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Autore: evelyn80    24/08/2020    3 recensioni
Raccolta di shot sui compleanni dei membri fondatori dei Chicago. Trattasi di AU in cui Terry Kath e Laudir de Oliveira sono ancora vivi e vegeti.
L'ultimo capitolo, "Bonus Track: Laudir de Oliveira", partecipa al contest "Countdown" indetto da Soul_Shine sul forum di EFP
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Make me smile'
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James Pankow


 

Los Angeles, 20 agosto 2020


James era raggiante quella sera. I suoi occhi castani brillavano più del solito, mentre una piccola coroncina di rughe di espressione gli appariva sul volto a ogni sorriso. Walter lo fissava, appoggiato allo stipite della porta del bagno, mentre il suo compagno finiva di prepararsi per uscire.
«Allora, sei pronto o no? Guarda che, stasera, potrei farti la stessa domanda che mi hai fatto tu per il mio compleanno», disse il sassofonista, la voce profonda incrinata appena dall'accenno di una risata.
«No, tranquillo», replicò Jimmy, fissando gli occhi nei suoi attraverso lo specchio. «Peter non è mai stato il mio tipo». *1
Finalmente pronto, il trombonista seguì Walter fino alla macchina. Stavolta sarebbe stato il più anziano a guidare e Jimmy si sarebbe goduto la scarrozzata fino al Sunset Boulevard. In fondo, era lui il festeggiato.
«Dove avete prenotato?», chiese con curiosità, tirando fuori dal borsello il suo quadernino su cui annotava praticamente tutto.
«Al “Gate of India”». *2
Il sorriso del trombonista si accentuò. «Adoro la cucina indiana!», esclamò soddisfatto. «Spero solo di non farci bannare anche da qui», aggiunse, mentre annotava il nome del ristorante.
«Ma sai che siamo finiti pure sul giornale, per i nostri exploit?».
James aggrottò le sopracciglia candide come la neve. «Cosa?!».
«Sì, me lo aveva detto Terry tempo fa. Ci hanno definito “i terroristi dei ristoranti”. Mi ero dimenticato di dirtelo», ridacchiò Walter, riportando al compagno ciò che aveva scritto di loro il giornalista. *3
Al termine del racconto il più giovane scoppiò a ridere. «Chissà Lee come avrà storto il naso!».
Al pensiero della faccia del trombettista, anche Walt esplose in una risata. «Non ricordiamoglielo, allora!».


