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Autore: Luchawww    25/02/2020    4 recensioni
Settimo e ultimo anno per Rose Weasley alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Eppure, le parole del padre Ron pronunciate quel primo settembre di sette anni prima a King's Cross le risuonano ancora nelle orecchie: "Quel piccolo Scorpius, vedi di batterlo in tutte le prove. Rose...Non essere troppo amica con lui!”.
(caratterizzazione e concept PRE Cursed Child)
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily Luna/Lysander, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Natale si stava avvicinando e nel dubbio che sarei rimasta a Hogwarts o fossi tornata a casa per le vacanze, decisi di approfittare della presenza della Biblioteca per portarmi avanti con lo studio.
Il mio obiettivo era di arrivare all’anno nuovo con gran parte del programma svolto, in modo da poter trascorrere gli ultimi mesi di scuola, oltre che a svolgere gli esami finali, a vagliare le opzioni riguardanti ciò che mi sarebbe piaciuto fare dopo gli studi. A differenza di Albus, che sapevo si sarebbe concentrato sulla sua carriera di giocatore di Quidditch e avrebbe tentato di entrare nella quadra nazionale, io non avevo ancora ben chiaro cosa fare; c’erano davvero troppe cose che mi interessavano e nemmeno le lunghe chiacchierate serali con mia mamma davanti alle innumerevoli tazze di tè mi erano state d’aiuto. A sentire lei, avevo tutte le carte in regola per intraprendere una virtuosa carriera al Ministero della Magia (come lei stessa aveva fatto), ma più si avvicinava il momento decisivo, più il mio cervello e il mio stomaco si rifiutavano di prendere in considerazione questa eventualità. Il fatto era che sentivo il mio cuore ambire a qualcosa di diverso, ma ancora non sapevo cosa, e per una persona razionale come me era davvero difficile accettare quell’insolita sensazione. L’unico che sembrava capirmi davvero era mio padre Ron; sapeva esattamente di cosa ero capace, ma quando sollevavo il discorso a pranzo, l’unica sua reazione era quella di guardarmi con i suoi sinceri occhi azzurri e dirmi “Fai quello che ti rende felice, Rosie”.
Fosse stato facile capirlo.
Tamburellai con la penna d’oca sul bordo del tavolo della Biblioteca, mentre il mio sguardo si perdeva nel paesaggio rosato del tramonto, fuori dalla finestra. Davanti a me, la relazione di Antiche Rune che avevo provato a riscrivere per la terza volta. Qualcosa non andava, non riuscivo a concentrarmi. Probabilmente avevo bisogno di una pausa da tutta quella mole di lavoro; anche quel giorno infatti, avevo saltato il pranzo ed ero corsa in Biblioteca direttamente dopo le due ore di Pozioni, un paio di panini nella borsa.
È che non mi andava molto di stare al tavolo con gli altri Grifondoro, dopo l’ultima partita di Quidditch. Anche se sapevo che fosse irrazionale pensarlo, mi sentivo come se avessi tutti gli sguardi addosso. Tranne quello di Finnigan, il quale, le poche volte che mi guardava, lo faceva ormai con timore, sia che ci incrociassimo nei corridoi, sia che fossimo in Sala Comune; la sua espressione di disarmo faceva sempre rotolare Albus e Hugo dalle risate. Per lo meno aveva smesso di fare battute.
Anche le lezioni stavano diventando una tortura. Ormai trovavo addirittura confortante la presenza di Dominique ad Aritmanzia, che almeno mi sollevava dall’onere di dover pensare inondandomi di discorsi superficiali, senza nemmeno pretendere una risposta in cambio – le bastava qualche cenno di muto incoraggiamento per andare avanti a parlare per ore.
Non sapevo spiegarmi quel malessere, ma avevo bisogno di stare da sola, o almeno così credevo.
