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Autore: DarkWinter    02/08/2020    5 recensioni
In un ospedale vicino a Central City, i gemelli Lapis e Lazuli nascono da una madre amorevole e devota.
Fratello e sorella vivono un'adolescenza turbolenta e scoprono il crimine e l'amore, prima di essere rapiti dal malvagio dr. Gero e ristrutturati in macchine mangiatrici di uomini.
Ma cosa accadrebbe se C17 e C18 non dimenticassero totalmente la loro vita da umani e coloro che avevano conosciuto?
Fra genitori e amici, lotte quotidiane e rimpianti, amori vecchi e nuovi e piccoli passi per reinserirsi nel mondo.
Un'avventura con un tocco di romanticismo, speranza e amore sopra ogni cosa.
PROTAGONISTI: 17 e 18
PERSONAGGI SECONDARI: Crilin, Bulma, vari OC, 16, Z Warriors, Shenron, Marron, Ottone
ANTAGONISTI: dr. Gero, Cell, androidi del Red Ribbon, Babidi
{IN HIATUS}
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Crilin, Nuovo personaggio | Coppie: 18/Crilin
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Bulma esaminava gli ultimi scan del “cervello” di Sedici.

Doveva sempre impegnarsi a fondo per capirci qualcosa, nonostante lui fosse proprio l’androide su cui aveva lavorato. Migliaia di circuiti complicati, doveva condurre almeno due scansioni alla volta per registrarli tutti.

Sedici la guardava dal lettino del laboratorio della Capsule Corp. come quella volta in cui i Brief l'avevano aggiustato per la prima volta.

“Così dici che vorresti diventare più forte. Un upgrade, in pratica.”

“È corretto.”

“Questo è kachi katchin, uno dei materiali più resistenti conosciuti. Non solo è un ottimo conduttore, ma io e papà pensiamo possa integrarsi bene al tuo core.”

Sedici vide la scienziata maneggiare dei lunghi fili lucenti, sottili come capelli. Intendeva incorporarli nel suo “cervello”, avrebbero migliorato le prestazioni del processore, migliorando il suo tempo di reazione.

“Ho anche un coltello di kachi katchin” ammiccò Bulma “per tagliare la tua pelle. Se non funziona questo non so come possiamo fare.”

I laser super concentrati del laboratorio non avevano funzionato; Bulma era stata lieta di constatare che quel materiale funzionasse sulla pelle dell’umano artificiale, istintivamente si chiese se funzionasse anche sui cyborg.

Sedici non sapeva cosa aspettarsi da quell’upgrade. Bulma Brief gli aveva detto che se non fosse migliorato, non gli avrebbe fatto male.

Così, senza sentire dolore, lasciò che la scienziata continuasse il suo lavoro.


/

 

Era ormai l'una di notte. Nel distretto di Central City una graziosa tenuta di campagna risuonava ancora di musica allegra. La si sentiva anche nei frutteti, mischiata all'aria dolce di maggio.

"Non so davvero come ringraziarti. Sei stata la damigella d'onore perfetta, non so ancora cosa dire…"

Ormai la signora Weiss non si era più ritoccata il trucco. Poco prima aveva pianto di nuovo, durante la prima danza con suo marito Bruno, e ora stava per rifarlo seduta fra gli alberi in compagnia di Lazuli.

"Mi sono divertita, Sara. Ora conto su di te."

La sposina rimase a guardare la propria gonna voluminosa, l'orlo un po' sgualcito dalla felice e movimentata giornata. Sedici, che Bruno aveva insistito ad invitare, stava probabilmente correndo dietro alla bambina, i loro mariti erano ancora là a ballare con gli altri ospiti; era un momento solo per lei e per la sua migliore amica: Sara guardò Lazuli sorridere, seduta di fianco a lei su quella panchina. 

Anche Diciotto era contenta. Il matrimonio dei Weiss era stato un momento assolutamente sereno e lei e Crilin avevano entrambi sognato quando avevano visto la sala addobbata, i giardini decorati di quella tenuta presa in affitto per la giornata; Diciotto aveva sentito una nostalgia a cui non poteva dare nome quando Sara aveva camminato fino a Bruno a braccetto con suo padre, una dolce musica che scandiva i suoi ultimi passi da nubile. Lei li osservava, camminando dietro di loro, mentre si scambiavano sorrisi complici.

