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Autore: wittyy_name    08/05/2020    2 recensioni
Lance e i suoi amici sono da anni frequentatori assidui dell’Altea Dance Studio. Non solo per i corsi, ma anche per trovarsi, allenarsi e passare il tempo con altre persone che amano ballare. Partecipano ogni anno all’audizione per rappresentare Altea alle regionali di ballo. Lance tenta sempre l’audizione da solista, ma quest’anno non ce l’ha fatta a partecipare e la sua unica possibilità è andata in fumo. Lo stesso accade al suo ignaro rivale, Keith.
*
Per fortuna, Shiro ha un piano geniale: convincere Lance e Keith a fare un’audizione di coppia.
*
Con un po’ di convincimento, e molto impegno, quei due potrebbero riuscirci e andare alle regionali… oppure rovinare tutto.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Allura, Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto del capitolo:

Ci fu un breve silenzio prima che Shiro prendesse la parola. “Sta bene?”

“Sono stato informato che no, non sta bene, si sta deprimendo.”

 


 

Note dell’autrice: Ho menzionato il fatto che tendo a scrivere capitoli lunghi? Perché lo faccio. Dico sempre che il mio stile di scrittura può essere descritto in quattro parole: più lungo del dovuto. Sora dice che non è un male, ma è perché lei adora le mie fic.

A proposito di Sora, si è decisamente SUPERATA con i disegni per questo capitolo. La sua arte mi stupisce sempre, soprattutto come riesce a catturare in modo perfetto i momenti che descrivo.

In ogni caso, ho detto anche troppo. I link sono nelle note in fondo. Buona lettura!

 


 

Keith non era neanche sicuro del perché si trovasse lì.

Erano in una delle sale più grandi del primo piano, affollata da morire. C’erano persone di ogni età: bambini, teenager, persone oltre la ventina. Stavano principalmente in gruppo tra gente della loro età, parlavano con gli amici e saltellavano entusiasti, facendo stretching. Keith si appoggiò al muro, cercando di stargli il più lontano possibile. Teneva le mani incrociate al petto e il suo sguardo passava in rassegna la stanza, pigro. Aveva le cuffie al collo e poteva sentire la musica che andava anche sopra il chiacchiericcio della stanza.

Riusciva a malapena a riconoscere qualcuno in quella calca. Andava a quella scuola di ballo da qualche anno, ma non aveva mai interagito con nessuno e aveva seguito solo un paio di corsi. Aveva imparato molto, ma odiava il fatto di dover stare allo stesso passo degli altri allievi. Odiava avere a che fare con loro. Odiava come gli istruttori lo usassero sempre come ‘esempio’ perché imparava le mosse più velocemente degli altri. Odiava come lo guardavano gli altri.

Non che non volesse farsi degli amici. Era solo che quando imparava un nuovo ballo si concentrava, ci entrava dentro. E bloccava molto di quello che avveniva all’esterno. Shiro gli aveva già detto in diverse occasioni che non sembrava facile avvicinarlo quando era in quello stato.

Non gli ci volle molto per capire che preferiva studiare da solo. Poteva imparare i balli al suo ritmo, ripeterli quante volte voleva perché i suoi movimenti e la sua memoria muscolare diventassero perfetti. Non doveva preoccuparsi della gente che lo fissava. Non doveva preoccuparsi di sbagliare. Non doveva preoccuparsi che qualcuno lo vedesse prima che si sentisse sicuro abbastanza di farcela. Nessuno che lo vedesse inciampare. Nessuno che lo distraesse. Nessuno che potesse vedere la sua frustrazione. Era il suo metodo ideale di apprendimento.

Quello, al contrario, era decisamente un ambiente che odiava. Troppo rumoroso. Troppe persone. Erano tutti al 100% più coinvolti di quanto lo fosse lui. Non gli piacevano neanche le gare di ballo. Perché era lì?

Lance.

Lance era il motivo per cui si trovava lì. Lance e la sua stupida mania di competizione. Lance e la sua innata abilità di irritarlo. Lance e quel suo ghigno strafottente che gli faceva nascere uno strano calore nel petto. Un calore che lo spingeva a fare di tutto, di tutto, per levargli quello stupido sorrisino dalla faccia.

Non era neanche sicuro di come si fosse cacciato in quella situazione.

L’anno precedente aveva provato tutta quella storia delle gare di ballo. Si era guadagnato uno dei posti per le regionali. Si era allenato e aveva imparato la sua routine. Ma quando si era trattato di esibirsi, non ci era voluto andare. Non gli piaceva ballare di fronte alle folle. Non era il tipo. Aveva partecipato all’audizione solo perché si era lasciato convincere da Shiro. Gli aveva promesso che ci avrebbe provato e aveva mantenuto la parola. E poi si era ritirato. A quanto pare era stato Lance a ottenere il suo posto.

Non era che non si ricordasse di lui. Quando ci pensava se lo ricordava. Si ricordava della sua personalità scoppiettante e della sua voce abrasiva, del suo atteggiamento strafottente e del suo stile di danza grossolano. Non aveva mai prestato grande attenzione durante i corsi di ballo dato che si concentrava su se stesso e sull’imparare le mosse facendo meno fatica possibile. Ma Lance… Lance si era fatto conoscere. Gli aveva detto in faccia come la pensava in più occasioni, lo aveva notato nello specchio, aveva fatto dei commenti su come Keith fosse il cocco dell’istruttore. Keith lo aveva ignorato con decisione. All’epoca, non poteva sapere che quell’irritante ragazzo latino-americano sarebbe ritornato piroettando nella sua vita.

Non aveva per niente prestato attenzione alle persone che avevano partecipato all’audizione dell’anno precedente. Era rimasto seduto con la schiena contro il muro e aveva aspetto il suo turno, ballato e se n’era andato. Ma Lance… era stato difficile non notarlo. Non aveva mai imparato il suo nome e si era dimenticato di lui poco dopo. Ma quando si era esibito… Keith lo aveva guardato davvero.

Non si ricordava molto del suo ballo, ma si ricordava l’impressione che gli aveva lasciato. Lance era stato… selvaggio. Keith aveva capito subito che non si era allenato del tutto sulla sua routine. Ma la cosa sembrava irrilevante. Non aveva mai perso un colpo, non si era mai inceppato. Aveva sorriso per tutta l’esibizione e il modo in cui muoveva il suo corpo era… del tutto naturale. Era così diverso da Keith, e si era sorpreso a guardarlo.

Avrebbe mentito se avesse detto che non era interessato a vederlo ballare di nuovo.

Sfortunatamente, sembrava che non ne avrebbe avuto l’occasione.

Guardò il telefono, corrucciato. Mancavano cinque minuti all’inizio dell’audizione. L’energia che serpeggiava nella stanza era al massimo ed elettrica, ma Keith non provava altro che irritazione mentre scandagliava ancora una volta la sala. Sapeva che Lance non c’era. Lo avrebbe notato subito e, senza dubbio, Lance sarebbe venuto da lui per dire qualcosa di stupido, per vantarsi un po’. Sapeva che non era lì, ma lo cercò comunque. La porta si aprì e i suoi occhi scattarono in quella direzione.  Ma era solo un gruppo di ragazzini che chiacchieravano e si facevano largo nella sala.

Keith distolse lo sguardo, il suo cipiglio che si iscuriva man mano che fissava un punto sul parquet.

Non era neanche sicuro del perché gli avesse detto sì quando gli aveva chiesto se si sarebbe presentato alle audizioni di quell’anno. Non aveva in mente di farlo. Aveva deciso di non andarci nonostante Shiro avesse insistito perché ci provasse di nuovo. Ma poi Lance… Sembrava così speranzoso quando glielo aveva chiesto. Keith non era sicuro di cosa gli fosse preso quando gli aveva risposto sì, ma l’aveva fatto.

Ed era lì che era iniziata la loro strana rivalità.

Sembrava che Lance fosse sempre nella stanza accanto alla sua. La sua musica era sempre troppo alta e Keith alzava la sua per ripicca. Si lanciavano costantemente commenti e insulti attraverso il muro. A volte facevano a gara per scendere le scale dopo l’allenamento. A un certo punto, Lance aveva appeso un cartello scritto a mano sulla sua porta che diceva “Stanza di Lance, i Mullet non possono entrare”. Keith aveva ribattuto con un cartello sulla sua porta che diceva “Questa non è la stanza 4C”. Quando l’aveva letto, Lance era diventato tutto rosso e aveva boccheggiato. Era stato uno spasso.