Malfoy ed io non ci eravamo più parlati dall’ultima volta in Infermeria, a malapena ci eravamo incrociati. Questo anche perché finite le lezioni me la svignavo prima di tutti gli altri e perché, appunto, ormai mangiavo raramente in Sala Grande. Le uniche volte che lo vedevo era quasi sempre ignaro e di schiena, e io non mi preoccupavo di farmi notare.
Non ero riuscita bene a capire cosa fosse successo il giorno della partita, il perché di quell’improvvisa vicinanza, intimità forse, anche se di intimo non c’era stato proprio nulla. Eppure quella volta i suoi occhi non mi aveva solamente guardato attraverso, come facevano di solito; mi avevano guardata dentro, come se mi vedessero per la prima volta. Questo mi aveva fatta sentire vulnerabile, impedendomi di dormire serenamente la notte - non come l’ultima volta a causa del senso di colpa… questo era un altro tipo di irrequietezza. La stessa irrequietezza che mi continuava ad accompagnare in quei giorni sempre più prossimi a Natale, la stessa irrequietezza di chi non sa cosa vuole e di chi si rende conto che forse non se l’è mai nemmeno chiesto.
Poggiai la penna e ricacciai la pergamena nella borsa, concludendo che sarebbe stato inutile insistere. Ci avrei pensato l’indomani.
Un gorgoglìo proveniente da un punto impreciso dentro di me mi ricordò che i due panini a pranzo non erano bastati e che forse sarebbe stato il caso di presentarmi in Sala Grande e cenare decentemente. Anche perché quella sera sarei rimasta alzata a lungo: era la prima sera di molte in cui avrei dovuto sorvegliare l’ala est del castello. Insieme a Malfoy.
Il gorgoglio si fece più feroce, tanto che mi strinsi la mano sullo stomaco.


La Sala Grande era gremita di gente che si stava già rimpinzando, quando arrivai. Mi sedetti noncurante degli sguardi dei miei compagni e cercai di essere più discreta possibile.
Due posti più in là, Lily, che era intenta a parlare con Albus, si sporse per guardarmi.
«Ciao Rose, sei uscita dalla caverna?» chiese sogghignando, mentre anche il fratello si girava incuriosito.
Quest’ultimo teneva in mano una lettera e sembrava che fosse quello il motivo della loro conversazione; tuttavia, avendo già i piatti vuoti e la pancia piena, decisero di alzarsi e di venirsi a sedere proprio di fronte a me, non prima che Albus si rificcasse la lettera in tasca.
«Avevo un po’ di fame e stanotte mi tocca stare su fino a tardi» bofonchiai con la bocca già piena di pasticcio.
«Una buona occasione per farti viva allora» commentò sarcasticamente Albus, mentre mi guardava di sottecchi. Ricambiai con uno sguardo colpevole, ma non risposi. Di tutti, Albus era quello che stava patendo di più quel mio momento di crisi. Aveva già cercato di parlarmi, ma lo avevo liquidato dicendo che volevo semplicemente attenermi al mio monolitico piano di studi e che non ci fosse nulla che non andava.
«Comunque io devo svignarmela, ho gli allenamenti stasera» proseguì mio cugino, sfilando una patata arrosto dal mio piatto. «Salutami Scorpius» aggiunse, facendomi l’occhiolino prima di alzarsi.
Masticando, lo guardai uscire dalla Sala; quando tornai al mio piatto Lily mi stava ancora fissando dietro le grandi lenti con sguardo interrogativo.
«Doferi di Cafofscuola» mormorai dentro il calice di Succo di Zucca, per rispondere al suo sguardo interrogativo. «Le prime ronde» aggiunsi, pulendomi la bocca sul tovagliolo.
«Ah!» Continuò a giochicchiare con le punte dei suoi lunghi capelli, osservandomi curiosa.
«Stai bene Rose?»
«Sono solo stanca» risposi quasi con troppa fretta. Deglutii e ripresi, con tono più dolce «Tu? Novità con Lysander?»
Il viso di Lily si illuminò e prese a sorridere, sognante.
