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Autore: Voglioungufo    16/08/2020    7 recensioni
Role swap AU | Akatsuki Naruto | No Uchiha Massacre
ShiIta | KakaIta | ObiKonan | SakuHina | Maybe SasuNaru.
Tutti conoscono la storia di Naruto e Sasuke com'è stata scritta.
Ma se Iruka non fosse mai stato l'insegnante di Naruto?
Se Sasuke non avesse mai perso il suo clan?
Se Shisui non si fosse sacrificato per il bene di Konoha?
E se Obito, abbandonato il piano dello Tsuki no Me, avesse preso Naruto con sè?
E se Sakura, stanca di essere sottovalutata dal suo maestro, scappasse per inseguire il vero potere?
Sarebbe un'altra storia, la storia che voglio raccontarvi...
Genere: Avventura, Generale, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Itachi, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Sasuke Uchiha, Shisui/Itachi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Cap i
La ragazza con il sorriso da volpe
Quattro anni dopo
 
 
 
Era ormai fisso sotto la meridiana da un’ora, corrucciato contro l’ombra troppo lenta. Non vedeva l’ora che arrivasse l’ora del ritrovo di tornare a Konoha.
Il che era incongruente con quanto aveva desiderato il giorno prima, cioè quando Sasuke aveva pregato perché alla squadra 7 venisse assegnata una missione fuori dal villaggio. Il suo errore era stato credere che le missioni fuori dal confine di Konoha fossero tutte superiori al grado D.
Errore.
L’Hokage era comunque riuscito a trovare qualcosa di innocuo e noioso.
Missione grado D: aiutare un paesano a trasportare delle borse fino a un villaggio a meno di trenta chilometri da Konoha.
Sasuke si chiedeva come non fosse ancora morto di noia.
Più entusiaste della missione erano state le sue compagne di squadra, Haruno Sakura e Sarutobi Himawari, che una volta scoperto del festival che si teneva al villaggio avevano supplicato Kakashi-sensei di poter rimanere per il pomeriggio.
Kakashi-sensei era, dal suo punto di vista, così insulso che aveva scrollato le spalle in assenso prima di sparire da qualche parte con i suoi disgustosi libri porno. 
In qualche modo era riuscito a scappare dalle sgrinfie troppo entusiaste delle sue compagne e aveva battuto una ritirata strategica sul tetto di una delle case. Da dov’era gli arrivavano comunque rumori allegri del festival e gli odori invitanti delle bancherelle gastronomiche, ma non si schiodò da lì.
Era un ninja. Era in missione. Non in vacanza.
C’erano di certo modi migliori per occupare il tempo, anche senza missioni da svolgere. Ormai aveva dodici anni, era un adulto, e certi interessi infantili non dovevano più interessargli.
Per questo fissava la meridiana infissa sulla casa di fronte, in attesa del momento in cui sarebbero potuti andarsene.
Era talmente concentrato nel fissare l’avanzare dell’ombra, che non si accorse minimamente di nulla finché qualcuno non gli piombò addosso. Fu così improvviso che nemmeno i suoi riflessi da ninja riuscirono a impedirgli di essere steso sotto un altro corpo.
Un corpo femminile, a giudicare dalle forme morbide che gli premevano contro.
Senza troppo cerimonie, si scrollò di dosso la ragazza che era inciampata su di lui.
“Ma che diamine!” sbottò.
“Mi dispiace!”
Finalmente Sasuke riuscì a girarsi per vedere la faccia del suo aggressore. La ragazza sembrava essere poco più grande di lui, con una forma più slanciata e morbida per via dei seni che cominciavano ad accentuarsi. Il viso però era ancora molto fanciullesco, con grandi occhi azzurri e guance rotonde. Aveva lunghi capelli che, nonostante il tentativo di legarli in due codini, le ricadevano spettinati in una frangia sul viso. Non aveva nessun coprifronte, in compenso aveva sgargianti abiti civili.
Chi con buon senso indossa vestiti arancioni?!
Fece una smorfia pronto a rispondere piccato, ma ogni suo tentativo fu soffocato da improvvise urla rabbiose.
“Eccola lì!”
L’attenzione di Sasuke si spostò dal viso della ragazza a un gruppo di uomini corpulenti e piuttosto arrabbiati che si arrampicavano sui vari tetti e terrazze per raggiungerli.
A quel richiamo l’espressione della ragazza si riempì di paura. Sasuke si accorse solo in quel momento che finendogli addosso aveva fatto anche cadere una scatola di ramen da asporto.
“Dattebayo!” imprecò la ragazza.
Quell’espressione che non significava nulla fece suonare una campanella nella mente di Sasuke, ma non potette soffermarcisi più di un secondo, visto che la ragazza lo prese per mano.
“Che cosa?”
“Corri!”
E prima che potesse protestare la completa sconosciuta che gli era piombata addosso dal nulla lo stava trascinando lungo la terrazza su cui si era rifugiato. Aveva raccolto la ciotola di ramen e la teneva stretta al petto con l’altra mano, quasi ne andasse della sua vita.