Il tutto era continuato per due settimane. Due settimane di Lance che lo insultava e faceva commentini di continuo. Due settimane di stupida competitività e di allenamenti interrotti. Due settimane di raggiungere il parcheggio con i saluti di Lance che gli risuonavano nelle orecchie. “Ancora una settimana e ti faccio il culo, mullet!” “Vedi di esserci, piedini di fata!” “Non scappare, Kogane! Ti batterò lealmente!”

Avrebbe potuto scegliere un’altra sala prove. Avrebbe potuto allenarsi a un orario diverso. Avrebbe potuto evitare Lance facilmente. Ma non l’aveva fatto.

Lance era irritante. Era insopportabilmente arrogante e sicuro di sé. Era rumoroso e non aveva paura di dire a Keith come la pensava. Gli dava fastidio nel peggior modo possibile. Era competitivo senza motivo e aveva praticamente costretto Keith ad accettare quella loro rivalità che non aveva chiesto e che non voleva per niente. Ma… non riusciva a decidersi di liberarsi di lui.

Si ritrovava sempre attratto dalle stupidaggini di Lance. Si sorprendeva a rispondergli, ad abbassarsi al suo livello. A fare a gara sulle scale. A fare a gara per bere alla fontanella. A mettere cartelli passivo-aggressivi sulla porta. A urlare commenti sulla sua musica dall’altra parte del muro. A prenderlo in giro perché non riusciva a decidersi su una canzone.

Non gli era mai importato delle gare di ballo. Non gli piaceva esibirsi di fronte a un pubblico. Ma voleva davvero tanto battere Lance. Non doveva dimostrare niente e lo sapeva. Ma voleva cancellare quel sorrisino strafottente da quella sua faccia stupidamente bella. Voleva che Lance lo guardasse, voleva avere la sua attenzione più totale, e vedere il modo in cui si sarebbe accigliato e come sarebbe diventato paonazzo alla vista di quanto era bravo.

Keith non era sempre competitivo, ma era conosciuto per la sua testardaggine, e gli era sempre risultato difficile rifiutare una sfida. E Lance… Lance aveva l’abilità innata di tirare fuori quel lato di lui. Gli aveva lanciato una sfida che gli aveva acceso un fuoco dentro che non sentiva da anni.

A dirla tutta… aveva aspettato quel momento. Quella mattina si era svegliato con una strana specie di energia nervosa ed elettrica. Aveva sentito delle strane farfalle nello stomaco mentre guidava fino a lì. Nonostante avesse avuto solo due settimane per prepararsi, era pronto. E, in ogni caso, la routine che aveva scelto era una su cui aveva già lavorato. Si sentiva stranamente euforico per quell’audizione, il che era un sentimento strano.

Un sentimento che stava lentamente perdendo goccia dopo goccia a ogni minuto che passava senza Lance.

“Benvenuti a tutti!” Disse Coran con gioia, unendo le mani mentre si dirigeva verso lo spazio libero nella parte frontale della stanza. Il mormorio si quietò per ascoltarlo.

Keith non stava prestando attenzione. Strinse la mascella fin troppo forte, ma riuscì a malapena a sentirne il dolore. Controllò di nuovo il telefono. Ma che cosa diavolo ci faceva lui lì? Perché si era lasciato entusiasmare per una cosa del genere? Odiava il fatto che Lance lo avesse punzecchiato. E odiava ancora di più il fatto che si sentiva deluso.

C’era proprio qualcosa di sbagliato in lui.

Coran si fece da parte per lasciare lo spazio al primo candidato e il chiacchiericcio riprese, un mormorio tra i gruppi di amici. Keith si staccò dal muro con una spinta, afferrò il borsone e se lo lanciò sulla spalla. Circumnavigò la stanza, ignorando gli sguardi curiosi. Se ne andò, lasciando che la porta si chiudesse dietro di lui.

Mancavano ancora due ore al suo turno di lavoro e decise che aveva proprio bisogno di fare una lunga corsa in palestra.

Mentre si trovava lì, ricevette diverse chiamate da Shiro e moltissimi messaggi. Li ignorò tutti.

 

***

 

“Andiamo, Coran, devi lasciarmi fare quell’audizione!” Lance si sporse sul bancone della reception. Teneva le braccia piegate e le mani giunte di fronte al volto mentre lo supplicava. “Devo passare. Solo – per favore, lasciamelo fare. Sono solo in ritardo di un giorno.”

Coran appoggiò la schiena al muro dietro la scrivania, un braccio incrociato al petto, lisciandosi i baffi con l’altro. Scosse la testa, chiudendo brevemente gli occhi. “Non si può fare, Lance. Sai che seguiamo una politica molto rigida per queste cose.”

“Lo so, ma ho avuto un’emergenza! Ho dovuto portare la mia nipotina al pronto soccorso perché si è rotta un braccio! Al pronto soccorso, Coran! In ospedale!”
Per quel che valeva, Coran sembrava afflitto. Inclinò la testa di lato e smise di lisciarsi i baffi. “Lo so, Lance, ed è davvero una sfortuna, ma sai che non posso fare un’eccezione per te.”

“Coran, pensavo che fossimo amici!” Lance alzò le braccia al cielo.

“Lo siamo, ma non posso riservarti alcun trattamento speciale.”

Lance emise un gemito e si lasciò cadere in avanti lasciando che le braccia penzolassero mollemente dall’altra parte del bancone, la faccia contro il tavolo. “Ho chiamato e lasciato un messaggio in segreteria e tutto!” Borbottò contro la superfice dura. “Non vale niente?”

“È stato molto gentile da parte tua ma no, mi dispiace. Non vale.”

“Woah, grazie, amico.” Brontolò seccamente.

“Questo mi ricorda di quando ero giovane ed ero appena entrato nel mondo delle gare. Quando io e Allura eravamo partner abbiamo perso un’audizione perché mi ero preso un brutto caso di-”

“Coraaaaaan,” Si lamentò Lance rumorosamente, interrompendo la storia. Le sue mani si mossero di fronte a lui. “C’è qualcosa che puoi fare?” Sollevò la testa e appoggiò il mento sul bancone per guardarlo. Cercò di apparire il più patetico possibile, con occhi spalancati e labbra imbronciate e tutto.

Coran si limitò a guardarlo con commiserazione e scosse la testa. “Mi dispiace, ragazzo mio, ma ho le mani legate. Se facessi un’eccezione per te, dovrei farla per tutti. E questo risulterebbe in una situazione alquanto pasticciata.”

Lance emise di nuovo un gemito. Forse un po’ troppo forte, ma ehi, era davvero sconvolto. Lasciò ciondolare di nuovo la testa e colpì il bancone con la fronte un po’ troppo forte, gemendo di nuovo. Non era arrabbiato con Coran. Lo capiva. Altea aveva sempre avuto regole ferree per i giorni delle audizioni. Lance l’aveva sempre rispettato, ma non si era mai trovato in una situazione del genere prima.

Si stava preparando per uscire quando era successo il fattaccio. I suoi nipotini erano venuti a trovarlo come ogni weekend. La sua mama li teneva d’occhio quando suo fratello e sua moglie erano a lavoro. Era più economico di un asilo nido o di un babysitter, e così i bambini potevano giocare con i loro cugini. Anche Lance dava una mano quando non doveva lavorare o non aveva altri piani. La sua mama glieli aveva affidati per andare a fare la spesa. Altri 20 minuti e sarebbe tornata a casa, così lui se ne sarebbe andato.

Le sue nipotine, Maria e Abigail, e il suo fratellino più piccolo, Leo, stavano giocando nel giardino sul retro. Si stava infilando le scarpe quando sentì l’urlo. Dopo un mare di lacrime e urla di panico era riuscito a ricostruire l’accaduto. Maria era saltata giù dalla piattaforma della casetta sull’albero come avevano preso a fare in quegli ultimi tempi perché ‘erano grandi ormai’ ed era più veloce che scendere per la scaletta. Per quanto la sua mama gli avesse intimato di non farlo, non ne avevano mai ricavato più di mani sbucciate e ginocchia doloranti. Quella volta, però, il laccio della sua scarpa si era impigliato in un chiodo sporgente facendola inciampare mentre saltava. Era caduta sul braccio e se l’era rotto.

Non aveva avuto scelta. Non ci aveva neanche pensato. Li aveva fatti salire tutti e tre in macchina e li aveva portati all’ospedale. Solamente quando si fu seduto nella sala d’attesa, tenendo stretta al petto la sua nipotina, si rese conto che si stava perdendo le audizioni.

