Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Nisi    22/07/2020    2 recensioni
Revisione completata, pubblicazione riprende regolarmente.
'E' piuttosto improbabile che in questi boschi lei possa incontrare l’imperatore del Giappone e consorte, quindi l’abito da cerimonia non è richiesto.”
Shiori lo guardò male, agitandogli sotto il naso un maglione di pile. “Questo abbigliamento non mi dona affatto.”
Kenji si tolse gli occhiali e le diede una buona occhiata. “E’ bella lo stesso. E badi, questo non è un complimento, ma una oggettiva osservazione della realtà!”
Non è umanamente possibile che in una persona sola si concentrino tanti difetti: piattola, lagna, viziata, macigno, pallista, intrigante, nevrotica, cozza…
Ci ho pensato su e sono giunta alla conclusione che Shiori l’abbiano fatta diventare così.
Quindi quello che ci vuole è qualcuno che la rieduchi, nella fattispecie un serioso ingegnere con una spiccata tendenza alle gaffes
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I tre volti della Dea'
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“Ha smesso di piovere ed è tornato il sereno. Ci conviene andare.”
Shiori si rialzò ancora un po’ stordita e stranamente contrariata da un distacco così brusco, però lo seguì senza fiatare. Lui era decisamente più alto di lei e procedeva a falcate. Per stargli dietro, Shiori inciampò e per poco non finì (ancora) nella melma.
“Allora è un vizio!” constatò mentre la fissava, le braccia incrociate sul petto.

"Fa presto a parlare, lei, che ha le gambe così lunghe!”
“Già, è vero.” Senza dire niente, lui le porse la mano. “Così evitiamo di farla inciampare ancora. Bisogna stare attenti, qui. Un mio amico è scivolato e si è rotto l’osso sacro.”

Shiori guardò perplessa quella mano tesa, troppo sorpresa per notare il particolare poco elegante dell’osso sacro dell’amico di Kawahara-san. Nemmeno Masumi l’aveva tenuta mai così e ora quello strano uomo, dopo averla scaldata, le tendeva la mano. Shiori arrossì, ma la prese. Era calda e asciutta, la stretta rassicurante.
Camminarono in silenzio, lei appena dietro a lui per parecchio tempo. “Non vado troppo veloce?”
“No, non si preoccupi, sto bene.” Furono le uniche parole che scambiarono.

Kenji si fermò a un bivio. “Se prende questa strada, dopo circa cinquecento metri arriva al suo albergo.”
“Va bene,”
“A meno che… No, meglio di no.”
Shiori era curiosa come una scimmia. “Cosa?”
“Stasera viene Jin a cena. Se le va e se non ha di meglio da fare, potrebbe venire anche lei.”
“Non vorrei disturbare.”
“Non sono una persona che si formalizza. Se gliel’ho chiesto è perché non disturba. Dopo la riaccompagno io.”
“Allora va bene, grazie. Solo che non ho niente da portarle.”
“E allora mi darà una mano con la cena.” Fu la lapidaria risposta.

Camminarono per circa un chilometro e arrivarono alla casa dove Kenji abitava. Era in mezzo al bosco, in stile giapponese. Sembrava abbastanza ampia e comoda.
Kenji fece scorrere le porte, entrambi si tolsero le scarpe ed entrarono.

I calzini di Shiori erano infangati e prima che potesse dire niente, lui le consigliò: “Se li tolga pure.”
Shiori ubbidì mentre si domandava come avrebbe potuto aiutare con la cena visto che non aveva mai cucinato niente in vita sua, né mai preparato una tavola. Si vergognò.
Entrò nel bagno dopo di lui a lavarsi le mani.