Davanti all'ingresso del locale li attendevano già tutti gli altri. Stavolta persino Terry era arrivato puntuale, nonostante dal cassone del suo vecchissimo e scassatissimo furgoncino blu spuntasse il gazebo che utilizzava per i mercatini, come sempre mal ripiegato per la fretta.
I ragazzi attorniarono il festeggiato, salutandolo con sorrisi e pacche sulle spalle. Laudir, addirittura, usò il suo bastone da passeggio per dargli una botta in testa. Il chitarrista ovviamente non si risparmiò, e con la sua pacca mandò Jimmy dritto tra le braccia di Peter, beccandosi un'occhiataccia sia da Robert sia da Walter.
«Meno male che stavolta non è toccata a me», commentò Danny. Non fece in tempo a finire di parlare che Terry ne mollò una pure a lui, spedendolo contro la vetrata. «Cazzo, era meglio se stavo zitto!», sibilò in aggiunta, raddrizzandosi gli occhiali sul naso.
Dopo essersi scambiati i convenevoli di rito, gli otto vecchietti entrarono nel ristorante in fila indiana, James in testa. Non appena varcato l'ingresso, l'attenzione del trombonista fu attirata da una statua del dio Ganesha, la divinità induista dalle quattro braccia e la testa di elefante, simbolo di saggezza ed equità. *4
«Ehi, Terry!», esclamò, voltandosi verso l'omone che lo seguiva. «Guarda, ti somiglia! Sarà mica un tuo parente?», aggiunse, indicando la scultura.
Il chitarrista la esaminò attentamente, accarezzandosi il ventre prominente simile a quello della divinità, poi scosse la testa. «Mi somiglia per un unico particolare», sentenziò in tono serio.
«E quale?», chiese James, sinceramente incuriosito.
«La proboscide», rispose Terry, mettendosi il braccio destro tra le gambe e facendolo ondeggiare, simulando volgarmente un pene gigantesco e facendo scoppiare a ridere tutti quanti.
Passato l'attacco di risa furono accolti da un cameriere indiano che li guidò al loro tavolo, lasciando poi i menù, rigorosamente “all you can eat”.
Lee inforcò gli occhiali da lettura e si mise a sfogliare la lista – piena di pietanze a base di curry e altre spezie cucinate prevalentemente con il metodo “tandoori” – con occhio critico. *5
«Spero che questa volta non vada a finire come le precedenti», sibilò guardando di sottecchi tutti i suoi compagni e facendoli sogghignare: a nessuno era sfuggito l'articolo sul Los Angeles Daily News relativo alle loro bravate durante i precedenti due compleanni.
«Tranquillo...», rispose Terry con un ghigno sardonico sul volto.
«Se me lo dici tu, di star tranquillo, allora non lo sarò affatto!», replicò il trombettista, posando il menù sul tavolo e puntando il dito contro il suo compagno di band.
«Possiamo ordinare, per favore? Io ho fame!», esclamò Laudir, picchiando il bastone a terra per riportare l'ordine. Tutti gli altri obbedirono al più anziano e James scrisse diligentemente tutte le loro ordinazioni sull'apposito foglietto, che poi fu consegnato al cameriere.
I piatti non tardarono ad arrivare e la cena iniziò abbastanza tranquillamente. A parte Robert che si era bruciato con il coperchio di argilla del fornetto tandoori e Lee che non faceva che storcere il naso alla vista di qualunque portata, le cose si svolsero regolarmente. Almeno fino a quando il cameriere non portò loro una zuppiera piena di zuppa di pollo, che depose al centro del tavolo.
Il trombettista arricciò il naso per l'ennesima volta. «Ancora pollo? Ma possibile che non ci sia nient'altro su questo cazzo di menù?».
«Ci sono anche dei piatti a base di agnello», rispose Peter, mettendosi gli occhiali e scorrendo rapidamente la lista lasciata a loro disposizione.
«La carne di agnello puzza di selvatico!».
«Allora i gamberi?», suggerì Robert, accostando la testa a quella del compagno per scorrere le portate.
«Sono allergico ai crostacei!».
Danny strappò il menù dalle mani di Peter e si mise a sfogliarlo. «Qualcosa a base di pesce... Mahi-Mahi?», suggerì.
«Non so nemmeno che razza di pesce sia, il Mahi-Mahi!», esclamò Lee per la terza volta. *6
Terry, che aveva seguito lo scambio con un ghigno che si ampliava sempre più sul suo faccione, intinse il proprio cucchiaio nella zuppiera e pescò una carota bollita. Poi lo sistemò tra le mani a mo' di catapulta e lo puntò verso il trombettista.
«Ehi, Lee! L'agnello no, i gamberi no, il pesce no... allora beccati 'sta carota lessa!», e facendo leva con le dita sulla paletta lanciò il pezzo di verdura verso il suo compagno di band, colpendolo in piena faccia.
Le guance di Lee diventarono paonazze per la furia e lo sdegno. «Io lo sapevo che saresti stato tu a cominciare... e meno male che mi hai detto di star tranquillo!».
«E che cazzo, trombetta in bocca, sei noioso come un foruncolo sulle chiappe! E poi, così impari a farmi vestire da Babbo Natale a ottobre!», replicò Terry. *7
Le labbra del trombettista si contrassero in una smorfia di rabbia: si sporse per afferrare un osso di pollo dal piatto di Walter e lo tirò contro il chitarrista che si scansò, ma non abbastanza in fretta, e venne colpito a una spalla.
L'omone si raddrizzò e puntò uno sguardo di fuoco su Lee. «Allora vuoi la guerra? Bene, che guerra sia!». Afferrò un pezzo di carne di pollo dalla zuppiera, affondandoci direttamente le mani, e la scagliò contro il trombettista, schizzando il brodo ovunque sul tavolo e inzaccherando la camicia bianca di lino di Peter.
«Ehi, io che cosa c'entro?», si lamentò l'anziano bassista, per poi afferrare un altro osso di pollo dal piatto di Robert e lanciarlo contro Terry. La sua mira, però, lasciò molto a desiderare, e invece di colpire il suo bersaglio prese in pieno Laudir.
Il brasiliano scoppiò in un ghigno satanico e, afferrato il proprio bastone da passeggio, cominciò a usarlo come una mazza da baseball, respingendo al mittente qualsiasi forma di cibo gli capitasse a tiro. Ben presto il tavolo degli otto vecchietti si trasformò nel delirio più completo: tutti lanciavano tutto, non soltanto pezzi di pollo, verdure e gamberetti, ma anche fette di pane, tovaglioli, e pure qualche posata; e Laudir, lucido come un ragazzino nonostante la veneranda età, colpiva e rilanciava tutto ciò che gli passava davanti, spedendo ogni proiettile molto al di là del loro tavolo. *8
Gli altri avventori iniziarono a urlare e a lamentarsi, e qualcuno lasciò pure il locale in tutta fretta senza pagare il conto. Il giovane cameriere indiano che li aveva fatti accomodare si avvicinò di corsa, sbraitando in sanscrito e mulinando le braccia, con il chiaro intento di farli sloggiare il più in fretta possibile prima che riducessero tutto il ristorante a un macello. *9
Ridendo come matti gli otto si alzarono da tavola, pagarono il conto – debitamente incrementato dal costo dei danni e delle cene non pagate – senza battere ciglio, e uscirono dal locale a testa alta, sporchi di salsa allo yogurt, pezzi di pollo e verdure miste.