«Mi ha invitata da lui a Natale! Ha detto che vuole farmi vedere il suo allevamento di Plimpi d’acqua dolce e insegnarmi a come prendermene cura nei mesi invernali. Sai, quando c’è particolarmente freddo, vanno messi in un acquario e-» ma si interruppe all’improvviso, probabilmente dopo aver letto lo scarso interesse nei miei occhi.
«Comunque chissà, non abitano così lontano da noi. Potrei pensare di fare un salto quando torneremo a casa per le feste» osservò pratica, accompagnando il tutto con un sorriso incerto.
«Come fai a sapere che ti piace?» chiesi all’improvviso.
Non so come mi fosse uscita la domanda, né da dove. Avevo preso ad attaccare una fetta di torta di mele ed era sorta così, spontaneamente. Me ne pentii subito mentre Lily mi rivolgeva uno sguardo interdetto e confuso.
«Lascia perdere» sbottai sbrigativa, mentre riprendevo ad ingozzarmi cercando di concentrarmi su quello che avrei dovuto fare quella sera.
«No no» iniziò lei, unendo le punte delle dita in maniera pensierosa «Beh… ecco, quando sono vicina a lui mi sento lo stomaco sottosopra, mi sento il cuore battere a mille, come se stessi per vomitare» decretò con aria sognante.
La squadrai con uno sguardo scettico.
«Ma è tremendo»
Lily rise così forte da far voltare alcuni Grifondoro che erano seduti vicini a noi.
«Ma è anche la sensazione più bella del mondo! Per quanto possa essere terribile la mia giornata, vederlo mi fa sentire leggera, come se camminassi sulle nuvole» abbassò lo sguardo sul tavolo, arrossendo violentemente «…poi sento un calore irradiarsi dentro e scendere…»
«OK GRAZIE, credo di aver capito» sbottai frettolosa, mentre sentivo anche io il rossore irradiarsi dal mio collo. Era proprio lì dove non volevo andare a parare.
Lily si scostò i capelli dal viso, imbarazzata e prese a mordersi il labbro.
«Non è come dice Dominique, Rose. Se ti piace davvero, lo senti dappertutto» concluse appoggiando il mento sulla mano e guardando nel vuoto con aria sognante.
Mi schiarii la voce incerta, non sapendo cosa dire.
«Ma perché me lo chiedi?» domandò all’improvviso, tornando a guardarmi, l’espressione ebete ancora presente.
Alzai le spalle e assunsi la mia migliore espressione di indifferenza mentre raccoglievo la borsa.
«Ma te ne vai di già?» continuò Lily, una nota di delusione nella sua voce.
Annuii frettolosamente e prima che potesse ribattere ero già a metà strada tra il tavolo e l’uscita; lanciai una veloce occhiata al tavolo dei Serpeverde: Malfoy non c’era. Probabilmente aveva già finito di cenare. Feci un profondo respiro prima di incamminarmi verso la Sala Comune dove avrei abbandonato i miei libri e mi sarei preparata mentalmente per la nottata.
 
 
L’orologio al mio polso segnava ancora le nove meno un quarto quando raggiunsi il Salone d’Ingresso e nessuno degli altri Capiscuola era ancora arrivato. Per qualche strana ragione, l’agitazione e la fretta mi avevano fatta arrivare prima del dovuto. Mi passai nervosamente una mano tra i capelli appena lavati mentre osservavo le vecchie armature all’entrata, sperando che il tempo scorresse più in fretta. Odiavo aspettare. Oltretutto, dal nervoso, avevo rovesciato mezza bottiglia di Shampoo-Magico-Magici-Ricci che mi aveva regalato mia madre finendo per sentirne l’odore pungente di rosa non appena sfioravo i capelli o voltavo la testa. Sperai intimamente che nessuno se ne accorgesse.  Mentre mi maledicevo mentalmente, vidi Rainold Light e Padme Macmillan girare l’angolo del corridoio e avvicinarsi; entrambi mi rivolsero un sorrisetto di circostanza che ricambiai con tensione visibile.
