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Autore: _justabibliophile_    14/07/2020    3 recensioni
Tra poco probabilmente il Sole sorgerà di nuovo e tu forse aprirai gli occhi, sbattendo le palpebre un sacco di volte e cercando a tentoni gli occhiali sul tuo comodino, occhiali che non troverai perché come sempre io te li avrò nascosti in un posto troppo lontano per la tua mente ancora annebbiata dal sonno.
Ma io non sono così sicuro di voler restare qui quando ti sveglierai. [...]
Perché quella che ti hanno fatto, James, è Magia Oscura. E se pensavo che questa guerra l'avremmo combattuta fianco a fianco, andando allo sbando come nostro solito e senza un piano ben preciso a cui attenerci, ora devo arrendermi di fronte alla consapevolezza di non esserne più così sicuro. Perché se credevo che ormai non potessi più provare sulla mia pelle il dolore dell'abbandono, del tradimento, dell'assenza di chi ero convinto non se ne sarebbe andato mai, oggi devo gettare la spugna e rendermi conto che non esiste più nemmeno questa certezza.
Perché il Sole sorgerà di nuovo, l'alba rischiarerà un'ennesima giornata e tu aprirai gli occhi.
Ma di te, di lei, di noi, tu non ricorderai più nulla.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Sirius.

«Silente comincerà a odiarti. Ne sei consapevole, vero?»

Ignoro volutamente il commento di Peter e continuo a salire la rampa di scale che porta esattamente all'aula di Incantesimi, là dove la McGranitt - non senza un'occhiata particolarmente intensa e le labbra assottigliate - ci ha detto che avremmo potuto trovare il Preside. Tengo gli occhi ostinatamente fissi davanti a me mentre il mio cervello lavora frenetico, incapace di pensare ad altro che non sia quello che è successo ieri pomeriggio al mio amico.

Remus è un idiota, non ho altro da aggiungere.

È solo martedì e lo so che è assurdo pensare che le nostre vite siano già state stravolte in questo modo spaventoso, ma ieri è per davvero accaduto l'impensabile e la parte peggiore è che Moony nemmeno ha voluto raccontarcelo subito. Si è ritrovato a dover passare del tempo in Biblioteca con James ed io lo sapevo che questo sarebbe stato un buon piano, perché così Prongs avrebbe cominciato a rendersi conto che è anche quello, il suo vero posto nel mondo: seduto accanto a Remus ad un tavolo del santuario di Madama Pince, trascinato lì praticamente di peso per studiare o fare i compiti, assecondando così il volere dell'amico più responsabile del gruppo, che non manca mai di imporci di seguirlo tra gli scaffali polverosi per fingere di impegnarci nelle varie materie.

Quello che naturalmente nessuno di noi si aspettava, è il fatto che potesse scoppiare un dannato putiferio.

Remus stava particolarmente male per via della luna piena - che sarà solamente sabato, per inciso - e aveva il classico aspetto stravolto di chi non riesce a trattenere quel dolore che gli monta nel petto, a gestirlo e a provare ad atrofizzarlo. Ci ha raccontato di aver avuto un giramento di testa particolarmente forte ed è stato forse anche il suo pallore così evidente ad aver spinto James - condizionato dalla parte più interna e vera di lui - a chiedergli se fosse tutto a posto e, come Moony non ha mancato di specificare, a posare una mano sul suo braccio.

Arriviamo ad un punto della situazione che non mi è chiaro, perché Remus dice di aver visto James cambiare improvvisamente faccia e sgranare gli occhi, quasi fosse stato attraversato da un'improvvisa visione celestiale che, alla fine, l'ha visto cadere a terra e perdere definitivamente i sensi. Questa è stata chiaramente piuttosto strana come reazione, se non fosse che Moony si è anche reso conto di un altro dettaglio non di poco conto: quando Prongs gli ha fatto quella domanda, quando gli ha toccato il braccio, la sua mente è stata folgorata dal ricordo della prima volta in cui ci confessò di essere un lupo mannaro, al nostro secondo anno qui a Hogwarts.

Quando poco fa ce l'ha detto, Remus parlava seduto sul suo letto con la testa tra le mani e io lo fissavo ancora più perplesso e stralunato, perché non riuscivo a comprendere la parte negativa e sbagliata della situazione. Insomma, così dicendo pareva proprio che il suo ricordo fosse filtrato automaticamente nella mente di James e che gli avesse così trasmesso quell'episodio, quel minuscolo tassello del nostro passato che suggellò ancora di più il fortissimo legame che abbiamo oggi.

Mi sono domandato che cosa potesse esserci di male in tutto questo, perché credevo che avessimo finalmente trovato la giusta chiave: tutti noi avremmo potuto cercare il modo perfetto per indirizzare i nostri ricordi nel cervello di Prongs, farglieli rivivere e fargli così comprendere che è tra noi che deve stare, che la sua mente è stata praticamente manipolata e che non deve fidarsi di quei Serpeverde che si spacciano per suoi ammiratori, quando in verità vogliono condizionarlo e spingerlo a lavorare per Lord Voldemort.

Ho espresso la mia perplessità ad alta voce ed ero certo che non ci fosse assolutamente nulla da ribattere, ma Remus seguitava a non muovere un solo muscolo - a stento sentivo il suo respiro - ed è stato invece Peter, in piedi accanto a me, a voltarsi nella mia direzione con un'espressione funebre stampata in faccia.

«Gli ha trasmesso quel preciso ricordo.» ha scandito lentamente, il tono di voce intriso di paura. «E ora James...questo nuovo James, sa della sua licantropia.»

È stato allora, di nuovo, che ho avuto paura.

E il punto è che si trattava di una paura ancora peggiore, perché non attanagliava me in prima persona. È stata una paura più grande perché è Remus, il mio migliore amico, ad esserne colpito. Perché ha lottato tutta la sua vita affinché nessuno venisse a conoscenza di questo suo gigantesco segreto, facendo uno sforzo disumano per confessarlo persino a noi e vivendo con l'angoscia costante che qualcuno potesse captare qualcosa, che qualcuno potesse venire a conoscenza della sua vera natura.

Ho avuto paura perché l'ho già visto il suo sguardo spaventato, quando un'altra persona ha scoperto della sua licantropia e ha minacciato di dirlo a tutti, salvo poi essere stato convinto chissà come da Silente a tacere. Ho già visto i suoi occhi feriti quando ha scoperto che era stata tutta colpa mia, che a causa del mio essere un idiota colossale avevo convinto Piton a recarsi fino al Platano Picchiatore pensando che fosse uno scherzo su cui riderci su, che fargli prendere un colpo alla vista di un vero lupo mannaro bastasse per togliergli la voglia di rispondere a tono alle nostre provocazioni.

Perché avevo sedici anni e ho fatto lo sbaglio più grande della mia vita. E mai potrò lasciare che questo accada un'altra volta.

«Silente ha l'obbligo di darci delle spiegazioni, Pete.» replico freddamente, bloccandomi appena prima di bussare alla porta. «Se solo lui la smettesse di usare le sue frasi d'effetto fastidiosamente enigmatiche e si degnasse di darci un aiuto concreto...»

«Non credo sia colpa sua.» mi interrompe timidamente, la voce bassa e gli occhi che non si staccano dai miei. «Se potesse darci una mano e far tornare James quello di prima, all'istante, sono certo che lo farebbe.»

