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Autore: Alexia96    16/05/2020    2 recensioni
Mentre un nuovo Male getta la sua oscura ombra sopra l'Europa, una straordinaria amicizia nasce fra due bambine. Due bambine simili, molto simili...
Dal primo capitolo:
“Cos’è quello?” disse Rose indicando una macchiolina sulla pelle.
“Mamma dice che è una voglia” spiegò Emily “Secondo mio papà assomiglia alla fiamma di un drago, mi chiama ‘Piccola Draghessa’, anche se mamma di che quella parola non esiste. Tu non ce l’hai?”
“No, non ho voglie” rispose Rose, allargando il colletto della T-shirt per mostrare la spalla sinistra.
Dal secondo capitolo:
“Ok, quindi ora dobbiamo spiare l’ufficio di tua mamma e aspettare che i miei genitori escono” disse Emily “Poi io entro nell’ufficio, mentre tu vai dai loro, esatto?”
“Giusto!” disse Rose. “e poi tra un mese tu devi fare in modo di essere qui al Ministero, così da poterci scambiare di nuovo”.
Era un piano geniale. E sebbene non fosse tutta farina del suo sacco, Rose non riusciva a non compiacersi della sua capacità di escogitare nuovi modi per disubbidire ai genitori.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Hugo Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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6. Il talento di Lily