“Prendetela!”
“Non lasciatela scappare!”
“Ladruncola!”
Gridavano gli uomini dietro di loro. Ma le loro parole non preoccuparono molto Sasuke, ciò che lo preoccupava era la fine della terrazza che si stava avvicinando troppo velocemente. Il suo corpo agì d’istinto, impastando abbastanza chakra sui piedi prima di saltare sul tetto dell’altro edificio.
La ragazza atterrò elegante, riprendendo subito a correre senza difficoltà. Sasuke invece quasi cadde per l’atterraggio maldestro e l’essere tirato in avanti. Arrossì per la propria goffaggine, ma non era colpa sua! Kakashi-sensei aveva appena iniziato a insegnare loro i salti con il chakra, si stava ancora esercitando.
“Ohi! Lasciami andare!” sbottò.
“Corri!” lo spronò invece ancora una volta.
La presa della ragazza era ferrea, non al punto da far male ma abbastanza perché gli fosse impossibile liberarsi, soprattutto mentre era impegnato a correre e saltare. Si consolò però che dopo essere saltato un paio di volte da una casa all’altra i suoi atterraggi si erano fatti più stabili.
La loro corsa finì quando la ragazza fece scivolare entrambi in mezzo alla fronde fitte di un albero, sistemando entrambi in bilico su un ramo. Sasuke aveva il fiatone e per questo la ragazza si affrettò a coprirgli la bocca con una mano. La guardò oltraggiato, gli occhi spalancati. Odiava il contatto fisico con le altre persone, le uniche alle quali era permesso toccarlo erano sua madre e suo fratello. Provò un profondo disagio al modo in cui quella sconosciuta aveva abbattuto il muro invisibile del suo spazio personale.
La fissò con le sopracciglia aggrottate dal fastidio, ma lei era troppo impegnata a controllare il proprio respiro e spiare i suoi inseguitori. Anche loro erano scesi dalle case e si erano raggruppati proprio sotto l’albero.
“L’avete vista?”
“Era scesa di qui!”
“Continuate a cercarla”.
Sasuke si ritrovò a sperare che non alzassero lo sguardo, le foglie non li nascondevano così bene soprattutto per via dei vestiti radicolarmente colorati della ragazza. Poi si sentì stupido per quel pensiero, lui non aveva bisogno di nascondersi! Era stato costretto a farlo!
“Deve essere ancora da questi parti”.
“Trovatela!”
“Per di là!”
Continuarono intanto gli uomini sotto. Sasuke tirò internamente un sospiro di sollievo quando cominciarono ad allontanarsi senza sbirciare sull’albero – un errore davvero da principiante. La ragazza attese qualche altro minuto e, ormai sicura che non fossero più in zona, smise di premere la mano sulla sua bocca. Finalmente libero dalla costrizione, Sasuke saltò a terra.
La ragazza lo seguì subito, atterrando come un felino.
“Si può sapere che diavolo…!” iniziò arrabbiato Sasuke, ma la sua frase si interruppe a metà quando la ragazza gli tese la ciotola di ramen.
“Mi dispiace per averti coinvolto” disse seriamente, un sorriso di scuse e gli occhi azzurri che lo fissavano assurdamente felici. “Per rimediare se vuoi posso dividere il ramen con te!”
Sasuke fissò alternando il viso della ragazza e il ramen, chiedendosi cosa ci fosse da essere così felici e perché fare una proposta simile.
“Non mi piace il ramen” rispose piccato.
L’espressione della ragazza passò da felice, a incredula e infine furiosa.
“Cooosa?!” sbottò con un tono troppo forte, gli puntò contro l’indice come se lo stesse accusando di un omicidio. “Come ti permetti? Il ramen è la pietanza degli dei!”
“È per questo che l’hai rubato?”
La ragazza congelò e Sasuke dovette mordersi per non fare un sorrisetto di vittoria. Aveva ben sentito come l’avevano chiamata i mercanti dai quali fuggiva.
Lei abbassò l’offerta di ramen, ritirandola verso il proprio petto, e anche lo sguardo si fece più amareggiato.
“No” rispose tranquilla, con un tono più contenuto. “L’ho rubato perché avevo fame”.
Sasuke si sentì male e un po’ in colpa davanti a quella risposta. Non era quella che si aspettava e non seppe come ribattere.
“Potevi comprarlo allora”.
La ragazza lo guardò con scherno.
“Certo, con l’aria” scherzò sarcastica, poi precisò forse pensando che fosse stupido: “Non ho soldi.”
Faticò a trattenere una smorfia. Una parte di lui capì la situazione della ragazza, ma rubare era comunque qualcosa di sbagliato, qualcosa che la sua concezione morale non riteneva giusta. Ma del resto non riteneva nemmeno giusto che una ragazzina morisse di fame.