Sbuffo e scuoto la testa, ma non gli rispondo. Perché lo so che Peter ha ragione, lo so bene che il Preside è dalla nostra parte e che lui e i professori stanno lavorando come possono per preparare quella dannata pozione. È solo che a volte penso che sia un incosciente, che riponga persino troppa fiducia in un branco di adolescenti nemmeno diplomati e che, prima o poi, l'esagerata fede che ha in noi finirà per essere deleteria.

E finché Lord Voldemort non è più davanti ai miei occhi, finché non posso prendermela con lui, mi viene naturale incolpare l'unica persona che percepisco essere più o meno responsabile di questa situazione.

«Avanti.»

Abbasso velocemente la maniglia e trovo davanti a me Silente, in piedi in mezzo all'aula e con le mani intrecciate dietro la schiena, il volto appena girato verso la porta per vedere chi siano gli ospiti appena arrivati. A giudicare dall'espressione imperturbabile e dal lieve sorriso che continua a increspargli le labbra, non sembrerebbe essere poi così stupito della nostra comparsa.

«Signor Black, signor Minus.» ci accoglie invece il professor Vitious, quasi nascosto al di là della pila di volumi che popola la sua cattedra. «Avete bisogno di qualcosa?»

«In verità volevamo parlare con il Preside. La professoressa McGranitt ci ha detto che avremmo potuto trovarlo qui.» replico prontamente, spostando subito lo sguardo su Silente che, in risposta, si gira completamente verso di noi e guarda entrambi negli occhi.

«Suppongo sia qualcosa che riguarda il signor Potter.»

«È successa una cosa, ieri.» spiego in risposta, avanzando di un passo e cominciando a torturarmi le mani. «Una cosa che riguarda lui e Remus. Remus Lupin.»

Faccio un breve resoconto dell'episodio che Moony ci ha raccontato poco fa, ringraziando Merlino e tutti i maghi che, ora, al cospetto del Preside ci siamo solo io e Peter. Remus cerca sempre di nasconderlo - penosamente, per l'appunto - ma è dotato di un'emotività oltre ogni confine, che è proprio ciò che l'ha spinto a rintanarsi nella nostra stanza e a giurare e spergiurare di non uscire finché i suoi bisogni fisiologici non glielo imporranno.

Sono anni e anni che ha dovuto imparare a convivere con questa dannata licantropia, ma nonostante con noi non abbia problemi a parlarne - e talvolta persino a scherzarci su - è chiaro che con gli adulti resta tutto un altro discorso. I professori sanno, Silente sa, ma Remus si ostina a imbarazzarsi come pochi se per caso uno di loro lo avvicina poco dopo la luna piena, chiedendogli se vada tutto bene e facendo svariate domande sul suo stato di salute.

Finisco di parlare senza che né Vitious né il Preside mi interrompano, lasciando solo che Peter faccia quelle precisazioni che mi sfuggono e che mi aiuti così a rendere la situazione più chiara possibile.

«Poi James è andato via. Non ha detto assolutamente niente ed è andato via.» concludo, scompigliandomi distrattamente i capelli e intercettando Wormtail annuire alle mie parole. «Vorremmo sapere qualcosa di più a proposito di...di questo. Se è normale che capitino situazioni del genere.»

L'ultima parola da me pronunciata sfuma nell'aria e vola via come una foglia mossa dal vento, mentre il silenzio torna a circondarci e, momentaneamente, l'unica cosa che percepisco con certezza è il peso dello sguardo di Silente fisso su di me.

«È incredibile, Filius, come il mio cervello e quello dei miei studenti viaggino sulla stessa lunghezza d'onda.» asserisce ad un tratto il Preside, sempre senza staccare lo sguardo dai nostri volti e sfoggiando quel suo mezzo sorriso ambiguo.

Vitious annuisce lentamente in risposta, sbattendo piano le palpebre e parafrasando la frase di Silente, forse con l'intenzione di esprimere a noi comuni mortali un concetto basilare senza enigmi e giri di parole di mezzo.

«Ne stavamo parlando giusto poco fa, ragazzi.» spiega infatti, sistemandosi meglio sul suo sgabello per acquistare quella parvenza di autorità che la sua bassa statura non riesce a conferirgli. «Naturalmente, in qualità di insegnante di Incantesimi ho desiderato fare qualche ricerca più approfondita sulla fattura scagliata contro il signor Potter e mi sono imbattuto in una serie di racconti di situazioni alquanto simili.»

«Quindi è...normale che James venga catapultato nei ricordi di qualcun altro?» chiede Peter, esprimendo così la mia stessa perplessità.

«Perché così potremmo risolvere un sacco di problemi.» rincaro la dose a mia volta. «Potremmo fargli rivivere alcuni dei momenti che abbiamo condiviso in passato e allora...»

«Tempo e memoria, signor Black: i due principali nemici dei maghi. Gliel'aveva ricordato anche Amelia Bones, o sbaglio?» mi interrompe Silente, parlando con quella sua voce dolce e cadenzata che, ancora una volta, mi fa ribollire il sangue nelle vene. «Non si può prendere il signor Potter e fargli rivivere a forza momenti specifici del suo passato, perché potrebbe essere dannoso per lui in prima persona.»

«Si tratta di situazioni rare ed estremamente delicate, come stavo per l'appunto dicendo. Si deve creare una condizione psicologica tale per cui la persona colpita dall'incantesimo - il signor Potter, in questo caso - è predisposta a ricevere un ricordo, mentre colui che gli è di fronte deve essere in grado di trasmetterglielo.»

«Meraviglioso.» commento sarcasticamente, appoggiandomi con la schiena alla fila di banchi più bassa e incrociando le braccia al petto. «James non vorrà mai avvicinarsi così tanto a noi da permetterci di fargli rivivere qualunque cosa.»

«Allora come pensa che ce l'abbia fatta il signor Lupin?»

Scrollo le spalle alla domanda di Silente, mordendomi il labbro e aspettando impazientemente quell'illuminazione che non tarda ad arrivare.

«Inconsciamente era pronto, signor Black. L'avete detto anche voi che il signor Potter si è limitato a chiedere a Lupin se stesse bene, cosicché quest'ultimo è stato attraversato dal ricordo del giorno in cui vi ha rivelato della sua licantropia.» risponde prontamente Vitious, adoperando quel classico tono pratico ma capace di coinvolgerci che usa anche durante le lezioni. «Giorno in cui, se non erro, Potter gli aveva posto la stessa identica domanda.»

«Ecco perché anche James, inconsapevolmente, era pronto!» conclude Peter, sorridendo estasiato e ricevendo un cenno di assenso da parte del professore.

«È tutto molto bello, davvero, ma è un caso su un milione. Quante altre probabilità ci saranno che si ricostruisca un'atmosfera simile?» domando, esplicitando così tutto il mio scetticismo.

«Sarà curioso per lei, signor Black, sapere che le probabilità sono piuttosto elevate.» risponde invece Silente, muovendo qualche passo verso il centro dell'aula. «Generalmente questa possibilità di rivivere ricordi del proprio passato dimenticato si presenta non prima della seconda settimana, ma qui ci troviamo di fronte ad un caso davvero eccezionale. Credo sia ancora una volta merito dell'immenso potere della vostra amicizia.»

Serro i pugni alle parole del Preside, chiedendomi come sia possibile che il nostro legame, la nostra fratellanza, sappia sfondare ogni minima barriera spazio-temporale e sorpassare persino fatture così potenti. Persino la Magia Oscura.

