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Autore: stormwind19    17/04/2020    2 recensioni
Kei e Akihito vivono nella stessa città. Non si conoscono, non potrebbero essere più diversi tra loro, il primo è un semplice essere umano, il secondo un mutaforma, ma esiste un sottile filo conduttore che lega le loro vite l’una all’altra. Le loro strade viaggiano in parallelo e anche le loro storie, se poi alla fine del viaggio riusciranno ad incontrarsi sarà solo il destino a deciderlo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il tempo è cambiato.
Le temperature rigide ora sono diventate più miti, il gelo dell’inverno ha lasciato il posto alla tiepida aria primaverile.
Anche per Kei il tempo è cambiato.
La rigidità che, fin dall’infanzia, è stato costretto a subire ora si è fatta più leggera e sopportabile, i dubbi hanno lasciato lo spazio alle risposte.
Con lo sguardo sollevato verso l’alto palazzo dal quale è appena uscito, sorride tra sé con l’animo appagato.
La sede del Miraishi News non gli è mai parsa così imponente e maestosa come in quel momento. Dentro a quegli uffici la vita è frenetica ma, soltanto qualche attimo prima, nel ritrovarsi tra la gente che li popola ciò che ha provato è una sensazione di benessere che da tempo non sentiva.
Tra le mani stringe una cartellina blu, recuperata non sa nemmeno lui come in un cassetto della scrivania e  sepolta sotto uno strato di carta straccia che non si era neanche preso la briga di buttare nel cestino dell’immondizia.
Lì dentro sono racchiuse le uniche certezze per una vita diversa.
Il telefono squilla e va immediatamente a scorrere con il dito sullo schermo e leggere il breve messaggio che gli è arrivato.
Non risponde e torna ad infilarsi il cellulare nella tasca dei jeans.
Un ultimo rapido sguardo all’edificio alle sue spalle e poi si incammina lungo le strade di quella città strana che ancora sente di non conoscere a fondo, nonostante ci viva da un paio d’anni ormai.
Del resto, pensa Kei, non si conosce mai veramente niente e nessuno.

Miraishi sembra essersi tinta di rosa.
Ogni angolo, anche nei sobborghi di periferia, è addobbato con decorazioni floreali di quel colore.
La primavera in Giappone è sempre motivo di festa, un simbolo di rinascita, e se ne sente coinvolto in quel periodo particolare della sua vita.
Scuote la testa pensieroso e continua a sorridere mentre il passo si fa più rapido mano a mano che si avvicina alla sua meta.
Il suo turno serale al Konbini sta per iniziare ma, d’un tratto, anche quella prospettiva non gli sembra poi così noiosa e banale tanto, lo sa, quelli saranno gli ultimi giorni in cui dovrà preoccuparsi di badare ai clienti, di riempire scaffali e tenere pulito lo stanzino sul retro.
Magari, prima o poi, finirà anche per rimpiangere ciò che si sta per lasciare alle spalle ma ora non vede l’ora di poter cambiare.

Giunto di fronte alla porta d’ingresso si blocca, lì accanto imbambolato di fronte alla vetrina un ragazzo sta fissando chissà cosa.
Ad attirare la sua attenzione non è il tipo in sé, piuttosto nella norma, ma il suo sguardo che sembra perso nel vuoto più che intento a scegliere qualche prodotto esposto in promozione.
Ha tutta l’aria di essere assorto nei suoi pensieri e ciò non fa che stimolare la sua curiosità e, soprattutto, la sua innata indole nel prendersi gioco delle persone.
Piega dunque la testa da un lato e muove qualche passo nella sua direzione. Ridacchia divertito perché il giovane non si accorge minimamente di lui.

“Trovato qualcosa di interessante?” domanda e solo in quel momento il tizio pare riscuotersi da quello stato di trance.

Volta lo sguardo su di lui con un’espressione confusa e stupita.

“Dici… a me?” chiede a sua volta, titubante, guardandosi attorno e cercando di capire se la domanda sia stata rivolta proprio a lui.

Poi, forse persuaso, solleva gli occhi e lo fissa.
Kei resta interdetto per qualche istante, indugia di fronte a quello sguardo. Il tipo ha gli occhi azzurri e ciò per chiunque può essere un particolare irrilevante ma non per lui. Subito un pensiero prende forma nella sua mente, il pensiero di un qualcuno che va vigorosamente a scacciare per evitare di perdersi in ricordi inopportuni in quel momento.
Uno sguardo, quello che lo sta osservando, che gli risulta tanto intimo quanto importuno.
Kei torna subito in sé. Non è la prima volta che gli capita di vedere ciò che lui vuole vedere e non ciò che realmente è.
L’ultima volta che ha avuto questo genere di ‘visione’ è stata molto meno piacevole di quella che ha in questo istante.
I suoi fantasmi non smettono mai di inseguirlo.
Non riesce ad impedirsi di sorridere però, nonostante abbia già preso una sua decisione a riguardo.