Cercò qualcosa da dire ma non gli venne in mente niente, si sentì parecchio patetico ed era una sensazione che odiava. Soprattutto perché le uniche volte che si sentiva così era quando suo padre lo paragonava a Itachi; per il resto del tempo era sempre elogiato, il migliore in ogni cosa e aveva sempre ragione.
Lo sguardo della ragazza si infiacchiva più a lungo stava in silenzio, perdendo quella brillantezza che aveva avuto quando aveva fatto l’offerta. Ora sembrava molto abbattuta, ma in un modo quasi rassegnato.
La vide aprire la bocca per dire qualcosa, quindi la precedette veloce.
“Va bene” disse, poi si voltò per non far vedere il rossore sulle guance. “Dividerò il tuo ramen”.
Sentì uno scalpiccio veloce mentre la ragazza lo raggiungeva, la bocca spalancata in un ovale perfetto.
“Davvero?” chiese come se faticasse a crederci.
Accentuò la sua espressione altera, sottolineando che le stava solo facendo un favore.
“Sì. Cerchiamo una panchina dove sederci”.
Il viso della ragazza si fece raggiante, gli occhi nuovamente luminosi. Poi piegò le labbra in un ghigno che ricordava quello delle volpi e prima che Sasuke se ne rendesse conto stava picchiettando l’indice sulla sua schiena.
“Sei un Uchiha, eh?”
Saltò per allontanarsi da quella pressione e la sua faccia diventò di un rosso violento. Non era sorpreso che avesse riconosciuto il simbolo cucito sul retro della maglia, del resto era un villaggio vicino a Konoha che spesso usavano come punto di sosta. Probabilmente aveva visto altri shinobi con quel simbolo o ne aveva semplicemente sentito parlare, erano pur sempre un clan prestigioso.
Il rossore era causato dal tocco indesiderato. Odiava essere toccato e questa sconosciuta si stava prendendo troppe libertà.
Rendendosi conto che la ragazza aveva iniziato a importunarlo senza nemmeno presentarsi, la guardò stizzito.
“Sì. Sono Uchiha Sasuke” rispose con orgoglio. “Tu?”
Per quanto la domanda fosse naturale e legittima, la ragazza sembrò presa in contropiede quando la pose. Lo guardò un attimo incerta prima di pigolare:
“Konan”.
Inarcò un sopracciglio a non sentire nessun cognome. La fissò da capo a piedi, squadrando ancora una volta il suo abbigliamento – effettivamente sul retro non aveva nessun simbolo di clan – poi chiese serio:
“Sei un ninja?”
La risposta arrivò veloce quanto sicura.
“No, certo che no”.
“Ma sai usare il chakra” si accigliò. Non c’era modo che quei salti potessero essere fatti senza un buon controllo del chakra.
“Oh, questo perché mi hanno insegnato” rispose scrollando le spalle.
“Chi?”
“La mia famiglia”.
“Sono ninja?”
Questa volta non rispose subito, anzi sembrò pensarci attentamente.
“Lo… erano” risolse infine.
Sasuke immaginò che fossero in pensione, o che per qualche motivo si fossero ritirati. Era una cosa che succedeva spesso, del resto la vita da shinobi non faceva per tutti, solo i più forti resistevano. Per questo Sasuke aveva intenzione di essere forte.
“Be’, io sono un ninja” disse infine, rizzando le spalle con orgoglio. Picchiettò anche sul suo coprifronte, mostrando il simbolo di Konoha.
Konan non gli rivolse lo sguardo ammirato che era abituato a ricevere, anzi guardò piuttosto cupamente il simbolo della foglia stilizzata.
“Uhm…” ronzò.
“Che c’è?” borbottò infastidito dalla reazione poco entusiasta.
“I ninja portano morte” fu la semplice e tetra risposta. “Non mi piacciono”.
Sasuke fece una smorfia a quella risposta e volle protestare, ma la ragazza lo afferrò per la mano, toccandolo ancora. Davvero, era più fastidiosa di Sakura e Himawari messe insieme! Odiava le femmine!
“Ma tu sei stato gentile, quindi farò un’eccezione. Dai! Ramen, ramen, ramen!”
 
 
 Il festival era splendido, tutto colorato, pieno di oggetti strani e dolciumi deliziosi. Era stato divertente giocare ai tiri assegno, con la loro mira allenata in Accademia lei e Himawari erano riuscite ad accaparrarsi tutti i premi più interessanti.
Certo, sarebbe stato tutto molto più divertente se Sasuke-kun fosse rimasto con loro… Invece anche dopo così tanto tempo insieme continuava a isolarsi…
Un po’ amareggiata da quei pensieri, Sakura quasi sbatté contro la schiena di Himawari, rischiando di finire con la faccia immersa nello zucchero filato che aveva in mano.
“Hima, ma che…” sbottò arrabbiandosi.
La compagna di squadra la prese velocemente con un braccio attorno alle spalle e fece per allontanarla verso la direzione da cui stavano venendo.
“Ehi, magari potremmo tornare alla bancherella delle freccette…” propose Himawari con un enorme sorriso tirato.