«Vi basterà ricreare una situazione particolare e il gioco sarà fatto. Chiaramente non basterà solo questo e la pozione del professor Lumacorno sarà essenziale, ma di sicuro la possibilità di scoprire poco alla volta quei ricordi cancellati dalla sua memoria contribuirà a far riavvicinare il signor Potter a voi.»

«E magari, chissà, potrebbe prendere le distanze da chi sta cercando di fargli il lavaggio del cervello.» commento tra me e me, sperando che il mio implicito riferimento ad Avery e al suo gruppetto venga colto.

«Ma cosa facciamo se James rivelerà a tutta la scuola della vera natura di Remus?»

La domanda di Peter riporta a galla quella terribile eventualità che ha colpito tutti noi con ferocia e che è stata la causa scatenante della reclusione forzata che lo stesso Moony si è autoimposto.

«C'è una sorta di vincolo morale, ragazzi, per cui il signor Potter avrà difficoltà persino a parlare dei ricordi che ha rivissuto. È difficile che racconti qualcosa, quando lui per primo è chiaramente sconvolto da quello che ha visto nella mente del signor Lupin. A maggior ragione se crede che sia stato frutto di un'eventuale perdita di sensi.» spiega Vitious, infondendo un po' di sicurezza in entrambi.

Perfetto, adesso la parte difficile sarà convincere Remus che può uscire dalla nostra stanza e che il suo minuscolo segreto è ancora al sicuro.

«Nel caso in cui doveste registrare comportamenti strani da parte sua, comunque, non esitate a venire a cercarmi. Sono certo che con una chiacchierata faccia a faccia sarò capace di dissuaderlo da qualunque desiderio di rivelare a tutta Hogwarts i segreti dei suoi amici.» aggiunge Silente, sfoderando la bacchetta e facendo apparire dal nulla un calice pieno d'acqua. «Per ora vi basti sapere questo. Signor Black, so che voi due venerdì sera avrete una punizione da scontare insieme.»

«Sì.» rispondo, non sicuro se questa sia effettivamente la replica che si aspetta da me. Però sorride ancora, cosa che mi fa presupporre che le sue parole non saranno neanche minimamente velate di rimprovero.

«Ottimo.» asserisce infatti, mandando all'aria secoli interi di campagne educative mosse da quei Presidi che volevano dissuadere i loro studenti dal finire in punizione. «Scavi un po' nella sua memoria e sfrutti la situazione a suo vantaggio. Sono certo che troverà in qualche cassetto decine di ricordi legati a una punizione passata scontata in compagnia del suo amico.»

Nonostante tutto, nonostante la rabbia che mi monta nel petto e l'impotenza in cui mi sembra di essere caduto da sabato notte, riesco persino a sorridere.

Perché Silente ha ragione, ora più che mai: James ha iniziato a giocare e noi lo seguiremo a modo nostro. Se pensa di essersi liberato dei suoi amici per colpa di un fottuto incantesimo, si sbaglia davvero di grosso. Perché noi saremo i primi a lottare, a mettere a punto strategie su strategie affinché lui possa ricordare il suo passato con noi. E alla fine lo so, lo so bene che ce lo riprenderemo.

Domenica volevo scappare e da oggi, al contrario, sarò io quello che terrà in mano le redini della situazione: non permetterò a nessuno di arrendersi, non permetterò a nessuno di lasciare che James scivoli via dalle nostre mani senza che nessuno riesca a trattenerlo. Il posto del mio migliore amico è solo qui, accanto a noi e alla ragazza che ama con tutto se stesso.

Ed è esattamente qui che, in un modo o nell'altro, James Potter tornerà.

***

Lily.

Stringo una fialetta di vetro tra le mani e intingo il mestolo nel calderone davanti a me, travasandone poi il contenuto e osservando quel liquido perfettamente viola andare a riempire la boccetta che dovrò consegnare. Muovo svogliatamente la bacchetta ed elimino tutta la pozione in eccesso, trattenendo uno sbadiglio e domandandomi se, effettivamente, i fumi del Distillato Soporifero preparato dalla sottoscritta a regola d'arte non abbiano raggiunto me in prima persona.

«Lasciate pure le vostre fiale qui, sulla cattedra. E mi raccomando, niente scherzi.» urla Lumacorno, sorridendo divertito e passando tra i nostri banchi per lanciare le sue solite occhiate curiose su ognuno di noi. «Non voglio che a nessuno venga la pessima idea di tenere un po' di questa pozione per sé.»

«Se alla prossima lezione ci vedrà crollare tutti per il sonno, saprà il perché.» replica prontamente Sirius, lasciando senza troppe cerimonie la boccetta sulla cattedra di Lumacorno e spalancando a sua volta le fauci in uno sbadiglio annoiato. «Non è il mio caso, comunque. La mia pozione assomiglia più che altro a un veleno mortale, quindi non l'ho nemmeno toccata.»

«Signor Black, signor Black...cosa devo fare con lei?» borbotta il professore, scuotendo la testa ma rivolgendogli comunque un mezzo sorriso accondiscendente.

Osservo tutti i Grifondoro e i Serpeverde passare davanti al mio banco per uscire dall'aula di Pozioni, riempita adesso di un'aria talmente pesante e carica di umidità da essere riuscita a gonfiarmi persino i capelli. Alice, accanto a me, inarca un sopracciglio e scruta attentamente i miei movimenti lenti e studiati, mentre infilo tutti i libri, le piume e il calamaio nella mia borsa.

«Hai intenzione di sbrigarti o devo aiutarti io?» mi domanda infatti, sbuffando e appoggiandosi al banco accanto al mio. «Questa giornata mi ha davvero ammazzata. Voglio solo tornare in dormitorio e dormire un po' prima della cena.»

«Frank?» domando distrattamente, lanciando un rapido sguardo intorno a me.

«Oggi ha gli allenamenti.» dice in risposta, passandomi un rotolo di pergamena dimenticato sul banco. «Se magari ci velocizziamo un po', forse riesco a salutarlo.»

Ma l'ultima frase di Alice sfuma per davvero nel vuoto, dal momento che i miei occhi si posano sulla figura che sta passando proprio adesso davanti a me.

James non prova nemmeno a camuffare lo sguardo che mi lancia e i suoi occhi rimangono lì, fissi nei miei, per un lasso di tempo che sembra dilatarsi e durare all'infinito. Il mondo e i suoi contorni sfumano, i colori sbiadiscono e l'unica cosa che vedo sono quelle iridi nocciola che conosco come le mie tasche, ma che appaiono adesso intrise di una rabbia mista ad arrendevolezza che, per lo spazio di un secondo, mi fanno bloccare il respiro in gola.

Poi Avery posa una mano sul suo braccio, lo trascina fuori dall'aula e lui distoglie lo sguardo, facendomi tornare a respirare.

«Io proprio non capisco che tattica stai usando.»

La voce di Alice mi fa riemergere da quella che è apparsa a tutti gli effetti come una sorta di apnea, mentre deglutisco e torno a sistemare gli oggetti nella mia borsa.

«Che intendi dire?»

«Con James.» replica, spalancando gli occhi scuri e fissandomi con aria confusa. «Sembra...non lo so, sembra che tu voglia fare il possibile per tenerlo a debita distanza.»

«È esattamente quello che sto facendo, infatti.»