Sbattuti fuori per la terza volta da un locale del Sunset Boulevard, i Chicago si ritrovarono sul marciapiede a tentare di riprendere contegno.
«I terroristi dei ristoranti colpiscono ancora!», esclamò James, i capelli bianchi macchiati di sugo, citando l'articolo che li aveva visti protagonisti qualche mese prima mentre annotava, sul suo quadernino, che erano stati bannati anche da quel ristorante.
«Mi sono divertito da morire...», esalò Laudir, facendo volteggiare il bastone per un'ultima volta e sbattendolo involontariamente sulla pelata di Danny.
«Anch'io, in effetti», aggiunse Terry, strizzandosi i capelli completamente coperti di zuppa di pomodoro e formando una piccola pozza rosso sangue ai suoi piedi. «È sempre un piacere prendere di mira trombetta in bocca».
Lee storse il naso mentre tentava di ripulirsi la camicia dai pezzetti di carota e altre verdure. «Vorrei tanto sapere che cosa ci provi a vandalizzare ogni locale che frequentiamo! Di questo passo non ci faranno più entrare da nessuna parte!».
«Gne, gne, gne...», lo scimmiottò il chitarrista con una smorfia buffa che fece ridere tutti i suoi compagni. «Sembri mia moglie...».
E mentre Peter e Robert si toglievano piselli dalla testa a vicenda, come due scimmie che si spulciano, Danny si sbatté all'improvviso la mano sulla fronte.
«Il regalo! Jimmy, ci siamo dimenticati di darti il tuo regalo!», e tirò fuori dalla tasca un pacchettino avvolto in carta azzurra.
Il trombonista afferrò subito il suo dono. «Grazie, ragazzi, non dovevate disturbarvi», disse senza risultare troppo convincente, strappando la carta in fretta e furia. Si ritrovò tra le mani un orologino digitale di plastica, molto simile a quelli che un tempo si trovavano in omaggio nei fustini di sapone, color rosa shocking. La pellicola trasparente messa a protezione del piccolo display riportava l'ora “09:05”. Lo fissò interdetto per qualche secondo, per poi alzare lo sguardo sui suoi amici. *10
«No, la pila non c'è», disse Danny, decidendo di interpretare il suo sguardo come una richiesta di spiegazioni sull'ora segnalata, «dovrai comprarla tu!».
Il trombonista voltò l'orologino alla ricerca del vano delle batterie, e vide che sulla cassa era stato scritto qualcosa con una penna da lucidi nera. La calligrafia era quella sghemba del chitarrista.
«A Jimmy trombone con affetto», lesse a voce alta. *11
«Non sono riuscito a scrivere altro, lo spazio era troppo poco», si giustificò Terry stringendosi nelle spalle. «E non potevamo nemmeno comperarti un orologio più costoso, visto che per Wally e per me avete speso solo pochi spiccioli», aggiunse in tono di ovvietà.
James fissò l'orologio ancora per un po', poi si riscosse e spalancò le braccia con un sorriso. «Abbraccio di gruppo!».
Dopo gli ultimi saluti, e dopo essersi dati appuntamento per il venerdì successivo per festeggiare il compleanno di Danny, ognuno riprese la sua strada. Walter e Jimmy salirono sulla loro vecchia Dodge Charger per tornare a casa, il sassofonista alla guida.
«Allora, sei contento della serata?», chiese il più anziano, lanciando un'occhiata di sottecchi al compagno intento ad allacciarsi al polso l'orologino di plastica senza pila.
«Sì, mi sono divertito un sacco! Immaginavo che sarebbe andata a finire così... anzi, forse ci speravo pure!».
Walter sorrise malizioso. «E non hai ancora visto il mio regalo...».
Il trombonista si leccò le labbra con fare lascivo. «Per caso ha a che fare con un paio di slip con un pacco regalo disegnato sopra?». *12
«Può darsi...».
«Allora pigia a tavoletta!», esclamò James, strappando un bacio al suo compagno.

