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Autore: Miryel    16/10/2020    5 recensioni
«Tony, non c'è amore, non c'è traccia di sentimento. Non c'è chimica, non c'è attrazione fisica, non c'è niente di tutto questo ma…», esordì Peter, poi la sua voce si fece microscopica. «Dimmi che lo senti anche tu.» Si morse le labbra e gli occhi gli si illuminarono di speranza.
Cosa? Quell'irrefrenabile desiderio di non smettere un solo istante di parlare con lui? Sì, lo sentiva.
«No. Non lo sento. Non sento niente di niente.» Mentì.
[Soulmate!AU / Young!Tony x Peter / Introspettivo]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Howard Stark, Jarvis, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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  [Soulmate!AU / Young!Tony x Peter / Introspettivo]

«Non pensavo che mi sarei innamorato di qualcuno nel modo in cui mi sono innamorato di lui. 
E certamente mai avrei immaginato per un momento che due persone potessero innamorarsi a vicenda e che non potessero stare insieme.  
Onestamente, mi distruggo ancora per questo concetto.»
- Ranata Suzuki
 


Rewrite
  The
  Stars


«You claim it's not in the cards Fate is pulling you miles away
And out of reach from me But you're here in my heart
So who can stop me if I decide That you're my destiny?»


Graphic by @Fuuma ♥



 
 
| Capitolo IV
 

    Sebbene la vedesse ancora intorno alla sua vita, di quella campana di vetro che lo avvolgeva ormai Tony vedeva solo le crepe. Piccole linee che si ramificavano sempre più numerose e che, molto presto, l’avrebbero spaccata. Aveva riflettuto a lungo, disteso su quel letto – senza telefono, senza alcuna possibilità di interagire con nessuno – sul fatto che, dopotutto, non avesse fatto un granché, nella sua vita, per ribellarsi e dunque spaccare quel coperchio nel quale era prigioniero, ma da quando Peter era entrato nella sua vita, malgrado doveva ammettere a se stesso che provasse una paura incalcolabile delle conseguenze con cui avrebbe dovuto poi fare i conti, era sempre più convinto di non doversi arrendere ai voleri di suo padre. Riempì uno zaino di un paio di pantaloni e due magliette – le meno eleganti che aveva e, col cuore che gli batteva sotto al palato, se lo caricò in spalla, stringendo il walkie talkie tra le dita tremanti, in attesa del segnale di Jarvis. Si sedette sul letto a peso morto e, deglutendo aria, girò il viso verso il comodino incontrando una vecchia foto di lui e sua madre al parco. Era così piccolo, e così sorridente… lei splendeva di una luce quasi angelica, ma era impossibile non notare, nei suoi occhi, quel velo di malinconia e infelicità che Tony ricordava di non averla mai vista sparire. 

Aveva un bisogno impellente di passare il suo tempo con Peter e, sebbene lo trovasse quasi assurdo, sentiva di dover assecondare quel volere ma, il pensiero di sua madre e suo padre, anche loro Anime Gemella, un po’ lo terrorizzava. E se anche il destino avesse scritto da qualche parte che erano fatti l’uno per l’altro, ma poi quel desiderio di passare la vita assieme fosse poi sfumato? I suoi genitori erano la prova inconfutabile che anche in quel caso non significava andare incontro ad una vita felice e che, col tempo, le cose si logoravano lo stesso. E se fosse successo anche a lui e Peter, un giorno? E se quella prospettiva che sembrava davvero infrangibile fosse in verità solo temporanea? Stava davvero mandando tutto a puttane per un futuro incerto?

Sospirò e si massaggiò una spalla, nervoso. Stava già proiettando tutto verso la distruzione totale, ma il pensiero più coerente che gli attraversò la mente gli mosse la rabbia dentro: Peter non era come suo padre e la libertà che stava cercando avrebbe comunque permesso ad entrambi di scegliere ogni cosa, persino di lasciarsi, se un giorno le cose non avessero più avuto le stesse sfumature brillanti. 

Si alzò il cappuccio della felpa sulla testa, determinato a non tirarsi indietro, perché dopotutto lasciare le cose come stavano implicava dover fare i conti con un futuro che non era un futuro, ma una prigionia. Il walkie talkie si accese; trasalì prendendosi quasi un infarto e, quando rispose, si rese conto di quanto la sua voce fosse rauca. 

«Jarvis?»

«Via libera, dormono tutti. Ho disattivato gli allarmi, hai dieci minuti per lasciare la casa. Ci vediamo al cancello.» Furono le uniche parole del maggiordomo, prima di sparire e lasciare il silenzio dietro al dispositivo che, per fortuna, era stato da sempre un mezzo di comunicazione tutto loro di cui nessuno sapeva l’esistenza. Ringraziò il cielo di averci pensato al tempo, pronto alla prospettiva di non poter usufruire di un cellulare. 

