Dall’episodio 03x10 L’elfo Rosso
Ubriaco sì, ma
quei complimenti?
LISBON
“Oh, va tutto bene, Lisbon. Tranquilla. Ci penso io” così mi ha detto Jane. Anzi, così mi ha alitato praticamente in faccia. Accidenti, sapeva di alcol da qui a Chicago. Ho avuto quasi un conato di vomito, trattenuto solo dal fatto che Jane non ha bevuto di sua spontanea volontà ma l’ha fatto solo per incastrare la colpevole. Jane non è mio padre.
Sono vicina alle auto della polizia e la mia squadra sta sistemando per bene Leila, l’infermiera assassina. Dalla mia postazione cerco di sbirciare il colloquio per tenere sotto controllo la situazione. Jane a mala pena si reggeva in piedi tanto è ubriaco e si era appoggiato a me per sostenersi. Ora si sono seduti, almeno così non rischia di sfracellarsi a terra. Ma sono comunque inquieta. Spero solo che Jane non faccia o dica cazzate a La Roche.
“Oh, Lisbon. Come sei gentile… ehm… come
sei carina… no, aspetta. Come si dice? Premurosa forse?” Jane è decisamente
ubriaco. Strascica le parole e poi non mi ha mai fatto così tanti complimenti
come adesso. Sembra quasi sincero. Arrossisco involontariamente quando, preso
forse da un capogiro più forte degli altri, si aggrappa meglio a me e la sua
mano scivola un po’ troppo oltre la mia spalla, finendo pericolosamente vicino
alla scollatura del mio maglioncino.
Lo guardo seccata. O almeno è quello che
cerco di essere nonostante il mio cuore, per un motivo a me sconosciuto, abbia
iniziato ad accelerare il suo battito. Lui ha quello sguardo vacuo di chi è già
andato oltre. È uno sguardo che riconosco ma che allo stesso tempo mi è
estraneo. Anche mio padre, quando beveva, aveva quello sguardo ma poi diventava
piuttosto irascibile e allora i tratti del volto gli si indurivano mentre gli
occhi diventavano due fessure iniettate di sangue. Jane invece sembra che mi
stia chiedendo aiuto. I suoi occhi azzurri sono velati e i tratti del volto
sono fin troppo rilassati.
“Lisbon, mi gira la testa…”
“Lo so, Jane. Ancora un piccolo sforzo e
ci siamo.” Usciamo dall’ascensore e con un passo decisamente poco stabile
riesco a condurlo sul suo divano malconcio. Lo faccio sedere e cerco di
togliere il suo braccio dalla mia spalla ma, improvvisamente, lui mi trattiene
la mano.
“Non hai risposto alla mia domanda.” Mi
osserva con un sorriso così ebete che non riesco a non sorridere di rimando.
“Non mi hai fatto nessuna domanda. Sei
ubriaco, Jane. Sdraiati e dormi. Domattina sarai devastato ma almeno abbiamo
risolto il caso.”
“Certo che ti ho fatto una domanda. Ti ho
chiesto se si può definire premuroso il tuo comportamento di ora nei
miei confronti.”
Mi ha colto alla sprovvista e purtroppo
non riesco a fingere perché sgrano gli occhi e questa volta il suo sorriso non
è più ebete ma quasi malizioso. Non so cosa rispondere.
“Suvvia, Lisbon. Non ti ho mica chiesto di
rilasciare un assassino per me” ha un singhiozzo lieve.
Mi indispettisco e gli pizzico il braccio,
lo stesso che ancora mi tiene vicina a lui. Mi libero e sono decisa ad
andarmene senza rispondergli. Se lo merita. Perché deve sempre comportarsi
da bambino in ogni momento?
“Comunque grazie, Lisbon. Sei stata
davvero gentile, carina e premurosa a prenderti cura di
me. Anche se non lo vuoi ammettere.”
Sono arrivata all’ascensore ma è come se
lo vedessi sorridere mentre mi ripete tutto quello che già mi ha detto. So che
è lì, sdraiato sul divano con le braccia dietro la testa, gli occhi chiusi e
quel sorriso impertinente sul volto serafico.
Va bene, Jane. Anche questa volta hai
vinto tu: mi hai fatto imbarazzare.
Faccio per sporgermi verso di lei quando
un altro capogiro mi prende alla sprovvista e mi ricostringe a stendermi sul
divano e Lisbon scompare. Ok, sono davvero ubriaco. Inizio a contare alla
rovescia. 100… 99… 98… inspiro ed espiro. Con calma. 95…94…93… le mie palpebre
si fanno sempre più pesanti. L’alcol sta facendo effetto. Forse riuscirò a
dormire e forse sognerò Lisbon. Sono più tranquillo ora. Non so perché. So solo
che domani non mi ricorderò più nulla e forse sarà meglio così.