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Autore: BabaYagaIsBack    25/02/2020    0 recensioni
● Book II ●
In una notte Aralyn ha compiuto nuovamente l'impossibile, mettendo in ginocchio l'intero clan Menalcan. Ha visto ogni cosa intorno a sé macchiarsi del colore del sangue e andare distrutto - forse per sempre. Così, in fuga dai sensi di colpa e dal dolore che le schiaccia il petto, si ritrova a essere ancora una volta l'eroina del suo branco e il mastino al servizio del Duca, ma anche il nemico più odiato dai lupi del vecchio Douglas e l'oggetto di maggior interesse per il Concilio che, conscio di quale pericolo possano ora rappresentare i seguaci di Arwen, è intenzionato a fargliela pagare.
Ma qualcuno, tra i Purosangue, è disposto a tutto pur d'impedire che la giovane Aralyn Calhum venga punita; anche mettere a punto un "Colpo di Stato".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
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3. The youngest Menalcan (1/2)

Sotto la pioggerellina di inizio primavera e nascosta da un cappello nero dalla para larga, Leah Menalcan fece la sua comparsa alla Villa ondeggiando su tacchi incredibilmente alti e sottili, due stiletti che la facevano apparire leggera come una nuvola. 
Joseph non se la ricordava né tanto slanciata, né così sensuale come gli apparve in quel momento, eppure seppe con certezza che si trattava di lei. Era diversa nell'aspetto, certo, ma dava ancora l'idea di essere la stessa sorella che aveva lasciato solo l'anno prima - sicura di sé, testarda e, nonostante questo, anche dolce e comprensiva.

Possibile che la fine della pubertà l'avesse portata a un passo da qualche copertina patinata? 
Non le era mai importato nulla della moda, men che meno del trucco o dell'apparire come una modella - a dispetto del fatto che fosse incredibilmente bella, come loro madre -, eppure ora sembrava proprio essere diventata una diva. Non un dettaglio fuori posto, non un accessorio messo senza prima aver sapientemente studiato il look. Dove era finito il maschiaccio con cui aveva passato l'infanzia?

La vide avanzare scura in viso, abbassare il capo quando qualcuno, tra i confratelli, le si avvicinava per farle le condoglianze, esattamente come ci si sarebbe aspettato da lei. Ad ogni saluto, la giovane agiva di conseguenza, apparendo davvero dispiaciuta per il lutto subìto; se l'avessero conosciuta bene quanto lui però, avrebbero saputo che in quel momento il suo, in realtà, non era altro che fastidio. 
Leah odiava Douglas quasi più di quanto lo detestasse il fratello maggiore perchè, dopotutto, essere l'erede femmina di un casato e un uomo così misogini non era poi cosa di cui essere allegri o andar fieri. Loro padre le aveva fatto pesare per ogni singolo giorno di vita la mancanza che aveva tra le gambe, arrivando persino ad allontanarla dalla Villa e rinchiuderla in un collegio Svizzero pur di non vedere le sue curve crescere e sentire il suo odore intensificarsi, diventando così desiderabile da qualsiasi maschio del branco. Quel vecchio non riusciva a concepire l'idea che una donna fosse nata dal suo seme, forse perché in cuor suo aveva sempre e solo desiderato maschi, in modo che il clan non potesse avere troppi punti deboli.

Eppure quella figlia tanto disprezzata non era da meno di altri licantropi presenti lì in mezzo. Certamente non poteva essere comparata ai due pargoli nati prima di lei, ora esemplari magnifici di una razza letale, ma non era nemmeno fonte di smacco per il nome della famiglia.

Joseph, nonostante i sei anni che li separavano, aveva sempre visto in lei un alleato, qualcuno che in futuro gli sarebbe stato accanto. Avevano entrambi vissuto il loro ruolo all'interno di quel branco con costrizione e, ora, potevano unire le forze per scrollarsi di dosso il fantasma dell'Alpha.