«Allora noi ci facciamo l’ala ovest e la zona al limitare della Foresta Proibita, giusto?» incalzò Padme da dietro la pesante sciarpa di Tassorosso che portava al collo; si stava rivolgendo più a Rainold che a me. Lui annuì infilandosi un paio di guanti.
«Direi di iniziare dai giardini prima che scenda troppo la temperatura» bofonchiò, tirandosi su la zip del giaccone «La prossima volta ci alterniamo» aggiunse, prima di alzare lo sguardo sopra la mia testa e fare un cenno con il capo.
«Malfoy»
«Buonasera» sentii dire la voce di Malfoy alla mia destra.
Evidentemente era salito dalle scale dei sotterranei e ci aveva raggiunto senza che nemmeno lo sentissi. Mi voltai leggermente per ricambiare il saluto con un’occhiata ed un cenno del capo. Lui aveva lo sguardo fisso a terra.
«Allora noi andiamo» decretò Padme con fermezza, prima di oltrepassarci in direzione dell’uscita.
Rimanemmo noi due nell’ingresso.
Malfoy si strinse nel suo cardigan nero, infilandosi le mani in tasca.
«Ti… ti va di partire dall’Aula di Difesa Contro le Arti Oscure e da lì salire fino alla Guferia?» buttai lì cercando di mantenere un tono pratico e convincente, le dita delle mie mani che pizzicavano nervosamente il bordo inferiore del maglione oversize che indossavo.
Lui annuì con aria assente e prese a camminare verso il corridoio ovest. Presa alla sprovvista più del solito dal suo silenzio, lo seguii interdetta, consapevole che sarebbe stata una serata piuttosto tesa. Avevo una leggera sensazione di nausea, ma probabilmente era stata la fragranza dello shampoo a stordirmi.
«Stai studiando molto?» esordii dopo qualche secondo, nel disperato tentativo di alleviare la tensione. Il silenzio si faceva ancora più ridondante nella quiete del castello vuoto. Per fortuna la semioscurità giocava a nostro favore e nascondeva le espressioni di disagio.
«Ci provo. Ultimamente ho la testa da un’altra parte.» rispose Malfoy con voce calma, guardando dritto davanti a sé. Passammo davanti ad una torcia appesa al muro e per un attimo vidi l’ombra di due leggere occhiaie solcargli il volto. Mi sentii davvero di capirlo.
«A chi lo dici. Spero che per te sia il Quidditch» ribattei con un mezzo sorriso nervoso che voleva essere comprensivo; ma lui continuò a non guardarmi.
«Più o meno» buttò là laconico, senza la minima inflessione vocale.
Sbuffai internamente cominciando a percepire la solita frustrazione che mi prendeva dopo dieci minuti di conversazione con lui. Non si sforzava nemmeno.
Improvvisamente sentii una rabbia montarmi dentro, una rabbia che era rimasta sopita quelle ultime settimane dopo la partita. Una rabbia che forse non era nemmeno diretta a lui, ma che mi fece comunque sbottare.
«Senti, se vuoi ci dividiamo e ci rivediamo qua tra quindici minuti. Così possiamo sbrigarcela più velocemente.»
Mi resi conto che il mio tono era sembrato più scocciato di quanto volessi. Malfoy si fermò e si voltò, guardandomi finalmente negli occhi. Sembrava vagamente dispiaciuto, ma sostenne comunque il mio sguardo. Si grattò lentamente il naso con la mano destra e intravidi i lividi ormai chiari sulle nocche. Mi si strinse lo stomaco.
«Ecco…» iniziai incerta.
«Va bene» decretò con tono tranquillo. Mi scrutò un’ultima volta con i suoi occhi grigi prima di voltarsi.