«Ma non è normale, Lily.» Sospira e io mi volto a guardarla, inarcando un sopracciglio nell'attesa che si spieghi. «Credo che dovresti fare come Sirius e gli altri: non dargli tregua, cercare di parlargli, incrociarlo per i corridoi. Tu...tu stai scappando da lui.»

«Io non scappo da nessuno, semplicemente non inseguo.» Chiudo la cerniera della borsa con un gesto secco e me la carico sulla spalla, mentre l'aula comincia a svuotarsi sempre di più e noi due ci dirigiamo verso la porta. «Ascolta Ali, non pretendo che tu possa capirmi alla perfezione.»

«Ma almeno provo a farlo.»

«Lo so, lo so.» la interrompo, sorridendole dolcemente. «Il punto è che non voglio mettere pressione a questo James. Voglio che anche in questo caso la vita faccia il suo corso e non voglio perseguitarlo con la mia presenza. Non credo comunque che gli farebbe piacere.»

Alice si accorge forse nel mio improvviso tono intriso di malinconia, perché posa una mano sul mio braccio e lo accarezza piano.

«Non basterà nemmeno la Magia Oscura per fargli cambiare opinione su di te.»

«Ma tu non hai visto i suoi gesti sabato notte e non l'hai nemmeno sentito chiamarmi...in quel modo.» ammetto, scuotendo lentamente la testa. «Sembrava che gli desse fastidio persino respirare la mia stessa aria.»

«Io credo in voi, Lily, l'ho sempre fatto e continuerò a farlo anche in questo mese.» dice ad un tratto, bloccandosi in mezzo ai Sotterranei e guardandomi negli occhi. «Ma soprattutto credo in te. Tu saprai senza dubbio qual è il modo migliore per convivere con lui in questi giorni particolari per entrambi. E se tu dici che non forzarlo a passare del tempo con te è la cosa giusta da fare, io ti appoggio in tutto e per tutto.»

Sorrido alle parole della mia migliore amica, assecondando quell'impulso che mi suggerisce di gettarle le braccia al collo e di stringerla a me. Perché a volte basta davvero questo, il fatto di sapere che una delle persone più importanti per noi sarà dalla nostra parte a prescindere da tutto il resto, e all'improvviso il mondo si fa sul serio meno buio.

«Saluta Frank da parte mia, ci vediamo a cena.» le dico, scoccandole un bacio sulla guancia e invertendo di colpo la rotta.

«Ma dove diamine stai andando?» grida lei, con un'espressione ancora più confusa stampata in faccia.

«Lumacorno potrebbe aver bisogno di un'assistente. Sai, per la pozione e tutto il resto.» confesso con un mezzo sorriso, scrollando le spalle e vedendola alzare gli occhi al cielo.

«Come no, un'ennesima scusa per passare un'altra ora tra insetti e calderoni.» sbuffa infatti, cominciando a salire le scale che portano al piano di sopra. «Stai attenta.»

Sorrido alle sue parole e mi dirigo a passo di marcia verso l'ufficio di Lumacorno, maledicendo il giorno in cui i Fondatori hanno deciso di creare dei Sotterranei e di infilare proprio quaggiù l'aula dedicata alla materia più bella che ci sia.

«Signorina Evans, che immenso piacere!» mi accoglie il professore, sfoderando un sorriso radioso e alzando lo sguardo dalla sua scrivania piena zeppa di ingredienti e libri aperti. «Qualcosa non andava con il Distillato Soporifero? Ha qualche suggerimento o qualche appunto da fare?»

«No, niente di tutto questo.» replico piano, avvicinandomi ancora alla sua postazione e guardandomi intorno. «Volevo solo sapere come stesse procedendo con la pozione per James.»

Lumacorno stacca definitivamente lo sguardo dal suo calderone, posandolo su di me e sbattendo piano le palpebre. Ha la testa inclinata di lato, in un modo che il mio cervello accosta buffamente all'immagine di un bambino colto con le mani nel sacco, ma l'impugnatura sul suo mestolo è salda e denota quell'abilità e quella disinvoltura davvero essenziali per una materia come questa.

Non ricordo di averlo mai visto all'opera con una pozione, dal momento che lui si limita solo a spiegare la teoria dei vari procedimenti e ad illustrare qualche passaggio particolarmente complesso, ma è adesso che capisco perché lui ha questa assurda adorazione nei miei confronti. Abbiamo lo stesso modo di disporre gli oggetti intorno a noi - con ordine quasi maniacale, per evitare in questo modo anche la confusione mentale - la stessa precisione millimetrica quando si tratta di pesare i vari ingredienti e lo stesso sfavillio che ci illumina gli occhi, quando ci rendiamo conto di essere esattamente nel nostro elemento.

«Averla come aiutante sarebbe per me un immenso onore, signorina Evans.» afferma infatti, sorridendo ancora sotto i suoi spessi baffi grigi. «Può cominciare a pestare il quinto pungiglione di Billywig, se le va. Sette grammi in tutto.»

Mi lego velocemente i capelli in una coda frettolosa e tiro su le maniche della mia camicia, sentendo ancora una volta l'adrenalina fluire nelle mie vene e darmi la giusta carica per aiutare Lumacorno. Qualunque cosa riuscirò a fare qui con lui, fosse anche la più piccola e inutile, avrò perlomeno la certezza che la pozione che farà ritornare il nostro James sarà anche, in parte, opera mia.

***

Severus.

L'ho vista parlare con quella svitata della Prewett e trattenersi in classe per un lasso di tempo esageratamente lungo, mentre raccoglieva i libri per rimetterli nella sua borsa con una lentezza inaudita. Sarà anche ormai diventata un'estranea per me, ma i suoi gesti li so leggere ancora come fossero un libro aperto e lei, in quell'istante, stava chiaramente cercando di temporeggiare.

Aveva ancora quello stesso sguardo triste che sfoggiava domenica a pranzo e la pelle più pallida del normale, con le labbra screpolate e i capelli gonfi a causa dei fumi delle pozioni.

Era bellissima, ancora e sempre.

L'ho vista ascoltare lo straparlare della sua amica, risponderle distrattamente e lanciare continue occhiate verso la parte dell'aula dove mi trovavo io, a tal punto che - povero sciocco - ho persino creduto che i suoi occhi stessero cercando il sottoscritto. Sono stato un illuso, ancora una volta.

Perché poi Potter è passato davanti al suo banco e lei è rimasta come pietrificata, con quelle iridi verdi sempre e costantemente fisse su di lui come se nemmeno potesse controllarle, come se il suo corpo fosse perfettamente in grado di gestirsi da solo quando quell'idiota si trova a pochi passi da lei. Lo cerca, nonostante tutto. Cerca il suo sguardo, cerca di leggergli dentro come sa sempre fare con tutti, cerca quegli occhi che per sette, lunghissimi anni non hanno fatto altro che seguirla ovunque andasse.

E li trova.

Nonostante tutto, nonostante la Magia Oscura che gli imporrebbe di odiarla, James Potter continua a rispondere al suo sguardo come se fosse la prima volta, con quel ridicolo luccichio che gli illumina le pupille sempre intrise di provocazione e che nemmeno una potentissima fattura scagliata dal Signore Oscuro è stata in grado di cancellare.

Non basta niente, non è sufficiente davvero nulla, perché loro due continueranno sempre a cercarsi e a ritrovarsi.