“Sono un commesso del negozio” spiega, indicando con il dito la porta del Konbini “Se ti serve qualcosa vieni dentro” lo invita con fare accomodante.
Tutto gli si può dire ma non che faccia male il suo lavoro.
Il suo capo gli ha insegnato mille modi per abbindolare i clienti che gironzolano nei dintorni e ormai si ritiene un vero esperto in questo.
Il ragazzo lo guarda in silenzio per un po’, perplesso, poi torna a spostare gli occhi sulla vetrina.

“No” risponde con semplicità e noncuranza “non mi serve niente”.

Kei scrolla le spalle con un pizzico di delusione che non gli riesce di nascondere.

“Va bene” rinuncia infine, ora non più particolarmente stimolato “nel caso cambiassi idea…”

Lascia la frase a metà convinto che il tizio non lo stia neanche più ascoltando e gli volta le spalle.

“Magari un’altra volta”

Kei si sposta nuovamente con lo sguardo sul ragazzo nell’udire quelle parole.
L’espressione  sul volto dell’altro è incolore, indecifrabile.

Non sa cosa ribattere a quel punto, non sa come interpretare quel commento.

Il tizio affonda le mani nelle tasche della felpa blu che indossa e se ne va, dopo avergli lanciato un’ultima occhiata vaga.

Lo lascia lì così, disorientato, per una manciata di secondi poi le sue labbra si piegano in un sorriso.
Kei sa che non ci sarà ‘un’altra volta’, non per lui. Se mai quel ragazzo dovesse tornare al Konbini ,un giorno o l’altro, non troverà più lui ad accoglierlo ma qualche giovane apprendista che avrà già occupato il posto lasciato libero.
Scuote il capo con un po’ di amarezza ripensando a quante altre cose ha deciso in quegli ultimi giorni e che non avranno alcuna ‘altra volta’.
Sfila il telefono dalla tasca, ora pronto per rispondere a quel messaggio ricevuto poco prima ma non lo fa, digita invece un numero sulla tastiera perché preferisce dirlo a voce. Lascia suonare a vuoto, nessuno risponde se non la segreteria che parte dopo un po’.
Kei tira un profondo sospiro prima di parlare.

“Papà… sono io”

Un attimo di esitazione e un altro lungo sospiro mentre cerca di far sembrare il tono della sua voce sicuro e deciso.

“Hai vinto… non ci sarà una prossima volta, non illuderti però… non lo faccio perché me lo hai ordinato tu ma perché io penso sia la cosa più giusta per me”.

Non aggiunge altro e chiude la chiamata.

Una persona, un giorno, gli ha detto di aver fame di vivere e anche Kei per un po’ ha pensato di poter lui stesso allungare le mani, raccogliere e sfamarsi a sua volta di quella vita.
Ma non è così semplice come sembra e tutto ciò che può fare, ora come ora, è solo arrendersi.

Con quei pensieri in testa apre la porta del negozio.
Non ha nemmeno il tempo di entrare che sei paia di occhi si sollevano su di lui e lo guardano con curiosità e in attesa di un responso.
Resta in silenzio per qualche attimo, per creare l’enfasi perfetta e recitare la sua ultima scena.
Drizza il busto impettito e sorride impertinente.

“Guardatemi bene ragazzi” ordina loro “perché da domani non sarò più qui con voi, ho appena firmato la mia assunzione”. Lo dice sollevando a mezz’aria la cartellina che ancora tiene stretta tra le mani.

Dopo, è tutto una serie di pacche sulle spalle, qualche abbraccio amichevole e congratulazioni festose.
Ora è pronto per iniziare il suo ultimo giorno come commesso al Konbini per poi, il giorno seguente, trasformarsi in giornalista d’assalto.

Una vittoria che si è sudato da solo, una piccola conquista per un domani migliore.
 
