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Autore: Mary P_Stark    05/10/2020    2 recensioni
Liza Wallace è la nuova Geri del branco di Clearwater e, a discapito della sua giovane età, dimostra fin da subito di avere un potenziale enorme; il rapporto davvero unico con i suoi Huginn e Muninn, i magici corvi al servizio del Sicario Umano del branco colpisce fin dall'inizio l'intero branco. Questo suo potenziale verrà subito messo alla prova quando, a sorpresa, giungerà a Clearwater una famiglia proveniente da New York. I Sullivan sembrano una famiglia normale, almeno all'apparenza, ma il figlio Mark e suo padre Donovan metteranno in allarme il branco a causa del loro comportamento sospetto. Saranno dei temuti Cacciatori, o qualcun altro si cela nell'ombra, più pericolo e subdolo, tentando di portare lo scompiglio nel branco di Lucas, Devereux e Iris? (particolari della storia presenti nei racconti precedenti della Trilogia della Luna)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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7.

 

 

 

«Proseguono le ricerche dell’escursionista scomparso tre settimane addietro, nei boschi a sud del Denali. Le sue ultime tracce sono state trovate a una trentina di miglia a nord-ovest di Petersville, dove si era accampato per la notte. Non ricevendo notizie, la famiglia ne ha denunciato la scomparsa e, da quel giorno, le Guardie Forestali del Parco e diversi civili della zona si stanno intervallando nella ricerca del giovane Nigel Grant.»

Iris spense la TV quando lo speaker interruppe il collegamento da Nome, in Alaska e, nel guardare dubbiosa Dev, borbottò: «E’ possibile che…»

«Senza un corpo, possiamo pensarle tutte. Può essersi perso, essere caduto in un burrone, aver affrontato i ghiacciai del Denali ed essere finito in un seracco. Vai a sapere» scosse impotente le spalle l’uomo. «Non pensarci. Domani è il gran giorno, e oggi devi passare una bella giornata con le tue amiche, divertirti, sognarmi a occhi aperti e agognare il momento in cui potremo dire sì davanti all’altare, okay?»

Iris assentì nell’avvicinarsi a lui, che se ne stava appollaiato su uno sgabello della cucina e, dopo avergli passato un’unghia sul torace, mormorò: «Anche tu mi sognerai a occhi aperti?»

«Vedremo» mormorò roco lui, strappandole un bacio prima di afferrare il suo borsone da lavoro e aggiungere: «Sarà meglio che vada, se voglio finire in tempo per la festa di addio al celibato di stasera.»

«Fai un buon lavoro!» esclamò allora lei, salutandolo.

«Quando mai non lo faccio?» ironizzò Dev, uscendo di gran fretta da casa per poi raggiungere il pick-up e allontanarsi lungo la carreggiata.

Nel reclinare la mano, Iris tornò con lo sguardo alla TV ormai spenta e Gunnar, pensieroso, disse: Ci stai rimuginando troppo. Dev ha ragione. I motivi della scomparsa di quel turista possono essere mille e più. Concentrati sui festeggiamenti e non pensare ad altro.

“Ci provo, ma è più forte di me.”

Un frullo d’ali interruppe i pensieri di Iris che, nel volgere a mezzo lo sguardo, intravvide uno dei corvi di Liza posarsi sul doppio trespolo che tenevano in salone proprio per loro.

Nel riconoscerlo – grazie ai suoi chiari occhi grigi, era impossibile non riconoscere il Corvo del Pensiero – Iris lo raggiunse e mormorò: «Sei preoccupato anche tu, Huginn?»

Il corvo gracchiò un paio di volte prima di annuire col capo e Iris, nel carezzarlo con delicatezza, sospirò e disse: «Allora siamo in due. Hai visto qualcos’altro?»

Il corvo scosse il musetto prima di strusciarsi contro la mano di Iris, quasi a volerla consolare.

La giovane allora sorrise, si chinò per dargli un bacetto sul becco prima di levare il capo non appena avvertì il rumore di un’auto in avvicinamento. Huginn, per contro, si involò fuori dalla finestra e Iris, sorridendo a mezzo, comprese subito il perché.

C’era Brianna, su quell’auto.

Da quel che aveva capito, la presenza di Fenrir all’interno di Brianna metteva in agitazione i corvi, senza nessuna eccezione, perciò era quasi impossibile che lei riuscisse a restare nei pressi di uno solo dei Guardiani della Vista di un Geri.

Nel chiudere la finestra da cui era uscito Huginn, Iris raccolse in fretta dal divano il soprabito e, raggiunta che ebbe la veranda, salutò le nuove arrivate – Brianna, Helen, sua zia Rachel e Mary Beth – e accorse all’auto per salirvi.