Ora come ora Diciotto cercava solo sollievo dall'ambiente affollato che era stato il dopo cerimonia. Si godeva l’arietta fresca sui piedi gonfi e arrossati.

"Hai ancora fame? Io non riesco manco più a tenere gli occhi aperti…"

Guardandola tenersi un piatto ricolmo in equilibrio sulla panza, Sara si chiedeva come quella Lazuli potesse mangiare così tanto. Quando lei aspettava Amelia aveva avuto le sue voglie assassine, ma Lazuli…

"Se non mangio ogni venti minuti mi sento male" tagliò corto la damigella "Il mio metabolismo è molto veloce."

Diciotto sperò che Sara non le chiedesse il perchè e il per come, non aveva voglia di spiegarle che se lei era una cyborg, quel bambino lì era interamente umano e lei doveva pure mantenerlo in vita nel suo grembo. Diciotto stessa non ne poteva più di mangiare in continuazione: le dava fastidio e una volta su due vomitava lo stesso, ma il peggio era comunque stare a digiuno. 

Si chiedeva a volte se lei era la stessa n.18 che si era svegliata in un laboratorio senza fame, né sete, né stanchezza.

Quando era rimasta incinta, Diciotto aveva creduto che nei mesi a venire non avrebbe sentito quasi niente, invece aveva scoperto che crescere un altro essere umano nel proprio corpo non era una passeggiata nemmeno per lei. Ogni tanto le tornava un pensiero; sapeva che Diciassette aveva ritrovato la sua ragazza dai capelli rossi, si augurava che lui stesse attento con lei.

La cyborg si era rassegnata a tutti i suoi fastidi, cercava di accettarli con filosofia, perché solo qualche mese prima aveva implorato di diventare madre. Era facile dimenticarsi dell’ardore del suo desiderio quando i disturbi la piagavano. Si stava abituando anche a vedere il suo corpo cambiare; era ormai a cinque mesi ed era strano vedersi con quella pancia che cresceva settimana dopo settimana, alla Kame House passava le ore davanti allo specchio, in varie pose. Diciotto pensava di essere sempre bella anche se non trovava sexy l'ombelico che sporgeva, si vedeva anche da sotto il vestito di raso. Prima della cerimonia, mentre si stavano preparando, se n'era lamentata con Crilin. 

Lui aveva guardato la damigella dal viso altero che poteva distrarre tutti dalla sposa, incoronata dall'oro-argento dei suoi capelli e maestosa in quei drappeggi azzurri...con quella panciotta e quel puntino che faceva capolino dal vestito. Era qualcosa di adorabile; ed era sua moglie.

Crilin era rimasto lì con lei ad accarezzarla, a sentire il loro bimbo che scalciava.

Diciotto era molto recettiva a ogni sensazione e sentiva nettamente quando il bimbo si rigirava, se era un calcio o una manata. La dottoressa che la stava seguendo a Satan City le aveva detto che di solito succedeva più tardi, ma nessuna donna normale aveva la sensibilità di Diciotto. 

Alla fine, però, soliti fastidi a parte era andato tutto bene.

Per cui Diciotto sentì una strana paura farsi lentamente strada in ogni fibra del suo corpo quando, di ritorno verso la casa, un dolore insidioso le soppresse il respiro nel petto e la costrinse a rallentare, a sedersi sulla stradina sterrata. 

Sara correva tenendosi la gonna sollevata, si fermò quando vide l'amica accovacciata per terra: sperò che non si stesse vomitando sulle scarpe, fu tentata dal fare una battuta.

Ma ogni traccia di scherzosità scomparve dal suo volto quando Lazuli si mise a sedere e Sara vide ciò che nemmeno la notte poteva nascondere: la gonna azzurro cielo stava cambiando colore.

Lazuli guardò Sara con un'espressione smarrita, terrorizzata, una domanda silenziosa senza interlocutori.

"Perché?"

Tutta la gioia di poco prima era sparita.

Sara tremò quando un brivido scosse Lazuli e sembrò togliere la brillantezza ai suoi occhi. Più i minuti passavano, più il vestito diventava scuro.

Sara doveva fare qualcosa, doveva chiedere aiuto. Fece per parlare ma fu interrotta.

“Sedici...chiama Sedici!"

Diciotto voleva saltare quello che stava vivendo, mandarlo avanti, non ricordarsene. 

Avrebbe voluto perdere i sensi, tagliarsi fuori da quel momento e risparmiarsi tutto il dolore che poteva; ma era perfettamente sveglia e lucida. 