Così l'attese con una certa impazienza all'interno dell'androne. 
In mezzo a tutto il marasma generato dallo scontro appena passato, alle tensioni e le immagini che gli facevano trascorrere le notti insonne, per non parlare delle minacce di Gabriel, il Puro stava finalmente per poter tirare un sospiro di sollievo - anche se nulla avrebbe potuto togliergli dalla mente gli ultimi ricordi di Aralyn e ciò che suo fratello avrebbe potuto escogitare per vendicarsi di lei. Perché certamente quell'energumeno non avrebbe più lasciato in pace i Calhum dopo l'affronto subìto.

Leah varcò la soglia con uno sbuffo - le doveva costare più fatica di quanto desse a vedere star lì, tra tutti quei licantropi con cui era cresciuta ma che non aveva mai apprezzato veramente. Dovevano andarle stretti quel ritorno obbligato e la permanenza che l'aspettava lì, per onorare un licantropo sulla cui tomba avrebbe volentieri sputato; e come darle torto? I ricordi felici che aveva di quel posto appartenevano a un passato davvero lontano, a prima che la sete di potere di Douglas mietesse così tante vittime.

«Già stanca?» l'apostrofò andandole incontro con un vago sorriso stampato in viso, in modo da non insospettire troppo il resto del clan. Fu un istante appena, qualche momento di sorpresa che rallentò la reazione della giovane, ma appena si rese conto di chi le stava parlando, l'ultima figlia dell'Alpha si lanciò contro il fratello, saltandogli al collo: «Joseph!» gli gridò nell'orecchio con una spontaneità che inaspettatamente gli ricordò il branco di Arwen. A Joseph parve quasi di tornare in mezzo ai tavoli e alle panche della caffetteria, dove i gemelli Vogel si lanciavano commenti gioiosi da una parte all'altra della stanza, dove Garrel esplodeva in commenti espliciti nei confronti di Marion o dove Fernando gli si avvicinava per tirargli l'ennesima pacca sulla spalla. Già... la naturalezza di lei aveva proprio lo stesso sapore di quei ricordi, se non fosse che il corpo di uno di quei licantropi fosse stato bruciato solo il giorno prima, appena concluse le pulizie della Villa. 

«Grazie alla Madre Luna stai bene! Ho temuto il peggio quando mi hanno detto di Douglas» continuò la sorella, strappandolo con involontaria prontezza da quei pensieri.

Le mani fredde di Leah gli cinsero il viso e, ritrovandosi così faccia a faccia con lei, si vide riflesso nelle enormi lenti dei suoi improbabili occhiali da sole. In quegli specchi scuri Joseph scorse i segni lasciategli dalla guerra appena trascorsa e, di conseguenza, una morsa gli strinse lo stomaco. Le bende intorno alla testa gli parlavano del modo in cui si era rifiutato di fronteggiare Arwen per amore di una donna che, ora, non aveva la più pallida idea di dove fosse o come stesse - un cruccio che lo tormentava con eccessiva insistenza. Erano la testimonianza della sua riluttanza nel combattere per un casato, un nome e una famiglia in cui non credeva più, di cui finalmente si era reso conto non far parte.

Ma nessuno, a parte Gabriel, avrebbe mai potuto sospettarlo.

Il ragazzo si costrinse a sorridere ancora, anche se d'un tratto il suo buonumore era scemato.

Per quando sua sorella fosse per lui un appiglio, ciò che era successo in quell'ultimo mese non poteva essere dimenticato: il peso delle vite che aveva distrutto era più soffocante del sollievo che un viso amico potesse regalargli.

Lento le spostò le mani, mantenendo una compostezza che non sentiva più così familiare - il vero sé lo aveva lasciato tra i boschi del centro Europa, mentre quello che si era costretto a credere che fosse adesso non gli piaceva più.

Era bastato qualche mese per cancellare completamente anni di duro lavoro. Erano bastati dei sorrisi genuini e bevute in compagnia per fargli capire che la sua vita, quella vita, non era ciò che desiderava; ma soprattutto gli era bastato incontrare Aralyn per capire che nulla, se non la sua presenza, l'avrebbe nuovamente fatto sentire completo - peccato che gli Dèi fossero stati tanto meschini da dividerli a quella maniera.

«E ancora non hai visto Gabe» le disse ammiccando appena, quasi a volersi scrollare di dosso attenzioni che non desiderava.