Aveva chiamato la reception, ma non gli aveva risposto nessuno. Aveva lasciato un messaggio in segreteria, spiegando la situazione e il perché avesse saltato l’audizione. Lo sapeva che sarebbe stato uno sforzo inutile. Conosceva le loro regole inflessibili. Ma ci aveva sperato, inutilmente, che si potesse fare qualcosa. Che Coran avrebbe fatto una delle sue magie. Smosso qualche sua conoscenza. Qualcosa.

A quanto pareva, era a corto di fortuna.

Le audizioni erano roba grossa. Erano la sua unica possibilità di andare alle regionali, che erano tipo una delle competizioni più importanti e quotate nel giro. E la visibilità che ne avrebbe ricavato non sarebbe solo stata un ottimo trampolino di lancio per potersi costruire una carriera basata sul ballo; gli avrebbero fatto comodo anche per i soldi in palio per la vittoria.
Partecipava alle audizioni da anni e, nonostante quella non fosse la prima volta che non passava, era la prima volta che se le perdeva in tronco.

E quella era l’audizione più importante che si perdeva per un solo motivo: Keith.

Si era pavoneggiato per due settimane sfidando Keith e facendogli promettere di farsi trovare alle audizioni. Aveva sparato cazzate per due settimane. E non si era neanche presentato.

Porca di quella vacca, ma cosa c’era in Keith che lo spingeva costantemente a fare cazzate e mettersi in ridicolo? Anche se non era una situazione che poteva controllare, ma ne era comunque estremamente deluso.

“Lance?” Lo chiamò Coran, e Lance lo sentì avvicinarsi. Un dito gli picchiettò con forza la testa. “Stai bene?”

“No!” Sbottò Lance, agitando le mani alla cieca senza sollevare la testa. “Non vedi che mi sto deprimendo?”

“Ah, sì, lo vedo. Ti dispiacerebbe deprimerti da una qualche altra parte che non sia qui? Le lezioni inizieranno a breve e devo poter accogliere i possibili clienti.”

Uuuugh, Coran, abbi un po’ di compassione.”

“Ti sto… compassionevolmente chiedendo di ricollocare la tua depressione su una delle sedie disponibili.”

“Va beeene,” Arretrò di un paio di passi, strisciando via dal bancone. Con la testa incassata, le spalle mogie e le braccia inerti lungo i fianchi. Trascinò i piedi fino a una delle sedie su un lato della stanza e ci si afflosciò sopra.

“Non ti preoccupare, Lance.” Disse Coran, scartabellando tra alcune carte sulla scrivania. Non sembrava che gli stesse badando più di tanto. “C’è sempre il prossimo anno.”

Lance grugnì, riconoscendo la verità in quelle parole, e appoggiò il gomito sul bracciolo della sedia, la guancia contro il pugno. Abbandonò l’altro braccio sull’altro bracciolo, le dita che ticchettavano pigre sul metallo. Guardò storto una macchia sul pavimento, le labbra strette in un piccolo broncio. Già, c’era l’anno prossimo. Era solo che aveva reso le audizioni di quell’anno un evento talmente sensazionale, senza mai passare dalle parole ai fatti. Dio, Keith sicuramente lo considerava un fottuto perdente.

Era talmente preso dalla sua auto-commiserazione che a malapena notò la persona che era entrata nell’ufficio. A dirla tutta, non la notò fino a quando un paio di scarpe note non entrarono nel suo campo visivo e non udì una voce familiare.

“Coran, Lance, buon pomeriggio.”

“Buon pomeriggio, Shiro!” Rispose Coran con gioia.

Lance brontolò qualcosa di inintelligibile che poteva essere stato un saluto.

“Sono venuto solo per le chiavi della sala.”

“Ah! Certo. Non ho ancora fatto il giro per aprire tutte le sale prova.” Disse Coran, e si girò verso la bacheca portachiavi che era affissa al muro. Si picchiettò il mento. “Vediamo… stanza 2A?”

“Come sempre.” Disse Shiro, e Lance poteva sentire il sorriso nella sua voce. Lui e Allura erano partner di ballo da anni e in tutto quel tempo non li aveva mai visti allenarsi in una stanza diversa. Non che ci fosse qualcuno che volesse fermarli dal reclamarla. Dopotutto, Allura tecnicamente era la proprietaria della Dance Academy. Non lavorava lì, ma l’aveva ereditata dal padre, che era venuto a mancare.

Lei e Shiro ballavano insieme da che Lance ne avesse memoria. Non aveva mai visto due persone essere così in sincronia ed era davvero bellissimo da guardare. Avevano vinto diversi campionati per Altea. I loro trofei erano esposti con orgoglio nella bacheca all’ingresso. Anche se tecnicamente non insegnavano, a volte tenevano dei corsi per coppie. Non riguardo a uno specifico tipo di ballo, ma per aiutare i partner con la sinergia e il lavoro di squadra. Inoltre, a volte davano una mano negli altri corsi. Allura adorava farci un salto per partecipare agli allenamenti quando aveva del tempo libero e le piaceva conoscere gli iscritti. Lance non capiva come riuscisse a ricordarsi i nomi e le facce di tutti loro, eppure ce la faceva.

Erano proprio delle belle persone e Lance era orgoglioso di poterli chiamare entrambi amici, il che era più di quello che potessero fare gli altri di Altea. Era stato raccomandato, però. Shiro era amico del fratello più grande di Pidge, i due si conoscevano da anni. E, naturalmente, lui e Hunk erano stati trascinati dentro a quell’amicizia.

Facevano parte della sua famiglia di ballo e gli voleva bene. Non li avrebbe cambiati per nulla al mondo. Ma in quel momento non era sicuro che Shiro potesse tirarlo su di morale.

Era impegnato a immaginarsi tutte le impressioni più terribili che aveva lasciato a Keith e come non sarebbe mai riuscito a salvare la sua reputazione. Gemette di nuovo e affondò il volto nei palmi delle mani.

Ci fu un breve silenzio prima che Shiro prendesse la parola. “Sta bene?”

“Sono stato informato che no, non sta bene, si sta deprimendo.”

“Cos’è successo questa volta?”

“Lo dici come se mi deprimessi sempre!” Disse Lance, sollevando la testa e assottigliando lo sguardo. Lo stavano guardando entrambi con un’espressione piatta, il sopracciglio alzato. Non dissero niente, ma il loro silenzio scettico la diceva lunga. E okay… forse avevano ragione.

“Si è perso l’audizione per le regionali.” Disse Coran, rispondendo alla domanda di Shiro.

“Non me lo ricordare!” Alzò le braccia al cielo, collassando di nuovo sulla sedia, le braccia a penzoloni sui braccioli e la testa all’indietro appoggiata allo schienale. Vi si afflosciò sopra, guardando male il soffitto.

“Che cosa?” Chiese Shiro, sorpreso. “Ti ho visto andare alle audizioni anche con la febbre piuttosto di perdertele.”

“Ho dovuto portare la mia nipotina all’ospedale perché si era rotta un braccio.” Brontolò senza particolare enfasi.

La voce di Shiro si fece subito preoccupata. “Maria o Abigail? Sta bene?”

“Maria,” Lance sventolò una mano per poi lasciarla ricadere. “Sì, sì, sta bene. È felicissima di avere gente che le firmi il gesso. L’unico danno che è stato fatto è quello al mio orgoglio.”

“Quindi niente a cui tu non sia abituato.”

“Ehi!” Lance fece scattare la testa e scoccò un’occhiataccia a Shiro. Era in piedi davanti al bancone, un sorriso bonario che gli curvava le labbra. Coran se la stava ridacchiando da dietro la scrivania. Lance non ce la faceva a tenere loro il broncio. Soprattutto quando avevano ragione. Sospirò, schiaffandosi entrambe le mani sul volto. “E ora come dovrei fare per battere quella testa di mullet?” Si lamentò, più con se stesso che con gli altri due.

Shiro, però, lo sentì. “Stai… stai parlando di Keith?”

Lance allargò le dita, sbirciandolo con un sopracciglio alzato. Shiro lo stava osservando, curioso. “Sì?” Non si aspettava che Shiro sapesse di chi stava parlando. Ripensandoci, c’era solo un ragazzo con il mullet che bazzicava lì. “Lo conosci?”

A Shiro tornò il sorriso, piccolo, che gli curvava gli angoli delle labbra. “Certo che sì.” I suoi occhi si assottigliarono leggermente dal divertimento, ma Lance non capiva che cosa ci fosse di divertente. “È un bravo ballerino.”

“Lo sooooo.” Lance richiuse le dita e gemette di nuovo. “E gli avevo detto che gli avrei fatto il culo alle audizioni e che l’avrei battuto alle regionali, ma mi ha superato di nuovo.”

