

«Non so come ringraziarti, Jean. Ti farò i compiti per un’intera settimana», disse Armin, mentre il guidatore parcheggiava accanto all’entrata principale, a quell’ora ormai chiusa. «Ci vediamo domani a scuola».

«Ma ci metti tanto?», chiese però Jean.

Armin si tolse la cintura ancora prima che l’auto fosse del tutto posteggiata. «N-no, qualche minuto...».

«E allora ti aspetto», disse Jean serio. Era considerato un cattivo ragazzo che si atteggiava da bulletto, ma non avrebbe mai lasciato Armin fuori con il nubifragio. Le spazzole della macchina si muovevano sul parabrezza, ma la pioggia era talmente forte che riuscivano a pulire il vetro solo per un battito di ciglia. Gli occhi nocciola di Jean andarono all’ombrellino richiudibile di Armin, che non sarebbe riuscito nemmeno a sopravvivere alla prima folata di vento senza che tutte le stecche si rompessero. Nemmeno il peggiore degli stronzi avrebbe potuto essere così meschino da lasciare un conoscente lì.

«Ma… ti bagnerei la macchina...», mormorò Armin, stupito.

«Quante storie. Asciugherà. Non voglio che ti prenda la polmonite. Muoviti a fare le tue cose e poi ti riaccompagno a casa».

Armin lo guardò con occhi commossi. Non si aspettava certo un gesto così altruista proprio da Jean; ora capiva perché Marco era suo amico, nonostante il caratteraccio che aveva. Il ragazzino annuì e si tirò su il cappuccio. «Grazie davvero», disse, uscendo nella tempesta.

Jean lo spiò, per vedere cosa dovesse fare di tanto urgente, e rimase basito nel vedere che il ragazzino, con nonchalance, aveva scavalcato il basso muretto del parco, dirigendosi nella zona non illuminata al suo interno.

Che diamine stava succedendo?!

Jean era ancora fisso a guardare il punto dove Armin era sparito, che una luce dietro di sé attirò la sua attenzione. Una moto, sfrecciante a tutta velocità, frenò dietro di lui, lasciando sull’asfalto il segno delle ruote. Jean lo guardò dallo specchietto retrovisore e, grazie alla luce dei lampioni, lo riconobbe: era lo scooter rosa di Historia! Si stava appunto chiedendo da quando quell’angelo guidasse come una pazza spericolata che dal veicolo non scese la sua minuta compagna di scuola, ma la ragazza di questa: Ymir.

Jean rimase a osservarla, sperando che non lo notasse, e vide anche la ragazza avvicinarsi in fretta e furia al muretto, fino a scavalcarlo e sparire tra gli alberi.

Si accorse di star trattenendo il fiato solo quando i polmoni iniziarono a fargli male.

Davvero, che stava succedendo?!

Jean dovette aspettare solo un altro minuto, prima di vedere Armin uscire dal parco nello stesso modo in cui era entrato. Nessun segno di Ymir.

Armin scrollò l’ombrello prima di entrare macchina, quindi si sedette e richiuse la portiera. Aveva in volto un sorriso radioso – Jean era certo di non averglielo mai visto prima di quel momento. «Grazie, Jean… Davvero io...», iniziò il giovane.

Jean però pigiò il bottone della chiusura automatica, facendo scattare tutte le chiusure dell’abitacolo, in modo che niente potesse entrare, e nessuno potesse uscire.

«Jean?», lo chiamò piano Armin, vedendo che il giovane rimaneva fermo, senza muoversi o accendere il motore, nonostante il freddo.

«Ora mi spieghi che succede, Armin Arlert», disse serio il guidatore, fissando la strada davanti a sé.

«In che senso, Jean?», chiese Armin, sentendo un brutto presentimento.

«Mi hai chiesto di portarti all’ingresso principale del parco con urgenza, alle nove di sera, mentre c’è in corso un nubifragio… E poi ti introduci in un posto chiuso e scuro… e vieni raggiunto da Ymir, che pare aver rubato lo scooter di Historia e che abbia il diavolo alle calcagna… Sappiamo entrambi che quella ragazza non ha una buona reputazione…». Solo a quel punto Jean si girò verso l’altro ragazzo, volendolo guardare in faccia. «Armin, ti sei invischiato in un giro di droga?».

Gli occhi celesti di Armin si allargarono appena, prima che il ragazzo scoppiasse a ridere. «Jean, ti stai preoccupando per me?».

