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Autore: NyxTNeko    19/04/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Calvi, 31 maggio

Giuseppe e Saliceti erano riusciti a scappare dalle grinfie di Paoli, ma nessun angolo della Corsica era sicuro, ad eccezione della cittadina di Calvi, che continuava a resistere alle interferenze dei paolisti, in cui erano arrivati il 29 dello stesso mese, dopo un viaggio tortuoso tra i monti, senza subire alcun attacco. Trovarono Napoleone ad attenderli sovrappensiero e nervoso, nonostante ciò, il giovane ufficiale poté avere il piacere di conoscere di persona il commissario Saliceti, per la prima volta.

Lo stesso si poteva dire di Saliceti, che era rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare le grandi capacità intellettive, oltre che militari, del fratello di Giuseppe - Paoli ha commesso un grosso errore nel caplestarvi così deliberatamente - espresse con profondo rammarico il commissario.

- Quando se ne accorgerà sarà troppo tardi - replicò Giuseppe, ancora scosso da quanto era accaduto. Erano stati giorni terribili, che difficilmente avrebbe dimenticato. Napoleone rimase in silenzio e immobile, le braccia allacciate dietro la schiena, lo sguardo fisso su qualcosa visibile solo a lui. Oramai non gli interessava nulla, se non aspettare l'arrivo della madre, delle sorelle e di Girolamo e andarsene per sempre da quell'isola che li stava cacciando. 

- Non sono più affari che ci riguardano Giuseppe - replicò cinico Napoleone, voltò leggermente il viso nella sua direzione e proseguì, freddo, implacabile - Loro hanno voluto questo e ne pagheranno le conseguenze, ora dobbiamo pensare solo ai nostri interessi - precisò, per poi chiudersi nuovamente in un mutismo che al fratello non piacque per niente. Comprese che Napoleone non provava odio, né risentimento, ma solamente indifferenza verso Paoli e il futuro della Corsica. Aveva altri obiettivi per la testa.

Nei giorni successivi, l'attesa era diventata insopportabile, a causa delle drammatiche condizioni della famiglia, costretta a percorrere miglia a piedi per seminare le bande paoliste, che non avevano alcuna intenzione di lasciarli in pace. Oltre a questo, Saliceti stava sostenendo un'iniziativa per riprendere il controllo di tutte le città anti-francesi, in particolare Ajaccio. Tuttavia Napoleone non condivideva l'idea di sprecare tempo ed energia per qualcosa che non si sarebbe realizzato mai.

- Perché dite questo cittadino Buonaparte? - chiese stupito Saliceti. Non si aspettava una simile reazione da parte sua, anzi, credeva che avrebbe fatto rinascere in lui il desiderio di voler combattere per la patria. Lo guardava camminare in continuazione lungo la stanza privata del commissario. L'aveva convocato proprio per coinvolgerlo.

- Perché i corsi non vogliono la Rivoluzione, né diffondere i suoi grandi ideali - rispose Napoleone provando a non perdere la calma e la pazienza. Accelerò ulteriormente il passo, sintomo di un'irrequetezza che non riusciva a tenere a bada, gesticolava animatamente - Vogliono solo un uomo forte che li guidi, perché sono incapaci di pensare con la propria testa, di decidere autonomamente, sono sempre stati così, ed io che li lodavo - aggiunse profondamente disgustato. Lo era al punto da rinnegare addirittura le proprie radici, quelle stesse origini che aveva difeso orgogliosamente in passato. 

Saliceti abbassò leggermente la testa e sospirò, Napoleone aveva ragione. Al pari di lui era vissuto in una realtà diversa e aveva sviluppato un modo di vedere le cose completamente opposto a quello di un corso che non si era mai allontanato dalla sua isola. Il continente prima e la Rivoluzione poi, avevano aperto loro gli occhi, mostrando un mondo indifferente e crudele, in cui si doveva lottare a denti stretti per sopravvivere, molto più che in Corsica.