***
 
 
Si trova a Miraishi per la prima volta. Non ci è mai stato e, probabilmente, non avrebbe mai nemmeno pensato di trovarsi a camminare attraverso le sue strade se non fosse per l’audizione a cui deve partecipare. Vi è arrivato soltanto quel mattino, in treno, ed ha subito occupato la stanza d’hotel che gli è stata prenotata dagli organizzatori dell’evento. Ancora non si spiega come abbiano scelto proprio lui, insieme a chissà quanti altri bravi musicisti, per tentare la fortuna.
Il cacciatore di talenti nascosto tra il gruppetto di persone che, di solito, riesce a raccattare negli angoli di Narita gli ha semplicemente messo una mano sulla spalla dicendogli “ragazzo, c’è del potenziale in te” per poi infilargli tra le dita un biglietto da visita malandato e dirgli di chiamarlo la sera stessa.
Il risultato, nonostante le perplessità ed i dubbi, è quello di trovarsi lì ora con l’adrenalina che inizia a salire mano a mano che il tempo passa.
Akihito si è rintanato in camera per qualche ora, ha consumato il pranzo che si è portato dietro da casa e preparato da sua sorella, poi si è steso sul letto cercando di riposare in vista della serata. Ovviamente non è riuscito a farlo. Si è alzato e ha pensato di uscire a fare un giro per smorzare la tensione.
Suona la chitarra da quando è soltanto un ragazzino ma non ha mai pensato di poter intraprendere seriamente quella strada.
Ha fallito il tentativo di entrare in polizia, non ha superato le prove di ammissione, ed ora passa le giornate a leccarsi le ferite scrivendo canzoni che non lo soddisfano più di tanto.
Ma non ha alcuna intenzione di darsi per vinto. Arrendersi sarebbe come consegnare le chiavi della sua vita a qualcuno pronto a schiacciarla e non vuole concedere a nessuno questa soddisfazione.

Cammina ormai da un paio d’ore, con le mani affondate nelle tasche della felpa che indossa, e gli occhi spenti che quasi neanche vedono ciò che gli sta attorno. La chitarra, che di solito porta sulle spalle, l’ha lasciata nella camera d’hotel come a darle modo di riposare prima del duro lavoro che sarà chiamata a fare.

La chitarra è stata la sua prima amica e sarà sempre la migliore che mai avrà.

Solleva lo sguardo sulla vetrina di un negozio, è quasi sera ormai, e il momento di salire sul palco si avvicina.
Prende a fissare la sua immagine riflessa nel vetro.
Occhi azzurri, capelli corvini appiattiti sul volto, espressione assente.

Non si considera malaccio d’aspetto ma sa che quello non sarà sufficiente quando si troverà a suonare di fronte alla gente.
Dentro di sé si fa strada la solita voce, quella che compare maligna ogni volta che un dubbio lo assale.

Aki la smetti di farti ‘ste paranoie? Ti tremano le gambe per l’ansia? Se fai così preparati ad una pessima figura stasera.

Akihito imbroncia il volto e aggrotta la fronte mandando a quel paese quel fastidioso borbottio che gli ronza nelle orecchie, come una zanzara.
Forse è a causa di questo che la voce, reale, che gli sta parlando la sente appena, in maniera vaga e distante.

“…qualcosa che ti interessa?”

Solo allora si riscuote e, perplesso, si volta.

Il ragazzo che ha di fronte ha la testa lievemente inclinata su di un lato e gli sta sorridendo in modo cortese.
Lo studia per un momento, senza comprendere bene ciò che sta accadendo.
Ha capelli castani, medio lunghi  e disordinati in testa, tiene una cartellina tra le mani e non ha la più pallida idea di cosa voglia da lui.

“Dici…a me?” chiede per sicurezza, indicandosi con un dito.

Il sorriso sulle labbra del ragazzo si piega in un quello che ad Akihito sembra più un sogghigno.
Gli spiega che è il commesso del Konbini e lo invita ad entrare se ha bisogno.
In realtà lui non ha bisogno proprio di niente, nemmeno ci ha pensato di poter dare l’impressione di essere in cerca di qualcosa.
Si stava solo specchiando e basta.

Risponde e rifiuta, in maniera educata, tornando a guardare la propria immagine riflessa nel vetro.
Un’occhiata obliqua verso il tizio che ora appare vagamente deluso.

“Magari un’altra volta” esclama poi all’improvviso.
Non sa perché lo ha detto,  gli è sembrato di scorgere negli occhi dell’altro ragazzo la stessa identica scintilla di fallimento che capita di vedere su se stesso ogni volta che qualcosa va storto.
Gli lancia uno sguardo anonimo, poi torna ad infilarsi le mani nelle tasche della felpa e se ne va.

Inizia a sentire il vuoto che la chitarra di solito riempie sulle sue spalle. Ha le mani sudate e l’adrenalina continua a salire anche se, in apparenza, mantiene lo stesso contegno indifferente e annoiato di sempre.

Aki è quasi ora… sei pronto? Ricordati… autocontrollo… respira e…

“Taci” zittisce nervosamente, e a voce un po’ troppo alta, la fastidiosa coscienza che torna a predicare e a dare consigli non richiesti.

Akihito non sa cosa gli riserverà la serata, e nemmeno il futuro, ma se quell’audizione dovesse andare bene qualcosa inevitabilmente cambierà.
   
 
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