“Venga in cucina!”
Shiori entrò e vide una cucina piccola, ma piuttosto attrezzata. “Ecco, affetti il tofu a cubi per l’agedashi.”
C’era un tagliere rotondo e Shiori impugnò il coltello, solo che invece del tofu, si affettò il dito… e emise un gridolino più di sorpresa che di dolore.
Dal taglio usciva qualche goccia di sangue. Kenji fu subito accanto a lei. “Cosa è successo, sta bene?”
“Mi sono tagliata, ma…”

Senza dire altro, Kenji si portò la mano di Shiori alla bocca e succhiò via il sangue. E Shiori trasalì, un brivido delizioso l’attraversò da parte a parte, mentre arrossiva vistosamente.
Kenji le lasciò la mano, come se scottasse. “Io… mi scusi non…” era turbato e confuso. “Non so cosa mi è preso.”
Shiori sentiva un gran caldo addosso, ma ebbe la forza di balbettare.”N…non si preoccupi, n… non è successo n…niente.”
Kenji si schiarì la voce, cercando di darsi un contegno: “Si è tagliata.”
“Già.” L’espressione era desolata.
“Non si è fatta male?” Le aveva messo la mano sulla spalla e le si era avvicinato.
“No, sto bene.”
“E allora perché quella faccia?”
“Perché è la prima volta che prendo in mano un coltello.” Fu l’amara rivelazione di Shiori.
“Non sa cucinare, vedo. E allora?”
“In realtà, oltre a fare shopping e a coltivare orchidee, so fare poco altro.”
“Potrebbe seguire un corso. Io l’ho fatto.”
“Davvero?”
“Sì. Sono venuto qui a vivere che non sapevo fare niente, poi mi sono stancato di scaldare roba del Family Mart al microonde. Ora mi vanto di essere un cuoco piuttosto bravo. E’ per questo che tutti i mercoledì Jin viene a cena: buon cibo gratis.”
“A mangiare sono capace.”
“Lo spero proprio. Però se vuole glielo faccio vedere come si usa, quel coltello.”
“Perché no?”
“Il taglio è a posto? Non vuole metterci un cerotto?”
“No. Va bene.” Shiori arrossì ancora fino alla radice dei capelli. “La sua cura ha funzionato.”
Kenji non commentò, ma le mise in mano il coltello nel modo corretto. “E’ così che lo deve tenere. E’ molto affilato, è successo anche a me di tagliarmi. Ora faccia questo movimento col polso. Così, brava.”
Shiori rimase a guardare il tofu tagliato con un sorriso ebete dipinto in faccia.
“Bene, ora prepari il resto, che poi lo friggiamo.”

Nel bel mezzo delle operazioni di taglio arrivò Jin, che aveva portato del saké. Fece un gesto di saluto a Shiori e le sorrise. Lei, presa com’era, gli fece un cenno, si voltò e riprese il suo lavoro, quindi non vide Jin lanciare un’occhiata maliziosa a Kenji che lo guardò male e gli fece un gestaccio.
La cena si svolse in silenzio, viste le difficoltà di Jin, ma serenamente. Mangiarono tutti di buon appetito. La porta scorrevole era aperta sulla veranda e il bosco faceva da cornice al loro pasto.
Kenji era effettivamente un cuoco piuttosto bravo. Il cibo era semplice, ma gustoso e ben presentato, come si conveniva.

Shiori era abituata a menù sicuramente più elaborati, ma apprezzò, visto che un contributo l’aveva dato anche lei, per quanto piccolo… e perché aveva una gran fame, visto che per pranzo aveva mangiato solo un paio di barrette energetiche.
Jin sparì in cucina.

“Dov’è andato?”
“A scaldare il saké. E’ compito suo. Lei lo beve?”
“Poco poco.”
“Quello che porta Jin è speciale, assaggerà.”
Jin rientrò portando un vassoio. Prese un bicchiere, lo vuotò velocemente, fece un cenno di saluto e sparì nel bosco in men che non si dica.

“Fa sempre così?”
“Più o meno.” Fu la risposta laconica. In realtà, Jin si tratteneva spesso fino a tardi, ma visto che c’era una donna e in passato aveva fatto capire in modo eloquente che pensava che Kenji dovesse frequentare delle signore (questa è la versione censurata del gesto che aveva fatto Jin N.d.A.), aveva finito in fretta la cena e aveva sgombrato il campo.