“A dire il vero, anche lui si è perso le audizioni.”

Divaricò le dita al massimo per fissare Shiro con entrambe le sopracciglia alzate. “Cosa?”

“Anche Keith si è perso le audizioni.” Sembrava che Shiro si stesse sforzando fin troppo di mantenere un’aria noncurante, e Lance non si fidava.

Aggrottò le sopracciglia e appoggiò le mani sui braccioli, sporgendosi in avanti e inclinando la testa, assottigliando lo sguardo. “Perché?”

Scrollò le spalle. “Non saprei. Non me l’ha voluto dire.”

“Ma sei sicuro che abbia perso le audizioni? Nel senso, non si è guadagnato un posto per le regionali?”

“È quello che ho detto, sì.”

“Sì!” Lance balzò in piedi, alzando un pugno al cielo per poi abbassarlo di fronte a sé. La sua auto-commiserazione era evaporata in un istante. Certo, era ancora arrabbiato per aver perso le audizioni. Non voleva classificarsi per le regionali solo per Keith. Ma almeno non c’era più sale sulla sua ferita. Si esibì in un piccolo ballo della vittoria, che consisteva principalmente in scuotere le anche e dondolare le spalle. “Alla faccia tua, Keith!”

“Mi aveva detto che eri molto preso da questa storia della competizione,” Disse Shiro, le braccia incrociate al petto. “Ma non avevo capito che fossi così…”

“Pieno di passione?”

“Già. Anche se questo spiegherebbe perché ci teneva abbastanza da andare alle audizioni. O perlomeno pensava di andarci.”

“Come mai?”

“Non è mai stato bravo a rifiutare una sfida e Lance… è molto bravo a lanciarle.”

“Vuoi forse dire molto bravo a costringerti ad accettarle?”

Shiro ridacchiò. “Esattamente.”

Lance li stava ascoltando solo con un orecchio, fin troppo preso dal suo ballo della vittoria, che si era tramutato in qualcosa di più simile a una macarena della vittoria. Con un movimento di anca fece un salto e si girò verso gli altri due, le labbra tirate in un ghigno. Lo stavano guardando entrambi con le sopracciglia alzate e varie sfumature di divertimento.

“Ti senti meglio?” Chiese Shiro, incrociando le braccia al petto, sorridendo.

Lance si poggiò le mani sui fianchi, il ghigno che non accennava ad andarsene. “Immensamente meglio.”

Coran diede un’occhiata all’orologio a muro. “Non hai prenotato una sala prove, Lance?”

Si picchiettò il palmo con un pugno. “Giusto!” La sua espressione si fece improvvisamente triste, e gli si afflosciarono le spalle e il sorriso. Il suo labbro inferiore sporse infuori in un piccolo broncio. “Immagino che andrò… ad allenarmi, o qualcosa del genere.” Borbottò, raccogliendo il suo borsone e sistemandosi la spallina sulla spalla. Non era sicuro di quello che avrebbe fatto. Non era che avesse un motivo per allenarsi ora. Aveva prenotato la 4C con settimane di anticipo pensando che sarebbe andato alle regionali.

Alla faccia.

Trascinò i piedi e si diresse verso la porta della reception. Forse si sarebbe fermato nella stanza di Pidge e Hunk. Mancavano ancora un paio di settimane alle loro audizioni, ma il duo di solito imparava la loro routine molto in fretta. Quindi averlo lì a barboneggiare non avrebbe dovuto disturbarli troppo. Forse avrebbe potuto aiutarli con qualche transizione. Per quanto si lamentassero quando ballavano con lui, facevano tesoro dei suoi consigli. Sapeva quello che faceva ed era bravo, anche se non andava molto d’accordo con gli altri.

“Vuoi ancora andarci?”

Lance si fermò con il piede a mezz’aria e si mosse all’indietro fino a ritornare sulla soglia della reception. Poggiò una mano sullo stipite e osservò Shiro con gli occhi socchiusi e un sopracciglio inarcato. “Era una domanda trabocchetto?”

“Nono.” Disse scuotendo appena la testa prima di ripetere, “Vuoi ancora andare alle regionali?” Shiro abbandonò le braccia lungo i fianchi e raggiunse Lance sulla porta. Il suo volto era aperto e amichevole, ma Lance aveva qualche difficoltà a capire che cosa stesse implicando.

“Sììììì?” Disse, sospettoso. Aggrottò le sopracciglia e sollevò il mento, guardandolo storto. “Più di qualunque altra cosa, ma Coran ha detto che non ci può fare niente.”

“Forse no, ma ho un’idea.” Shiro svicolò oltre lui e uscì, avviandosi lungo il corridoio. Sventolò una mano da dietro la spalla. “Seguimi.” E Lance lo fece perché non aveva altro da fare e perché Shiro aveva stuzzicato il suo interesse. Non era sicuro di quello che volesse fare, non quando Coran gli aveva detto che non c’era modo per lui di entrare nella competizione, ma era pronto a provare qualunque cosa. Aspettava le regionali da mesi.

Allura stava aspettando Shiro sulle scale. Era appoggiata al muro, i capelli tirati in uno chignon stretto e la testa inclinata sopra il telefono. Stava bene anche con i pantaloni della tuta e un tank top attillato. Era tutta curve e pelle scura, capelli argentati e occhi azzurri e brillanti. Era alta, con curve e muscoli, e accidenti se non era la donna più attraente che Lance avesse mai visto.

Era anche del tutto fuori dalla sua portata e si era già reso ridicolo abbastanza cercando di fare colpo su di lei, grazie tante.

A dirla tutta, non gli ci era voluto molto per capire che aveva un debole per Shiro. Non che potesse biasimarla. Anche Shiro era incredibilmente attraente ed entrambi formavano uno dei più incredibili duo che avesse mai visto. Ma quei due non avrebbero mai ammesso che avevano una chimica che andava oltre quella di partner di ballo.

Allura lì sentì arrivare e sollevò lo sguardo; le sue labbra si curvarono in un sorriso gentile quando i suoi occhi si posarono su Shiro. Lance guardò di sottecchi il suo amico solo per vedergli riflesso in volto lo stesso sorriso. Shiro sollevò una mano in saluto quando le furono vicino.

Gli occhi di lei si fissarono su Lance e il suo sorriso per lui non fu meno amichevole. “Ciao, Lance!”

Il suo sorriso era contagioso. Lance le rivolse un sorriso smagliante. “Ehi, Allura.”

“Come sono andate le audizioni?”

Il suo sorriso svanì immediatamente. Incassò le spalle e si ficcò le mani in tasca, distogliendo lo sguardo. “Non… non ce l’ho fatta.”

Poté vedere la sua espressione cambiare drasticamente con la coda dell’occhio. “Oh, Lance, mi dispiace così tanto.”

Odiò sentire la sua commiserazione. Non voleva disturbarsi a dirle che non era neanche riuscito ad andarci alle audizioni. Raddrizzò la schiena e sventolò la mano, inclinando la testa di lato. “Nah, non preoccupati. Non è niente.” Lasciò che le sue labbra si curvassero in un sorrisino rilassato. Il segreto era essere sicuri di sé. Poteva anche essersi depresso e aver sguazzato nell’auto-commiserazione fino a cinque minuti prima, ma era successo prima che qualcuno gli riservasse della vera commiserazione. Non la voleva, la pietà. Quindi non le avrebbe fatto vedere quanto lo straziava aver perso le audizioni. “E poi, Shiro qui mi ha detto che ha un’idea per farmi partecipare.” Disse, facendo scattare il pollice sopra la spalla per indicare l’uomo in questione.

Gli occhi di lei si spostarono su Shiro e sollevò un sopracciglio delicato. Sembrava genuinamente curiosa. “Ma davvero?”

Shiro annuì. “Ti dispiace iniziare senza di me?” Le lanciò la chiave, che lei afferrò a mezzaria con facilità, senza battere ciglio. “Voglio vedere se funziona.” Era criptico, e Allura gli rivolse uno sguardo sospettoso, le labbra strette in un piccolo broncio.

“Va bene, ma poi mi dovrai raccontare tutto.” Disse, dandosi una leggera spinta per staccarsi dal muro, seguendoli su per le scale. Girò al secondo piano, salutandoli con la mano e scoccando a Shiro un’occhiata, assottigliando lo sguardo. Lui si limitò a sorridere e proseguì su per le scale, Lance in coda.