Con le missioni sotto il sole la sua pelle era diventata molto scura ed erano comparse moltissime lentiggini sulla sua faccia. Perfino i capelli castani – colore tipico del suo clan – erano diventati più chiari sulle punte delle trecce. Con quell’aspetto bruciato dal sole sembrava molto più malandrina, per nulla aristocratica nonostante venisse da uno dei clan più importanti di Konoha.
La guardò infastidita.
“Dai, voglio andare a vedere i pesci koi!” protestò divincolandosi dalla sua presa.
Per sua fortuna era più magrolina di Himawari e le venne facile sgusciare via dalla presa. Poté così voltarsi per tornare a camminare, ma in questo modo vide quello che l’amica aveva tentato di nasconderle.
Oltre l’angolo, Sasuke era seduto su una panchina vicino a una ragazza.
E stavano condividendo il pranzo.
Sakura sentì distintamente il proprio cuoricino spezzarsi mentre congelava alla scena. Non poteva credere a quello che vedeva, faceva troppo male. Sasuke, che non si lasciava avvicinare mai da nessuno, era in compagnia di un’altra ragazza.
“Sono sicura che non è come sembra!” offrì Himawari con un sorriso forzato.
Perché, come sembra?, avrebbe voluto chiedere ma si sentiva la gola bloccata dalle lacrime. Dovette ricordare a se stessa che ai ninja era vietato piangere per non scoppiare a frignare.
Fece per andare verso la coppia, ma Himawari l’afferrò saldamente a un braccio. La fissò seriamente, scuotendo la testa.
“Sakura, non puoi andare lì” le disse.
“Perché no?”
Himawari rispose con un’alzata di spalle. “Che faresti?”
Si rese conto di non avere una risposta. Probabilmente la reazione più istintiva che aveva era andare lì e dividerli, ma poi? Che avrebbe fatto?
Guardò negli occhi nocciola dell’amica in cerca di consiglio. Voleva bene a Himawari, perché a Himawari non piaceva Sasuke e questo permetteva loro di essere amiche, a differenza che con Ino. Inoltre era bello avere una compagna di squadra, la faceva sentire meno sola.
“Non è giusto” sbottò tirando su con il naso. “Ci ha piantate in asso e adesso è lì a fare il cascamorto con altre ragazze”.
Himawari sorriso comprensiva, decidendo di non farle notare che Sasuke più che comportarsi da cascamorto sembrava a disagio come ogni volta che doveva avere a che fare con un altro essere umano. Optò invece per un’altra via.
“Sakura, tu vuoi tanto bene a Sasuke, vero?”
La ragazzina la guardò come se fosse ovvio.
“Be’, sì!”
“E proprio perché gli vuoi bene vuoi che sia felice, giusto?”
Annuì, questa volta perplessa.
“Quindi se Sasuke è felice va bene se sta anche con altre persone oltre a noi?” chiese evitando di proposito di parlare di ragazze.
Questa volta Sakura fu meno convinta. La guardò mogia.
“Perché non può essere felice con noi?” domandò.
Himawari fece spallucce, perché Sasuke era un tipo strano che davvero faceva fatica a capire. Era troppo silenzioso, stava sempre sulle sue e non si sbilanciava mai troppo. Era un bambino troppo serio, secondo lei. Andava bene avere delle ambizioni, anche lei sognava di diventare un ninja medico in grado di eguagliare la leggendaria Tsunade, ma Sasuke era troppo investito nel suo essere un ninja. A volte sembrava dimenticare che aveva solo dodici anni, preso com’era dal diventare sempre più forte.
Alla domanda di Sakura risolse con un diplomatico: “Sai com’è fatto”.
Lei non parve molto convinta, ma con un ultimo strattone Himawari riuscì a trascinarla via.
“Alloooora, andiamo a umiliare un altro po’ di civili?” propose nel tentativo di risollevarle il morale.
Ma Sakura rispose solo con una smorfia, ancora ferita da quello che aveva visto.
 
**

Konan si era strafogata sul ramen a una velocità impressionante. Ma Sasuke non aveva protestato, si vedeva lontano un miglio che la ragazza doveva essere davvero affamata e perciò aveva preso giusto due morsi di tagliatella. Non che gli dispiacesse, quel ramen aveva davvero un gusto pessimo.
Si limitò a fissare la ragazza ingozzarsi, un po’ a disagio per il silenzio interrotto solo dai rumori che faceva Konan con la bocca mentre tentava di infilarsi più tagliatella in bocca.
Non sapeva bene perché restasse lì. Certo, all’inizio era stato per un senso di colpa e dispiacere per la ragazza, ma adesso era anche curioso. C’era qualcosa in lei che lo colpiva, forse i suoi occhi vividi che gli ricordavano qualcosa, anche se non sapeva bene cosa. Era come se stuzzicassero i suoi ricordi, come se l’avesse già vista prima, ma era certo di non aver mai incontrato nessun’altra bambina con occhi così azzurri.