«Tra quindici minuti» ripeté, cominciando a camminare verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Amareggiata, lo guardai incamminarsi per qualche secondo, prima di dirigermi a passo pesante verso l’aula di Incantesimi, sul lato opposto. Possibile che dovessi essere a tutti i costi così indisponente? Scossi la testa nervosamente mentre un’armatura alzava un braccio in segno di saluto.
«Non sei stata affatto carina, sai?» disse una voce altera alla mia sinistra; mi voltai e vidi Violet, una vecchia amica della Signora Grassa, che mi seguiva facendosi largo tra un quadro e l’altro, cercando di stare al mio passo.
«Non sei un po’ lontana da casa?» sbottai sarcasticamente mentre scandagliavo il corridoio con lo sguardo. Lei rispose con uno sbuffo.
«Voi Weasley siete esperti nel capire tardi le cose» ribatté con tono indispettito, dandosi arie di chi la sa lunga. La guardai farsi spazio tra un gruppo di monaci per raggiungere il quadro successivo, il tutto tenendo in equilibrio un enorme calice di vino nella mano destra.
«Ma non sono affari miei. Buona serata» e accelerò, diretta probabilmente alla torre di Grifondoro per una bevuta notturna con l’amica.
«Questo è poco ma sicuro» dissi al nulla.
 
Feci presto ad esaminare il resto delle aule e dei corridoi poiché l’unico visitatore indesiderato che incrociai fu Pix che si divertiva a lanciare i vecchi tomi di Storia della Magia sulla testa dei poveri sventurati Elfi Domestici che stavano pulendo le aule. Gli lanciai una fattura, mancandolo, ma il tentativo fu sufficiente a farlo scappare via tra le risate, non prima di aver fatto una doppia capriola con pernacchia finale. Pochi minuti dopo ero tornata al punto in cui io e Malfoy ci eravamo divisi, ma di lui non c’era traccia. Alzai lo sguardo speranzosa, ma gli occupanti dei dipinti sopra di me stavano tutti dormendo molto profondamente, alcuni russando senza ritegno. Scrutai l’orologio per l’ennesima volta e spostai il mio peso da un piede all’altro, ripetutamente. Forse era successo qualcosa? O forse Malfoy aveva finito il suo giro e se n’era andato a dormire lasciandomi là come una scema? Dubitavo fosse così. Percorsi velocemente il corridoio opposto, ma le aule erano tutte vuote; decisi quindi di dirigermi verso la Guferia.
Ero appena alla seconda rampa di scale, quando sentii una voce. Con un balzo oltrepassai il famoso gradino mancante della scala e seguii quel suono. Una luce riverberava nel corridoio e sembrava provenire da uno dei grossi ripostigli che Gazza usava per stipare la merce di contrabbando che confiscava agli studenti in procinto di spedirla chissà dove. Incuriosita, mi avvicinai all’entrata. La luce era accesa e una figura si stagliava davanti ad essa. Era Malfoy.
Ma ero troppo confusa per dire qualunque cosa. Malfoy era completamente diverso da come l’aveva visto prima. Indossava un abito nero, molto elegante, e i capelli biondo chiaro erano accuratamente pettinati all’indietro in un modo che ricordava molto il padre, o almeno, per come lo avevo visto quelle poche volte alla stazione di King’s Cross; ma la cosa strana e alquanto disturbante, era l’espressione sul suo volto: i lineamenti appuntiti erano deformati in un ghigno derisorio e negli occhi gli si rifletteva la luce proveniente dalle torce lungo i muri, dando allo sguardo un’aria glaciale. Irto in tutta la sua altezza, camminava avanti e indietro con le mani dietro la schiena e sembrava guardare verso un punto in fondo all’aula che non mi era visibile.
«Malfoy?» sussurrai incerta, incapace di togliere gli occhi dal ragazzo.
«Come loro. Sei come loro. Perché credi di appartenere alla stessa Casa?» la voce che uscì dalla bocca di Malfoy era spaventosa e sembrava far tremare le pareti.
