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Autore: Parmandil    09/02/2020    1 recensioni
Lacerata fra la lealtà all’Unione e i sentimenti personali, Jaylah intraprende la sua missione più pericolosa. Ormai vero Agente Temporale, è sulle tracce di Vosk, sopravvissuto alla Battaglia di Procyon. Ma stavolta dare il massimo non basta. Sconfitti e dispersi, i nostri eroi devono affrontare le più grandi sfide della loro vita, tentando faticosamente di riunirsi.
Mentre la Keter danneggiata sprofonda sempre più in un pianeta gassoso, Dib e Zafreen cercano di ripararla. Ben presto scoprono di non essere gli unici ad aggirarsi sulla nave spettrale. Intanto il Capitano Hod, naufragata su un mondo ostile, giace tra la vita e la morte. Spetta al timoniere Vrel recuperarne l’energia neurale: una missione impossibile senza l’aiuto dell’estraniata sorella Lyra.
Sulle tracce del nemico, gli Agenti Temporali approdano nel 2053, alla vigilia della Terza Guerra Mondiale. Qui si scontrano col famigerato Colonnello Green e con l’ancor più crudele leader dei Potenziati, scoprendo un piano diabolico per sovvertire il mondo. Ma alla resa dei conti il fato della Galassia dipenderà dalla scelta di Juri Smirnov, l’uomo tradito dall’Unione. Lo scontro con Vosk termina con una stella cadente e un’esplosione che la Terra non dimenticherà mai.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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-Epilogo:

Data Stellare 2589.147

Luogo: Distesa di Typhon

 

   Jaylah percorreva i corridoi della Stella del Polo, con la disinvoltura di chi è in un luogo familiare. Ogni tanto incontrava qualche pirata della ciurma. Perlopiù li ignorava, come loro ignoravano lei per tacito accordo. Ma con alcuni, che ormai conosceva, scambiava brevi saluti, con la stessa familiarità che riservava ai suoi colleghi della Keter. In quei momenti era più che mai consapevole di non poter continuare a lungo con le sue due vite. Prima o poi, una delle due avrebbe fagocitato l’altra. Nell’attesa doveva premunirsi. Con passo deciso, la mezza Andoriana entrò nel laboratorio cibernetico, superando i due Nausicaani di guardia. Era una delle pochissime persone ammesse in quella stanza.

   «Volevi vedermi?» chiese Jack, che stava revisionando la sua tuta a Occultamento Sfasato. In quel momento l’inquietante corazza, nera come la pece, era sospesa in un campo di forza al centro del laboratorio. Il campo teneva ogni elemento in posizione, come se il proprietario la stesse indossando. Mancava però il casco: Jack lo aveva preso da parte e ci stava armeggiando con vari strumenti.

   «Sì» confermò Jaylah, accostandosi. «Che fai?» chiese in tono leggero.

   «C’è un piccolo difetto al Visore, lo sto correggendo» spiegò l’Umano.

   «Sei un vero scienziato» disse la mezza Andoriana, abbozzando un sorriso.

   «Gli scienziati erano i miei genitori. Certo non si aspettavano che usassi la loro invenzione in questo modo» sospirò il pirata. «Allora, che vuoi dirmi?».

   «Ho pensato molto a noi» disse l’Agente con cautela. «Al nostro futuro. Sai che non potremo continuare così per sempre».

   «Vuoi lasciar perdere?» chiese Jack, addolorato. Depose il casco e le si accostò.

   «No!» disse Jaylah con passione. «Amo ogni secondo che passo con te. Ma prima o poi saranno le circostanze che mi obbligheranno a scegliere».

   «Sì... l’ho sempre saputo» disse lo Spettro con amarezza. «Ma forse è meglio così. Ti ho già messa fin troppo in pericolo, con questi appuntamenti. Il tuo posto è la Keter».

   «Non mi sono spiegata» sussurrò la mezza Andoriana, facendosi ancora più vicina. «Quando le cose si metteranno male... resterò con te».

   «No!» si oppose Jack. «Non posso chiederti questo. Significherebbe tagliare i ponti con la tua famiglia e tutti i tuoi conoscenti. Rinunciare alla tua carriera. Vivere da fuorilegge. No... sarei una carogna se te lo lasciassi fare».