«Buongiorno! Allora, ti senti pronta per questa giornata di festeggiamenti?» esordì Brianna, che era sul sedile del passeggero mentre Rachel guidava l’auto di famiglia.

«Buongiorno a tutte! Direi di sì. Cos’abbiamo in programma?» volle sapere lei, più che mai curiosa. Brianna e le altre non avevano voluto sbilanciarsi, perciò era all’oscuro di tutti i loro macchinamenti.

«Partiremo con il raggiungere il campeggio e il resto delle lupe – e non – che parteciperanno ai festeggiamenti» dichiarò Brianna, già eccitata all’idea. «Dopodiché ci sposteremo in auto fino alle Spahats Falls e lì pranzeremo dopo una passeggiata per i boschi.»

Mentre l’auto si immetteva sull’interstatale, Mary Beth proseguì dicendo: «Nel pomeriggio, ci attendono al Clearwater Lodge per coccolarci con sauna, Jacuzzi e massaggi, mentre stasera…»

Tutte risero all’unisono, di fronte a quel silenzio carico di sottintesi e Iris, curiosa, domandò: «…stasera?»

«Festa all’Old Caboose, che abbiamo interamente prenotato, con musica dal vivo e spo-glia-rel-lo!» ciangottarono in coro le presenti, facendo scoppiare a ridere Iris.

***

Mentre il rombo della cascata esplodeva a contatto dell’acqua con il suolo, inerpicandosi lungo le sporgenze rocciose fino a sfiorare le creste dei pini, Iris ne ammirava la potenza, la selvaggia bellezza e la grandiosità. In momenti come quelli si sentiva pacificata, come se la natura stessa riuscisse a proteggerla dai suoi tristi pensieri, così come dalle ansie di un futuro incerto.

Il suo essere una licantropa le permetteva di godere delle bellezze della Natura come, in passato, non era mai stata in grado di fare e, specialmente in quel momento, trovò quel luogo adatto a calmarle lo spirito e il cuore.

Brianna e le altre avevano avuto ragione nel voler organizzare quel pic-nic nei pressi della cascata, nonostante fossero agli inizi di ottobre e l’aria fosse già frizzante, per i senza-pelo.

Zia Rachel, Helen e un paio di altre neutre appartenenti al branco, comunque, si erano ben equipaggiate per quella mattinata all’aperto. All’apparenza, non sembravano risentire delle gelide correnti che si innalzavano dal canalone dove scivolavano le acque delle Spahats Falls, formatosi nei millenni a causa del passaggio della cascata.

Le loro giacche a vento davano l’idea di essere più che adatte a proteggerle adeguatamente e, a discapito dei loro nasi rossi, parevano divertirsi davvero.

Nel sentirsi sfiorare una spalla, Iris si volse a mezzo per sorridere a Brianna che, ammiccando al suo indirizzo, mormorò: «Ha un che di rigenerante, vero?»

«Questo luogo? Sì, molto. Ci vengo spesso con Dev e Chelsey, e non posso che trovarlo sempre bellissimo» annuì la donna, tornando a osservare la cascata fragorosa. «Grazie per aver organizzato questa gita fuori porta per me. Ne avevo davvero bisogno. Tra gli ultimi preparativi per il matrimonio e la faccenda dei Sullivan, mi sembra di avere sempre troppo poco tempo per tutto.»

«Avete scoperto altro?» si informò allora Brianna, mentre Rachel e Helen disquisivano sul posto migliore in cui sistemarsi per il pic-nic.

Scuotendo il capo, Iris ammise: «Nonnina dice che nessun mostro simile a un lupo appartiene alle memorie della sua gente, ma sa di creature simili in altri miti del Popolo. Non sapendo però nulla di specifico in merito a questo nemico, non abbiamo niente a cui aggrapparci per una ricerca più approfondita. Potremmo trovare decine di miti diversi senza mai incappare in quello giusto.»

Brianna annuì pensierosa prima di domandarle a bruciapelo: «Avete già deciso il luogo della luna di miele?»

Vagamente sorpresa, Iris esalò: «Ah, beh… io e Dev pensavamo di fare un viaggio itinerante con il camper. L’idea era di stare via un paio di settimane al massimo, per non far ingelosire troppo Chelsey, sai…»

Con un risolino, arrossì e aggiunse: «Desiderava venire anche lei, ma Dev è stato irremovibile, in merito, così abbiamo proposto di non stare via tre settimane ma solo due, e di lasciarle la possibilità di scegliere dove andare per le feste di Natale.»