“Quindi, signor ninja, cosa ci fai qui?” chiese Konan distraendolo dalla contemplazione.
“Sono in missione” rispose con serietà.
“Davvero? Per questo ti annoiavi sul tetto?”
“Io non mi annoiavo sul tetto!” protestò. “Comunque in realtà la missione è già finita. Dovevamo solo scortare un tizio” brontolò.
Konan fece quel suo strano sorriso da volpe, che Sasuke scoprì trovare davvero irritante. Era giunto alla conclusione che il suo viso era la perfetta definizione di viso da schiaffi. Era strano che in così poco tempo la trovasse già così… argh. Solo un altro bambino era riuscito a farlo infastidire a quella velocità, ma... ormai quel bambino non c’era più.
Si corrucciò un po’ triste a quel pensiero, soprattutto perché si rese conto che probabilmente gli occhi azzurri di Konan gli stavano ricordando proprio quelli di Naruto. Di solito non pensava molto a quell’ex-compagno di Accademia, erano passati così tanti anni e avevano giocato insieme una volta sola, ma quella ragazza gli assomigliava così tanto che glielo aveva fatto tornare in mente.
“Allora che ne dici di una nuova missione, signor ninja?”
Sasuke sbuffò infastidito.
“Non puoi chiamarmi Sasuke e basta?”
Sorrise sorniona. “Nah, signor ninja è più bello. O preferisci teme?”
Corrucciò lo sguardo. “Fallo e io ti chiamerò dobe” minacciò.
“Va bene, signor Sasuke il ninja,” alzò gli occhi al cielo, “vuoi sentire la missione che voglio offrirti?”
La guardò estremamente scettico. Questa ragazza non aveva soldi nemmeno per procurarsi da mangiare, figurarsi permettersi una missione shinobi.
“Sentiamo” disse comunque curioso.
Allargò il sorriso e, prima che potesse rendersene conto, era in piedi davanti a lui e lo stava tirando per un braccio, ancora.
“Tenermi compagnia durante il festival!” esultò.
Sasuke provò a fare resistenza, contrariato e stizzito da quella che ormai capiva essere una presa in giro.
“Non puoi startene con la tua famiglia?” protestò.
Gli occhi cristallini si adombrarono per qualche secondo.
“La mia famiglia non è qui, sono venuta sola”.
Il tono lo incuriosì abbastanza da dimenticarsi di fare resistenza e con uno slancio Konan lo portò con sé.
“Che intendi?”
“Ah, vedi…” iniziò a voce bassa, con fare cospiratorio. “La missione che voglio darti tratta proprio di questo: io sono qui in incognito” rivelò toccandosi il naso con un dito.
Sasuke non era per nulla convinto. “Cioè?”
“Tobi-sensei non voleva venissi qui, e anche nii-san e tutti gli altri erano d’accordo, dicevano che era troppo rischioso” iniziò seriamente. “Ma io volevo vedere il festival! E i fuochi d’artificio! E tutto il cibo buono che c’è!” strillò nelle sue orecchie. “Quindi sono venuta qui di nascosto, senza farlo sapere a nessuno” concluse fieramente.
Sasuke la fissò, preso un po’ alla sprovvista da una storia del genere. Troppo rischioso? Si chiese come i presunti genitori di questa ragazza potessero considerare pericoloso uno stupido festival. È vero, non c’erano pattuglie shinobi, ma c’erano le guardie regolari del villaggio a tenere lontano i ladri e i disordini. Senza contare che la vicinanza a Konoha garantiva una protezione più che sufficiente.
A meno che non siano nukenin… In quel caso proprio la vicinanza con Konoha sarebbe stata un problema.
Sasuke si riteneva piuttosto bravo a riconoscere le persone cattive, Konan non sembrava una di quelle. Non era un nukenin, era solo… fastidiosa.
“Perciò,” riprese gesticolando nel suo monologo, “la tua missione sarà scortarmi e proteggermi durante il festival. Così tornerò a casa sana e salva e Tobi-sensei sarà tranquillo a sapere che è stato proprio un Uchiha a proteggermi”.
Suo malgrado, Sasuke provò una fitta di orgoglio a sentire quelle parole. Era orgoglioso di sapere che il suo clan aveva buona fama tra i civili fuori Konoha, che anche al di fuori del villaggio riconoscessero il loro valore. Sasuke era fiero di essere un Uchiha e non vedeva l’ora di risvegliare lo sharingan, come suo fratello e suo padre.
“Umpf, visto che mi hai offerto il pranzo non ti chiederò di pagarmi” offrì magnanimo.
Il viso della ragazza si aprì in un altro bellissimo sorriso e prima che potesse scappare si trovò stretto in una presa ferrea. Arrossì furiosamente.
“Mollami! Mollami! Altrimenti mi rimangio tutto” minacciò.
 
**
 
Sua madre diceva sempre che il suo problema era che non dava possibilità alle persone. Infatti lo rimproverava spesso di non provare a legare di più con le sue compagne di team. Più di una volta aveva anche provato a invitarle a casa loro ed era stato terribilmente imbarazzante.