   Jaylah lo guardò con affetto. In passato aveva trascorso con Jack momenti terribili, in cui le loro vite erano appese a un filo, eppure non aveva mai percepito tanta paura in lui come in quel momento. «Tranquillo, non sono l’ingenua Lady Marianna che vuole fuggire con Sandokan. Continuerò a barcamenarmi fra la Keter e la Stella, finché sarà possibile» spiegò. «Ma se Rangda smantellerà completamente la Flotta, non avrò più molto che mi trattenga. E poi, da quando hai questa nave, sei diventato ben più che un pirata. Stai dando speranza a intere comunità abbandonate sul confine. Fai molte cose che spetterebbero alla Flotta, se funzionasse a dovere. Potremmo farle assieme» suggerì.

   Lo Spettro fissò il pavimento, rimuginando. «Non posso negare che sarei felice... molto felice... di averti sempre con me» disse infine. «Ma la vita che faccio non è quell’avventura che molti pensano. Somiglia più a un campo minato. Non posso fidarmi di nessuno e ogni giorno può essere l’ultimo. Insomma, non è la vita che vorrei offrirti».

   Quelle parole la commossero a tal punto che Jaylah lo abbracciò. «Ehi, non ti affliggere» gli sussurrò all’orecchio. «Ti accetto così come sei. E se temi di espormi ai pericoli, ti ricordo che ne corro già. C’è una cosa che non ti ho detto, dell’ultima missione» disse, separandosi. «Durante la battaglia dell’Isola Crisalide, a un certo punto alcuni Potenziati sono riusciti a impadronirsi della nostra crono-navetta. Non potevo lasciarla in mano loro e non avevo speranze di riconquistarla. Così ho fatto l’unica cosa possibile: ho contattato il computer di bordo e ho attivato l’autodistruzione».

   «Prima che arrivasse la Keter?» si allarmò Jack.

   «Prima di sapere che ci aveva raggiunti in quell’epoca, sì» confermò Jaylah. «In quel momento ero sicura che distruggere l’Excalibur significasse restare bloccata sulla Terra post-atomica per il resto dei miei giorni. Pensavo di non rivederti mai più. Ma l’ho fatto, perché la posta in gioco era troppo alta» disse con gravità. Fissò ansiosamente Jack, studiando le sue reazioni.

   «Wow... non dev’essere stato facile» mormorò il pirata, aggrottando la fronte. «Sai, anch’io mi sono trovato in situazioni in cui non pensavo che ti avrei rivista... quindi capisco cos’hai provato. L’importante è che alla fine la Keter ti ha recuperata».

   «Il fatto è che io non voglio più dover prendere decisioni del genere!» si lamentò l’Agente Temporale.

   «Ma se non fossi stata là, al momento giusto, Vosk avrebbe vinto» notò lo Spettro. «Tutti noi saremmo stati cancellati dalla Storia. Quindi è stato provvidenziale che tu fossi lì a fermarlo».

   «Beh, magari ci sarebbe riuscito anche un altro caposquadra» si schermì Jaylah, anche se non riusciva a pensare a un collega a cui avrebbe affidato una missione del genere. Erano troppo ligi al regolamento e ciò non li avrebbe aiutati, in quelle circostanze fuori dal comune.

   «Chissà...» fece Jack, poco convinto. «Comunque è passato. Le tue missioni non sono tutte così, vero?».

   «No, per fortuna» ammise la mezza Andoriana.

   «Lieto di saperlo» fece l’Umano. «Per quanto riguarda la tua proposta... il giorno in cui verrai qui per restare ti accoglierò a braccia aperte. Ma promettimi che non rinuncerai alla tua vita nella Flotta, finché sarà tollerabile».

   «Lo prometto» s’impegnò Jaylah. Percepiva la sincerità in lui e questo la convinceva ancor più di aver scelto bene. «Ma anch’io voglio qualcosa da te».

   «Spara».

   La mezza Andoriana si accostò al tavolo di lavoro e prese il casco dello Spettro. Se lo rigirò fra le mani, apprezzandone la tenebrosa bellezza: la superficie scura e levigata, il Visore cremisi. Per un attimo fissò il proprio riflesso, come ipnotizzata. Qualcosa, in quella maschera, la chiamava in modo irresistibile. «Voglio che tu mi faccia una tuta come la tua» disse tutto d’un fiato.

   Cadde il silenzio. Lo Spettro la osservava meditabondo, cercando di capire cosa le passasse nella mente. «A che ti serve?» le chiese infine.