- Ho rifiutato occasioni imperdibili in Francia e sprecato anni qui per seguire un sogno irrealizzabile - continuò il ragazzo, agitato e rammaricato con sé stesso. Era stato uno stupido, aveva seriamente creduto di poter essere contemporaneamente un ufficiale francese e un patriota corso. Si era illuso di non dover compiere alcuna scelta, di poter essere entrambe le cose senza avere alcuna ripercussione. Ma ora che aveva ricevuto l'umiliazione più grande, che era stato calpestato, ora poteva scegliere chi essere: un uomo d'armi che badava solamente a sé e alla sua famiglia. Si fermò bruscamente e osservò il profilo aguzzo e spigoloso del commissario - Da adesso in avanti non le sprecherò più - chiuse lentamente gli occhi e li riaprì - Ma se voi volete adoperarvi per riprendere la Corsica, non sono certo io ad impedirvelo cittadino Saliceti, in fondo non ho alcun potere...

Saliceti capì che insistere non sarebbe servito a nulla, al contrario, avrebbe portato solamente a far covare dell'astio, del risentimento, nel ragazzo. E non lo voleva, uno come lui, con i suoi studi e il suo carattere, gli sarebbe servito maggiormente in Francia - Rispetto la vostra opinione, cittadino, così come la vostra schiettezza, perciò non vi obbligherò a partecipare all'assalto

Napoleone apprezzò il suo atteggiamento, aveva intuito che Saliceti aveva qualcos'altro in mente per lui e la cosa non gli dispiaceva affatto, lo elettrizzava invece, perché finalmente avrebbe potuto mettere a frutto tutte le sue conoscenze e abilità al servizio di un paese che le avrebbe ampiamente valorizzate.

Com'era prevedibile l'assalto si era rivelato un fiasco totale, tale mossa aveva, peraltro, compromesso notevolmente la figura di Saliceti, considerato un nemico da abbattere a qualsiasi costo. Paoli, certo della sua forza e del sostegno inglese, non lo temeva,  nemmeno uno come Saliceti avrebbe potuto mettersi contro di lui.

Il giorno seguente Napoleone, essendo libero da ogni vincolo che lo legava all'isola, compose, di getto, un documento breve intitolato Memoriale sulla posizione politica e militare del Dipartimento della Corsica, in cui mostrava apertamente la vera natura di Paoli. 'Un'ambizione fatale aveva oscurata la mente di codesto vecchio di sessant'otto anni. Gli è che Paoli ha la bontà e la dolcezza sul viso, ma l'odio e la vendetta nel cuore; ha negli occhi l'untuosità del sentimento e il fiele nell'anima'. Con esso mise definitivamente la parola fine alla lunga lotta che ci era stata tra lui e il Patriota, tra i nuovi corsi aperti al mondo e i vecchi ancorati ad un'epoca che non esisteva più.

Parigi, 2 giugno

Il palazzo delle Tuileries, da molti giorni, era invaso da circa 80.000 sanculotti. Questi, sostenuti persino dalla Guardia Nazionale, comandata da François Hanriot, erano partiti da una semplice manifestazione di disapprovazione della politica del governo, che si dimostrava sempre più incurante nei loro confronti e che, deliberatamente, stava calpestando molti dei loro diritti, all'insurrezione vera e propria.

I deputati si ritrovarono bloccati all'interno del palazzo e si stavano scervellando nel  cercare di trovare una soluzione convincente. Georges Couthon, uno dei più stretti collaboratori di Robespierre e fiero giacobino, noto a tutti per la sua intransigenza e fedeltà al partito, oltre al fatto di non poter camminare, costretto quindi a spostarsi con una sedia a rotelle, chiese l'arresto di due ministri, Clavière, Pierre Lebrun e di altri ventinove girondini. I due ministri, già da parecchio tempo erano sospettati di collaborare non solamente con i girondini, ma soprattutto con l'ex generale Dumouriez, nemico acerrimo della Repubblica, poiché aveva tradito la patria schierandosi con i controrivoluzionari.

Pierre Lebrun, in particolare, era sempre stato contrario all'assurda dichiarazione di guerra mandata alla Gran Bretagna, e aveva cercato di spiegare ai suoi colleghi che la diplomazia era la soluzione più semplice ed economica per espatriare la Rivoluzione. Le sue proposte, però, generavano ostilità tra gli estremisti, che volevano scatenare la guerra totale contro tutti gli stati europei e furono, per questo, bocciate.

La Convenzione, non potendo nascondere i precedenti dei due ministri e dei girondini nominati da Couthon, comprese che era l'unica soluzione possibile per uscire dall'incresciosa faccenda e approvò il loro arresto. In questo modo i sanculotti sarebbero stati sicuri della alleanza montagnarda, smettendo di sostare dinnanzi le porte del palazzo, ostacolando il loro lavoro. Per i girondini la situazione si stava aggravando inesorabilmente.