Non è che a Sasuke non piacessero le persone, non era misantropo come scherzava sua madre. Era semplicemente abituato a stare da solo, visto che durante l’infanzia non aveva avuto amici. Come unico bambino di quell’età del clan Uchiha non era riuscito a legare con i cugini più grandi, che lo consideravano un marmocchio, o con quelli più piccoli che lo irritavano a morte; mentre i bambini civili lo ignoravano per qualche motivo che non capiva, oppure i bambini degli altri clan lo ammiravano solo da lontano. Aveva imparato a stare da solo e aveva scoperto che si trovava bene così, poteva allenarsi senza essere infastidito o rallentato.
Però.
Però forse sua madre aveva ragione e doveva cominciare a dare qualche possibilità alle persone, perché con Konan si stava decisamente divertendo. Non glielo avrebbe mai detto, ovviamente, perché ci teneva a mantenere la sua immagine di stoico shinobi. Però lei era davvero simpatica, al di là del carattere irritate, e perfino il festival sembrò meno noioso di quanto aveva profilato all’inizio.
Konan era entusiasta di qualsiasi cosa e il suo modo di fare energico e solare era inevitabilmente contagioso. Sasuke cercava di dirsi con superiorità che era solo divertito dal modo di fare infantile, ma la verità era che quella spontaneità lo stava sciogliendo. Non era come Himawari che si divertiva a contraddirlo per ogni cosa e prenderlo in giro per la sua serietà, o come Sakura che a volte si scervellava troppo per farsi piacere risultando quasi costruita.
In realtà era anche un po’ allarmato da quell’atteggiamento. Che vita faceva se uno stupido festival di provincia la entusiasmava così tanto? Rispetto agli stessi eventi di Konoha, quella fiera era molto povera e mal gestita, non era davvero nulla di speciale. Eppure davanti agli occhi della ragazza sembrava essere qualcosa di incredibile e nuovo.
Incuriosito da questo suo atteggiamento aveva tentato di fargli qualche domanda su di lei e la sua famiglia, ma in un modo o nell’altro riusciva a trovare sempre un modo per rispondere evasiva o addirittura svincolare la domanda. Al contrario, invece, fece a Sasuke moltissime domande insistenti.
“Hai già lo sharingan?”
Arrossì a quella domanda. “Lo avrò presto” borbottò.
Konan gli puntò il dito contro. “Quindi non lo hai!”
Sasuke si sentì come se avesse ingoiato un limone e con la faccia più indignata del suo repertorio si preparò a ribattere, ma ogni protesta gli rimase sulla lingua quando il viso della ragazza divenne incredibilmente serio.
“Be’ meglio così” disse quasi sollevata.
Fissò per qualche secondo quel sorriso rasserenato, come se le avesse dato una buona notizia, senza capire. L’intero suo clan stava facendo pressione perché sviluppasse lo sharingan, suo padre era preoccupato perché rispetto a Itachi ci stava mettendo più tempo e perfino Kakashi-sensei gli stava addosso nell’allenamento. Si aspettava delusione, scherno, non sollievo.
“Perché… perché dici che è meglio?” chiese così confuso che si dimenticò di essere offeso.
Konan gli lanciò un’occhiata ovvia.
“Non lo sai? Per sviluppare lo sharingan devi provare un forte dolore emotivo” disse con fare pratico, come se fosse un argomento di cui era abituata a discutere.
Sasuke la guardò a bocca aperta, frenandosi a stento da chiedere maggior delucidazioni. Il che era stupido: era lui l’Uchiha, era la sua arte oculare innata, cosa poteva saperne la sconosciuta?
“Tu come… come lo sai?” tentò di chiedere più sicuro di quanto non fosse.
L’espressione seria fu subito sostituita con quella sbarazzina e lo illuminò con un nuovo sorriso volpino.
“Se-gre-to!”
La guardò indispettito e provò a ribattere, ma la ragazza riuscì ancora una volta a parlargli sopra.
“Comunque non devi temere, sei un ninja, quindi prima o poi vedrai uno dei tuoi amici morire e allora… zap, sharingan!”
Strabuzzò gli occhi sconvolto, ancora con la bocca socchiusa per la protesta che era stato costretto a ingoiare.
“Che cosa… stai dicendo…”
Gli occhi azzurri lo guardavano come se gli stessero scavando l’anima.
“Perché fai quella faccia? Siete soldati e nelle guerre si muore, lo sai vero?”
“Non siamo in guerra” replicò confuso.
Ricevette una risata di scherno. “Non apertamente, è vero. Ma comunque prima o poi ti troverai davanti una missione in cui dovrai sacrificare un compagno per compierla”.
Più parlava più Sasuke inorridiva, soprattutto per via del tono ragionevole che stava usando. Sapeva che le missioni ninja erano pericolose, che più salivi di grado più avevi in mano questioni di vitale importanza, e andava bene, era quello che voleva.