La giovane wicca assentì comprensiva. «Giungere a compromessi con un’adolescente non deve essere semplice.»

«No, per niente. Tanto più che adoro Chelsey, ma ammetto di volere questo viaggio solo per noi. Non so se mi spiego» tentennò Iris, insicura.

Brianna, allora, scoppiò a ridere ed esalò: «Oh, credimi, ti capisco! Noi impiegammo anni prima di poter fare un vero e proprio viaggio in santa pace, e in quel periodo io scoprii di essere incinta! Figurati il caos di quella novità improvvisa, quando per tanto tempo avevamo sperato in un periodo tranquillo e basta.»

«Immagino non sia stata una scoperta del tutto normale, vero?»

«No, affatto. I poteri di una wicca decuplicano, quando si è incinte e, se consideri la portata del mio potere in momenti normali, capirai il mio smarrimento» ammise Brianna. «Comunque, una volta risolto anche quel dramma, riuscimmo a goderci la nostra vacanza in Toscana.»

«Dici dovremmo andare lì anche noi?»

Brianna ammiccò misteriosa al suo indirizzo e replicò: «Io pensavo piuttosto all’Irlanda.»

Iris sgranò gli occhi per la sorpresa ma, prima di poter chiedere spiegazioni in merito, scoppiò a ridere quando Helen, in posa da generale, si impose su sua madre con un tonante: «Lo faremo ! E non voglio sentire repliche!»

«Sei spietata…» sospirò Rachel, scuotendo il capo per l’esasperazione. «…pensavo soltanto che, quella bella e pacifica radura laggiù, sarebbe stata più adatta rispetto ai tavoli che ci sono nel piazzale della terrazza panoramica.»

«Mamma, si congela. Verranno le chiappe blu persino alle nostre amiche lupe, credimi» sottolineò Helen con maggiore tatto, ma non meno determinazione. «Le panche sono al riparo sotto tettoie appositamente costruite, sono asciutte e ci permetteranno di non farci venire una paresi alle ginocchia.»

«Non sei per nulla romantica, cara. E’ proprio vero che assomigli a nonna Maggie» sbuffò Rachel, accettando suo malgrado la proposta della figlia maggiore.

«Sì, lo so, mamma. Sono un pezzo di legno formato donna» scrollò una mano Helen, dirigendosi verso l’uscita del sentiero mentre il resto del gruppo si accodava a lei.

Iris rise divertita, riconoscendo in quel battibecco altri mille di cui era stata testimone negli anni. Helen era sempre stata pragmatica, mentre sua madre Rachel prediligeva il romanticismo e i sentimenti, e questo le aveva portate spesso e volentieri a discutere.

Era indubbio quanto si volessero bene, ma Helen aveva davvero troppo di nonna Margareth – genitrice di Richard – per non scornarsi un poco con la madre.

***

L’acqua calda e gorgogliante della vasca idromassaggio era qualcosa di impagabile. Il Clearwater Lodge le aveva accolte con tutti gli onori – forse pesavano gli oltre duecento invitati che, il giorno seguente, avrebbero invaso i loro saloni? – e ora, coccolata da quelle dolci acque profumate, Iris era totalmente rilassata.

Liza e Chelsey, nella stessa vasca di Iris, sembravano preda di una trance medianica e, nel guardarsi intorno per curiosare l’enorme SPA dove si trovavano in quel momento, la festeggiata notò medesimi sguardi persi e soddisfatti.

L’idea di gustarsi qualche coccola dopo la mattinata passata a camminare e respirare aria frizzante, le era parsa davvero azzeccata e aveva plaudito a chi aveva avuto il pensiero di prenotare per tutte loro.

Dopotutto, non c’erano solo lupe da soddisfare, ma anche umane. Inoltre, anche alle lupe, in ogni caso, piaceva farsi massaggiare da mani esperte.

Sollevando pigramente il capo dal cuscino su cui era poggiato, Liza mormorò: «Davvero io e Chelsey non possiamo venire, stasera? Faccio sempre in tempo ad annullare la nostra festa.»

«Da quel che ho inteso, è davvero il caso di no. Se non altro, per non sconvolgere i proprietari del locale e zia Rachel che, per quanto di aperte vedute, non accetterebbe mai che la propria figlia minorenne e la sua nipote acquisita di dodici anni vedano degli uomini nudi… o quasi» sottolineò con un sorrisino Iris.

Sbuffando, Liza borbottò contrariata: «Mi mancano pochi mesi, per raggiungere i diciotto anni. Mia madre potrebbe anche fare uno strappo alla regola.»

«E mi lasceresti sola?» esalò Chelsey, fissandola con occhi liquidi.