«Non meriti la sua amicizia. Lei ti disprezza, non sarai mai degno. Non puoi evitarlo.» Le parole risuonarono lapidarie e minacciose, Malfoy esplose in una risata malvagia fissando intensamente qualcosa di fronte a lui.
Cosa stava succedendo? Con chi stava parlando? Cosa era successo alla sua voce?
«Malfoy?» urlai questa volta, facendo girare il ragazzo.
Lui si voltò di scatto e mi guardò dall’alto della sua figura elegantemente vestita, il ghigno che si allargava più che mai, scoprendo i denti perlacei. Le pupille dei suoi occhi… le pupille dei suoi occhi si stavano stringendo, fino a diventare due tagli verticali neri in uno sfondo grigio.
«Riddikulus» sentì una voce provenire dall’interno dell’aula e un attimo dopo Malfoy, o quello che credevo fosse Malfoy, era esploso in mille pezzi, lasciando dietro di sé una nube di fumo biancastro. Mi precipitai a guardare dentro l’aula, appoggiandomi allo stipite della porta.
Malfoy, quello vero, era appoggiato contro un armadio in fondo al ripostiglio, le mani incrociate in grembo reggevano la Bacchetta. Il suo volto era in ombra.
«Cos… cos’era quello? Che è successo?!” esclamai senza fiato, scostandomi i capelli dal viso.
Malfoy fece un passo uscendo dalla lama d’ombra e mi guardò; aveva l’aria mesta e sembrava vagamente imbarazzato.
«Era solo un Molliccio di cui Gazza non si è mai liberato» rispose, la voce cupa. Si strofinò stancamente gli occhi con una manica del cardigan e sembrava non riuscire a sostenere il mio sguardo. Osservai alla mia destra il baule aperto dal quale probabilmente era uscito il Molliccio e lo richiusi con un calcio ben assestato. Mi sentii incapace di pensare lucidamente; la mia mente cominciava a mettere insieme i pezzi di quanto avevo visto, ma si rifiutava di razionalizzare. Mi voltai altrettanto imbarazzata verso Malfoy; mi sentivo come se avessi visto qualcosa che non avrei dovuto vedere. Come se avessi origliato un segreto imbarazzante che non avrei mai dovuto conoscere.
«Mi spiace che ti abbia spaventato» aggiunse il ragazzo, grattandosi dietro all’orecchio, mentre continuava a guardare in basso. Non capivo se fosse imbarazzato quanto me o se fosse…ferito?
Mi schiarii la voce.
«Ti va di uscire da qua?» borbottai nervosamente; non sapevo come comportarmi in quei frangenti, ma decisi di seguire il mio istinto. Lui annuì lentamente e mi seguì fuori dal ripostiglio.
Salimmo le scale fino alla Guferia in totale silenzio, ma pensai che fosse meglio così. Tuttavia questo mi fece risuonare nella testa ciò che avevo appena sentito (“Sei come loro. Non meriti la sua amicizia. Lei ti disprezza, non sarai mai degno”) …mi arrovellai per un attimo sul significato di quelle parole. Se i Mollicci di trasformavano in ciò che le persone temevano di più, questo significava che ciò che Malfoy temeva di più era sé stesso? Oppure di poter diventare in qualche modo così simile al padre? L’amicizia che aveva paura di non meritare era quella di Albus, il figlio del salvatore del Mondo Magico? E da chi aveva paura di essere disprezzato? Forse da Lily, anch’essa figlia dell’uomo che suo padre aveva tanto detestato?
Continuai a mordermi il labbro pensosamente mentre aprivo il pesante portone della Guferia. Sentii subito un’arietta fresca sferzarmi il volto. Il cielo notturno era completamente limpido e si vedevano chiaramente le stelle brillare. I gufi appollaiati sui trespoli regalavano un sottofondo di pigolii e versetti che faceva sentire meno soli, dopo tutti quei minuti passati in silenzio. Malfoy si sedette sulla panca di pietra vicino alla finestra dalla quale mi ero sporta per guardare fuori. Non volevo imporgli il mio sguardo indagatore, sapevo di aver già involontariamente violato la sua privacy. Lui comunque se ne stava con gli occhi chiusi e la testa appoggiata contro il muro di pietra, immobile. Forse stava pensando.