Ma non aveva mai pensato che vincere significasse sacrificare un compagno.
Ripensò con un brivido alla prima lezione di Kakashi, la sfida delle campanelle.
Con un colpo alla spalla, la ragazza lo riportò in sé.
“È per questo che non ho voluto diventare un ninja” sorrise spensierata. “Tu, invece?”
“Cosa?”
Odiava seriamente questa ragazza, lo faceva sentire stupido e Sasuke non era stupido, era il migliore delle matricole genin!
“Perché sei diventato un ninja?” ripeté.
Si accorse di non saper rispondere, a meno che perché sì non fosse sufficiente. Ma si rendeva conto da solo di quanto stupido e infantile sarebbe stato. Onestamente non si era mai posto il problema di diventarlo o meno, era qualcosa già deciso dalla nascita. Era il figlio del capo clan degli Uchiha, che altro doveva diventare? Di certo non un semplice civile, perfino sua madre era una kunoichi. Tutti quelli che conosceva lo erano, tranne i vecchi e i bambini.
Era sicuro che questa spiegazione non sarebbe piaciuta a Konan, probabilmente l’avrebbe schernito, quindi scrollò le spalle e alzò il mento, cercando di darsi più sicurezza possibile.
“Perché voglio diventare Hokage”.
Il cuore gli batteva fortissimo. Erano poche le persone che conoscevano il suo sogno, si contavano giusto sulle dita di una mano. Forse perché quando a nove anni lo aveva detto a suo padre non era stato preso seriamente, ma con un brontolio. Certo, è vero che allora lo disse solo per esasperazione, perché nessuno badava mai a lui.
C’era stato quel periodo nei suoi otto anni dove Itachi, Fugaku e perfino sua madre erano sempre in udienza dall’Hokage. Stanco di essere lasciato solo, Sasuke si era chiesto se dovesse diventare anche lui Hokage per avere un po’ di considerazione dalla sua famiglia.  Crescendo quel sogno era maturato con lui, ma non l’aveva mai abbandonato.
Konan spalancò gli occhi, facendo per la prima volta un’espressione sorpresa.
“Tu?” domandò stupita.
Sasuke si chiese se tra le tante cose che sapeva, c’era anche la tensione esistente tra il Clan Uchiha e il Consiglio di Konoha. Non era cieco o stupido, sapeva bene che nemmeno i civili non si fidavano della sua famiglia – per un motivo che davvero non sapeva – e del resto se voleva diventare Hokage era anche per dimostrare che agli Uchiha importava di Konoha. Nessuno si aspettava un Uchiha Hokage, ma lui lo sarebbe diventato, alla faccia di tutti.
Perciò rizzò ancor più la schiena e disse: “Sì, io” pieno di sfida.
Konan continuò a guardarlo come in attesa di uno scherzo, poi scrollò le spalle e distolse lo sguardo, improvvisamente abbattuta.
“Che c’è?” sbottò piccato.
“È che… mi dispiace. Mi sei simpatico, ma tutti gli Hokage muoiono presto”.
“Non è vero!” protestò. “Il nostro onorevole Sandaime…”
“Oh, ma perché lui è uno stupido” lo interruppe tranquillamente Konan. “È un codardo incapace di qualsiasi cosa, che ha trascinato il suo popolo in due guerre, non ha nessun interesse per…”
Sasuke non era disposto ad ascoltare altro. Konan aveva passato il segno: insultare l’Hokage significava insultare Konoha ed era una cosa che non poteva tollerare.
Prima che se ne rendesse conto, aveva già sguainato un kunai.
 
Himawari non era mai stata così felice come in tutta la sua vita di aver ceduto al broncio di Sakura e aver iniziato a seguire come due psicopatiche Sasuke e la sua nuova amica. Doveva anche ringraziare i riflessi pronti di Sakura, che era intervenuta strillando “Sasuke-kun!” prima che quell’idiota del loro compagno di squadra accoltellasse una civile indifesa.
L’urlo distintivo di Sakura lo aveva riscosso dal suo istinto omicida e aveva dato la possibilità alla povera civile di fare un passo indietro.
Himawari corse dietro a Sakura, raggiungendo il contrariato amico. Entrambe si fissarono sul volto un sorriso amichevole.
“Oh, che sorpresa” disse, fingendo che fossero davvero capitate lì per caso e non li avessero inseguiti per tutto il festival. “Sasuke! Ti sei trovato la ragazza?”
Se da un lato la sua domanda ebbe l’effetto nefasto di far tornare il broncio triste a Sakura, dall’altro fecero scattare Sasuke come se lo avessero punto e si allontanò anche lui dalla ragazza bionda.
“No! No!” protestò come se avesse insultato il suo clan. “Non questa pazzoide! Che schifo!”
“Ehi!” si offese la suddetta pazzoide.
Sakura le rivolse un sorriso, rasserenata dal fatto che Sasuke la considerasse nello stesso modo in cui considerava tutti gli altri. Meglio predisposta verso la sconosciuta, fece un passo avanti e accennò un piccolo inchino.