   «Non è facile da spiegare...».

   «Ho tempo» disse Jack, sedendosi.

   Jaylah sospirò e depose il casco. Poi prese un’altra sedia e gli si accomodò davanti. «Sai che due anni fa ho avuto un’esperienza col Cristallo di Bajor» disse.

   «Quando ti ha riportata nel tuo corpo» annuì Jack.

   «Non solo... in quell’occasione il Cristallo mi diede anche una visione» rivelò la mezza Andoriana. «Ho visto l’Enterprise che veniva distrutta in battaglia, anche se non si capiva chi erano i responsabili. E ho udito il Capitano Sisko confermarmi che la Guerra Civile incombe su di noi. Da Agente Temporale, ho sperato che fosse un futuro evitabile. Mi sono persino augurata che fosse stata un’allucinazione, uno scherzo della mia mente. Ma il tempo passa e l’Unione è sempre più nel caos. Ora che Rangda ha abolito la Prima Direttiva, poi, le cose si metteranno molto male. So che parlare del futuro basandosi su una visione non è esattamente scientifico... mi credi matta?» chiese, titubante.

   «No» disse l’Umano, sempre fissandola attentamente. «Continua».

   «Anche Juri era convinto che una guerra civile fosse alle porte. Persino Vosk ha detto qualcosa del genere, e non credo che mentisse per spaventarmi» proseguì Jaylah, rincuorata dal suo atteggiamento. «Per tutti questi motivi, credo che siamo davvero vicini al conflitto. E quando comincerà voglio essere pronta. So quant’è efficace la tua tuta occultante, l’ho vista in azione. Ora che la rivedo, sento che un giorno indosserò anch’io qualcosa di simile. Credimi, non è un infantile desiderio d’emulazione. No... è la netta sensazione che, volente o nolente, dovrò avere un equipaggiamento del genere per sopravvivere».

   «Ebbene, lo avrai» promise lo Spettro, alzandosi. «Mi fido del tuo giudizio e anche di questa tua sensazione. Mi ci vorrà qualche settimana per costruire un’altra tuta. Non posso semplicemente replicare la mia: devo fartela su misura, o sarà troppo grande e non riuscirai a usarla bene».

   «Prendi pure le mie misure» annuì Jaylah, alzandosi a sua volta. Lasciò che Jack la scannerizzasse da capo a piedi con un sensore ad alta risoluzione, alzando le braccia o allargandole quando lui le diceva di farlo. L’operazione richiese pochi minuti. Dopo di che Jack si recò a una consolle, richiamandovi gli schemi della sua tuta. Proiettò un ologramma con i disegni esplosi delle varie parti e ci armeggiò, rigirandosi i pezzi tra le mani.

   «Hai qualche esigenza particolare?» chiese d’un tratto il pirata. «Già che ci sono, potrei migliorare il progetto».

   «Lo vedi che sei uno scienziato? O forse un artista» sorrise Jaylah. «Sì, un desiderio ce l’ho. Sai che sono addestrata nelle arti marziali. I miei stili di combattimento sono rapidi e acrobatici. Vorrei conservare questo vantaggio, quando indosserò la tuta».

   «Velocità... libertà di movimento... annotate» disse Jack, prendendo appunti su un d-pad. «Stavo già facendo delle simulazioni al computer per migliorare le articolazioni della tuta. Le porterò a termine. E cercherò di ridurre al minimo il peso, anche se non c’è molto che si possa togliere. È tutta una questione di materiali...» mormorò, eseguendo alcuni calcoli. «C’è qualcos’altro che ti serve?» chiese poi, alzando gli occhi dalla consolle. «Ricorda che la tuta è anche un travestimento che protegge la tua identità. Serve a crearti un personaggio, per così dire. Quindi come la vuoi, dal punto di vista estetico?».

   «Non voglio che ci confondano. Falla di un colore diverso dalla tua... magari bianca» suggerì Jaylah. Dopo di che rifletté sul fattore psicologico. Nel corso delle sue missioni si era scontrata con avversari di ogni genere. Alcuni, come i Devidiani e i Na’kuhl, avevano un aspetto così spaventoso che solo vederli faceva rabbrividire. Poteva imparare da loro. «Un’ultima cosa: voglio che la mia tuta intimorisca chi la vede. No, anzi... deve incutere terrore» disse, digrignando i denti.

 

 

FINE

 

 

   
 
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