“Lo beviamo sulla veranda quel saké?”
“Perché no?”

Si spostarono e portarono i bicchieri con loro. Erano seduti faccia a faccia sul legno scuro, la schiena appoggiata allo stipite. Shiori rabbrividì. “Ha freddo?” Senza attendere la risposta, Kenji si tolse la camicia di flanella a scacchi che aveva indossato e la passò alla donna di fronte a lui. “Mi spiace, non è nei colori di moda.”
“Il vintage ha un suo fascino, a volte.” Gli sorrise timidamente Shiori e la indossò. Subito sentì il calore del corpo dell’uomo avvolgerla come in un abbraccio e il suo cuore mancò un battito.

Doveva aver fatto una faccia strana perché Kenji le chiese se andava tutto bene. “Sì, benissimo.”
Ed era così. Era la prima volta che si trovava veramente a suo agio con un uomo. Era tranquilla e rilassata, aveva mangiato bene, sedeva comodamente e si stava godendo la serata, forse grazie anche al saké. Era scalza, molto probabilmente struccata e spettinata e di certo poco elegante, ma era serena. Cominciava ad apprezzare quello strano uomo, che ora sembrava molto meno rozzo e incivile di quanto le fosse parso all’inizio.

“Le posso fare una domanda?”
“Prego.”
“Ho sempre sentito dire che la sua salute è malferma. Ma oggi ha camminato sotto la pioggia e le ho fatto fare una bella scarpinata, però lei sembra stare benissimo.”
Shiori guardò verso il bosco e il sole che stava tramontando. “Infatti è così. Io sto benissimo.”
“Mi scusi, ma non la seguo.”
“Vede, far finta di star male era l’unico modo per farmi ascoltare e per avere un po’ di attenzione. Svenivo e la gente si affaccendava intorno a me. Ora però ho smesso. Recentemente i risultati sono stati disastrosi.” Concluse con un sospiro.
Kenji la fissò incuriosito.  Si era tolto gli occhiali e la guardava con lo sguardo tipico dei miopi: “Quindi lei è in grado di svenire a comando?”
“Sì.  Direi di sì.”
“Mi farebbe vedere un suo svenimento?”
“Come, prego?”
“Mi faccia vedere come sviene, è interessante!”
“Davvero?” Shiori stava cominciando a ridere (con molta eleganza, però!), la situazione era surreale.
“Sì, ho detto di sì.”
“Va bene, ma l’ha voluto lei. Non si impressioni, però.” Shiori si alzò in piedi. Il suo viso si fece terreo, gli occhi rotearono e la donna ricadde come un sacco di patate sulla veranda. Kenji la fissava con gli occhi sbarrati. Dopo qualche secondo, Shiori tornò a sedere come se niente fosse stato.
“Sono impressionato. Uno svenimento da manuale.”
“Esperienza ventennale.” Ribatté Shiori e prese un altro sorso di saké. “Il segreto è cadere nel modo giusto.”

Rimasero in silenzio ancora per un po’, poi Kenji si schiarì la voce. “Se crede, l’accompagnerei a casa.”
“Oh, sì, sì. Va bene.” Entrambi si alzarono nello stesso momento e si ritrovarono a fissarsi negli occhi. “Grazie per l’ottima cena.”
“Di niente, sono felice che le sia piaciuta.”

Erano ancora lì a guardarsi. Kenji sollevò una mano, come per accarezzarle una guancia, ma la lasciò ricadere e Shiori sospirò e lasciò andare il fiato che non si era resa conto di trattenere.
“Non è che io la voglia mandare via, ma si sta facendo tardi. Per me potrebbe rimanere anche tutta la notte. No, cioè, sì.” Kenji si bloccò, rendendosi conto dell’enormità di quello che aveva detto.
Shiori lo guardava un po’ stupita, un po’ intimidita.