 

 

Spazio autrice:

AUGURI JAMES!
Stavolta sono stata costretta a pubblicare un pochino in ritardo, perché il 20 di agosto purtroppo non ero a casa. Non volevo anticipare troppo la pubblicazione, perché fare gli auguri troppo in anticipo non è bello, quindi ho deciso di posticipare :-)
In questa storia, che rappresenta il sequel del capitolo intitolato "Regali imparziali" della mia raccolta “Just a little smile” (come riportato anche nelle note sottostanti) fa di nuovo la sua comparsa il prompt che Kim Winternight, con i suoi dadi di Tiger, mi aveva suggerito per il prequiel, ovvero un orologio che segna le 09:05: questa volta l'orologio è di plastica, e l'ora è scritta sulla pellicola di protezione del quadrante, ma comunque sia il succo non cambia XD.
Voi ricordate gli orologini che si trovavano nei fustini di detersivo? Oppure sono davvero così vecchia? XD
Come ormai di consueto, i nostri Chicago “nonnini” non si sono risparmiati e hanno vandalizzato un altro ristorante di Los Angeles. Kim, ora passo la palla a te: quale articolo comparirà stavolta sul giornale?
E mancano ancora molti compleanni, quindi chissà da quanti altri locali saranno bannati XD.
Premetto che ho mangiato soltanto una volta al ristorante indiano, e parecchi anni fa, ma ricordo che la cucina mi era piaciuta molto.
Spero di avervi fatto sorridere! E, se tutto va bene, ci rivediamo il 28 di agosto per il compleanno di Danny!
E ora, spazio alle note numerate.
*1 – Accenno al capitolo precedente di questa raccolta, dedicato al compleanno di Walter Parazaider.
*2 – Il “Gate of India” è un ristorante indiano “all you can eat” che si trova davvero a Los Angeles sul Sunset Boulevard.
*3 – Accenno a due storie presenti su EFP: "Notizie in regalo" di Kim Winternight, e la mia "Nuove forme di terrorismo".
*4 – Come accennato anche nel testo, Ganesha è una divinità induista, ed è uno degli aspetti di Dio più conosciuti. Figlio primogenito di Sìva e Pārvati, viene raffigurato con una testa di elefante provvista di una sola zanna, ventre pronunciato e quattro braccia, mentre cavalca o viene servito da un topo, suo veicolo. (Fonte: Wikipedia).
*5 – Il “tandoori” è un piccolo forno di argilla molto usato nella cucina indiana, a forma di campana rovesciata, che viene posto direttamente sulle braci.
*6 – Su internet ho trovato il menù del ristorante e mi sono basata su quello per descrivere le portate mangiate dai nostri eroi. Il Mahi-Mahi è un pesce pelagico meglio conosciuto come Dorado. Per quanto riguarda la carne di agnello, ha un sapore molto intenso (che mia mamma odia profondamente e dice che sa di selvatico, appunto), ed è per questo che, per mia licenza poetica, a Lee non piace.
*7 – Ho utilizzato per Lee il soprannome “Trombetta in bocca” (citazione tratta dal film “Totò a colori”) sia perché è un trombettista, sia perché Terry, in questo AU, ce l'ha ancora con lui per avergli fatto interpretare Babbo Natale a ottobre per il lancio del loro ultimo disco, come raccontato nel capitolo “Mai provocare Babbo Natale” della mia raccolta "Just a little smile".
*8 – In questo AU Laudir, nato nel 1940, ha 80 anni. Nella realtà, purtroppo, è venuto a mancare per arresto cardiaco nel 2017.
*9 – Il sanscrito è una delle lingue ufficiali dell'India.
*10 – Il racconto dell'acquisto di questo regalo si può trovare nel capitolo “Regali imparziali” della mia raccolta “Just a little smile”.
*11 – Durante il concerto di Tanglewood del 1970 (che potete vedere qui: https://www.youtube.com/watch?v=_oAoSZ2y1cw) a un certo punto Terry, nel presentare il compagno di band, invece di dire “
Jimmy at the trombone” ha un lapsus e dice solamente “Jimmy trombone”, per poi mettersi a ridere nel rendersi conto di quello che aveva detto. Siccome in italiano volgare “Jimmy trombone” fa venire in mente a qualcuno che ci da dentro col sesso, mi fa molto sorridere, e per questo l'ho fatto scrivere a Terry come dedica sull'orologio.
*12 – Accenno al capitolo “Un regalo di Natale molto particolare” della mia raccolta "10 Assi per una Challenge".

  
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