Leah sembrò stupirsi. Con un dito premette sulla montatura degli occhiali, facendoli scivolare lungo i nasino perfettamente dritto: «Stai scherzando? Ma sta bene?» Non si trattava di vera e propria preoccupazione, quanto più d'incredulità. Loro fratello si pavoneggiava con chiunque per i successi conseguiti negli anni, anche quelli che in realtà non gli appartenevano del tutto, e con la sua spavalderia non faceva altro che evidenziare quanto lui, a differenza di chiunque altro, fosse nato per essere il più grande Alpha di tutti i tempi.
Gabriel sentiva di essere stato messo al mondo per uno scopo, di essere stato scelto da una qualche divinità per governare su tutti i licantropi, peccato solo che non si rendesse conto di aver a che fare solo ed esclusivamente con un'immaginazione troppo fervida e un ego eccessivamente smisurato.

«Cammina, mangia, scopa e respira, quindi sotto quel punto di vista direi che sì, sta bene, ma il suo orgoglio...»
La giovane fremette, aggrappandosi con le mani a quelle del fratello: «Lo hanno preso a calci in quel posto?» sussurrò, in modo che nessuno dei presenti nell'androne potesse sentirla. Non era felice del fatto che i nemici potessero aver avuto la meglio sulla sua gente, semplicemente era entusiasta che qualcuno, finalmente, avesse dimostrato a quell'energumeno del primogenito di non essere poi tanto "eletto" - Joseph lo sapeva bene, glielo aveva ripetuto fino alla nausea durante l'adolescenza e le telefonate scambiate in quegli anni di lontananza. Leah dopotutto era come lui: una pecora nera in mezzo a un gregge all'apparenza perfetto.

«Al tuo posto chiederei direttamente a lui, giusto per rivangare lo smacco» le suggerì con complicità, divincolandosi dalla sua presa e incamminandosi verso la scalinata di granito splendente. L'avevano ripulita con estrema minuzia, levando da ogni gradino i resti organici dei caduti e disinfettando qualsiasi punto in cui ci si potesse appoggiare.
L'odore di sangue era stato presto sostituito da quello nauseante dei detersivi, ma quantomeno non vi era più traccia di ciò che era successo - dettaglio fondamentale in caso qualche ospite si fosse recato lì per assistere al rito funebre.

Il ragazzo prese a salire, seguito a ruota dal ticchettare delle scarpe della sorella che rimase sempre un paio di passi indietro, come prevedeva l'etichetta del branco: «Quindi Arwen e i suoi vi hanno attaccati di sorpresa?» Domandò lei guardandosi attorno con curiosità e circospezione, forse cercando una qualche traccia di ciò che era successo nelle quarantottore precedenti. La giovane non aveva mai realmente partecipato a nessuno scontro, "troppo debole", a detta del padre, per essere coinvolta in attività così brutali e destinate solo a veri mastini della Luna, eppure una parte di lei aveva sempre desiderato entrare a far parte di quel mondo, come i fratelli maggiori. Più volte lo aveva confessato al ragazzo di fronte a lei, senza però riuscire a cambiare la sua situazione.

Joseph sentì improvvisamente il desiderio di afferrare qualcosa, stringerlo con forza, ma cercò di contenersi al meglio. Sapeva bene che ciò che era accaduto sarebbe stato argomento di conversazione per tutti i giorni di veglia e, probabilmente, anche per qualche mese a seguire, eppure non riusciva ad affrontare la questione senza che il lui si risvegliasse qualcosa di indesiderato.

«Sapevamo sarebbero arrivati, ma non pensavamo così presto» confessò, infilandosi i pugni in tasca. Ancora ricordava la conversazione con suo padre, quando il piano per attaccare il Rifugio aveva iniziato a prendere forma. Douglas avrebbe voluto agire prima dei nemici, prenderli alla sprovvista e rimettere in riga gli Impuri, ma non aveva idea che Arwen sarebbe sopraggiunto nemmeno una manciata di giorni dopo la liberazione della sorella - men che meno avrebbe mai sospettato che Kyle si fosse messo nel mezzo. Chissà cosa aveva detto al clan di lei, se li aveva preparati all'orda di violenza che l'Alpha avrebbe voluto lanciargli contro o se semplicemente gli aveva detto di venirla a prendere.

