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Autore: CyanideLovers    06/07/2020    4 recensioni
 Poteva essere solo un sogno.
Poteva essere — forse — la sua immaginazione.
Sembrava stupido ripensarci da sveglio, non aveva mai creduto a quel genere di cose.
Erano solo sogni, dopotutto.
Eppure…
eppure.
Eppure quei sogni gli facevano provare strane sensazioni che non aveva mai provato prima. Come se si fosse risvegliato qualcosa dentro di lui, indomabile e feroce, che ormai riusciva a malapena a contenere. 
〄 
Ogni notte Crowley sogna sempre lo stesso uomo. Sembra familiare, come se si fossero già conosciuti, come se si fosse già innamorato di lui. Il punto è che lui non lo conosce e questo non è altro che un sogno… giusto?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anatema Device, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Newton Pulsifer
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oneirataxia'
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mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto-

e i colpi si ripetono ed i passi,
e ancora ignoro se sarò al festino
farcitore o farcito. L’attesa è lunga,
il mio sogno di te non è finito.

Eugenio Montale — Il sogno del prigioniero.

 

 

 

 

Crowley era felice. Felice come non lo era mai stato. Il cuore batteva all’impazzata mentre stringeva il volante e la macchina sfrecciava per la strada. La versione di Tchaikovsky ‘I want to break free’ era a tutto volume e lui non riusciva a non cantare sopra le note, evitando l’ennesimo pedone per un pelo.

“Via dalla strada, umano!” Gridò senza smettere di ridere.

Il passeggero al suo fianco non sembrava così contento. “Sei impazzito?!” Strillò Aziraphale “ Non puoi andare a novanta all’ora nel centro di Londra, finirai per farci ammazzare!”

Au contraire, Aziraphale, ho dimostrato più di una volta che posso, in effetti, guidare anche più veloce.”

“Dio ci salvi, non ci provare!”

Crowley si voltò verso di lui e ghignò di nuovo come un maniaco notando che, nonostante l’espressione preoccupata, l’angelo stava sorridendo. Rallentò leggermente solo per tranquillizzarlo un po’, ma ignorò un segnale di stop giusto per tenere il punto.

“Adoro vederti così felice, mio caro.”

Crowley lo guardò mentre il viso dell’angelo accanto a lui si illuminava in un’espressione soddisfatta e allegra. Non poteva smettere di osservarlo, ogni piccola ruga d’espressione, il volto candido, morbido, il sorriso dolce, il papillon, i capelli ricci e disordinati. Tutto era bellissimo.

“Tieni gli occhi sulla strada, demonio.” Disse in tono affettuoso.

 

“Tu devi essere reale.” Disse lui di punto in bianco. “Devi esserlo. Non ci sono altre spiegazioni, Devi. Non puoi essere solo frutto della mia immaginazione.”

“Mi sei mancato, mio caro.” Rispose lui, come se non avesse sentito una parola.

“Non dirlo, ogni volta che lo dici tu…”

“Lo so. Ma non posso farne a meno. Mi dispiace, se solo fossi stato più attento questo non sarebbe successo. È colpa mia se adesso tu sei in questa situazione e io non so come rimediare. Ti ho deluso.”

“No, Angelo.” Non osava guardarlo, quindi finse di prestare più attenzione alla strada davanti a lui. “Non mi hai mai deluso, non una volta. Tu sei perfetto. Qualsiasi cosa sia successa, noi la risolveremo.”

“Non so se puoi sentirmi, Crowley. Non so se puoi ma ti prego, fallo per me…”

Crowley si voltò verso di lui, il suo buon umore era sparito, il volto dell’angelo si era intristito, e lui poteva avvertire un brivido corrergli lungo la schiena. Le mani bruciavano, la testa gli faceva male e quel dolore lancinante fra le costole era tornato. Dallo specchietto retrovisore notò che il sedile posteriore era pieno di papaveri rossi. Scostò lo sguardo di nuovo su di lui.

“Ti prego svegliati, Crowley.”

 

 

 

 

Crowley aprì gli occhi, solo per versarsi l’ennesimo bicchiere di liquore. Non gli importava cosa stesse bevendo. Bruciava, la vista si appannava e questo bastava per assopire per un momento quella sensazione di dolore intenso alla testa e allo sterno. Era meglio così, pur di non pensare avrebbe bevuto fino all’esaurimento scorte.

“Oh, Crowley…” disse Anathema, apparendo davanti a lui. Non sapeva da quanto fosse lì e lui non aveva voglia di sentirla parlare. Le mani tremavano e non portava gli occhiali da sole. La luce era più intensa e faceva male.

“Cos’è successo?” Chiese la ragazza.

“Tu sai chi è lui?” Domandò Crowley ignorando la sua domanda. Anathema sgranò gli occhi, preoccupata. Newt sussultò vedendo, per la prima volta da chissà quanto tempo, gli occhi del rosso.

“C-Crowley, i tuoi occhiali!” Balbettò lui.

“Che cos’hanno i miei occhi?” Domandò confuso, “perché sono così?”

“Crowley…”

“Cosa sta succedendo,” disse portandosi le mani fra i capelli “Non capisco.”

Anathema aprì la bocca per dire qualcosa. Crowley la stava guardando con gli occhi lucidi, confusi.