«Oooh, non guardarmi così!» protestò Liza, coprendole il viso con una mano mentre l’altra scoppiava a ridere. «Spero almeno che a casa ci siano un sacco di leccornie per lenire il mio dispiacere.»

«Voi e i vostri amici avrete di che divertirvi, promesso. Ma niente uomini nudi, spiacente» scrollò le spalle Iris, chiudendo gli occhi per poi poggiare il capo sul suo cuscino in memory foam.

Non poté comunque evitare un sorriso, quando udì Liza bofonchiare: «E’ tutto tremendamente ingiusto.»

***

Iris e le altre erano già uscite da almeno un’ora per raggiungere il pub, e anche Dev e i suoi compagni di brigata si erano dileguati con il fare della sera.

Era stato davvero buffo vedere degli uomini fatti e finiti sghignazzare – e bere birra – in onore del festeggiato, prima di riversarsi come un fiume in piena verso le rispettive auto. Per andare dove, nessuno lo sapeva ma, dai loro sguardi eccitati, Liza aveva dedotto che ci sarebbe stata una caccia nel mezzo. Essendo un gruppo formato soltanto da lupi, era quasi certa di non sbagliarsi.

Dev, infatti – al pari di Iris – aveva organizzato un secondo addio al celibato il giorno precedente per tutti coloro che non facevano parte del branco, così da non destare sospetti o fomentare domande. L’ipotesi di una festa in stile mannaro era avvalorata anche da questo; se si fossero trovati nei boschi, nessuno avrebbe potuto vederli.

A ogni buon conto, avrebbe indagato in merito, nei giorni successivi.

Sorridendo a Chelsey nel sistemare gli ultimi tovaglioli sull’ampia tavola della cucina, batté il cinque con la quasi neo-cugina e infine attese che gli amici giungessero lì per la loro personale festa pre-matrimonio.

Ligi agli orari prefissati a suo tempo, questi ultimi non tardarono ad arrivare, con tanto di raccomandazioni da parte dei genitori e ringraziamenti vari per quella serata diversa dalle altre.

Un ringraziamento particolare andò anche a nonna Jennifer offertasi di fare da guardiana alla masnada di minorenni presenti in casa.

Con un sorriso truffaldino e l’aria furba, la donna attese che il grosso del gruppo fosse giunto, dopodiché si portò al primo piano per lasciare campo libero ai divertimenti. Sapeva bene che, qualora vi fosse stato bisogno di lei, Liza e Chelsey sarebbero state abbastanza mature da avvisarla.

D’altro canto, non voleva fare l’avvoltoio e stare loro addosso per tutta la sera, perciò trovare “riparo” nello studio di Devereux le parve la soluzione migliore.

Quello era stato un anno denso di cambiamenti. Jennifer, il marito e i genitori di Dev non avevano soltanto visto cambiare le dinamiche di quella famiglia, ma avevano visto mutare tutti gli equilibri interni a Clearwater.

L’avvento dei licantropi nella loro vita aveva destabilizzato tutte le loro certezze ma, per lo meno, avevano restituito loro un Devereux e una Chelsey di nuovo felici, pur se con l’ombra di Julia a rendere quel risultato totalmente positivo.

Non aveva mai fatto una colpa a Iris per ciò che era stata costretta a fare, ma rimpiangeva ogni giorno di non aver saputo fare di meglio, con la figlia.

Quella festa era il degno coronamento di un anno di sacrifici e battaglie, e trovava giusto che si divertissero tutti, in famiglia. A suo modo, si sarebbe divertita anche lei, ascoltando le risate dei ragazzi dabbasso.

Aperta la finestra per lasciar entrare Huginn e Muninn – era meglio che i ragazzi non li vedessero neppure per sbaglio – Jennifer osservò i due bei corvi dal nero piumaggio appollaiarsi sui loro trespoli e, nel chiudere le imposte, asserì: «E’ molto carino che siate voluti restare accanto alla vostra padroncina, invece di uscire a caccia.»

Huginn nascose il musetto sotto un’ala, quasi vergognandosi per quell’ovazione, mentre Muninn annuì con vigore, rinvigorendo così le parole della donna.

Jennifer allora rise sommessamente, prese per sé un lavoro a maglia dopo aver sistemato nei pressi del trespolo una ciotola di interiora per i due corvi e, con calma, si mise a lavorare.

Dabbasso, nel frattempo, Liza inserì un CD con una raccolta di canzoni dei Linkin Park nel lettore, dopodiché azionò l’impianto Dolby di Dev e raggiunse gli amici per scambiare quattro chiacchiere.

Come aveva immaginato fin da quando aveva deciso di organizzare il party, i suoi amici e quelli di Chelsey avevano formato due gruppi ben distinti e separati tra loro.