Vedeva tutto.

Sentiva tutto.

Non riusciva a controllare il suo respiro e ogni boccata d’aria sembrava soffocarla.

Aspettando che Sara tornasse coi soccorsi Diciotto contrasse il viso e si raggomitoló, senza voce, in un lago di sangue.


/

 

 Aprendo la porta di casa sua a un bussare continuo e disperato, Bulma trovò Crilin. Il suo viso era rosso, dal volo e dallo sforzo di contenere una violenta preoccupazione: 

“Bul, aiutaci…”

La scienziata guardò esterrefatta oltre la soglia, dietro il suo amico: vide Sedici, alto e silenzioso come una torre, vide l’inscalfibile Diciotto stretta al suo petto, con asciugamani zuppi di sangue fra le gambe.

L'androide era arrivato in volo portando Diciotto e Crilin, così veloce che l'aria fresca della notte si era congelata loro addosso. Bulma osservò quel trio come ipnotizzata; quando la ragazza che lei credeva svenuta emise un rantolo e altro sangue colò sulla tuta di Sedici, quella leggera trance si ruppe. 

Si fece seguire in laboratorio:

“Papà! Presto! Vieni giù!”

Il vecchio dottore accorse agli alti richiami della figlia:

“Bulma, che succede?”

Giunse nel suo laboratorio con passo assonnato, ma nel vedere una ragazza giovanissima in condizioni che sembravano molto gravi si scosse. Guardando Sedici distendere Diciotto su un lettino, Bulma si infilò camice e guanti e preparò l'occorrente per l'intervento. Parlò a Crilin con fare così preoccupato, quasi sottovoce:

“Non c’è tempo, so cosa sta succedendo. Devo cucirle la bocca dell’utero se vuoi salvare il bambino, non c’è un minuto da perdere. Ho una possibilità su cento, al momento Diciotto non è consenziente: mi autorizzi a farlo?"

I Brief non erano ginecologi, ma erano gli scienziati più in gamba che lui conoscesse: se potevano progettare oggetti che si restringevano ed entravano in capsule, oltre che ad avere familiarità col lavoro del dottor Gero, Crilin doveva dare loro una possibilità. Scorse il dottor Brief coprire Diciotto con un telo verde e maneggiare degli strani fili lucenti e rigidi.

Una su cento. Ma cos’avevano da perdere, ormai?

“Salva il bambino, Bulma. Ma ti prego, non farla soffrire.”

 

 Sedici guardava la sua tuta striata di rosso vivo, e ancora una volta i suoi circuiti faticavano a districare un’informazione che era più pesante di un semplice input dei suoi sensori ottici.

“Il sangue...non ho mai visto tutto questo sangue.”

Si trovò a formulare un pensiero che non raggiunse la sua laringe artificiale: che Diciassette non lo vedesse mai.

Che non vedesse mai il pavimento del laboratorio, né la sua tuta, macchiati del sangue di sua sorella.

Diciotto aveva sempre saputo di amare la sua creatura ma solo in quel momento aveva capito quanto folle, smisurato fosse quell’amore.

"Perché a me."

Cos'aveva fatto, aveva volato troppo in alto, aveva mangiato troppo o troppo poco?

Bulma l'aveva guardata mentre lei, distesa su un lettino, si preparava con sguardo assente e stanco all'operazione:

"Diciotto,...tutto il tuo corpo ha una forza schiacciante, i tuoi muscoli sono potentissimi. L'utero è un muscolo, e le piccole contrazioni che si hanno normalmente tutti i giorni, nel tuo caso sono così forti da stare già spingendo fuori il tuo bambino. Temevo che potesse succedere, e ora devo riattaccare la placenta e suturare la tua cervice; lo farò con questi.”

Era stata una benedizione che Bulma avesse sotto mano i fili e gli utensili di kachi katchin, che aveva usato con Sedici pochi giorni prima.

Ed era probabilmente grazie a quell'upgrade che lui aveva tanto richiesto che il trio aveva potuto coprire la distanza fra le due capitali a tempo di record. 

“È la nostra sola speranza. Sii coraggiosa, piccola Diciotto."

Sfiorandole una mano, Bulma le parlò da donna a donna. 

Proprio lei, che un anno prima aveva costruito con orgoglio quel telecomando con cui Crilin avrebbe dovuto uccidere quella ragazza. 