«Non è divertente!», sbottò Jean, assottigliando lo sguardo. «Ti rendi conto in che guaio ti sei cacciato?! Invischiarsi in qualcosa del genere… per cosa?! La consumi o spacci?».

Armin tossicchiò, cercando di calmare la sua risata davanti all’ira dell’altro.

«C’è un equivoco, Jean», disse, alzando le mani in segno di innocenza.

«E sentiamo, cosa ci fai nel parco chiuso, per qualche minuto, di sera, con meteo avverso?!».

Armin ci pensò su un attimo, indeciso sul come rispondergli. «Io, be’... so che entrare nel parco dopo l’orario di chiusura è sbagliato, ma non abbiamo fatto niente di male ed era per una ragione...». Mentre iniziava con la sua spiegazione, i due videro la luce dello scooter dietro di loro e poco dopo il mezzo sfrecciò via. Anche Ymir era andava via dopo essere rimasta solo un paio di minuti nel parco, come Armin, quasi come se non avessero voluto uscire ed entrare nello stesso momento per non essere visti assieme.

«Armin spiegami subito cosa avete fatto!», pretese a quel punto Jean, decisamente alterato.

Armin sospirò. «So che ti arrabbierai, ma… in realtà non sono le nove, sono le otto e cinquantacinque e questo dato è molto importante, come il fatto che non stia piovendo ma nevicando, almeno secondo PoGo».

Jean guardò fuori dal finestrino, dove la pioggia ancora cadeva copiosa. Ecco la prova che metteva nel sacco Armin: se pretendeva di dire che stava nevicando, allora era proprio fatto. «Chi è questo tizio? È il nome in codice di qualche trafficante?», domandò, cercando di capire quanto fosse grave e quante persone c’erano coinvolte in tutto quello.

«Non è il nome di un tizio, Jean. È il nome di un gioco… E da circa un’ora c’è un bug in questo gioco. A volte lo fa: dà un meteo sbagliato rispetto a quello che c’è in realtà. Come ora. Nel gioco c’era meteo neve… l’ideale per trovare pokémon Acciaio e Ghiaccio boostati».

Jean trasalì di colpo. Aveva detto… Pokémon?! «Cosa c’entrano adesso i pokémon?», chiese, prossimo allo sfinimento.

Armin, imbarazzato, girò verso di lui lo schermo del cellulare sul quale c’erano ancora alcune goccioline d’acqua. Jean non aveva mai giocato a quel gioco, ma lo riconobbe subito dal quantitativo di meme e screenshot che trovava giornalmente su Instagram. «Ma è Pokémon Go…», mormorò.

L’altro ragazzo annuì e gli indicò un’icona con i contorni bianchi a formare uno stilizzato pupazzo di neve. Cliccandovi sopra, si aprì la schermata “Condizioni Atmosferiche – Neve” che mostrava un pupazzo di neve più realistico, con tanto di sciarpa e cappellino rossi, e sotto due bottoni – uno celeste e uno verderame – che indicavano i “Tipi Potenziati” – Ghiaccio e Acciaio, appunto.

Jean continuò a guardare quello schermo come se fosse scritto tutto in arabo. «Armin! Spiegami bene cosa cazzo stiamo facendo qui o giuro che rimpiangerai questa sera».

L’altro ragazzo si passò una mano tra i biondi capelli ancora bagnati di pioggia e sospirò. A quel punto l’unica cosa da fare era vuotare il sacco o Jean non lo avrebbe mai lasciato in pace. «Io, Marco, Ymir, Historia e altri ragazzi giochiamo a PoGo… Pokémon Go».

«È incredibile ci sia ancora gente che ci giochi… Pure Historia?!», esclamò Jean. Non lo avrebbe mai detto! Anche la capitana delle cheerleaders della Shingeki era una nerd?

Armin, però, scosse il capo. «No, no… Historia gioca solo per far contenta Ymir. Non le dispiace, ma non è molto attiva. Infatti Ymir è venuta qua portandosi appresso anche il telefono di Historia, perché lei non è voluta uscire di casa con questo tempaccio».

«Ecco, a proposito, quindi perché vi siete riuniti?».

«Perché è apparso un pokémon molto raro e molto forte. Marco abita qui vicino, quindi è venuto a prenderlo e ci ha detto che era un livello trentacinque, con IV 100%».

Jean si perse proprio sulla fine. «Cosa vuol dire IV?».