La cosa, però, sembrava non pesare a nessuno, poiché in casa non si trovavano più di una dozzina di persone, perciò il caos non era tale da rovinare la festa di uno dei due clan formatisi.

Sperava, comunque, che prima della fine della serata, si potesse trovare un comune terreno di gioco in cui incontrarsi, così da rendere la festa ancor più grandiosa.

Nel sentire suonare alla porta, Liza lasciò perdere quei pensieri e si scusò coi presenti, iniziando ad agitarsi per diretta conseguenza. Aveva cominciato a pensare che non sarebbe venuto ma, a quanto pareva, Mark era infine riuscito a cedere alle sue lusinghe.

Vedere – e conoscere meglio – Mark al di fuori della scuola, e non solo per accompagnarlo a casa, era stato non soltanto bello, ma anche sorprendente.

Per quanto non si fosse affatto dimenticata della sua missione, aveva comunque trovato piacevole scoprire dei lati nuovi di Mark, delle parti di lui che, necessariamente, a scuola non poteva vedere.

Si era dimostrato molto pratico di campeggi e di vita in mezzo alla natura – la sua attrezzatura ma, soprattutto, il suo modo di muoversi nei boschi, lo avevano reso lampante. Aveva spiegato loro, con dovizia di particolari, le piante presenti nei pressi del lago e, non senza qualche imbarazzo, aveva ricevuto i pieni complimenti di Sasha e Chanel in merito.

Con Fergus, aveva ingaggiato una piccola gara per stabilire chi fosse il miglior intagliatore di legno ma, dopo circa un’ora di vani tentativi, il loro comune compagno di classe aveva dichiarato Mark vincitore.

Liza aveva voluto per sé il bastone che Mark aveva intagliato con fantasie di tralci d’uva e e il giovane, con una scrollata di spalle e un rossore profuso, glielo aveva concesso.

Più di ogni altra cosa, però, Liza aveva notato quanto fosse più rilassato e sereno, se contrapposto al ragazzo guardingo che era solita incontrare a scuola.

Il senso di quiete di quei posti lo aveva apparentemente liberato dai freni inibitori che soleva tenere in classe e, a quel punto, Mark aveva potuto essere se stesso.

Si era esibito per loro in alcuni brani suonati con l’armonica – dimostrando di avere, a sua volta, un buon orecchio musicale – e, durante il loro ritorno a casa, il ragazzo si era attardato più del solito con lei per parlare di quanto vissuto quel giorno.

Liza aveva trovato fastidiosamente piacevole ascoltarlo, soprattutto in considerazione del suo duplice ruolo di amica di Mark e di spia per il branco.

Se fosse stata soltanto la prima, non avrebbe dovuto preoccuparsi della seconda ma, dovendo essere entrambe, si era sentita sporca e crudele nei suoi confronti.

Di ritorno da quella gita lungo il Dutch Lake, si era quindi chiusa in casa e aveva telefonato a sua madre per chiederle consigli, piagnucolando forse per prima volta in vita sua.

Al solo sentirla, sua madre l’aveva dolcemente presa in giro, ricordandole che il ruolo della piagnucolona spettava a lei, e che Liza non poteva pensare di usurparglielo così facilmente.

Quelle semplici parole avevano portato il sorriso sul suo volto e, più serena, aveva esposto i suoi problemi alla madre, che l’aveva consigliata con semplicità e candore.

Rassicurante ma determinata le aveva detto che, più il dovere si fosse fatto gravoso, più le scelte sarebbero diventate difficili. Avrebbe dovuto trovare nel suo cuore le risposte, e sapere dire basta al momento giusto.

Diventare adulti significava anche prendere decisioni scomode e spiacevoli e, forse, quel caso le riassumeva pienamente.

«Da grandi poteri derivano grandi responsabilità…» brontolò Liza, raggiungendo la porta. «… quanto avevi ragione, Zio Ben1

Stampandosi un enorme sorriso sul volto nel cancellare dalla mente quelle elucubrazioni, aprì infine il battente e, nel vedere sia Mark che Diana, si rasserenò un poco ed esordì dicendo: «Ben arrivati. Entrate pure!»

Mark borbottò un ‘grazie’ molto più nelle sue corde, rispetto al ragazzo visto sul lago e Liza, pur spiacendosene un po’, cercò di non prendersela. Era chiaro che la confusione generale e, forse, anche la presenza materna, tendevano a frenarlo, per quanto fosse evidente il suo amore per la madre adottiva.