Ho distolto lo sguardo perché quella scena mi è sembrata qualcosa di estremamente intimo e personale, perché questa sensazione di essere di troppo mi logora da dentro e perché non puntare gli occhi su loro due, su quella chimica che sembra quasi irradiarsi da entrambi e colpire tutto ciò che li circonda, rende ogni cosa forse un po' meno dolorosa del normale.

Ma non è come se fosse bastato.

Perché sono uscito dall'aula di Pozioni e l'ho capito, questa volta in maniera ancora più innegabile e cristallina: potranno fare davvero di tutto, allontanarli a forza, cancellare la loro memoria, torturarli e persino ucciderli. Ma quello che c'è tra loro, quell'assurdo filo che li unisce, è più solido e più resistente di qualunque ridicolo ostacolo.

***

Frank.

«Non so quanto abbia senso continuare in questo modo.»

Martedì è sempre stato uno dei miei giorni preferiti della settimana.

È una constatazione assurda e sono il primo ad ammetterlo, perché non è per niente conforme all'indice di gradimento dell'intera popolazione di Hogwarts. Martedì se ne sta lì, non ancora a metà della settimana ma tuttavia drasticamente lontano dal weekend, troppo vicino a quel dannato lunedì che rappresenta, invece, il male peggiore a cui tutti devono far fronte.

Mia madre mi ha però sempre insegnato a trovare gli aspetti positivi in ogni cosa, ed è così che sono giunto a rivalutare totalmente la mia opinione.

Martedì è il giorno in cui a colazione servono il pudding come piace a me, fatto per davvero a regola d'arte, ed è innegabile il fatto che cominciare la giornata con qualcosa di estremamente buono nello stomaco non può che essere piacevole. Martedì è il giorno in cui ci sono due meravigliose ore di Erbologia e al diavolo il pensiero dei miei amici, questa è per davvero la mia materia preferita e io mi diverto tantissimo a seguire ogni lezione.

Martedì è il giorno in cui Alice ha un'ora buca esattamente dopo pranzo e allora la trovo sempre lì, non appena esco dall'aula di Babbanologia, ad aspettarmi con la schiena appoggiata alla parete di fronte e con quel solito sorriso luminoso in faccia, mentre viene verso di me e in un istante comincia a chiacchierare di tutte quelle cose che spesso non hanno davvero importanza, ma che se raccontate da lei assumono tutto un altro sapore.

Martedì, poi, è naturalmente il giorno del primo allenamento settimanale di Quidditch.

«Cosa intendi dire, Rick?» domando, sfilandomi i guantoni da Portiere e osservando tutta la squadra sparpagliata sulle panchine dello spogliatoio maschile.

«Intendo dire questo. Non ha senso continuare senza...senza il Capitano.» borbotta, passandosi una mano tra i capelli esattamente come se pronunciare il nome di James lo avesse costretto a compiere quel suo gesto così tipico.

La McGranitt è uscita poco fa dalla stanza, dopo una riunione lampo indetta da lei stessa in cui ha fatto il punto della situazione sulle condizioni di James. Ha spiegato brevemente che lui continuerà ad allenarsi e che non giocherà per Serpeverde, ci ha assicurato che sposterà ogni nostra partita per fare in modo che, quando verrà disputata, il Capitano sarà di nuovo tra noi. E poi, naturalmente, ci ha detto che tutta la squadra potrà continuare ad allenarsi regolarmente anche senza il suo Cercatore.

«Diamine, la stai dipingendo in un modo esageratamente tragico.» risponde Alex Jordan, senza perdere quel suo proverbiale ghigno sarcastico. «Non l'abbiamo perso per sempre. James tornerà tra noi, l'ha detto anche la McGranitt.»

«Ma come facciamo ad allenarci senza di lui?» chiede invece Jennifer Steeval, la nostra Cacciatrice, aggiustandosi la lunga coda nera. «Voglio dire, lo sapete che il Capitano è sempre stato l'elemento principale di ogni allenamento. Senza James...»

«Senza di lui in qualche modo si farà.» mi intrometto io, sfoderando quella determinazione che spero di riuscire a trasmettere anche al resto della squadra. «Si tratta solo di un mese, ragazzi. Un mese in cui proveremo a correggerci a vicenda e a impostare nuove tattiche anche in sua assenza.»

«Ci ammazzerà.» conclude brevemente Andrew Smith, fratello di Rick e Battitore insieme a lui.

«Ci ammazzerà un corno.» ribatte prontamente Hilary Wilson, con quel suo accento scozzese che risalta soprattutto quando è innervosita. «Il Capitano sarà dannatamente fiero di noi quando saprà che non ci siamo arresi durante la sua assenza. E tra un mese, quando tornerà e vedrà quanti progressi abbiamo fatto senza di lui, sarà più orgoglioso che mai.»

«Glielo dobbiamo.» rincara la dose Alex, alzandosi dalla panca e sollevando un pugno in aria. «Io dico che non dobbiamo deluderlo.»

«Io, invece, dico che spero vivamente che possiate trasmettere un po' del vostro ottimismo anche a me.» dice mestamente Rick, tirandosi su a sua volta e passandosi una mano sulla fronte. «Ma ci sto. Come dici tu, lo dobbiamo al Capitano.»

«E Grifondoro non si arrende di fronte a nessuna difficoltà!» grida Andrew in un momento di particolare ispirazione. O forse è stato solo miracolosamente attraversato dallo spirito combattivo di Godric in persona.

Tutta la squadra si alza dalle panche e svariate urla di incoraggiamento si propagano tra queste quattro mura, rimbalzando sulle pareti e riempiendo lo spogliatoio come se ci fossero qua dentro decine di persone. Andrew ha ragione, noi siamo la squadra di Grifondoro e non sarà il momentaneo allontanamento di James a farci arrendere, perché la nostra determinazione supera davvero ogni singola barriera.

Automaticamente sorrido, mentre il mio sguardo si posa verso il fondo della stanza, dove la foto in primo piano del Capitano - circondata da qualche frase minacciosa che ci obbliga a leggere prima delle partite - troneggia indisturbata. Là, in quella cornice, James sorride e ammicca verso l'obiettivo, con quello sguardo sempre carico di malizia e quel ghigno divertito che sfoggia per davvero in ogni situazione.

Fisso quegli occhi saturi di determinazione e comprendo in questo istante che i miei compagni di squadra hanno proprio centrato il punto della situazione: nessuno di noi si tirerà indietro di fronte a questo ostacolo. Perché lo dobbiamo in primo luogo a James, alla persona che prima fra tutte ha creduto in noi come nessun altro aveva fatto prima.

***

Regulus.

«Guardate qui, l'ennesimo colpaccio.»

Evan stringe tra le mani una copia del Profeta di questa mattina, esattamente quella che sta sfogliando febbrilmente da quando la cena è iniziata, e la fa passare sul tavolo davanti ai nostri occhi. Mulciber è il primo a vederla e, per l'appunto, fissa lo sguardo sull'immagine in prima pagina e comincia a ridere sguaiatamente.

Non è come se fosse necessario leggere qualcosa di quell'articolo, comunque: basta scontrarsi con la foto in bianco e nero che ritrae una schiera di case babbane, sulle quali troneggia indisturbato quel Marchio che ormai conosco davvero nel dettaglio, e tutto è già più che chiaro.

«Queste sono le notizie che amo leggere.» sibila Nicholas, prendendo in mano il giornale e sfoderando un ghigno soddisfatto. «Famiglia Finch-Fletchley. Ma non sono i genitori di...»