“Uuuh, quindi dove stiamo andando?” Chiese quando superarono il terzo piano. Pidge e Hunk dovevano essere lì ormai. Di solito prenotavano sempre la stanza e condividevano la macchina negli stessi orari. Era più semplice così. Lo avevano lasciato alla reception mentre supplicava e pregava Coran, e sicuramente si aspettavano che irrompesse nella stanza con un qualche tipo di notizia, buona o brutta che fosse. Avrebbero dovuto aspettare un altro po’. Forse gli avrebbe dato una bella notizia.

“Vedrai,” Fu tutto quello che gli disse Shiro mentre salivano le scale per il quarto piano.

Quando arrivarono nel corridoio, gli occhi di Lance si posarono subito sulla stanza 4D. Un po’ sperava che Keith non ci fosse. Non c’era motivo di sperarci. Lui e Keith si erano allenati nella stessa fascia oraria quasi tutti i giorni per due settimane, ma pregò contro ogni speranza che quel giorno Keith non ci fosse. Non voleva affrontarlo dopo aver perso le audizioni il giorno prima. E dopo aver sentito che anche Keith se le era perse… beh, sperava che significasse che non aveva alcun motivo di allenarsi e che quindi non si sarebbe presentato. Era un ragionamento abbastanza stupido dato che anche lui non aveva alcun motivo di allenarsi, eppure era lì.

E la sua speranza era vana perché dalla porta socchiusa della 4D si sentiva filtrare della musica. Non era inglese sicuro ed era una sorta di kpop. Sentì le labbra arricciarsi per il disgusto. Al momento era solo felice che Keith fosse già nella sua stanza così da non doverlo vedere.

Si fermò davanti alla 4C, ma Shiro continuò a camminare.

“Uh, Shiro? La mia stanza è qui?” Disse, indicando la porta con il pollice.

“Lo so.” Disse lui semplicemente, e passò oltre.

Lance lo guardò di traverso. Ma che cazzo, non- maledizione! E guarda un po’, Shiro si fermò di fronte alla 4D. Si girò e guardò Lance, le sopracciglia alzate. Lance non si mosse di un centimetro. “Shiro, che stai facendo?” Chiese, la voce bassa e piena di sospetto. Gli scattò dentro un allarme rosso con tanto di bandiere rosse che sventolavano all’impazzata. Allarme rosso! Allarme Keith! Evitare! Nascondersi! Rifugiarsi nella propria stanza e chiudere a chiave la porta! Soffoca le proteste di Shiro con Nicki Minaj!
“Lance,” La voce di Shiro si era fatta improvvisamente solenne e seria. Lance odiava quella voce. Era la sua voce da padre, quella che temeva. “Ti fidi di me?”
Lance fece il broncio e distolse lo sguardo con un sospiro. “Sì.” Perché era l’unica cosa che poteva dire quando Shiro usava quella tono. Altrimenti si sentiva come se lo avesse deluso e non voleva la sua disapprovazione paterna e severa.

Si illuminò subito, non più serio, e gli rivolse uno dei sorrisi più maledettamente amichevoli del mondo. Lance si sentì come manipolato. “Bene, allora andiamo.” E così Lance si ficcò le mani nelle tasche e arrancò fino a quando non fu alle spalle di Shiro. L’uomo alzò la sua mano prostetica e bussò alla porta, aprendola giusto per infilare la testa nello spiraglio. “Keith?”

La risposta arrivò subito. “Ehi, Shiro.”

E Lance si irrigidì. Non solo perché era nervoso da morire di rivedere Keith faccia a faccia dopo aver mandato a puttane l’audizione e dopo averla ingigantita così tanto, ma anche perché porca merda la voce di Keith. Non era la voce che conosceva lui. Non era piena di esasperazione o irritazione. Non era brusca o sarcastica o di scherno. Non aveva quel lato rabbioso o quel divertimento seminascosto. Sembrava piacevolmente sorpreso e genuinamente… gentile. Sembrava gentile e… porca merda, Lance non se l’aspettava.

Lo fece pensare a come si conoscessero Keith e Shiro. Cioè, certo, Shiro riusciva a tirare fuori il meglio in chiunque, ma la voce di Keith aveva un tono di familiarità che rendeva difficile non volerne sapere di più.

“Possiamo parlare un momento?” Disse Shiro, aprendo la porta quanto bastava per entrare nella stanza.

Lance sentì Keith sospirare e la sua voce farsi improvvisamente molto stanca e leggermente irritata, molto più simile al Keith che conosceva. “Shiro, se si tratta delle audizioni, te l’ho già detto, non-” Si interruppe di colpo quando vide che Lance era entrato al suo seguito.

Lance cercò di impedire alle sue spalle di incassarsi, ma non riuscì a trattenere il muso lungo. A differenza dell’ultima volta che aveva fatto irruzione in quella stanza, spavaldo e determinato, ora si sentiva piccolo e a disagio, cercando di rimanere incollato all’ombra di Shiro. Non aveva idea di che cosa avesse in mente, ma aveva appena riconsiderato l’intera storia del ‘farei di tutto per andare alle regionali’.

“Che cosa ci fai tu qui?” La voce di Keith era tagliente, cosa che fece rizzare i peli di Lance. Si decise ad alzare lo sguardo, registrò la sua espressione acida, le braccia incrociate al petto, il modo in cui teneva il peso spostato sull’anca, quel maledetto codino. Più di ogni altra cosa, registrò come Keith sembrasse quasi ostile mentre lo guardava storto, cosa che gli era decisamente nuova. Perfino quando erano nel bel mezzo di una lite furibonda non aveva mai percepito un livello di rabbia del genere.
Una parte di lui voleva solo strisciare lontano dal suo sguardo, nascondersi nella buona vecchia 4C e perdersi nella musica. Forse perfino stendersi sul pavimento e fissare il soffitto e attivare la modalità depressione per davvero. Impegnarsi per imbottigliare e sistemare il suo imbarazzo fino a quando non sarebbe davvero riuscito a mostrare di nuovo la sua faccia a Keith.

Ma quella parte di lui fu calpestata nel fango dalla parte di lui che lo rendeva così simpaticamente testardo e insolente. Almeno così lo definiva mama.

Sollevò il mento, ricambiando Keith con lo stesso sguardo, e tirò fuori le mani dalle tasche per incrociare le braccia al petto. “Non è che voglia essere qui, kpop. Shiro mi ha detto di seguirlo.”
Keith interruppe la loro buona vecchia sfida a suon di sguardi intimidatori per scoccare un’occhiataccia a Shiro. “Perché l’hai portato qui?”

L’uomo, una mano che teneva la spallina del borsone, indicò Lance con l’altra. “Lance non è riuscito a entrare alle regionali-”

Keith sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Certo che no, non si è neanche presentato.”

“E tu come fai a saperlo?” Sbottò Lance.
“Perché io almeno ci sono andato, a differenza di qualcuno.”

Lance aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse di scatto senza emettere un suono. Aggrottò le sopracciglia e spostò lo sguardo su Shiro. L’uomo lo stava guardando con un sopracciglio inarcato, le labbra leggermente all’ingiù in segno di disapprovazione. Riportò lo sguardo su Keith, sporgendosi un po’ in avanti e mettendosi leggermente in diagonale per guardarlo storto. “Shiro aveva detto che ti eri perso le audizioni.”

Keith scoccò un’occhiataccia a Shiro e Lance vide l’uomo scrollare le spalle e rivolgergli un sorriso bonario. “Ma che? Sei tu che non sei venuto.”

“Io c’ero.” Disse Keith infine, guardando Lance. E o aveva le guance spolverate di una leggerissima sfumatura rosata o l’illuminazione della stanza faceva strani giochi di luce sulla sua pelle. “Me ne sono solo… andato. Prima che iniziasse.”
Lance rimase a bocca aperta, gli occhi spalancati e tutto. “Perché?” Riuscì a esalare. Perché se ne sarebbe dovuto andare prima di fare l’audizione? Soprattutto se era già . Lance avrebbe ucciso per una possibilità del genere!
Ora era proprio sicuro che non fossero le luci perché le sue guance presero una sfumatura rosa scuro quando distolse e abbassò lo sguardo. “È solo che… non mi sentivo bene.” Borbottò, e sembrava perlomeno imbarazzato, anche se Lance non ne capiva il motivo. Avrebbe ballato la sua routine ingoiando il suo stesso vomito se significava fare le audizioni.
Shiro si schiarì la voce, richiamando la loro attenzione. “Come stavo dicendo.” Indicò Lance. “Lance non ha passato le audizioni.” La sua mano si mosse nella direzione di Keith, accompagnata da uno sguardo pungente. “E neanche tu. Avete entrambi perso la vostra possibilità di andare alle regionali in singolo.”