Diana la ringraziò con più vivacità e, guardandosi intorno, esalò: «Beh, se questo è un esempio di ciò che sanno fare Devereux e i suoi ragazzi, sono ben lieta di lavorare per loro.»

Chelsey li raggiunse in uno svolazzare di capelli e ciabattare di infradito – vizio che aveva preso dal padre – e, sorridendo ampiamente, strinse una mano di Diana ed esclamò: «Benvenuta! Vieni al tavolo dei rinfreschi! Devi assolutamente assaggiare le polpette di Iris.»

Lasciatasi travolgere dall’esuberanza di Chelsey, Diana salutò simpaticamente il figlio mentre quest’ultimo scuoteva esasperato il capo e, nel togliersi il parka, borbottava: «Dimostra di avere meno anni di noi, quando si intrufola così alle feste.»

Sorridendo divertita, Liza prese in consegna la giacca dell’amico e, dopo averla sistemata sull’appendiabiti, disse: «Mi sembra un peccato che non le assaggi. Sono veramente buone, sai?»

«A proposito della professoressa Walsh… sei davvero sicura che possiamo venire al matrimonio? So che l’invito è stato esteso a tutta la famiglia, e non solo a mio padre, visto che loro sono colleghi di lavoro, ma…» tentennò lui prima di arrossire quando udì sua madre ridere divertita a un commento di Chelsey.

Liza prevenne qualsiasi sua protesta, replicando: «Iris è nuova di qui esattamente come me e te, anche se è qui da un anno. Ha invitato tutti i suoi nuovi colleghi della scuola con le loro famiglie, quindi mi pare normale che abbia esteso l’invito anche a voi. Devereux lo avrebbe fatto con tua madre, credimi, se Iris non si fosse mossa per prima con tuo padre. Inoltre, i matrimoni sono un buon modo per farsi degli amici.»

Mark si guardò intorno, rispose timido al saluto di Sasha e Fergus – che sembrarono voler avvalorare le parole di Liza, senza volerlo – e, dopo un attimo, mormorò: «Amici nuovi, eh?»

«Sì» assentì lei, sospingendolo verso il tavolo dei rinfreschi. «Serviti pure. Dai.»

Lui lo fece, cercando al tempo stesso di apparire divertito da quella serata in compagnia, ma Liza non si convinse del tutto. Sembrava che, dal giorno passato al lago, Mark si fosse chiuso a riccio ancor più di prima.

Era mai possibile che fosse in rotta con il padre per via di ciò che loro avevano sentito? Era questo a turbarlo tanto? Qualcosa aveva peggiorato una situazione, di per sé, già assai spinosa?

Nel dire arrivederci a Diana – che invece appariva tranquilla – Liza si chiese più e più volte se le sue speculazioni fossero esatte, ma le occorsero più di due ore per scoprirlo. Per farlo, inoltre, dovette giocare un jolly che si era ripromessa di tenere ben lontano dalla sua vita di tutti i giorni.

Mentre in casa la festa procedeva di gran carriera, e i gruppi avevano finito con il mescolarsi grazie a una battaglia senza quartiere a Zelda – utilizzando il megaschermo di Dev, e non le piccole consolle della Nintendo Switch – Liza era uscita di casa in cerca di Mark.

Non trovandolo appresso al capannello di spettatori impegnati nella visione della partita, si era preoccupata un poco e, nel controllare l’attaccapanni sull’entrata, aveva notato la mancanza del parka del giovane.

Questo l’aveva spinta a uscire in cortile e, non lontano dalla piccola quercia che era anche il loro Vigrond, lo aveva infine trovato in assorta contemplazione della voliera dei suoi corvi. Naturalmente vuota, in quel momento.

In ansia, era rimasta in religioso silenzio per diversi attimi, tentando di capire come e se approcciarlo ma, alla fine, si era decisa ad avvicinarlo. Era inutile tentennare davanti ai problemi; andavano affrontati.

Ora, appresso a lui, si limitò a chiosare: «Bella grossa, eh?»

Mark sobbalzò per lo sgomento, nel sentirla parlare e, volgendosi a mezzo, esalò: «Dio! Non ti ho sentito arrivare!»

Liza ne fu quietamente soddisfatta. Lavorare per tanti mesi con Rock aveva affinato anche quel particolare; non avrebbe mai ingannato un licantropo, ma un umano, sì, e questo era già importante.

«Ho il passo leggero» dichiarò lei, lanciando un’occhiata alla voliera vuota.

«Qualsiasi cosa voi ci teneste dentro, è chiaramente scappato. O avete liberato qualche uccello dopo averlo curato?»