«Adam, il Tassorosso del quinto anno.» conclude Simon per lui, senza staccare gli occhi dalla sua cena. «Si è salvato solo il fratello Robert, Babbano anche lui.»

«E questo è un vero peccato.» commenta ancora Evan, sorridendo ironicamente. «Ogni vita di Babbano risparmiata è un'immensa disgrazia.»

Contraggo la mascella e mi sforzo di continuare a mangiare, sebbene il mio stomaco si sia chiuso a tal punto che una forchettata in più di qualunque cosa potrebbe essermi fatale. Siamo ancora qui, punto e a capo: la Gazzetta del Profeta aperta davanti a noi, un ragazzo che ha appena perso entrambi i genitori seduto ad un tavolo di distanza dal nostro e i miei amici che ci ridono su, che riescono a ironizzare sulla vita stroncata di un quindicenne a cui rimane solo più un fratello al mondo.

Lascio cadere le posate sul tavolo e lancio una veloce occhiata a Severus, a pochi posti di distanza da me, ma non sono poi così sorpreso di trovarlo eccessivamente pallido e con la schiena curva, gli occhi fissi sul legno del tavolo e la bocca ridotta a una linea sottile.

«Questi attacchi,» comincia James, mentre il quotidiano passa finalmente tra le sue mani. «sono organizzati da chi vuole fare fuori i Nati Babbani, vero?»

Il sorriso di Nicholas si amplia a dismisura, probabilmente perché finalmente è stato toccato quell'argomento che lo soddisfa più di ogni altra cosa.

«Precisamente.» risponde infatti, intrecciando le mani e fissando James dritto negli occhi. «Un'immensa selezione naturale è ciò di cui più avremmo bisogno, di questi tempi.»

«È assurdo che quel vecchio ancora si ostini ad ammettere i Sanguesporco sotto il nostro stesso tetto.» aggiunge Evan, facendo un cenno con il capo verso il punto dove è seduto Silente. «Maneggiare una bacchetta è un privilegio, è qualcosa di prezioso, ed è ridicolo che persone inferiori come loro abbiano il privilegio di studiare qui. Con noi.»

James annuisce mestamente ed io quasi mi trattengo a stento, perché l'impulso di urlargli di smetterla di dare corda a tutti loro è fortissimo. Ma nemmeno io ho molta voce in capitolo, perché quello che ormai ho imparato a fare è tacere, incassare il peso di queste notizie e, con il mio silenzio, conformarmi alle parole atroci che tutti loro sanno pronunciare.

«Effettivamente ha senso.» afferma infatti James, sfoderando un'espressione convinta e determinata. «Voglio dire, essere un Purosangue dovrebbe garantire quei vantaggi che chiaramente ci spettano.»

«Esatto!» quasi urla Nick, sgranando gli occhi e sorridendo sornione. «Non avrei saputo dirlo con parole migliori.»

«E invece guarda un po', costretti a condividere l'ossigeno con la feccia.» sputa Mulciber, divorando la sua sesta o settima coscia di pollo consecutiva.

«Hogwarts pullula di Nati Babbani. E questo non può che essere un insulto alla nostra purezza.» asserisce Evan, sbattendo un pugno sul tavolo con rabbia. «Fosse per me, sarebbero da eliminare tutti uno ad uno.»

«È quello che stiamo cercando di fare.» riprende Nicholas, tornando a guardare James con aria febbrile. «Sai, le nostre famiglie sono accomunate da quest'odio verso tutti i Sanguesporco e verso coloro che ancora si ostinano a sostenere che sono uguali a noi.»

«La mia famiglia non mi ha mai parlato di queste cose.»

«Perché evidentemente, Potter, la tua famiglia non la pensa così.» Severus raddrizza di scatto la schiena, puntando gli occhi neri come la pece sul suo nemico di sempre e contraendo la mascella con una rabbia ormai palpabile. «E, se devo dirla tutta, negli anni passati anche tu non hai mai condiviso questi ideali.»

«Si cambia, Piton. Si cambia pensiero e si cresce.» scandisce in risposta, sostenendo il suo sguardo con quella fierezza Grifondoro che non ha comunque mai perso.

«Se James adesso desidera entrare nella nostra cerchia, chi siamo noi per impedirglielo?»

«Nella nostra cerchia?» ripete Severus, gettando la testa all'indietro e ridendo sguaiatamente. «Pensate un po', ricordo che giusto fino a qualche giorno fa lui apparteneva alla Casa dell'accoglienza a braccia aperte per eccellenza.»

«Casa da cui, se non sbaglio, me ne sono volutamente andato.» ribatte ancora James, alzando la voce e contraendo la mascella in quel modo che suppongo essere il preludio di una rabbia sempre crescente.

Severus non cessa di sorridere amaramente, scuotendo la testa e fissando il ragazzo di fronte a lui come se fosse un insulso insetto.

«Hai le tue radici lì, Potter.» sibila piano, il tono tagliente di chi ha la chiara intenzione di ferire. «La culla degli audaci, dei valorosi e degli orgogliosi. Ma non solo.»

«Non solo?»

«Potrei citarti decine di altre creature che popolano la tua vecchia Casa, Potter: Sanguesporco, paladini della giustizia, traditori del loro sangue...» Fa una breve pausa e abbassa il tono di voce, ma io riesco a udire con chiarezza l'ultima parola da lui pronunciata. «...ibridi

«Severus, dacci un taglio. Stiamo mangiando.» sbuffa Simon, scuotendo la testa con disappunto. 

«Se Potter mi provoca...»

«Non ha fatto niente.» asserisco con fermezza, sollevando il mento e guardando Severus negli occhi. «Tieni il tuo odio per te e smettila di serbare rancore verso gli altri.»

Non mi piacciono le persone di cui sono circondato, non mi piacciono i loro discorsi, ma ancora meno mi piacciono le situazioni scomode. E questa ha tutti i presupposti per sfociare in una discussione con i fiocchi, se Severus non ci dà un taglio con la sua costante necessità di punzecchiare James per mezzo delle sue battute sarcastiche e di quei chiari riferimenti ad un passato che lui per primo nemmeno ricorda.

«Oh, hai ragione.» risponde lentamente, assaporando ogni parola sulla punta della lingua e facendomi intuire che di qui a breve ne dirà una delle sue. «Forse dovrei prendere esempio da qualcun altro e, vediamo un po', trattarlo come il fratello che non ho mai avuto?»

«Adesso basta.»

Nel silenzio generale che ha invaso la nostra porzione di tavolo, James si alza di scatto dalla panca e appoggia entrambi i palmi delle mani sul tavolo, sporgendosi verso Severus e fissandolo negli occhi con quello stesso odio che ormai tutti siamo avvezzi a vedere.

Sento il cuore riecheggiarmi nella cassa toracica e le mani che pizzicano dalla voglia di tirare un forte schiaffo sulla guancia olivastra di Severus, ma rimango fermo e stringo i pugni. So di essere una persona mite di natura, ma è da un po' che lui sta tirando decisamente troppo la corda e a breve non riuscirò più a trattenermi.

Ma l'impulsivo per eccellenza, che per l'appunto non sono io, resta ancora in piedi alla mia sinistra.

«Siediti, James. Va tutto bene.» prova a calmarlo Nick, anche se tutti noi sappiamo per certo di essere giunti a un punto di non ritorno.