 
Il giardino della Tana mostrava il meglio di sé, in primavera: i fiori sbocciavano sul prato erboso, morbido come un cuscino; gli uccellini cantavano gioiosi, riempiendo l’aria di musica; persino i nani, di solito molto dispettosi, si sdraiavano sull’erba e oziavano in tranquillità.
Sarebbe stato un perfetto angolo di paradiso, se non fosse per un piccolo, quasi impercettibile, difetto: una bimba piangeva.
Nascosta tra le radici di un grosso albero, Emily poteva vedere il bellissimo paesaggio che da giorni sperava di poter ammirare, ma non la rallegrò come immaginava. Non poteva, non dopo la notizia che i suoi genitori erano morti.
Continuava a cercare di non pensarci, e immancabilmente i volti di sua madre e di suo padre spuntavano davanti ai suoi occhi, sfacciatamente felici e abbracciati l’un altro. E questo le portava altre lacrime, e altri lamenti, che però soffocava quanto più possibile. E quando riusciva a fermarsi, poteva sentire Hermione urlare il nome di Rose, straziata. Forse era quello, a farla sentire così male, pensò Emily. Il fatto che era morta una bambina, che doveva essere qui a festeggiare il suo compleanno, e che invece non avrà mai otto anni.
Mentre pensava tutto questo, sentì un tonfo vicino a lei, e una voce lamentarsi: “Ci mancava solo questa!”.
Emily riconobbe la voce e uscì dal suo nascondiglio. Harry, che doveva averla seguita, aveva il piede incastrato in una radice e sembrava non riuscisse a liberarsi. Rassegnato, alzò il capo e vide Emily poco distante.
“Emily, che cosa ci fai qui?” le disse “Potresti farti male”.
Emily non rispose. Harry, intanto, continuava a tirare la gamba per liberarsi, ma senza successo. La bambina allora andò verso di lui e, infilando le sue manine sotto la radice, riuscì a spostarla un poco, permettendogli di rimettersi in piedi.
“Grazie” disse Harry, e si sedette sulla stessa radice dov’era rimasto intrappolato. “Perché sei scappata?” domandò poi a Emily. La bambina continuò a non parlare.
“Non avere paura, non succederà nulla di brutto” la rassicurò Harry, ma fu lui a spaventarsi. Emily cominciò a tremare violentemente, come in preda alle convulsioni; impallidì di colpo, e vide i suoi occhi riempirsi di lacrime.
“I-io non c-ce la faccio a p-parlare” balbettò tra le lacrime Emily “N-non ci riesco, perché piango e…”.
Non riuscì a finire la frase perché era semplicemente troppo, per lei. Scoppiò a piangere, andando incontro al petto di Harry, che la strinse forte a sé. Si sfogò a lungo, bagnando completamente la camicia dell’uomo e impiastricciandola di muco.
Dopo dieci minuti pieni, Emily riuscì a calmarsi e a smettere di piangere.
“Mi scusi signor Potter, le ho macchiato la camicia…” mormorò Emily con la voce ancora roca dal pianto.
“Non preoccuparti, ormai è vecchia” la rassicurò. “E non chiamarmi signor Potter. Io sono Harry, solo Harry”.
Emily alzò lo sguardo verso di lui: le stava sorridendo ma gli occhi, verdi come mai li aveva visti, erano tristi e lucidi, quasi sul punto di versare fiumi di lacrime.
“Non è arrabbiato per quello che ho fatto?” domandò Emily, sinceramente preoccupata. Stava soffrendo molto in quel momento, ma ciò che veramente la angosciava era la convinzione di essere responsabile per quello che era successo.
“No, non sono arrabbiato, perché non credo che sia colpa tua” affermò Harry. La bambina lo guardò stranita, come se le sue parole fossero assurde o insensate.
“Ma Rose…”.
“Ora voglio che mi ascolti attentamente”. Prima di continuare prese un grosso respiro, ed Emily era certa che lo fece perché, nonostante volesse sollevarle il morale, anche lui aveva una voglia matta di piangere.
“Quello che è successo ai tuoi genitori e a Rose… è orribile, e tutti noi siamo tristi per questo. Voi due non sapevate quello che stava succedendo, sicuramente avevi capito che c’erano dei problemi, ma di certo non pensavi che ci fosse una guerra in corso. Se davvero vuoi un colpevole, prenditela con me”.
“Perché, tu sei buono…” cominciò a dire Emily ma Harry le parlò sopra: “Avevo il compito di fermare questa guerra, e non ci sono riuscito. Sono morte tante persone, tra cui mia nipote”. Harry fece una pausa e prese altri grossi respiri.
“Tu sei solo una bambina, non prenderti colpe che non hai”.
Restarono in silenzio per qualche minuto. Harry continuava a stringere Emily a sé, e lei si aggrappò con tutte le sue forze alle sue spalle, fino a quasi lacerargli la pelle.
“Che ne dici di tornare dentro?” propose Harry dopo molto altro tempo. Emily non sembrava entusiasta dell’idea.
“Non posso andare dentro, ci sono i signori Weasley, loro…”.
“Ron e Hermione sono stati distrutti quanto te da questa notizia, e come te si riversano colpe inutili, che non porteranno indietro chi è morto” continuò Harry. “Parlare insieme, forse, vi farà sentire meglio”.
Emily si prese qualche istante per riflettere, ma alla fine accettò la proposta di Harry. Entrambi si spostarono con cautela da sopra le radici dell’albero e si diressero verso la Tana. Passarono davanti alla finestra del salotto, dove vide gli altri ragazzi seduti e attenti ad ascoltare le parole di Ginny, che probabilmente stava spiegando il motivo di tutta quell’agitazione. Notò che mancavano solo Hermione, Ron e Hugo.
Superata la finestra, non si diressero verso la porta principale; invece, Harry portò Emily a una porta di servizio che li fece entrare direttamente in cucina. I due restarono fermi sulla soglia: Harry vide che anche Hugo adesso era in lacrime, abbracciato alla madre, e non riusciva a muoversi davanti a quella scena così straziante; Emily, dal canto suo, non riusciva a trovare il coraggio di avvicinarsi alla famiglia che aveva contribuito, anche se inconsapevolmente, a distruggere.
Fu solo perché Hugo spostò lo sguardo su di Harry che la situazione si sbloccò.
“Zio, che stai…”.
Smise di parlare quando vide accanto a lui Emily, diventando subito pallido. Anche i suoi genitori cambiarono in volto, mostrando qualcosa che la bambina non si aspettava di vedere: compassione.
“Ehi, Emily…” disse Ron, con un groppo in gola che trasformò la sua voce di solito allegra in un suono stanco, che sembrava provenire da lontano e non dall’uomo di fronte alla bambina; che entrò in cucina cauta, come se si aspettasse che scattasse un allarme per ogni suo movimento brusco.
Una volta di fronte ai tre, Emily credette di aver percorso una maratona, per come le batteva il cuore. Cercò di pensare a qualcosa di carino da dire, a delle scuse o alle condoglianze che di solito si usano in quelle occasioni. Solo una cosa, però, le sembrava giusta da dire in quel momento, in grado di riassumere tutto ciò che sentiva.
“Fa così male…”.
Un sussurro semplice, che arrivò dritto al punto, trasmettendo tutto il dolore non solo per la morte dei suoi genitori, ma anche per quella di Rose, e la paura per quello che sarebbe stata la sua vita dal quel momento in poi.
Emily era sul punto di scoppiare a piangere di nuovo, ma le lacrime non ebbero il tempo di attraversare le sue guance che Hermione la abbracciò stretta, seguita da Ron.
E subito dopo, Hugo scoppiò.
Pevchè l'abbvacciate’” urlò il bambino, allontanandosi dai genitori. “È colpa sua se…”.
“Non ha più colpe di noi due, che non ci siamo nemmeno resi conti dello scambio” gli rispose Ron, asciugandosi le lacrime con le nocche della mano. Con quegli occhi gonfi e rossi, e il fatto che era piegato sulle sue ginocchia, sembrava anche lui un bambino da consolare.
“Non è vevo, Vose è morta pev colpa sua!”.
“Rose non è morta”.
Lily, che si trovava a metà strada tra il salotto e la cucina, si era fatta sentire da tutti quanti, guadagnandosi un sacco di sguardi scioccati e tristi.
“Tesoro” disse Harry, “so che è brutto quello che è successo, ma non devi mentire a tuo cugino su una cosa del genere”.
Lily rispose con un grosso respiro, e scosse la testa, come se si aspettasse quella risposta. “Non mento, io so che Rose è viva, solo che non so dov’è”.
Nessuno sembrava crederle, ma all’improvviso Emily scattò in aria, come se qualcosa di molto importante le fosse appena tornato in mente.
“Quel sogno…tu sapevi dello scambio!” esclamò indicandola. Dopo qualche attimo, lei annuì.
“Pensavo che non fosse ancora successo” spiegò. “A volte vedo cose segrete che sono già successe, a volte cose che ancora devono avvenire”.
“Aspettate, Lily è una veggente?!” esclamò George avvicinandosi alla bambina. Anche Ginny si avvicinò, e si mise accanto alla figlia.
“Lily, se stai mentendo…” incominciò Ginny ma la bambina la interruppe.
“Zio George e zio Ron scommettono su quale Casa di Hogwarts andremo, e so che entrambi sbaglieranno su Albus”.
“Ehi!” esclamarono i due interessati.
“Sai in quale Casa andrò?” domandò Al, sbucando da dietro lo zio.
“Sì, so in quale casa andranno tutti, tranne la mia” rispose Lily “Non so perché ma non riesco a vedere il mio futuro”.
Albus stava per fare un’altra domanda ma venne interrotto da Hermione: “E come sai che Rose è ancora viva?”.
Lily chiuse gli occhi e assunse un’espressione corrucciata, come se si stesse sforzando: “Mentre la mamma spiegava cos’era successo, io ho visto Rose che correva in un prato, e c’erano due signori che la chiamavano Emily”.
Emily rimase a bocca aperta.
“Ma quindi anche la mia mamma e il mio papà sono vivi!”. Appena pronunciò quelle parole sentì come se le avessero tolto un macigno da sopra le spalle. Ma Lily glielo fece ricadere addosso: “Non lo so, potrebbero anche essere altre persone, non ti lasciavano mai a casa di qualcun altro?”.
“Beh, sì, a volte mi lasciavano con qualcuno…” le lacrime stavano per tornare a rigare il suo volto ma durò solo per un secondo: “Con tuo zio Charlie! Lo avresti riconosciuto se era lui, no?”.
“No, non era lui!” esclamò entusiasta Lily. Se già la notizia che Rose stava bene aveva tranquillizzato tutti, con questa si era arrivati quasi a festeggiare. D’istinto Emily abbracciò Hermione. E d’istinto lei la strinse forte al petto
 