Avrebbe potuto mentirgli, raccontare che sì, avevano liberato un uccello di qualche genere, ma non vi riuscì. Sentiva di dovergli dire la verità, dopo quelle settimane di domande mirate a smascherarlo, di intrusioni nella sua sfera privata, di bugie perpetrate per il bene superiore del branco.

Lanciato perciò un fischio modulato, attese che Jennifer liberasse i suoi corvi dopodiché, nel vederli involarsi per raggiungere la voliera sotto gli occhi basiti di Mark, mormorò: «Sono i miei corvi ammaestrati.»

“Perché ci hai voluto mostrare a lui, mamma?!” esclamò Muninn, assai preoccupato.

“Non temere. Lasciami fare” lo ammonì dolcemente lei.

Carezzando con un dito il petto del suo Muninn, Liza addolcì lo sguardo e aggiunse: «Li ho addestrati io.»

Mark la fissò strabiliato mentre carezzava con dita leggere i due enormi corvi dalla sericea cascata di penne nere, mormorando: «Sapevo che si potevano addestrare i rapaci, ma non pensavo anche i corvi. E perché, poi, proprio i corvi?»

Altra bugia, pensò tra sé Liza, pur replicando: «I corvi sono tra gli uccelli più intelligenti che si conoscano, e sono anche estremamente affettuosi, se li allevi fin da piccoli. Questi due li trovai senza mamma, durante una passeggiata coi miei genitori, così chiesi di poterli salvare, e loro trovarono qualcuno in grado di aiutarmi a farlo.»

«Sei stata carina a pensare a loro. Molti, semplicemente, li avrebbero lasciati morire» sottolineò Mark, sorridendo con calore alle sue parole.

«Ti sembrerà stupido, ma pensai ai miei zii, morti in un incidente perché nessuno era stato in grado di salvarli, e così mi sentii male dentro al pensiero di lasciarli a loro stessi» mentì ancora Liza, sperando di saper mettere un genuino dolore nelle sue parole.

Aveva sofferto molto, alla notizia della morte dei genitori di Iris e, durante il funerale, si era stretta alla cugina con tutte le sue forze per trasmetterle il suo amore e la sua partecipazione. Quando, però, aveva saputo della sua partenza improvvisa, per un po’ l’aveva odiata, quasi che quel viaggio lontano da loro sminuisse l’amore che la famiglia provava per lei.

Solo tempo dopo, a mente fredda, aveva iniziato a comprendere la necessità di Iris di cambiare aria e, alla scoperta della verità, si era sentita piccola e inutile, di fronte all’enorme problema affrontato in solitudine dalla cugina.

Tutto questo dolore, lo straniamento provato in quei mesi di lontananza da Iris, lei lo riversò in quell’enorme bugia e, a giudicare dal volto addolorato di Mark, lui credette a ogni parola.

Volgendosi verso i corvi, disse con tono sommesso, quasi soffocato: «Capisco cosa tu voglia dire. Avrei dato tutto, pur di poter salvare i miei zii e mia cugina.»

«L’incidente di cui mi accennasti?» mormorò lei, tesa come una corda di violino.

Mark annuì e, nel tendere timoroso una mano verso l’immobile Muninn, domandò: «Posso toccarlo? O mi beccherà?»

«Starà buono» gli promise lei.

Il giovane allora si allungò ulteriormente e, nello sfiorare il piumaggio fresco e morbido del volatile, ammise: «La polizia diede la colpa di tutto a mio zio, ma mio padre non si fece mai una ragione di quella risposta. Cercò prove che invalidassero quella visione semplicistica dell’orrore che era accaduto a casa dei miei zii, ma non trovò mai nulla che lo aiutasse a riaprire il caso.»

Liza assentì muta. Muninn le aveva spiegato per sommi capi ciò di cui Curtis aveva parlato durante la riunione con la Triade e, pur con una versione edulcorata, lei si era sentita torcere lo stomaco per l’orrore. Non aveva davvero idea di come avrebbe reagito, se fosse stata lei a trovarsi dinanzi agli occhi un simile scempio.

Continuando a carezzare Muninn come se, il solo toccarlo, producesse in lui una sorta di placebo contro il dolore, Mark proseguì dicendo: «Li trovai io. Volevo fare una sorpresa a mia cugina Lacey per il suo compleanno, così papà mi portò a casa degli zii. Scesi dall’auto per suonare alla porta ma, trovandola aperta, mi intrufolai dentro per gridare ‘auguri’. Con mio sommo orrore, mi ritrovai a fissare un mare di sangue, corpi dilaniati e la casa ridotta a un caos inenarrabile. Credo di aver urlato, perché vidi mio padre entrare di corsa, trafelato. Da quel momento in poi, ho ricordi frammentari.»