Ma anche lui con le donne era piuttosto timido; le sue esperienze le aveva fatte, ma ad essere sinceri non si era mai trovato completamente a suo agio con un esemplare del sesso femminile. Forse quel suo lato un po’ rustico impediva tutto questo.
Quel pomeriggio, però, esattamente da quando l’aveva presa tra le braccia con l’intento di scaldarla e niente altro, aveva sentito qualcosa scattare dentro di lui. Quando poi aveva avvertito il corpo della donna quasi fondersi nel suo come per magia, aveva dovuto staccarsi per non fare delle cose che quasi certamente lei non avrebbe gradito. Era tanto che non provava quella sensazione. Anzi, a pensarci bene era la prima volta che sentiva così acutamente una donna.
“Non si preoccupi, certo. Andiamo pure.”

Il tragitto fu percorso in un silenzio imbarazzato. Prima di uscire dalla macchina, Shiori lo ringraziò ancora. “Mi scusi per tutto il disturbo che le ho arrecato oggi. E’ stato molto gentile.”
“Nessun disturbo.” Borbottò.

Shiori fece per uscire dalla macchina, ma lui la bloccò con un: “Senta!”
“Sì, mi dica.”
Kenji esitò. “Domani vado a fare un’altra escursione. Se non ne ha avuto abbastanza di boschi e susini, perché non viene con me?”
Shiori sorrise. “Sì, grazie. Come rimaniamo d’accordo?”
“La vengo a prendere alle nove, va bene?”
“Benissimo.”
“Un’altra cosa.”
“Dica.”
“Non si metta quella roba in faccia.” E accennò alle macchie di fondotinta sulla maglia. “A camminare si suda, la pelle poi non respira, e…” Kenji si bloccò e arrossì penosamente.
“Cosa?”
“Non ne ha bisogno.”
“Va bene” sorrise. “Niente fondotinta. Buonanotte e grazie ancora.”
Kenji la guardò entrare nell’hotel. Appoggiò la testa al volante e sospirò. Quel maledetto vecchiaccio aveva ragione, accidenti a lui.

* * *
 
Era rientrata nella sua camera d’albergo e si era chiusa la porta alle spalle.
Guardò Trolley e Samsonite e disse: “Che giornata strana.”

Avrebbe detto che Kenji l’aveva invitata ad uscire per il giorno dopo, ma conoscendolo non ne era poi tanto sicura. Di solito non si va in giro per susini in questo tipo di occasione, giusto?

Andò a prepararsi un bagno per togliersi il fango di dosso e per rilassarsi; mentre la vasca si riempiva si rese conto che indossava ancora la camicia di Kenji, si era dimenticata di restituirgliela. Se la tolse, l’appoggiò alla guancia e le sembrò di sentire qualcosa di familiare; l’annusò. Era lo stesso profumo di lui, quello che aveva avvertito mentre era stretta tra le sue braccia.
Si fece il bagno mentre ripensava a tutto quel che era successo in quel pomeriggio.

Shiori si asciugò e rimase meditabonda seduta sull’orlo della vasca a fissare la camicia, la strinse al seno cercando di richiamare la sensazione che le aveva provocato il corpo di Kenji accanto al suo, poi la indossò, senza niente altro addosso.
Era la cosa più erotica che avesse mai fatto.

* * *
Grazie a Ladyathena (sono d'accordo con le tue congetture, molto acuta), Tetide e YokohamaGnK (benritrovata!)per le vostre recensioni, mi fa sempre piacere leggere i vostri commenti
Come vi dicevo, questo è il capitolo che preferisco. E' molto semplice, ma l'immagine di una Shiori e un Kenji tutti scarmigliati che parlano seduti in veranda mi piace particolarmente. Spero anche a voi! Come avete notato, Shiori da macchietta senza spina dorsale sta diventando una persona completa, ed è quello che mi interessava raccontare con questa fanfiction. Io parto il giorno 7 per una decina di giorni, vedo se riesco ad aggiornare prima di andar via.
   
 
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