 
 
 
 
 
Boris aveva ancora un braccio fasciato, una caviglia slogata e la testa che non smetteva di girare ma nonostante tutto si sentiva estremamente felice: davanti a lui sua figlia e sua moglie si rincorrevano, e ridevano di cuore. Non aveva mai visto Emily correre così veloce, e vedere come Angel si sforzasse per starle dietro lo fece ridere di gusto. Purtroppo, anche le sue costole erano state strapazzate, e finì col trasformare le risate in gemiti di dolori.
“Ehi fenomeno, vedi di non sforzarti” disse Charlie, avvicinandosi a lui. Aveva con sé due bicchieri pieni di liquido ambrato, e ne porse uno a Boris.
“Mi conosci, io duro come roccia!” esclamò, prendendo subito dopo un bel sorso dal bicchiere.
“Sei stato letteralmente stritolato dalla mano puzzolente di un gigante, qualsiasi roccia si sarebbe trasformata in polvere, sei più duro delle scaglie di un drago!”.
Charlie non stava affatto esagerato. Nel momento in cui quel gigante aveva distrutto il loro tetto, riuscì ad attirare la sua attenzione e a permettere ad Angel ed Emily di scappare, ma non ebbe nemmeno il tempo di lanciare un incantesimo che il gigante lo aveva già afferrato; se sua moglie non avesse lanciato delle luci segnalatrici, probabilmente sarebbe diventato una marmellata d’uomo. Per fortuna, in pochissimo tempo gli altri membri della resistenza e gli Auror inglesi intervennero immediatamente.
“Ancora grazie per tua accoglienza, Rosso” disse dopo un po’ Boris, cercando di non pensare più a quel ricordo.
“Non dirlo neanche, sapete che il rifugio è aperto a chiunque abbia bisogno di un posto sicuro, non solo ai draghi” rispose Charlie; dopo un altro sorso continuò dicendo: “Almeno finché non vi trova il signor Wang… ma lo sai, con la vista che si ritrova basta mettersi a tre metri di distanza per non farsi beccare”.
I due risero, e continuarono a parlare tranquillamente, mentre poco più in là Emily e Angel continuavano a rincorrersi; a qualche centinaio di metri c’era l’edificio principale del rifugio per draghi, da dove venivano i rumori di decine di persone che lavoravano a pieno ritmo; e ancora più lontano, di fronte ai cancelli di pesante piombo che separavano i draghi dal mondo esterno, un centinaio di uomini erano in formazione d’attacco, attenti a sentire le parole dell’uomo in testa al gruppo.
“La donna mi serve viva. Uccidete tutti gli altri”.








  
  
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