La ragazza non seppe trovare le parole per confortarlo perché, forse, nulla poteva essere abbastanza per colmare un dolore simile, un orrore di quel genere.

Si limitò a stringere una mano sul suo avambraccio, mentre i suoi occhi di perla si incatenavano a quelli di Mark, verdi come l’erba baciata dalla rugiada.

«Capisco, perciò, perché tu abbia voluto salvarli» terminò di dire Mark, ritirando la mano dalla voliera.

«Non voglio che si sappia, però. Gli altri non capirebbero, e non desidero che prendano in giro i miei corvi» lo pregò lei scendendo con la mano fino a incontrare la sua.

Lui gliela strinse a mo’ di promessa, si volse un’altra volta in direzione dei corvi e infine domandò: «Hanno dei nomi?»

«Huginn e Muninn.»

Questo lo sorprese così tanto da portarlo a sorridere, e Liza si ritrovò nella spiacevole condizione di sentirsi imbarazzata tanto quanto si sentiva felice. Era bellissimo veder sorridere Mark, anche se non ne capiva il motivo.

«Hai chiamato i tuoi corvi come quelli di Odino?» esalò Mark, cancellando poco alla volta il dolore che era sceso sui suoi occhi.

«Come… come sai che…» tentennò Liza, non sapendo che pensare. Aveva forse detto troppo? Li aveva messi tutti in pericolo, rivelando i loro nomi?

«Leggo anch’io i fumetti Marvel. Perché immagino che i nomi li avrai presi da lì» chiosò Mark con una scrollatina di spalle. «O sei una patita dei miti nordici?»

Liza non aveva mai letto un fumetto in vita sua, pur se aveva visto tutti i film Marvel fin lì usciti. Sapeva, però, che sia nei film che nei fumetti facevano la loro comparsa anche i due corvi di Odino perciò, annuendo con vigore, asserì: «Ovviamente. Dove altro potrei averli presi?»

Subito dopo, rise sommessamente e Mark si unì a lei. Uno starnuto, però, interruppe la risata di entrambi e il ragazzo, avvolgendole spontaneamente un braccio attorno alle spalle, la volse verso la casa per poi dire: «Sarà meglio se rientriamo, prima che ti buschi un raffreddore. Non vorrai avere il naso che cola, domani, vero?»

«Già, è il caso di evitarlo» annuì lei, apprezzando fin troppo quel braccio drappeggiato sulle sue spalle.

Poco prima di entrare, però, Mark la bloccò per un istante e, serio in viso, mormorò: «Preferirei che tu non ne parlassi con gli altri. Sai, della faccenda dei miei zii. Come te, preferisco che certi argomenti non siano di dominio pubblico.»

«Da me non sapranno mai nulla» gli promise lei, sapendo di poter mantenere quella promessa, almeno per quanto riguardava i loro compagni di scuola.

«Loro…» indicò Mark, facendo un cenno verso i corvi con il capo. «… e i miei zii saranno il nostro piccolo segreto, allora.»

«E’ bello avere dei segreti in comune con qualcuno» celiò lei, avventurandosi lungo le scale che conducevano alla veranda.

Lui la seguì e, nel bloccarla prima che lei rientrasse in casa, mormorò ansioso quanto irritato: «Papà è convinto che Diana sia stata ferita dalla stessa cosa che ha ucciso i miei zii… per questo continuiamo a girare come trottole per mezzo continente. Nella vana ricerca di questo… mostro. Sta impazzendo, e non si rende conto di stare cercando un fantasma che non esiste.»

Liza non seppe che dire, o come confortarlo, ma ebbe la risposta che cercava. Lui e suo padre erano ai ferri corti, ed era molto probabile che la cosa sarebbe peggiorata, andando avanti.

Senza risposte ai loro quesiti, era molto probabile che i Sullivan si sarebbero ben presto trasferiti ancora, alla ricerca di qualche altro indizio illusorio su questa fantomatica creatura… e Mark se ne sarebbe andato.

Quella consapevolezza, invece di farla sentire più leggera – il branco sarebbe stato nuovamente al sicuro, senza di loro – la fece sentire fredda e arida dentro, del tutto svuotata.

Lei voleva davvero che Mark se ne andasse?



 

 

 



1: Lo Zio Ben a cui fa riferimento Liza è quello di Peter Parker (Spider-Man), a cui è legata l'ormai famosa frase "da grandi poteri derivano grandi responsabilità". 

N.d.A: Liza è sempre più combattuta, nel suo duplice ruolo di Geri e di amica di Mark. Riuscirà a reggere fino a quando sarà necessario, o crollerà prima, mandando all'aria la sua copertura?

  
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