«Potter non è Potter se non dà spettacolo davanti a tutti.» ribatte invece freddamente Severus, senza staccare lo sguardo da lui ma mantenendo la sua solita, finta compostezza di sempre.

«Mi spieghi qual è il tuo problema con me?» domanda ancora James, il respiro pesante che fa alzare e abbassare il suo petto velocemente. «Perché io non ti capisco, Piton. Non capisco te, i tuoi sguardi ostili e le tue parole velate di disprezzo.»

«Vuoi sapere cos'ho contro di te, Potter?» comincia lui, arcuando le labbra in quel ghigno intriso di provocazione che è solito rivolgergli durante i loro classici battibecchi. «C'è che tu, volente o nolente, resti ancora un Grifondoro fino al midollo.»

***

James.

Piton finisce di parlare e io resto per qualche secondo così, a fissarlo negli occhi e a sentire il feroce impulso di stringere la mano a pugno e, perché no, cancellargli dalla faccia quel mezzo sorriso sarcastico che mi fa ribollire il sangue nelle vene.

Ma non faccio niente di tutto questo, perché Regulus ha appena posato la sua mano sul mio braccio e adesso è lui che guardo, concentrandomi su quegli occhi grigi che hanno un inusuale potere calmante e su quella sicurezza che sa trasmettermi con un solo, semplice sguardo.

Mi volto un'ultima volta verso Piton e lo fulmino con l'occhiataccia più carica di disprezzo che possiedo, per poi scavalcare la panca e lasciarmi il tavolo di Serpeverde alle spalle. Sento i passi di Regulus dietro di me e all'istante rallento per fare in modo che possa raggiungermi, ma la mia marcia verso l'uscita continua a essere furiosa.

Le parole di Piton sono vuote, prive di significato e del tutto inconsistenti, a tal punto che sarebbe logico lasciarle attraversarmi le orecchie e sfumare nel nulla. Ma hanno comunque qualcosa, qualcosa che riesco a leggere quasi tra le righe, che mi fa venire voglia di spaccare qualcosa e di dimostrare a chiunque che non sono più un fottuto Grifondoro. Non devo più esserlo.

Quella Casa non mi appartiene più, non credo ci sia niente che ancora mi ricolleghi ad essa, eppure c'è qualche dettaglio che seguita a stonare. Perché quando passo tra i corridoi, vedo gli sguardi di tutti che si posano sui colori che troneggiano sulla mia cravatta. Vedo le occhiate sature di compassione che mi fanno venire la nausea, sento i bisbigli di chi ancora non si capacita della mia scelta e percepisco troppi mormorii che accostano il mio nome a quello di Black, di Lupin, di Minus. A quello di Lily Evans.

James Potter, l'orgoglio dei Grifondoro che ora non lo è più.

«Cosa devo fare,» mi sento pronunciare quasi come se parlassi tra me e me, con la consapevolezza che Regulus comunque mi stia ascoltando. «cosa devo fare per farvi capire che sono cambiato?»

«Non devi dimostrare niente a nessuno, va bene? Severus, lui è...è fatto così, capirlo è complicato.» risponde precipitosamente, uscendo dalla Sala Grande insieme a me e arrivando nel corridoio principale che, poco alla volta, si sta facendo sempre più affollato. «Un giorno, forse, ti spiegherò perché ha questa avversione nei tuoi confronti.»

Ma non è come se lo stessi ancora minimamente ascoltando, visto che tutti i miei sensi sono ora concentrati su quella chioma rosso fuoco che, ancora una volta, ho scorto con una rapidità disarmante tra la massa di studenti di ogni Casa ed età. 
È uscita anche lei dalla Sala Grande e sta ora camminando verso le scale che portano ai piani di sopra, affiancata da due ragazze che le stanno ai lati come se volessero circondarla. Come se volessero proteggerla.

È un istante e le mie gambe già si stanno muovendo verso quella direzione, superando i ragazzi che ancora mi intralciano la strada e cominciando a marciare verso di lei. Sono preda di una furia cieca e a stento realizzo che intorno a me esiste ancora un mondo, a stento sento la voce di Regulus che mi chiama ripetutamente nel vano tentativo di trattenermi, a stento mi rendo conto che di qui a poco potrei fare qualcosa di esageratamente avventato.

Arrivo appena sul terzo scalino e lei è ancora lì, proprio davanti a me, così d'istinto allungo una mano e la aggancio intorno al suo polso minuto.

«James, fermati!»

Ignoro le parole di Regulus e la tiro piano verso di me, quanto basta per fare in modo che si volti nella mia direzione e che arrivi a pochi centimetri dal sottoscritto. Evans si gira di scatto, i capelli incandescenti che si sollevano e poi le ricadono sulla schiena e sulle spalle, ma è quando i suoi occhi incrociano i miei che percepisco ogni mia singola resistenza crollare drasticamente.

«Potter?» la sento sussurrare, mentre le sue amiche si bloccano a pochi passi da noi e tutti, qua intorno, sfoggiano ora le stesse espressioni curiose e stralunate al tempo stesso.

È che pensavo che fosse semplice, dannatamente semplice, ma non è così. È che l'ho vista in mezzo al corridoio e ho creduto che fosse una sola la soluzione perfetta per dimostrare che non sono come loro, che non sono più un Grifondoro. Che anche io, come i miei nuovi compagni Serpeverde, sono fiero di essere un Purosangue e non esito a prendermela con chi è chiaramente inferiore a noi.

«Evans.» rispondo freddamente, provando a riscuotermi e alzando la voce quanto basta. «L'hai letto il Profeta, oggi?»

Ma non avevo tenuto in considerazione i suoi occhi. Sono un brutto affare, quelle iridi verdi: un privilegio che non dovrebbe esserle concesso, un dettaglio che lei può sfoggiare quanto vuole e nemmeno si rende conto dell'immenso potere che esercitano, dell'efficacia che hanno su chi la circonda. Su di me.

«L'ho letto.» conferma infatti, liberandosi della mia presa salda e voltandosi completamente verso di me. «Come tutti i giorni.»

Le sue amiche muovono un altro passo verso di lei e tornano a circondarla, in un modo che fa montare nel mio petto una rabbia, se possibile, ancora maggiore. Perché capisco che è da me che vogliono proteggerla, che è da me che vogliono tenerla alla larga, ed è una consapevolezza che attiva dentro il sottoscritto un meccanismo che appariva in precedenza quasi inceppato.

«Avrai visto anche la prima pagina, suppongo.» continuo, sfoderando il mio tono beffardo e ghignando compiaciuto. «L'omicidio della famiglia di Finch-Fletchley.»

«Vieni James, torniamo di sotto.»

«Arriva al punto, Potter.»

Evans interrompe il tentativo di Regulus di trascinarmi verso il corridoio principale, ma io mi scollo la sua mano di dosso e continuo a guardarla negli occhi. Svariati studenti si sono ora fermati sulle scale e, ancora una volta, non provano nemmeno a fingere di non osservare la scena che si sta svolgendo ora tra noi due.

C'è tensione nell'aria, una tensione densa e palpabile, ma so che è esattamente questo il momento in cui devo colpire. Ha tutte le carte in regola per essere l'occasione perfetta per far capire a tutta la scuola che sono esattamente come ogni Serpverde che si rispetti: perché davanti a me c'è una Nata Babbana, che riporta dunque sulla fronte quella stessa etichetta che prima, a cena, i miei nuovi compagni hanno detto di odiare. Perché colpire i punti deboli, provocare gli altri e gioire della loro rabbia è quello che facciamo.