Calvi, 11 giugno

Napoleone e Giuseppe, quando seppero che i restanti componenti della famiglia erano praticamente alle porte della città, non persero tempo e si misero subito alla ricerca di un'imbarcazione abbastanza capiente e robusta per contenerli tutti. Mentre Giuseppe cercava un veliero che fosse confortevole, Napoleone puntava su uno che fosse veloce e resistente - Non è il momento di pensare alla comodità, Giuseppe, non sappiamo quanto resisteranno ancora Saliceti e gli altri giacobini, per questo dobbiamo andarcene non appena giungeranno qui

- Ma dimentichi che arriveranno da un viaggio sfiancante, soprattutto per nostra madre - provò a dire il fratello per convincerlo, ma Napoleone lo zittì bruscamente. Possibile che con tutti i problemi che c'erano doveva badare a tali sciocchezze? A volte si domandava se riflettesse prima di parlare, perché cominciava ad avere dei dubbi sulla sua intelligenza.

- Facciamo come dico io e basta! - sbraitò nervoso Napoleone, fulminandolo con lo sguardo, resistendo all'impulso di prenderlo per il collo - L'ultima volta che qualcuno ha fatto di testa sua ci ha messo nei guai - gli ricordò, alludendo a Luciano. Giuseppe non poté fare altro che affidargli il 'comando' e si mise ai suoi ordini. Aveva la netta sensazione che, appena sbarcati in Francia, suo fratello lo avrebbe spodestato e sarebbe diventato il capofamiglia, così come aveva profetizzato il prozio prima di spirare.

Mestamente lo seguì, senza domandargli alcunché, per non snervarlo notevolmente, lo vide fermarsi e contrattare con un pescatore, poco distante dal porto - È abbastanza resistente per sopportare il peso di più persone? - interrogò Napoleone, sperando che gli cedesse uno dei suoi pescherecci migliori senza dover sborsare cifre esorbitanti.

- Assolutamente cittadino - garantì l'uomo estremamente fiducioso - La Prosélyte sopporta carichi e carichi di pesce al giorno, che saranno mai sei o sette persone - ribadì fieramente, colpendo ripetutamente il legno.

- Prosélyte? - alzò il sopracciglio Napoleone, colpito dal nome che aveva dato a quel peschereccio - Non potevi nominarla meglio di così - scrutò a lungo l'imbarcazione, a braccia conserte, quando si convinse del buon affare, decise di noleggiarla ad un prezzo conveniente, equipaggio adibito al trasporto compreso.

- Per quanto è prevista la partenza o, se proprio dobbiamo dire, fuga? - domandò l'uomo dopo aver intascato il bottino.  

- Tra oggi e domani, non di più - affermò subitamente Napoleone.

- Allora conviene chiamare i miei uomini, così saranno pronti per un imbarco rapido - rifletté ad alta voce il pescatore - Di questi tempi conviene prevedere tutto se si vuole avere cara la pelle - ridacchiò.

Napoleone condivise il messaggio di quel pescatore saggio, conosceva gli uomini, in quella cittadina persino i più umili erano più svegli, acuti, delle famiglie facoltose di Ajaccio - Molte persone che conosco dovrebbero prendere esempio da gente come te, il mondo sarebbe, senza ombra di dubbio, un posto migliore - effuse sospirando, infine lo salutò, si riunì a Giuseppe e insieme s'incamminarono in direzione della Gendarmerie ad attendere gli altri.

Solo quando si allontanarono dall'uomo, Giuseppe gli mise la mano sulla spalla - Scusami per prima, non volevo irritarti - sussurrò solamente, con grande affetto. Nonostante i suoi difetti e il carattere gli voleva un grande bene, non saprebbe cosa fare senza di lui. "Forse non è un male che sia lui a comandare, ha più stoffa di me" pensò sorridendo.

Napoleone si voltò e ricambiò il sorriso leggermente - Perdonami tu, so di essere davvero insopportabile e ingestibile quando perdo la calma, in fondo volevi solo che gli altri riposassero un po' - disse pacato - Ma vedrai che in Francia starete tutti meglio, per quanto dovremmo arrangiarci

- E tu? - chiese di getto il fratello maggiore.

- Io cosa? - sbatté le palpebre più volte.

- Tu non vuoi stare meglio? Ti sei escluso - gli fece notare ridacchiando.