Fece un sospiro, faticando a pronunciare anche i concetti più innocenti: «Abbiamo toccato Arwen nel profondo, era ovvio che avrebbe chiesto vendetta».
Appena misero piede sul pianerottolo Leah si sporse verso di lui. Ora non aveva più nulla a coprirle gli occhi e il blu tetro delle iridi spiccava con eccessiva evidenza sul pallore del suo viso: «Che vorresti dire? Non lo avevate già umiliato abbastanza?» Il broncio con cui gli si rivolse lo fece sorridere. Nonostante l'aspetto ormai più vicino a quello di una femme fatale, che di una ragazzina, aveva ancora gli stessi modi infantili, quelle espressioni che sin dall'infanzia gli suscitavano una certa tenerezza.

Anche lei, come tutti nel clan, era stata istruita al disprezzo verso gli Impuri, ma non per questo era mai stata una convinta sostenitrice delle ideologie paterne. L'ultima figlia di Douglas non odiava i meticci, per lo più provava per loro una sorta di diffidenza - le poche parole aspre che le aveva mai sentito rivolgere nei loro confronti erano solo di circostanza, oppure il riflesso di opinioni condivise nel branco.

«Erano riusciti a prendere il Pugnale, Leah» le fece presente, piegando il capo nella sua direzione: «Nostro padre non glielo avrebbe mai perdonato, così gliel'ho riportato».
«Tu?» le sopracciglia sottili si arcuarono, mostrando tutta la sorpresa della ragazza - dettaglio che lasciò assai perplesso il fratello. Cosa c'era di tanto strano? Non era la prima volta che portava a termine faccende di quel tipo per conto dell'Alpha, dopotutto appena superata la maggiore età aveva dovuto rinunciare agli atti di ribellione e abbassare la testa di fronte ai doveri di un futuro leader.

«Hai qualche rimostranza?» le chiese storcendo la smorfia.
«No, assolutamente!» le mani di lei si alzarono davanti al petto in segno di resa, ma ciò non le impedì di fare una domanda ben più fastidiosa: «Quindi il vecchio è morto perché tu hai umiliato nuovamente Arwen Calhum?»

I piedi di Joseph si fermarono. Il suo sguardo calò confuso sulla figura appena dietro alla spalla.

Quell'eventualità non gli aveva mai sfiorato i pensieri, forse perché in cuor suo aveva dato per scontato, sin dall'inizio, che l'unico ad aver aggravato una situazione già precaria fosse stato Gabriel, fomentato dall'odio di Douglas per coloro che non erano purosangue.
Se loro fratello non si fosse messo in mezzo, strappando Aralyn dalle sue braccia, Arwen non sarebbe mai tornato a reclamare le loro teste - tutto però, adesso che lei glielo faceva notare, era iniziato con la sua decisione di partire per riprendersi il Pugnale.

E se non lo avesse mai fatto? Se si fosse limitato a contare i danni e preparare un'offensiva al sicuro nelle mura della Villa?

Forse avrebbe risparmiato a coloro coinvolti tutti il dolore a cui avevano dovuto far fronte.

Le labbra del licantropo si schiusero appena, senza però aver idea di cosa dire.

Fu lei a spezzare il silenzio: «Come hai fatto?» I suoi occhioni si fecero indagatori, lo scrutarono da cima a fondo provando a immaginare uno scenario plausibile, ma dopo alcuni secondi, privandolo ancora della possibilità di rispondere, si allontanarono sbattendo: «Sono certa sia una storia avvincente, avrai tempo per raccontarmela, l'importante...» d'un tratto si fece cauta, lanciando qualche occhiata nei dintorni. Non vi erano molti confratelli in giro, tra quelli morti e i feriti per i corridoi il via vai era notevolmente diminuito, ma non per questo i loro discorsi erano al sicuro.

Quando riprese a parlare, il tono di Leah divenne un sussurro: «è che il vecchio non ci sia più, anche se temo come potrà agire Gabe da ora in poi» - e non era affatto la sola.


   
 
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