«È un numero che si ottiene con la somma delle tre caratteristiche primarie… No, ascolta… non importa. Sappi che era il miglior Swinub che si poteva trovare selvatico e c’era anche la possibilità di trovarlo in variante cromatica! Però quando appare un pokémon c’è un tempo limitato di tempo, in più se cambia il meteo i suoi valori di statistica cambiano», spiegò Armin. «Ti ho chiesto di accompagnarmi qui perché… dovevo catturare quello Swinub, Jean».

Il guidatore lo fissò per eterni secondi, come se stesse cercando di capire se fidarsi o meno. In realtà era una cosa talmente assurda che aveva senso.

«E voi nerd uscite con questo tempaccio per… un pokémon?».

«Fuori evento è raro, Jean! È con quelle statistiche è praticamente introvabile. Era un colpo di fortuna troppo grande per non approfittarne. Una volta evoluto sarà ottimo contro i tipo Drago!».

«Mi prendi per il culo o sei serio quando dici queste cose, Armin?».

«Serissimo».

«Mi chiedo perché Marco non mi abbia mai detto che gioca a questo giochino merdoso per sfigati».

«Credo ti sia risposto da solo...».

Jean sentì il principio di un’emicrania trapanante.

Senza dire nulla, accese finalmente la macchina, mettendo l’aria condizionata calda – soprattutto per Armin, che stava tremando mentre sorrideva soddisfatto al suo trofeo catturato poco prima.

Con lo stesso silenzio che aveva caratterizzato l’andata, Jean guidò nel senso opposto, tornando a casa.

Avrebbe fatto una bella telefonatina a Marco.

 

***

 

La mattina dopo, la pioggia sembrava un lontano ricordo di cui rimanevano solo le pozze d’acqua in giro per le strade. Il sole era sbucato dalle nubi, regalando alla città una mattina soleggiata e serena. Tempo ideale per il boost del meteo su pokémon di tipo Fuoco, Erba e Terra.

Armin venne svegliato da una chiamata, ancor prima che suonasse la sveglia. Prese il cellulare a tentoni e inforcò gli occhiali, leggendo poi il nome “Marco Bodt” sul display illuminato. Cosa voleva il suo compagno di scuola alle otto di domenica mattina? «Pronto?», rispose un po’ trafelato, cercando di trattenere uno sbadiglio.

«Armin, uno del team Valor ci ha buttato giù tutte le palestre!», disse disperato. Aver perso le palestre tutte insieme voleva dire avere avuto solo cinquanta pokémonete e ritrovarsi con un mucchio di Pokémon da revitalizzare e curare.

«Ma chi è? Abbiamo degli accordi in città...».

«Non si sa… è uno nuovo al livello dieci».

 

Armin e Marco si incontrarono poco dopo. Non sapendo chi fosse questo nuovo giocatore che non rispettava la netiquette, decisero di fare una passeggiata sperando di trovarlo ancora in giro.

Arrivarono alla piazza principale proprio mentre era in corso un raid di livello uno con Shinx.

«Faccio il raid, magari stavolta trovo Shinx cromatico...».

«Ancora non lo hai?», ridacchiò Marco.

«Ne ho fatto cinquanta e ancora nu—». Armin si fermò, vedendo che c’era già un giocatore nella stanza. Uno del team rosso, di livello undici. «Per caso, il tizio che stavamo cercando si chiama “KirschPoGo”?».

«Sì, è lui!», esclamò stupito l’altro.

Armin girò il telefono, facendogli vedere la stanza d’attesa del raid con due giocatori. Uno era il personaggio del Team Mystic al livello quaranta di Armin, l’altro era il giocatore misterioso.

I due iniziarono a cercarlo con lo sguardo. A meno che non utilizzasse dei metodi poco puliti per manomettere il GPS e giocare da casa, non doveva essere molto lontano se si stava preparando anche lui al raid.

C’erano diverse persone in piazza, ma nessuna sembrava al telefono in attesa che il raid iniziasse.

«Ehi, quindi ti chiami “SeaBorNEmo”, che nickname stupido». Una voce conosciuta alle loro spalle li fece trasalire. Si girarono insieme, vedendo davanti a loro Jean in tuta la ginnastica e occhiali da sole, che reggeva in mano il proprio cellulare. «Tu, Marco non entri a fare il raid? O ti vuoi conservare il biglietto per qualche pokémon migliore?».

I due nerd sbarrarono gli occhi. Sentir parlare Jean Kirstein di quelle cose, in totale tranquillità, era come essere entrati in contatto con un alieno.

«Jean sei… sei proprio tu?», chiese Marco.

Jean si tolse gli occhiali, strizzando appena le palpebre a causa della luce. «Certo che sono io», rispose, sorridendo come un divo di Hollywood.