Perché davanti a me c'è Lily Evans, che da qualche giorno a questa parte si sta mostrando, in maniera del tutto immotivata, come la mia più grande debolezza. Ed è una cosa a cui devo assolutamente rimediare.

«Non ti senti come se avessi le ore contate, Evans?» comincio, sentendo dentro di me il cuore che pompa furioso, mentre un altro istinto divampa nel mio petto e mi obbliga a parlare. «La prossima ad essere colpita potresti essere proprio tu.»

È la primissima volta, da quando mi trovo a Hogwarts, che mi sembra che nel corridoio principale ci sia un silenzio disumano. È come una mano gelida che si insinua tra di noi, come un vento freddo che ghiaccia tutto quello che incontra e mi fa venire i brividi, mi fa vacillare, mi destabilizza.

Percepisco le decine di presenti trattenere ancora una volta il respiro e guardarmi di nuovo con gli occhi sgranati, le espressioni incredule di chi chiaramente non si aspettava questa precisa frase da parte mia. L'hanno voluto loro, comunque: sono stati loro a fomentarmi, a spingermi a oltrepassare il limite per dare davanti a tutti la prova definitiva del mio radicale cambiamento.

È questo il vero James Potter, quello che odia i Nati Babbani e non ha paura di dirlo in faccia al prossimo.

Nemmeno se il prossimo in questione è Lily Evans, che indossa adesso la medesima espressione di quando, sabato notte, dalle mie labbra è scivolata la parola "Sanguesporco". È pietrificata e glielo leggo sul volto, perché i suoi occhi sono sgranati e le pupille vagano freneticamente su di me alla ricerca di qualcosa, forse di un minuscolo dettaglio a cui aggrapparsi.

Ma poi il mondo sembra ripartire a rallentatore, perché una delle due amiche di Evans comincia a urlare contro di me insulti che nemmeno sento e tra la gente si spande un chiacchiericcio che pare sovrastare ogni rumore. Non che le mie orecchie abbiano particolare voce in capitolo, in questo istante.

Perché lei ha appena sollevato una mano ed è proprio quella, la destra, che in un frangente cozza contro la mia guancia e là mi lascia uno schiaffo sonoro, che produce un rumore che riecheggia tra queste quattro pareti e che ha il dannato potere di congelare me, questa volta, all'istante.

***

Lily.

Mi hanno sempre detto che nelle situazioni difficili, quelle in cui si è nel panico più nero, un buon metodo per rilassare i nervi è contare. Sì, semplicemente contare: compiere un'operazione tanto banale quanto meccanica, lasciare il cervello con il pilota automatico e fare sì che prosegua con la sua conta in totale solitudine, facendo comparire nella nostra mente quella sequenza di numeri che dovrebbe avere un effetto calmante. Contare è qualcosa di razionale, che non implica l'uso di emozioni, del cuore e quant'altro, ma che viene naturale come bere un bicchier d'acqua.

Ad oggi, posso dire con certezza che contare non serva per davvero a un bel niente.

Sono passati pochi secondi da quando ho voltato le spalle a James e al teatrino che ha messo su così, dal nulla più totale, lasciando che Alice e Mary gliene dicessero di tutti i colori e che bastasse quello, insieme agli sguardi sconvolti di tutti i presenti, affinché lui si rendesse conto del disastro che ha combinato.

Ma lui non se ne accorgerà mai, checché ne dica Sirius. Con lui non funziona questo giochetto psicologico: a James hanno fatto per davvero il lavaggio del cervello, perché nessuna persona dotata di un briciolo di senno verrebbe a bloccarmi in mezzo al corridoio per dirmi cose come questa, per mettermi in guardia su un'eventuale attacco ai danni della mia famiglia.

E la parte peggiore è che io lo guardo negli occhi e lascio che mi annienti con le sue parole, che mi uccida con i suoi sguardi freddi e che mi massacri con quel ghigno soddisfatto che continua a portarsi sempre dietro. Perché sono innamorata di lui e lo so, lo so benissimo che l'amore è anche questo: lasciare che abbia lui il coltello dalla parte del manico e aspettare che sferri il colpo di grazia.

Lo so, sì, ma so anche che è estremamente sbagliato.

Perché non è lui il James per cui ho perso la testa: lui è solo un duplicato, la versione peggiore che potessero creare, e non è a lui che permetterò di distruggermi una volta per tutte.

È facile a dirlo, certo, nonostante le lacrime sgorghino copiose sulle mie guance e io percepisca solo l'immenso desiderio di lasciare tutto e andarmene. Adesso capisco Sirius, quando quella sera voleva scappare da Hogwarts: la mia reazione forse è arrivata tardi, ma anche io come lui provo quel folle impulso di far finire una volta per tutte questa tortura.

Ma non lo faccio, perché sono stata io la prima a dirlo: non sono una codarda e le cose vanno affrontate di petto. Potrò piangere, versare tutte le lacrime che ho in corpo, pensare che questo mese si protenderà all'infinito e avere tantissimi momenti di sconforto. Di andarmene, comunque, non se ne parla.

Mi hanno sempre detto che bisogna lottare per le cose che si desiderano davvero, e la possibilità di far tornare tutto com'era una volta è sul serio il regalo più bello che potrei avere dalla vita. Non ci sarà nessuno, tuttavia, a portarmi questo lieto fine su un piatto d'argento: sono io stessa a dover lottare con le unghie e con i denti per andare a conquistarmelo. 

Perché, come dicevo prima, non è questo il James Potter che amo: non è quello che impugna la lama e che le prova tutte per colpirmi, per conficcarla nel mio fianco e guardarmi sanguinare con il sorriso stampato in faccia. Il vero James Potter è quello a cui io lascio volontariamente il pugnale dalla parte del manico e lui lo prende, per poi lasciarlo cadere per terra e accogliermi così, con i miei graffi e le mie debolezze.

Non per stuzzicarli un po' di più, ma amarli così come sono e per guarirli una volta per tutte.

Mi passo una mano sugli occhi e stringo un singhiozzo tra i denti, ma salendo l'ennesima rampa di scale vado a scontrarmi con una figura che intralcia il mio cammino.

«Lily.» esclama Sirius con l'apprensione nella voce, posando entrambe le mani sulle mie spalle e non esitando a stringermi in uno dei suoi rarissimi abbracci.

Non aggiunge altro, ma non è come se io e lui avessimo mai avuto bisogno di parole. Nel bene e nel male, sono sempre stati i gesti a fare da mediatori, tra noi due.

«Io...» riesco a malapena a balbettare, il petto ancora sconquassato dai singulti ma la consapevolezza di aver trovato la persona più giusta a cui mostrare questa mia momentanea fragilità. In fondo, è la stessa cosa che qualche giorno fa lui ha fatto con me.

«Va tutto bene Lily, va tutto bene. Nessuno di noi ti lascerà da sola.» riprende a sussurrare, rimanendo immobile qualche secondo, per poi staccarsi da me poco dopo. Le sue mani sono ancora sulle mie spalle e la sua bocca è piegata in un sorriso sorprendentemente dolce, intriso di quella stessa tenerezza da fratello maggiore che ritrovo anche nei suoi occhi ostinatamente puntati nei miei. «Anche a costo di legarti qui. Ricordi?»

   
 
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