Non sarebbe stato proprio uccidere, ma immobilizzarla, toglierle la coscienza; privarla della possibilità di vivere. Forse sì, in un certo senso era come uccidere…

I Brief avevano operato ininterrottamente per venti ore, litigando con i tessuti quasi impenetrabili della gestante.

Diciotto sentì dolore; non sapeva se le facesse più male quell'ago che le toccava la carne viva o il vedere ogni tanto le mani dei dottori tutte sporche del suo sangue. 

Si odiava con la potenza con cui era stata programmata per odiare la vita

Era stata solo un’illusa, si era davvero convinta di avercela fatta…

Aveva conquistato la sua serenità, sempre rimanendo una dei guerrieri più forti della Terra. Aveva sposato l’amore della sua vita, aveva concepito un suo figlio.

Tutto le si sgretolò dentro di fronte alla terribile, inesorabile verità: lei era il cyborg 18, lei dava la morte, non la vita. Lei non era più Lazuli.

Il suo corpo era fatto per uccidere, non importava chi. 

Un corpo assassino, spietato, da cui non poteva liberarsi. 

E in quel momento, il suo corpo stava uccidendo il suo bambino.  

C’era qualcosa di peggio che essere stata fatta a pezzi da Gero, ricostruita, cambiata, controllata, divorata da un mostro? 

Lei aveva ucciso quel bambino senza nemmeno provarci, perché in fin dei conti uccidere era l’unico linguaggio che il suo corpo di cyborg capiva. Quello era molto peggio. Diciotto non riusciva più a percepire quello sfarfallio dentro, ci si era così affezionata...

Anche se alla fine dell'intervento il dottor Brief annunciò che i suoi tessuti reggevano eccellentemente i punti di kachi katchin e che l'emorragia era stata fermata, Diciotto si sentiva completamente distrutta. 

 

 Crilin era restato tutto quel tempo in una piccola stanza adiacente al laboratorio. Di sua moglie vedeva solo il viso, che emergeva dal telo. 

Crilin non si era alzato nemmeno per bere o per andare in bagno. Voleva essere lì con lei a guardarla negli occhi, a baciare le sue labbra e a stringersi a lei.

C’erano altre volte in cui aveva avuto paura per lei.

Quando Cell aveva volato sopra quelle isole, cercandola; quando le era saltato addosso, buttando lui di lato come un moscerino; quando l’aveva risputata e per gli altri era stata solo una cyborg morta che non si aspettavano di rivedere. E lui, incurante dei presenti, era andato a riprendersela sperando che tutti avessero torto marcio. 

E ora la sua Diciotto era ferita. Lui voleva tanto portare un po’ del suo dolore.

Tutto quello che Crilin poteva fare era essere forte, per sé e soprattutto per lei.

Bulma lo trovò contro il muro coi pugni stretti.

"Crilin...Papà e io le abbiamo fatto un cerchiaggio super rinforzato. L'emorragia l'ha sfinita, deve riposare."

Crilin sapeva che il tasso di recupero accelerato di Diciotto aveva già risolto quel problema. Se lei stava riposando era perchè voleva farlo, ma il primo pensiero che Crilin ebbe, era che lui le avrebbe dato il suo di sangue se fosse servito a salvare lei e…

"Il bambino?"

"Non lo sappiamo" Bulma si sfregó un occhio arrossato "papà sta andando a prendere l'apparecchio per le ecografie, non ne avevamo uno qui. Ma da quello che ho visto il sacco amniotico era intatto,  e tu sei l'umano purosangue più forte del mondo. Forse il bambino è come te..."

Bulma aveva paura di fare ipotesi. Se lei si fosse sbagliata, e c'era il rischio che si sbagliasse, avrebbe causato ancora più dolore.

Crilin pianse. Non aveva voluto farlo davanti a Diciotto, ma non riuscì più a sopprimere il dolore.

 

Diciotto aveva voluto restare fra lenzuola pulite e silenzio riposante, anche se non aveva dormito dopo l'operazione.

Ogni tanto vedeva Crilin e Sedici osservarla; voleva parlare con loro e si sentiva pronta a lasciare il laboratorio con le sue gambe, ma aveva prima di tutto bisogno di un momento per sé. 

Il dolore dei punti era scemato da tempo; lei continuava a toccarsi la pancia, sempre tonda come doveva essere, sperando di sentire qualcosa. Tuttavia, in quello stato di agitazione estrema, l'adrenalina le ottundeva la sensibilità e lei lo sapeva.