“Shiro, ma che cazzo!” Lance per poco non urlò, e alzò le braccia al cielo prima di lasciarle ricadere lungo i fianchi. Stava tutto ingobbito, la testa incassata, e gli scoccò un’occhiataccia. Strinse le labbra. “Avevi detto che mi avresti aiutato a entrare nella competizione!”

Shiro annuì, un piccolo sorriso che gli tirava le labbra, e a Lance non piacque per niente. “Certo. Se solo mi volessi ascoltare.”

Lance inclinò la testa, gli occhi ancora socchiusi e sospettosi, fissi su di lui. “Ti sto ascoltando.”

Shiro incrociò le braccia al petto, guardando prima e l’uno e poi l’altro. “Quello che vi propongo è di fare l’audizione come un duo.”

A Lance si slogò la mascella. Era sicuro di sentire le voci perché non era possibile che Shiro avesse appena detto- Alzò la mano e si ficcò un dito nell’orecchio, girandolo. “Scusami, devo avere le allucinazioni, perché potrei aver giurato di sentirti dire-”

Shiro annuì nuovamente. “Che dovreste fare l’audizione come un duo, sì.”

“CHE COSA?!” Lance raddrizzò la schiena, annaspando all’indietro, le braccia all’aria e gli occhi spalancati dal terrore. I suoi occhi scattarono in tutte le direzioni per cercare Keith, che non si era mosso di un muscolo ma che aveva la faccia distorta in un’espressione molto simile alla sua. Gli ci vollero circa due secondi per fare eco ai sentimenti di Lance.

Che cosa?”
“Shiro, avevi detto che mi avresti aiutato-”
“Non dirai sul serio-”
“Io non ballo in coppia, e soprattutto non con Keith!”

“Non mi interessa così tanto da cadere così in basso-”

Scusami, saresti fortunato ad avere me come partner!”

“Non riusciresti a starmi dietro!”

“Okay, placati, Billy Ray, tu non riusciresti a stare al passo con me!”
“Sai almeno come fare coreografie?”
“Sai almeno come si balla?”

“Almeno so scegliere le canzoni!”

“Almeno le mie canzoni sono belle!”

“Ragazzi! Calmatevi!” Li interruppe Shiro, tenendoli separati con una mano su ciascuna delle loro spalle.

Lance non si era reso conto che si erano avvicinati durante la discussione, chiudendo la distanza che li separava per finire praticamente naso a naso, dimenando le braccia e gesticolando selvaggiamente e pungolandosi il petto a vicenda con le dita. Poteva sentire il respiro di Keith sul volto e il calore del suo corpo. Poteva vedere quanto erano lunghe le sue ciglia e quanto erano folte le sue sopracciglia aggrottate, in pendant con le rughette che gli arricciavano il naso. Poteva vedere la rabbia che gli arrossava quella pelle altrimenti pallida e perfetta. E non aveva mai dato molto pesi ai suoi occhi, ma ora vedeva che erano di un grigio scuro con delle leggere striature di colore, e poteva sentire il leggero profumo boscoso del suo deodorante e – porca di quella puttana, non dovrebbe stargli così vicino.
Trovò improvvisamente difficile concentrarsi sulla loro discussione, quindi lasciò che Shiro lo allontanasse da Keith. Allungò un passo all’indietro e ruotò il corpo per non guardarlo, incrociando le braccia al petto con uno sbuffo. Distolse lo sguardo con convinzione e cercò di prendere delle profonde e dolci boccate d’aria lontano da Keith il più silenziosamente possibile. Si portò le spalle quasi alle orecchie, la bocca distorta in una smorfia. Non gli piaceva come Keith riuscisse sempre a confonderlo.

Ma Shiro aveva ripreso a parlare e Lance si concentrò su di lui, anche solo per distrarsi da Keith per un momento. Quel ragazzo lo rendeva nervoso.

“Come stavo dicendo.” Disse Shiro con un sospiro, incrociando le braccia al petto di nuovo. Non capiva come riuscisse a rendere quella posizione infinitamente più intimidatoria di Keith o di lui. Girò la testa per lanciare un’occhiata di sbieco a Shiro, rifiutandosi testardamente di guardare Keith. Ma con la coda dell’occhio vide che anche lui non lo stava guardando, le braccia incrociate, concentrato su Shiro. “Dovreste davvero considerare l’idea di ballare insieme.” Alzò una mano, stroncando efficacemente le loro proteste con un cenno del capo. Lance richiuse la bocca. “Statemi a sentire, okay?” Li guardò, ed era palese che stesse aspettando una loro risposta.

“Okay.” Brontolò Keith.

“Okaaaay.” Sospirò Lance.

Shiro annuì e riprese. “Ballare in coppia non è così male, e le audizioni non saranno che tra due settimane. Siete entrambi pieni di talento e il tempo a disposizione dovrebbe bastarvi per permettervi di pensare a qualcosa. Non serve che sia perfetto, ma sufficiente da sorprendere i giudici di Altea e guadagnarvi un posto per le regionali.”

“Ma-” Tentò Lance, ma venne nuovamente interrotto da Shiro, che alzò una mano e scosse la testa.

“Non ho ancora finito.” Lance sbuffò, ingobbendo le spalle un po’ di più e distogliendo lo sguardo. “Keith, tu sei un brillante coreografo. So che hai diversi balli su cui stai lavorando. Potresti semplicemente adattarne uno perché diventi di coppia.”
Lance sollevò la testa di un millimetro, le spalle leggermente più incassate mentre guardava Keith con la coda dell’occhio. Non ne aveva idea… Era praticamente indispensabile per un buon ballerino riuscire a coreografare i suoi balli. Ce la facevano tutti. Cazzo, anche lui ce la faceva. Ma il modo in cui l’aveva detto Shiro… lo faceva sembrare come se Keith fosse più bravo del normale. Come se fosse la sua specialità. E nonostante tutto, Lance ne era… intrigato.

“E Lance.” Lo sguardo intenso di Shiro si poggiò nuovamente su di lui e Lance sobbalzò, facendo scattare gli occhi da Keith a Shiro, spalancandoli. Lo sguardo di Shiro si fece più tenero e Lance si rilassò. “Tu riesci a imparare mosse e stili di ballo con una velocità che non ho mai visto a nessuno. Sei il ballerino più versatile che io conosca. Se c’è qualcuno che può stare al passo di Keith e imparare una delle sue coreografie in due settimane, quello sei tu.”

Lance rilassò le spalle e raddrizzò la schiena, sollevando il mento. Un sorrisino pigro gli tirò le labbra e si godette quel complimento. Dondolò le spalle, inclinando la testa e scoccando a Keith un’occhiata strafottente. Il ragazzo si limitò a rispondergli con un’espressione illeggibile, le labbra serrate, accigliato.

“L’hai sentito, Keith?” Disse Lance, tutto tronfio.

“Ho sentito.” Disse Keith in tono piatto, ma non raccolse il guanto della sfida.

Lance aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma Shiro lo interruppe. “Lance, vuoi andare alle regionali?”

Lance sbatté le palpebre e il sorrisino gli svanì dalle labbra. Il suo primo istinto fu quello di rispondere in modo sarcastico, ma c’era qualcosa nel volto di Shiro che lo fece desistere. Quindi, ingoiò la sua impertinenza e decise di essere onesto. “Cazzo sì che lo voglio. Più di ogni altra cosa.”

Shiro annuì, un piccolo sorriso sulle labbra. Lance sapeva che era quella la risposta che sperava di ottenere. L’uomo si voltò verso Keith. “Keith, vuoi andare alle regionali?”

Lance gli lanciò un’occhiataccia giusto in tempo per vederlo aprire la bocca, chiuderla e distogliere lo sguardo. Era nervoso sotto lo sguardo di Shiro, spostava il peso da un piede all’altro e si strofinava le braccia.

Shiro sospirò, inclinando leggermente la testa e scuotendola. La sua esasperazione era evidente, ma c’era anche della tenerezza che Lance non riusciva bene a contestualizzare. “Okay, riformulo: Keith, andare alle regionali ti farebbe bene. No, non discutere. Ti farebbe bene. Non ci sei andato l’anno scorso e ho rispettato la tua scelta, ma hai un sacco di talento e questa sarebbe una buona opportunità per te.” Il suo volto si addolcì e all’improvviso fu Lance quello a disagio. Si sentiva come se stesse assistendo a un momento privato. Abbassò lo sguardo e prese a giochicchiare con la trama dei braccialetti colorati che teneva al polso. “So che vuoi esibirti, Keith.”