Una folata di vento mi scompigliò i lunghi capelli e lo vidi allargare le narici e inspirare lentamente. Osservai il suo viso rilassarsi e la sua bocca schiudersi in un dolce sospiro. Il vento aveva scompigliato anche i suoi capelli dorati, facendolo sembrare un po’ meno ordinato del solito e più simile alla sua versione post partita di Quidditch. Accompagnato dal pesante cardigan scuro, questo look lo faceva sembrare appena alzato dal letto. Sorrisi pensando a questa immagine, ma ritrovai il contegno subito dopo, prendendo a fissare insistentemente una cacca di gufo sul davanzale della finestra per distrarmi.
Mi schiarii la voce.
«Per quel che vale… quello che i Mollicci ci mostrano non è reale» buttai fuori tutto d’un fiato, cercando di suonare incoraggiante.
Alzai lentamente lo sguardo, scorgendolo mentre si mordeva il labbro inferiore pensieroso. Intercettò i miei occhi e il suo viso si ammorbidì in segno di gratitudine. Si alzò dalla panca e mi si avvicino, lo sguardo puntato sulla distesa di alberi che era la Foresta Proibita. Io lo guardai da sotto in su, cominciando a sentire nuovamente quella sensazione di nausea, solo che questa volta sentivo le orecchie tappate e le guance cominciare a scaldarsi. La luce della luna si rifletteva sul suo viso e in quel momento mi sentii dispiaciuta per lui. Mi dispiacque per il modo in cui probabilmente si vedeva, perché non c’era nulla, NULLA di simile tra quel ragazzo e il Molliccio che avevo visto poco prima.
Non c’era nulla di simile tra lui e la persona che temeva di essere.
Rimasi a bocca asciutta quando mi resi conto che lo avevo detto ad alta voce.
«Non c’è nulla di simile tra te e la persona che temi di essere».
La mia voce era uscita sicura, senza tremare. Le parole rimasero sospese nel silenzio, il fruscio degli alberi scossi dal vento l’unica cosa che le accompagnava. Le avevo pronunciate con così tanta convinzione che le mie dita si erano serrate contro la pietra fredda del davanzale e le mie nocche erano sbiancate.
Malfoy si girò verso di me, gli occhi spalancati che riflettevano i raggi lunari tanto da sembrare fatti di vetro. Il suo sguardo esplorò il mio viso, che era molto vicino, indugiò un millisecondo di più sulle mie labbra ancora socchiuse prima di riagganciarsi ai miei occhi nocciola.
«Grazie, Rose» sussurrò, tornando ad abbassare lo sguardo sulle proprie mani.
Stemmo a guardare il cielo notturno ancora per un po’, prima che l’imbarazzo crescente ci fece propendere per il salutarci e andare verso i nostri rispettivi dormitori. Tutto il coraggio che avevo impiegato nel pronunciare le ultime parole mi aveva infatti lasciato prosciugata ed ero tornata a sentirmi il viso caldo. Sospirai di sollievo quando ci congedammo con un imbarazzante “buona notte”, anche se tornando verso la Sala Comune di Grifondoro continuai a pensare a quello che avevo visto; ma più di ogni altra cosa mi continuava a balenare alla mente il volto di Malfoy e la luce lunare che lo illuminava… i suoi occhi chiari, il suo sguardo vulnerabile… il suo sguardo che indugiava sulle mie labbra.
Mi sembrò di camminare sulle nuvole mentre facevo gli ultimi passi che mi dividevano dal letto; quella notte mi addormentai con un senso di calore che mi irradiava da dentro.

   
 
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