“Devi dirglielo, Anathema.” Disse Newt, e per una volta il ragazzo aveva un tono deciso. Nessuno lo aveva mai sentito parlare in quel modo. Crowley avrebbe voluto fare altre cento domande ma venne distratto dall’uomo che era appena uscito dal locale. Un po’ basso, abiti color crema, biondo.

“Aziraphale!” Disse saltando in piedi, correndo fuori il locale nella speranza di raggiungerlo.

 

Anathema e Newt stavano correndo dietro di lui ma Crowley non se ne curò. Aveva perso di vista l’uomo ma era sicuro di averlo riconosciuto. Senza pensarci troppo, si era ritrovato a camminare lungo il solito percorso del parco di St. James, non del tutto certo di come fosse arrivato lì. Non poteva fermarsi, non ci riusciva. Ormai il parco era diventato così familiare che avrebbe potuto camminare anche a occhi chiusi, riuscendo a trovare la solita panchina che condivideva sempre con l’angelo.

“Crowley, aspetta!” Urlò dietro di lui Anathema.

Non aveva bisogno di farselo ripetere. Era esausto, con il fittone e sudato. Il dolore tra le costole era tornato più forte che mai. Finì per accasciarsi sulla panchina, con le mani al volto.

“È reale.” Sussurrò toccando la panchina constatando che era fatta in legno e ferro battuto. Solido, vero. “Ma questo… questo non è possibile, io l’ho sognato, non può essere vero.”

“Crowley… “

“E perché lui continua a parlarmi nei miei sogni? Perché è sempre lì?”

“Anathema, basta.” Entrambi si voltarono a guardare Newt, che fino a quel momento era rimasto in zitto. Il ragazzo, di solito silenzioso e dai modi nervosi e insicuri, aveva lo sguardo fermo sulla ragazza seduta accanto al demone. Sembrava arrabbiato, anche se forse quella non era la parola giusta per descrivere a pieno la sua espressione.

Crowley non capiva cosa stesse succedendo. Non riusciva a registrare le lacrime che gli solcavano il volto, le voci sembravano ovattate, le immagini confuse. La voce di Newt, un po’ più forte del solito mentre riprendeva Anathema per qualcosa che il demone non sapeva, lo avevano scosso leggermente anche se tutto quello che lo circondava sembrava avvenire attraverso una spessa campana di vetro.

“Mi scuso per aver alzato la voce.” Disse il ragazzo addolcendo il suo sguardo, “capisco che stai cercando di proteggerlo ma ascoltami, Ana, guardalo.” Anathema scostò lo sguardo da lui per osservare Crowley che sembrava quasi un animale in trappola. “Non lo stai aiutando, non così. Non stai facendo altro che ferirlo. Devi dirgli la verità.”

Anathema non era mai stata una dalla lacrima facile. Non piangeva per i film sdolcinati o cose del genere. Non si commuoveva spesso. Della coppia, il ragazzo era il più emotivo. Sapeva essere dolce e materna quando voleva, e amava prendersi cura di chi gli stava intorno. Ma non versava lacrime così facilmente. Per questo anche Newt si stupì nel vederla piangere.

“Mi dispiace.” Sussurrò avvicinandosi ancora di più a Crowley. “Non volevo che questo succedesse, non volevo farti del male, è tutta colpa mia… ma lui mi ha pregato di farlo, mi ha supplicato, e io non sapevo cosa fare perché ero spaventata e lui… io… ah, non credo di aver fatto la cosa giusta.”

“Cosa… io non… cosa?” Domandò Crowley, confuso.

“Adesso devi ricordare quello che è successo quel giorno.” Disse Anathema, seria.

C’erano papaveri rossi davanti a loro, ovunque. Una distesa infinita, si estendevano lungo i prati e fra gli alberi. Crowley li guardò mentre dondolavano delicatamente mossi dal vento. Aveva come la sensazione che ricordare sarebbe stata un’espressione davvero poco piacevole. Stava tremando, la testa gli faceva male, le mani bruciavano come se avesse toccato dell’acido, il suo sterno faceva male come se il cuore dovesse uscirgli dal petto in qualsiasi momento. Si rese conto che nonostante la paura, il terrore di vedere qualcosa che lo avrebbe distrutto, non poteva fare a meno di desiderare di sapere cosa fosse successo. Nonostante tutto, pensò, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di rivedere Aziraphale ancora una volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Mi dispiace per il costante ritardo e per aver pubblicato un capitolo così breve. Doveva essere molto più lungo in realtà ma ho deciso di dividerlo in due. All’inizio questa storia doveva avere solo 5 capitoli ma ho deciso di aggiungerne uno in più.

Una cosa importante, per me almeno: anche nell’ultima storia che ho scritto Newt aveva un ruolo marginale e questo un po’ mi dispiace perché adoro questo personaggio. Rivedo molto me stessa in lui, povero semolino nervoso, però vorrei ricordare a tutti che in fin dei conti è uno dei personaggi più intelligenti nel libro (aka, è lui che fa notare ad Anathema, quando lei dice che non sa quale profezia di Anges sia quella giusta per sapere quello che succederà più avanti, che in realtà possono prenderne una a caso visto che la strega avrà sicuramente visto quale avrebbero preso.)

Insomma, adoro newt e volevo dargli un po’ più di spazio in questa storia.

   
 
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