Lance sbirciò verso l’alto e si accorse che Keith non lo stava ancora guardando. Il ragazzo scrollò le spalle e Shiro sembrò prendere quel gesto come un sì. Unì le mani, metallo contro pelle, e ne uscì un suono sorprendentemente rumoroso. Sia lui che Keith sobbalzarono.

“Bene, ora che è deciso, vediamo di provare qualcosa.”

“Whoa, whoa, whoa.” Disse Lance, alzando entrambe le braccia. Appoggiò una mano al fianco e puntò Shiro con l’altra. “Non abbiamo ancora deciso niente-”

“Non ho accettato di fare un bel niente-” Intervenne Keith.

“Nemmeno io!”

Shiro non li ascoltò. Gli diede le spalle e si diresse verso la parte della stanza dove c’erano i cavi ausiliari. Appoggiò il borsone e sconnesse il cavo dal telefono di Keith per inserirlo nel suo.

“Shiro.” Disse Keith lentamente con allarme e sospetto nella voce. “Che cosa stai facendo?”

“Ho detto che avremmo provato qualcosa.” Disse con nonchalance, girandosi per guardarli entrambi mentre scrollava nel telefono. “Vi ricordate il ballo che vi hanno insegnato a quel corso lo scorso anno? Quello per il saggio?”

Keith aggrottò le sopracciglia, pensieroso, e Lance si picchiettò il mento, alzando gli occhi al soffitto cercando di ricordare. Aveva partecipato a un sacco di corsi in quegli anni e aveva imparato diversi balli. Era arrivato al punto in cui ne confondeva molti insieme, ma si ricordava molto bene il corso che aveva seguito con Keith.

Si ricordava di come Keith si scegliesse sempre un posto davanti. Di come passasse ogni momento libero con le cuffie in testa, evitando il resto di loro. Di come continuasse sempre, sempre a allenarsi. Di come Lance avesse passato gran parte del tempo a guardarlo. Non gli ci era voluto molto per notarlo. Era palesemente uno dei migliori ballerini nella stanza. A parte Lance, ovvio. Ed era proprio per quel motivo che aveva sentito subito il bisogno di fare colpo su di lui, di dimostrare quanto valeva. Aveva tentato di incrociare il suo sguardo nello specchio, di accaparrarsi un posto vicino a lui per tirarsela un po’. Ma per quanto ci avesse provato, non gli aveva mai cavato alcun tipo di reazione. Keith era stoico e un bacchettone e si atteggiava come se sapesse di essere bravo, come se non volesse interagire con nessuno. Il che aveva grattugiato i nervi di Lance e alimentato il suo desiderio di essere migliore di lui.

Era solo per quello che si ricordava il ballo che avevano fatto al saggio.

Schioccò le dita, ghignando quando gli tornò in mente. “Uptown Funk.”

Shiro annuì, un sorriso sulle labbra mentre riportava lo sguardo sul telefono. “Esatto. Avete ballato entrambi molto bene, se non ricordo male.”

“Ti ricordi bene a metà.” Disse Lance, ghignando. “Io ho ballato bene. Non saprei dirti Keith-boy qui.” Fece scattare un pollice sopra la spalla, ignorando l’occhiataccia di Keith.

Shiro alzò lo sguardo a quelle parole, osservandoli entrambi. “Te lo ricordi?”

“Pfff, certo che me lo ricordo.” Disse con voce strascicata, ciondolando la testa di lato. Sventolò una mano in direzione di Shiro. “Conosco quella routine come il palmo della mia mano.” Alzò la mano in questione – quando si era fatto quel taglio sulle nocche?

Il sorriso di Shiro sembrava divertito. “Bene. Keith?”

Keith scrollò le spalle e annuì. “Me lo ricordo.”

“Oooo, qualcuno qui fa lo spaccone.” Disse Lance, alzando gli occhi al cielo.

“E tu invece no?”

“Perché non ci fai vedere cosa sai fare, codino?” Non era il miglior nomignolo offensivo che potesse usare, ma maledizione se quel codino non lo distraeva. Davvero, come cavolo faceva a tirarsi su quel taglio di capelli orrendo e farlo sembrare così dannatamente carino? E il suo collo era decisamente troppo lungo e snello e doveva coprirselo tipo subito.

“Potrei farlo!”

“Bene, ora che abbiamo sistemato tutto-”

“Non abbiamo sistemato un bel niente!” Sbottarono entrambi allo stesso tempo, girandosi di scatto per guardarlo storto.

Shiro alzò le mani in difesa, stringendo ancora il telefono. Il suo sorriso si allargò mentre li osservava, e si lasciò addirittura sfuggire una risata. Lance aggrottò la fronte. “Okay, sentite, calmatevi per un secondo.”

“Sono calmo.” Disse Keith con un po’ troppa enfasi.

“Anch’io!” Aggiunse Lance, guardando male l’altro ragazzo.

“Quindi non vi dispiacerà ballare?” Chiese, le sopracciglia inarcate.

“Per niente. Gliela faccio vedere io a quel mullet-boy lì che sono meglio di lui.” Disse Lance, lanciando il suo borsone di lato e scrocchiandosi il collo. Intrecciò le dita e le scrocchiò portandole di fronte a lui per poi sciogliere il resto degli arti. Molleggiò dondolando sui piedi. “Facciamolo, Shiro.”

Keith aggrottò appena le sopracciglia, le labbra strette in una linea sottile. “Lance, questa non dovrebbe essere una gara-”

Facciamolo, Shiro.” Disse Lance ad alta voce e con impazienza. Poteva sentire che Keith lo stava fissando, ma lo ignorò.
“Sai che è per dimostrarvi che potete ballare in coppia. Ho scelto questa canzone solo perché so che è abbastanza facile e perché la sapete entrambi-”

“Fai partire la musica!”

Shiro sospirò e si arrese, premendo lo schermo del telefono.

Non appena le case diffusero i primi beat di Uptown Funk, Lance entrò subito in azione. Si mise laterale, un braccio piegato e la mano al lato del volto, l’altro braccio di fronte a lui, muovendolo a ritmo. Camminò in avanti con passi sbiechi. Dopo un paio di beat, cambiò lato. Poteva vedere Keith fare i suoi stessi movimenti nello specchio a muro.

Si voltarono in avanti, schioccando le dita lungo il fianco per poi sollevare le braccia e farle passare sopra la testa, indicando di lato. Fecero qualche passo indietro, muovendo i fianchi e facendo ondeggiare le braccia. Poi il ritmo entrò nel vivo e sollevarono le braccia per poi afferrare il cavallo dei pantaloni e ondeggiare i fianchi. E poi presero a muoversi veloci, spingendo le ginocchia dentro e fuori a ritmo, lanciando le braccia ai lati. Disegnarono il profilo dei loro corpi con le mani. Si girarono e fecero un paio di passi prima di fare un salto all'indietro.

Lance sentì un brivido attraversagli il corpo mentre guardava i loro movimenti allo specchio. Non era come al corso, dove tutti facevano la stessa cosa ma leggermente fuori tempo. Lance aveva sempre vantato un grande senso del ritmo e non riusciva per niente ad accettare che la gran parte delle persone, per quanto brave che fossero, tendeva ad andare leggermente fuori tempo quando si lasciavano prendere la mano. Keith, invece… Keith si muoveva a tempo, ogni suo movimento era calcolato e preciso. Guardando i loro riflessi, notò che erano sincronizzati alla perfezione. Con la musica e l’uno con l’altro. Ogni mossa e movimento allo stesso tempo e con la stessa angolazione.

A dirla tutta... stavano bene insieme. Ballando a quel modo. Lance poteva sentirne il brivido scuotergli le vene e non riuscì a trattenere un sorriso luminoso. Quando alzò lo sguardo vide che anche Shiro stava ghignando.

L’adrenalina gli allagò la mente e si sentì finalmente prendere dalla musica. Chiuse gli occhi e lasciò che il suo corpo sentisse il movimento. Le sue gambe si muovevano, i suoi fianchi, le braccia, la testa che dondolava a ritmo e si sentiva così bene.
Quando la canzone arrivò poco prima del ritornello, la sua memoria si fece leggermente annebbiata. Ma non era un problema. Aveva una vaga idea di come continuava e iniziò a improvvisare. Aprì gli occhi, guardandosi allo specchio. Scrollò le spalle, i passi fluidi che scivolavano a tempo. Ondeggiò le anche e si rivolse un ghigno. Hot damn.
Il ritmo si fece serrato e se lo sentiva tutto. Ne era schiavo. Si muoveva, dondolava, swingava. Non prestava più attenzione ai passi o a quello che facevano le sue mani. Lo sentiva e basta.
“Che stai facendo.” La voce di Keith lo riportò alla realtà.
Spalancò gli occhi e inciampò sui suoi stessi piedi, saltellando e cercando di tenersi in equilibrio con le braccia infuori. Poi sollevò la testa, gli occhi assottigliati, e scoccò un’occhiataccia a Keith. Il ragazzo teneva le mani sui fianchi e un cipiglio incazzato. Al diavolo, come aveva anche solo potuto pensare che Keith potesse essere gentile.