«Ma… Che è successo…», borbottò Armin, con l’elettroencefalogramma piatto.

«Non credere che io abbia cambiao idea: alla fine è un gioco di merda, però credo sia divertente da fare quando esco a fare jogging. Macino un sacco di chilometri. Ho già schiuso un uovo da dieci e mi è uscito un robo strano a forma di candela; ma ha solo novantuno percento di IV, perché è molto basso in attacco...».

«Ha trovato un Litwick… non ci credo...», sbuffò Marco.

«E sa come sono influenzati gli IV...», disse sconvolto Armin.

«Be', internet è pieno di guide. Comunque che faccio con questo moccolo, lo butto?».

«NO!». Urlarono insieme i due nerd. «È uno dei migliori Fuoco! Tienilo finché non ne troverai uno migliore!».

«Va bene...», borbottò Jean, guardando poi il proprio telefono. «Armin, non ti deconcentrare, sta iniziando il raid. Vedi di aiutarmi, non ho pokémon forti. Ho iniziato solo stamattina».

Armin tornò concentrato su Shinx, iniziando a combattere. Come al solito, sarebbe durato pochi secondi contro i suoi pokémon Terra. Peccato che nessuno dei due fosse boostato dal meteo.

«Quindi… come mai hai deciso di giocare anche tu?», chiese Armin, mentre pigiava veloce sullo schermo per far attaccare il proprio Groudon.

«Ieri, dopo che ti ho accompagnato a casa, ho chiamato Marco e mi ha spiegato un po’ di cose… così mi è venuta voglia di provare anche io», spiegò Jean, tappando anche lui veloce con il dito.

«E perché non me lo hai detto?», chiese giustamente Marco.

«Perché non volevo essere nel Team Giallo con te, e sapevo che avresti insistito. Inoltre, non sapevo se mi sarebbe piaciuto. Alla fine non è male!».

«Vuoi che ti aggiungo alla nostra chat su Telegram?», chiese il ragazzo con uno dei suoi sorrisi radiosi.

«Non ho Telegram e non intendo mischiarmi con voi nerd. Gioco quando mi pare». Mentre Jean sbuffava, lui e Armin riuscirono a battere Shinx e il gioco elencò loro gli oggetti che avevano vinto.

«Ma non potrai catturarli tutti, così...».

«Che vuoi che me ne freghi! Non sono come voi che sfidate la legge per catturare queste cazzatine… Ehi! Perché il mio cane è dorato?! Prima era blu!», esclamò arrabbiato Jean, non sapendo di aver trovato la variante cromatica di quel pokémon che Armin desiderava tanto, ma che nemmeno questa volta gli era capitata.

Armin lo guardò malissimo e gli puntò il dito contro. «Jean Kirstein, non sei autorizzato a droppare il gioco finché non mi hai scambiato quello Shinx, capito? E ora dacci il tuo Codice Allenatore, così diventiamo amici. Almeno sul gioco».

Marco rise a quell’ultima specifica. Negli anni avevano acquisito e perso molti giocatori, ma Jean gli dava come l’impressione che non si fosse mai avvicinato al gioco più per stupido orgoglio che per puro disprezzo. Finalmente si era deciso a fare un passo in avanti, a guardare quel gioco senza gli occhi velati di pregiudizio, e aveva scoperto quanto fosse bello. Nonostante lui continuasse a negarlo in parte, Marco lo conosceva fin troppo bene e sapeva che, piano piano, avrebbe accettato anche di entrare in chat con loro, e avrebbe smesso di passare i sabato sera da solo ad annoiarsi su Instagram.

Ora che c’era un nuovo giocatore in città, sarebbe stato tutto ancora più divertente!



Fine
XShade-Shinra



Note:
– Il doppiatore originale di Jean è il cantante dei GRANRODEO.
– Il cognome di Jean viene talora trascritto anche Kirschtein, da qui la mia idea di mettergli come nickname qualcosa che abbia a che fare con il Kirsch, un liquore 40-45% vol, a base di ciliegie.
– Il nick di Armin si scompone in “Seaborn(e) + Nemo”. Seaborne significa “Trascinato dal mare”, ma Seaborn starebbe per “Nato dal mare” (con riferimento all’album Oceanborn dei Nightwish). Nemo fa sia riferimento appunto alla canzone dei Nightwish, ma anche al Capitano protagonista del romanzo “20’000 Leghe sotto i Mari”.
– Sì, sono un po' nerd, scusatemi! XD

  
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