Doveva solo aspettare che il dottor Brief ritornasse con l'apparecchio.

Quando tornò, Crilin e Sedici lo seguirono nel laboratorio. Fu come la prima volta, quando la ginecologa a Satan City le aveva fatto abbassare i pantaloni e le aveva mostrato il bambino, allora un segnetto indistinguibile in una giungla in bianco e nero.

Questa volta non era un più un segnetto. Diciotto e Crilin trattennero il fiato quando il dottor Brief mostrò loro quello che sembrava il profilo di una testolina.

"Non c'è l'audio, dottore?" sospirò Crilin "se schiaccia un bottone...si sente il battito."

Diciotto sperò con tutto il cuore di udire quell'altro cuoricino.

Quando il dottor Brief trovò il pulsante giusto e un rumore forte e ritmico riempì la stanza, una lacrima le offuscò la vista.

Il bambino era salvo. 

Diciotto era salva.

Crilin l'abbracciò stretta e Diciotto sentì una gioia profonda invaderla. Quello era il suono più bello del mondo…

Con un gran sospiro di sollievo, la cyborg si rilassò sul letto e piombò in un meritato sonno.

 

 Sedici guardava ora l'apparecchio riposto in un angolo, ora la pancia della sua amica. Non capiva.

"Che c'è, Sedici?"

Crilin gli sorrise, col viso ancora arrossato dal gran pianto.

"Cos'era, nel monitor?"

Crilin non sapeva che spiegazione dare a Sedici. Come si spiega la procreazione a un androide?

"Quello era...un altro essere umano, che sta aspettando di nascere."

L'umano artificiale non era a conoscenza di quella capacità della cyborg, lo sguardo gli si riempì di sgomento assolutamente vero:

"Diciotto ha assorbito un essere umano?"




 

/


“Ok, questa allora è la sua definizione di essere a posto?”

Elliott guardava di sottecchi la ragazza seduta di fianco a lui.

“Eh nooo…”

Era tutta vestita bene, con i tacchi e i capelli intrecciati con cura, una fetta di pizza in mano e il rossetto sbavato;

non aveva voglia di chiacchierare, vedeva la tele senza guardare. 

Elliott prese un’altra fetta dal cartone riposto sul tavolino e osservò la sua ospite: era carina, senza dubbio. 

Non il suo tipo, ma molto carina.

Qual era il suo tipo, dopotutto? Forse lui non aveva nemmeno un tipo...

“E così uscite stasera.”

Normalmente Carly preferiva la cortesia, anche quando la scocciava, ma quella sera era nervosa e dover chiacchierare con l’inquilino di Lapis alle 11 di sera le stava dando sui nervi.Non aveva altra opzione:

"Se Sev si schioda...Ridimmi, Elliott, com'è che siete coinquilini?"

"Io e Brent vivevamo già qui da due anni. Ma visto che c'era spazio, che Sev era nuovo e cercava un posto,...”

Carly si era aspettata di trovare anche Brent, ma a quanto pare era uscito. 

Era infine uscito con Lillian.

"...per me non gliela dà stasera, gliel’ho detto di non farsi aspettative.” rise Elliott.

Ah. Lillian era uscita col vichingo e non gliene aveva parlato... 

“Beh, Carly, l'ultima volta che ha voluto parlarti le hai tirato un ceffone! Perché, poi?”

 

Poco dopo la rivelazione dell'identità di Lapis-Diciassette, Lillian aveva invitato Carly a Viey per chiacchierare: 

"Carlona...Devo dirti una cosa."

Carly aveva notato che Lillian era diventata bianca come un lenzuolo. I suoi occhi scurissimi si erano velati di uno strato di lacrime impossibile da nascondere. Era scoppiata a piangere come una bambina:

"Sono andata a letto col tuo ragazzo.”

Beh, Lillian aveva passato il test: non aveva mai tramato sotterfugi alle sue spalle.

"Lo so, Lillian. Grazie di avermelo comunque detto."

Carly aveva aspettato che Lillian smettesse di piangere. No, non era arrabbiata; sì, sarebbero state amiche come prima. 

Ma prima di riprendere la strada di North City, Carly aveva fatto un saltino per dare a Lillian uno schiaffo simbolico su quella sua boccaccia.

"Ehi?! E questo da dove esce?"

L'ex top ranger l'aveva guardata allibita, sfiorandosi il labbro. Una parte di lei era quasi orgogliosa di vedere la cupcake tirare fuori le unghie per difendere il suo territorio.