“Si può sapere che problemi hai?” Urlò Lance, alzando le braccia al cielo.

“Che roba era quella?” Keith fece scattare il braccio per indicarlo.

Lance raddrizzò la schiena e si mise una mano sul fianco, inclinando la testa di lato e lasciando l’altro braccio lungo il fianco. “Uh, ballare? Pensavo che fossimo in una scuola di ballo?”

L’espressione di Keith si indurì ancora di più. “Non stavi neanche più facendo i passi giusti!”

“Si chiama improvvisare. Ne hai mai sentito parlare?”

“Non puoi improvvisare una coreografia!”

“Posso e l’ho appena fatto!”

“Se lo fai non siamo più in sincronia!”

“Non puoi soffocare la mia creatività!”

“Il punto è vedere se riusciamo a ballare insieme, non farti i cazzi tuoi e fare quello che ti pare!”

Lance incrociò le braccia al petto e si girò un poco, tirando su il mento con uno sbuffo. “Sei solo geloso perché stavo ballando meglio di te.”

Keith emise un gemito. Incrociò un braccio al petto e si schiaffò l’altra mano sul volto, trascinandola verso il basso fino a quando non finì a penzoloni di fronte a lui. Si girò e guardò storto Shiro, che era rimasto in piedi nella parte anteriore della sala; ogni traccia del suo sorriso era svanita. “Non posso lavorare con lui!” Disse Keith, indicando Lance con rabbia. “È un idiota. Non posso ballare con uno che non riesce a seguire neanche una coreografia così semplice.”

Lance si arruffò, le spalle alte e la schiena rigida. Tutto l’entusiasmo che aveva provato guardandosi ballare allo specchio con Keith era svanito. Volato fuori dalla finestra. Andato per sempre. Non ne avrebbe più sentito parlare. Morto e sepolto. Iniziava perfino a dubitare di averlo mai provato.

“Ah sì? Beh, io non posso ballare con qualcuno che ha un palo piantato su per il culo!” Urlò Lance sopra la musica, riportando la loro attenzione su di sé. Marciò a passi pesanti verso il punto in cui aveva abbandonato il suo borsone e se lo mise su una spalla.

“Lance-” Era Shiro. La sua voce era dolce ma ferma, implorante e supplicante. Sembrava un po’ triste e Lance poté sentire quel senso di colpa di non volerlo deludere che gli si arrampicava su per la gola. Lo ricacciò indietro.

“No.” Disse, sollevando una mano. “Se è questo quello che mi becco per essermi divertito un po’, allora me ne vado.”

“Lance.” La sua voce ora era più severa. “Keith non intendeva-”

“Oh, penso proprio di sì invece. E va bene così.” Stava camminando all'indietro verso la porta. “È stato un pensiero carino, Shiro, e apprezzo che tu abbia cercato di aiutarmi, ma sappiamo tutti che non funzionerà.”

“Lance-”

Girò sui talloni mentre la canzone finiva e tenne sollevata una mano per salutarlo da dietro la spalla. “A dopo, Shiro. Buona fortuna per le audizioni.”

Non salutò Keith. Non lo guardò quando si chiuse la porta alle spalle. Non voleva pensare a lui. Non avrebbe neanche dovuto provare a ballarci insieme. Lance sapeva di essere una persona difficile con cui lavorare, glielo dicevano da anni. Ma sapete cosa? Lo stesso valeva per Keith. Con quel suo cipiglio di disapprovazione e quel suo sguardo giudicante e la sua aria da santarellino.
Lance era bravo a ballare. E lo sapeva. Era l’unica cosa nella vita in cui sapeva di essere bravo. Ne era orgoglioso. E non avrebbe certo lasciato che quel ragazzo k-popparo col mullet glielo portasse via. Al diavolo quanto fosse bono con quel codino e quanto fossero belli i suoi occhi.

Lance voleva urlare. Aveva fin troppe cose nella mente, si sentiva il petto stretto in una morsa e aveva passato tutto il giorno a guardare le sue speranze che venivano demolite. Aveva solo bisogno di sfogarsi. E quindi lo fece. Marciò giù per le scale, uscì nel parcheggio, inclinò la testa all’indietro e urlò. Era forte, senza parole, e fece volare via parecchi uccellini, che si rifugiarono sui fili del telefono lì vicino. Era pieno di frustrazione per il mondo, per se stesso, per Shiro, per Keith, per quelle stupide regole e quelle stupide audizioni.

Quando si fu svuotato, si sentì meglio.

Si sistemò il borsone sulle spalle, ficcò le mani in tasca e arrancò fin dentro la palazzina. Non voleva andare nella sua sala. Era troppo vicina alla fonte della sua frustrazione. Dunque si fermò al terzo piano e si diresse verso la 3C. Spalancò la porta senza tante cerimonie, senza bussare, e se la chiuse alle spalle.

Pidge e Hunk erano in piedi al centro della sala, gli occhi incollati all’orologio sulla parete. Nessuno dei due lo guardò.

Pidge annuì, le mani sui fianchi. “Come pensavo. Meno di un minuto. Hunk, me lo devi.”

Hunk alzò gli occhi al cielo e tornò al computer, che era collegato alle casse. “Sì, sì, ci fermiamo a prendere un milkshake quando torniamo a casa.”

Lance emise un gemito rumoroso e inarticolato, marciò verso un lato della stanza e lanciò il borsone a terra. Cadde sulle ginocchia e vi seppellì la faccia, rimanendo sdraiato a terra con le braccia e le gambe inerti.

“Andiamo, amico. Abbiamo sentito le tue urla incazzate da qui.” Disse Hunk, mettendo in pausa la canzone che stava andando. “Che è successo?”

Pidge sospirò. “Hai bisogno di tempo per deprimerti prima di lamentarti?” Si sentì un altro gemito, un po’ più pietoso dei precedenti. “Immaginavo. Hunk, il nostro patetico figlio ha bisogno di tempo per pensare, quindi possiamo anche concentrarci di nuovo sul ritornello.”

“Ci sta. Ehi, Lance, quando hai finito di deprimerti, puoi aiutarci a trovare delle buone transizioni pre e post ritornello?” Lance non rispose, ma sollevò un braccio e lo mise vicino alla testa, il pollice alzato. “Grande, sapevo che potevamo contare su di te, amico.”

“Mi dovete un milkshake per i miei servigi.” Borbottò con la faccia nel borsone.

 


 

Note dell’autriceQuesta è la coreografia che mi ha ispirato il ballo che hanno imparato al corso. Se postate qualcosa o fate dei disegni per questa fic, taggateli come “fic: shut up and dance with me” o “fic: suadwm” o lasciateci un link nei commenti, così possiamo vederli! ^_^

Note della traduttrice [DanceLikeAnHippogriff]: Eccoci tornate con un altro capitolo di SUaDWM! Come sempre, ringrazio la mia instancabile beta CrispyGarden per l'impegno e la passione con cui controlla le traduzioni <3

Come potete vedere, i capitoli di wittyy sono MASTODONTICI, dunque, nonostante dovrei riuscire a caricare i prossimi quattro capitoli circa una volta a settimana, non aspettatevi questa frequenza, soprattutto non durante la sessione estiva, aiut...! Quelli che caricherò ce li ho già pronti e betati, quindi devo solo destreggiarmi con l'html di EFP, e non volevo lasciarvi a bocca asciutta per questo mese in cui, appunto, mi sto preparando per gli esami, mettendo di conseguenza in stallo ogni attività di traduzione per diletto.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Ci vediamo al prossimo aggiornamento <3

Se scalpitate dalla voglia di leggere un'altra klance, date un'occhiata alla traduzione di Operation: Time Out fatta da andreanighteye. Non ve ne pentirete!

PER FAVORE, NON RIPOSTATE I DISEGNI DI QUESTA FIC! Rebloggateli dall’artista in persona QUI.
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Il Tumbrl dell’artista
Tumblr di Shut up and Dance With me

   
 
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