“Siamo Haruno Sakura e Sarutobi Himawari, le compagne di squadra di Sasuke-kun. Tu?”
Contraddicendo l’impressione che avevano avuto della ragazza fino a quel momento, lei fece un altro passetto indietro fissando Sakura con diffidenza e qualcosa che non riusciva a decifrare.
“Konan” borbottò a bassa voce, improvvisamente timida.
A quel suo comportamento vide Sasuke inarcare un sopracciglio, anche lui doveva aver notato l’improvviso cambio di personalità. Ora non sembrava più espansiva e socievole, al contrario era in una posa rigida, gli occhi che si muovevano nervosi come se si aspettasse un pericolo imminente.
Sasuke pensò che fosse per via dell’arma, del resto l’aveva quasi aggredita, e si vergognò della sua reazione esagerata. Anche se aveva insultato il suo Hokage era comunque una civile innocua e disarmata, il suo dovere era proteggerla, non ferirla, indipendentemente da quanto fosse fastidiosa e maleducata.
Intascò l’arma senza scusarsi, non era comunque qualcosa che poteva fare.
Sakura provò a ignorare la reazione diffidente dell’altra ragazza e chiese:
“Sei di questo villaggio? Il vostro festival è davvero carino!”
Konan si ritrasse con la testa dentro il colletto della giacca, come una tartaruga.
“No, non sono di qui” disse secca.
Himawari si accorse che gli occhi azzurri fissavano con diffidenza soprattutto i loro hitai-ate, guardando con rancore il simbolo della foglia. Si scambiò uno sguardo con Sasuke per capire se anche lui se n’era accorto. Quel comportamento era molto strano.
“Oh e di dove sei?” chiese Sakura.
Anche lei doveva essersi accorta del comportamento sospetto, perché la sua voce aveva preso quell’intonazione che aveva solo quando si sforzava di mantenersi vivace.
Konan non rispose. A dir la verità, sembrava pronta a scappare via in un baleno. Ma non riuscì a fare più un passo, perché sbatté di spalle contro qualcuno e cadde a terra.
“Oh, che carini. State facendo amicizia”.
I tre genin alzarono lo sguardo, sorpresi dell’improvvisa comparsa di Kakashi. Il sensei era stato così silenzioso da passare totalmente inosservato, come un vero ninja. Aveva il viso come al solito infilato nelle pagine di quel romanzo porno che aveva sempre con sé, non aveva nemmeno lanciato un’occhiata alla ragazza contro la quale si era scontrato. 
Finché dalla stessa non uscì un gemito strozzato di puro terrore.
Kakashi smise di badare il proprio libro, spostò pigramente lo sguardo sulla figura bionda caduta a terra.
Successe tutto molto velocemente.
L’occhio grigio e poco interessato si sgranò non appena si posò sul viso di Konan.
“Ma questo…” soffiò Kakashi senza rendersene conto, il libro finì velocissimo dentro una delle tasche del giubbotto.
Scattò contro Konan, ma la ragazza riuscì a riprendersi dalla paralisi in cui era caduta quando il ninja adulto si era presentato. Facendo leva sui piedi si alzò per scattare, Sasuke riuscì a sentire l’aria riempirsi esageratamente di chakra, come se la ragazza lo stesse per usare.
Shinshun?, indovinò mettendosi in posizione di attacco.
Ma lui aveva appena fatto in tempo a posizionarsi, che il suo sensei aveva già raggiunto la ragazza. Konan perse la concentrazione per scattare, si spostò di lato con un balzo per evitare l’adulto. Non funzionò: Kakashi riuscì a toccare la sua fronte con un dito nudo.
Kai!” gridò l’insegnante.
Il secondo successivo Konan, ancora nel mezzo del balzo fallito, rotolò via avvolta in una nuvola di fumo bianco.
Quando tornò visibile era di nuovo accucciata a terra, ma era diversa.
Non era più una ragazza.
Era un bambino, un bambino con spettinati capelli biondi, occhi azzurri pieni di aggressività e cicatrici simili a baffi sulle guance.
Sasuke sentì il suo cuore schizzare in gola.
 “Naruto…” sussurrò.
 
 
 
Buongiorno!
Come state? Avete passato un buon ferragosto? O come me siete già bloccati nella sessione di settembre? *lacrime*
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, anche se scommetto che la sorpresa finale non è stata una vera sorpresa xD eh già, fin dall’inizio era il nostro Naruto sotto la sua classica trasformazione da ragazza :D Solo Kakashi si è accorto che era in coso una henge no jutsu.
Vi ringrazio per le recensioni lasciate, sono felice che la storia abbia avuto questo bel benvenuto. Hanno chiesto ogni quanto sarà aggiornata: in alternanza con la time travel, quindi direi ogni due settimane, forse a volte anche ogni dieci giorni. Vedremo come prosegue la vita vera!
Non mancate di farmi sapere che ne pensate :D
Hatta.
 
   
 
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