A Carly era venuto da ridere:

"Nessun rancore, ma dovevo: Lapis è mio."

 

“Niente. Cose da donne.”

"Comunque Lillian dice che sei la morosa storica di Sev, ma…"

Carly sapeva dove Elliott volesse andare a parare:

"Lo sono; ci eravamo solo presi una pausa."

Avevano detto così a mezzo RNP. Per fortuna nessuno (esclusa Lillian) aveva indagato sulla loro storia e Lapis aveva dovuto dire poco e niente su di loro per tutto il tempo in cui era stato lì.

Meglio così.

Lapis era stato distante tutto il giorno; Carly era riuscita ad estorcergli che aveva un brutto presentimento, lui stesso non sapeva dire cosa riguardasse. 

La veterinaria aveva messo in atto la strategia della distrazione e gli aveva detto “molla tutto, stasera usciamo.”

Era salita a Saint-Paul tutta gasata, ma quando Elliott le aveva aperto la porta aveva visto che Lapis non era minimamente pronto per uscire.

“Tutto a posto?"

Diciassette era visibilmente inquieto, e anche molto convinto che Carly ed Elliott non se ne accorgessero.

“Tutto a posto.”

Con quelle tre parole e il calore umano di una tomba, aveva piantato Carly con Elliott e si era rintanato in camera.

Diciassette era anche incazzato, gli dava fastidio sentirsi così: era una sensazione che ravanava nel suo subconscio, senza controllo ed ingiustificabile. 

Mentre Elliott e Carly cenavano, il cyborg era rimasto disteso sul suo letto a scrutare nervosamente ora il soffitto, ora il regalo di Diciotto: per il compleanno gli aveva donato un coltello a serramanico, tipo quello che lui aveva rotto a Lillian. 

Già, doveva ancora ricomprargliene uno…

Diciassette ci giocava, il suo sguardo catturato dal manico freddo e brillante, del più bel punto di blu. Se lo strinse al cuore.

“Nel caso serva dirlo perché non ci arrivi, è lapislazzuli.”

Era tutto ciò che Diciotto aveva scritto sul biglietto. 

Ma Diciassette l'aveva subito riconosciuto; e sfiorando il manico prezioso del suo coltello ebbe un impulso, prese il cellulare e iniziò a digitare. Non fece in tempo a finire, un messaggio arrivò e lui l'aprì febbrilmente:

“Sto bene.”

Un secondo, “ti voglio bene”, arrivò poco dopo, come se Diciotto avesse esitato ma si fosse poi decisa a mandarlo.

Diciassette sentì quel nodo nel petto sciogliersi. Si lasciò ricadere sul letto, con gli occhi chiusi, sentendosi momentaneamente a corto della sua energia infinita. 

Ma non era più inquietudine o rabbia, era sollievo.

Diciassette guardò di sfuggita nello specchio, si leccò un pollice e lo passó su un sopracciglio arruffato: ora era impaziente di uscire con la sua ragazza.

Sorrise nello scrivere sul cellulare una risposta semplice ma completa:

“Anch'io sto bene, ora.”










 

Pensieri dell’autrice:

 

E in questo capitolo lazulicentrico, novanta minuti di applausi per Bulma! (Ancora una volta).

Lei è un eroe😎 ha salvato Marron…

Il materiale che lei usa è quello che compone i cubi con cui si allenano Goku e Gohan nella saga di Buu (se ricordo  bene) e l'operazione che effettua, il cerchiaggio cervicale, è una cosa reale che serve a quello scopo. 

Il contesto è un'altra mia ipotesi sulla fisiologia di 18. 

Viene naturale pensare che i cyborg non sentano dolore, o quasi.

Ma a parte il fatto che, come ci mostrano Cell VS 17 o i loro combattimenti in Super (tipo quando 18 si sloga la caviglia o quando Toppo lussa la spalla a 17), il dolore lo provano eccome, per me è tutto proporzionale: il loro corpo è rinforzato e hanno sicuramente una soglia più alta, ma se hanno tipo contrazioni muscolari anche queste sono più forti. Contando anche che i loro sensi sono sovrumani, per me è logico che sentano dolore. E niente, carrellata lunghissima per condividere con voi le mie teorie. Se voi ne avete altre, sarei curiosa di saperle!

Ho voluto anche riscrivere un po' del loro legame, era da tanto che non lo facevo!

 
   
 
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