- Lo sarò quando avrò un incarico militare prestigioso e un avanzamento di carriera consono alle mie abilità e alla mia ambizione - ribadì lui. Giuseppe rise un po' meno, fino ad ammutolirsi del tutto, le sue ipotesi divennero certezza, Napoleone avrebbe guidato la famiglia. Non riusciva a capire se fosse sollevato o meno, suo fratello aveva la personalità e gli atteggiamenti tipici di un uomo autoritario, difficile da ammorbidire o corrompere. Si sforzò di non impensiersi oltre il necessario.

Non appena misero piede nella sala ingresso della Gendarmerie, i due furono letteralmente invasi dall'abbraccio delle sorelline più piccole e di Girolamo, in braccio alla più grande Elisa, che guardava il tutto spaesato. - Per fortuna state tutti bene, non avete idea di quanto siamo stati in pensiero, in questi giorni - fece Napoleone a Giuseppe, che annuì.

- E io vi sono mancata? Oppure pensavate che le montagne sarebbero state troppo dure per me? - s'intromise sarcastica la madre, vedendo i due stringere rassicurati i piccolini.

- Madre! - esclamò Giuseppe staccandosi dalla presa, avanzò verso di lei - Certo che no, siamo a conoscenza della vostra incredibile tempra - rise per smorzare la tensione che si sentiva nell'aria. Anche gli altri risero, sentendosi decisamente meglio.

Letizia riabbracciò i suoi due figli maggiori, questo semplice gesto la ritemprò, pure lei si era preoccupata non poco della loro sorte, specialmente del più scapestrato Napoleone - Mio fratello mi ha raccontato di quello ti è accaduto, dei briganti paolisti e dei contadini che ti hanno salvato - lo rimproverò puntandogli il dito sul petto - Prima o poi mi farai morire di crepacuore, Nabulio, quando imparerai a non buttarti a capofitto?

- Io credo mai, non sarebbe Napoleone - ironizzò Giuseppe, ammiccando complice. Il fratello si grattò la nuca lievemente imbarazzato.

- Hai ragione Giuseppe, chissà quante ne combinerà ancora, in Francia! - fece Letizia, dandogli un pizzicotto sulle guance scavate, risero di nuovo tutti. Napoleone non si arrabbiò come al suo solito, aveva l'esigenza di scaricarsi un po', era teso più del normale e stava dimostrando un autocontrollo incredibile, alla madre non era sfuggito.

- A proposito di Francia - esordì Napoleone, si ricompose, aggiustandosi l'uniforme per bene, poi ruotò la testa e guardò ognuno di loro - Dobbiamo partire immediatamente

- Ma siamo appena arrivati - sbuffò Paolina, mentre si sistemava con grazia i ciuffi scomposti - E poi sono stanca, vorrei solo dormire su un letto comodo, non possiamo partire domani?

- Mi spiace, ma non si può - mentì Napoleone, tentando di essere il più convincente possibile - Ho fatto già noleggiare un peschereccio e tutto è pronto, uomini compresi, non possiamo farli attendere

- Nabulio ha ragione - confermò Elisa, che più di tutte aveva compreso quanto fosse complicata la questione - Prima andiamo e prima approdiamo in Francia, in fondo non volevi vederla, lo dici sempre che è il tuo più grande desiderio

- E poi te l'avevo promesso, Paolina, non ricordi? La prima volta che ci siamo incontrati dopo essere tornato dalla Francia - proseguì Napoleone che ringraziò tacitamente la sorella per aver trovato l'appiglio giusto.

- È vero! - rimembrò la ragazzina, illuminandosi - Allora andiamo subito, fratellone, così poi potremmo vivere normalmente, senza doverci nascondere - aggiunse entusiasta.

Dopo aver salutato tutti e averli ringraziati per l'ospitalità ricevuta durante quei giorni di lunga attesa, si diressero fino al piccolo ma solido peschereccio, fermo al porto, salirono educatamente. Una volta a bordo, salparono senza troppi indugi, lasciandosi alle spalle la loro patria e con essa i loro ricordi, le loro gioie e le loro sofferenze, la loro terra natale. Non l'avrebbero rivista mai più, com'era naturale non riuscirono a trattenere le lacrime, la tristezza, l'amarezza, ma si confortarono reciprocamente, immaginando la nuova vita che avrebbero vissuto da quel momento in poi, ignari di ciò che il destino aveva riservato loro. 


 

 

   
 
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