Si calò giù dalla finestra, arrampicandosi poi su uno steccato verticale sul quale si alzava dell’edera e, cercando di non rompersi l’osso del collo, scese giù con cautela. L’ultimo tratto decise di saltarlo, atterrando sull’erba morbida del giardino e, lanciando un’ultima, fugace occhiata alla casa che per anni era stata la sua prigione e, allo stesso tempo, il recipiente di un nucleo familiare problematico, infine corse verso il cancello e riconobbe da lontano la figura di Jarvis. Stretto in un cappotto di stoffa, si era stretto nelle spalle. Era chiaramente terrorizzato all’idea che, il giorno dopo, sarebbe esploso un vero e proprio putiferio ma, quando tirò fuori dalla tasca un foglietto, glielo cedette sbrigativo. Nel buio del giardino Tony non riuscì a leggere cosa c’era scritto, ma quando aprì bocca, Jarvis gli diede tutte le informazioni di cui aveva bisogno.

«L’indirizzo della famiglia Parker e qualche indicazione su come raggiungerlo. Poi ci sono questi», aggiunse l’uomo, cedendogli qualche banconota arrotolata, che Tony prese tra le mani con un sopracciglio alzato.

«A cosa mi servono?»

«Per i mezzi pubblici e per ogni evenienza. Non so quanto tempo hai intenzione di rimanere fuori, ma spero quanto basta a convincere tuo padre che non è questa la vita che vuoi fare. E che hai il diritto di sceglierla.» 

Jarvis aveva sempre questo potere di spiazzarlo perché, con tutta probabilità, conosceva Howard Stark meglio di chiunque altro. Aveva vissuto in quella casa da sempre, aveva avuto modo di confrontarsi con i suoi abitanti, trovando in Tony un fidato compagno, un confidente, qualcuno con cui non aver paura di palesare le proprie frustrazioni e per Tony, comunque, era stato lo stesso. Gli dispiaceva metterlo in mezzo, ma la sua determinazione era stata schiacciante per mettere in atto il suo piano. Non aveva indugiato un secondo a cercare insieme una soluzione e, pur non essendo una persona capace di ringraziare il prossimo, Tony ci provò con un lungo silenzio. Vide Jarvis sorridere e, subito dopo, premette il tasto del telecomando per aprire il cancello d’entrata. Lo spronò con un gesto della mano a non indugiare e, quando corse via per raggiungere la strada, Tony si sentì dannatamente in colpa. Non si voltò nemmeno, troppo codardo per farlo. 

Quando fu a pochi metri dalla carreggiata, tirò fuori il foglietto che Jarvis gli aveva dato con l’indirizzo e, con l’aiuto della luce di un lampione, lesse le indicazioni, così si avvicinò alla fermata dell’autobus e, col cuore che gli batteva a mille, attese. Chissà se Peter stava dormendo… o chissà se anche lui si stava chiedendo quale potesse essere la soluzione a un problema che non derivava da loro, ma da terzi… erano pur sempre le due del mattino, e la città sembrava aver ceduto il passo al riposo; Tony ebbe l’impressione di essere l’unico essere umano sulla terra ancora sveglio.

Quando l’autobus arrivò, salì titubante ma determinato a non tornare sui suoi passi. Era vuoto e, sedendosi in un posto vicino a quello del conducente, si preparò a quell’incontro. Cosa gli avrebbe detto? Come avrebbe dovuto approcciarsi? Aveva passato un pomeriggio a cercare di convincerlo e a convincersi che non gli interessava un bel niente di come sarebbe evoluto il loro rapporto o del fatto che, probabilmente, non si sarebbero visti mai più. E ora… era su un autobus notturno verso casa sua. Era scappato di casa, oltretutto nel bel mezzo di una punizione e, non meno importante, aveva davanti una prospettiva completamente sfocata. Non riusciva a capire cosa avrebbe mai fatto poi, una volta raggiunta casa di Peter. A quali progetti poteva ambire e se, in effetti, fosse pronto a cominciare una nuova vita da zero, dove il lusso e il supporto dei genitori non era contemplato. Una vita che, dopotutto, aveva sempre sognato ma ora che stava diventando realtà lo spaventava a morte. Poggiò la testa al finestrino e si strinse nelle spalle; chiuse gli occhi e sperò solo di non aver agito troppo di impulso trovandosi poi prigioniero di altre catene.

«La tua fermata, ragazzo», esordì l’autista. Tony sussultò e, alzandosi di scatto, lo ringraziò abbandonando poi il mezzo e trovandosi di nuovo nel silenzio cittadino, quando l’autobus sparì dietro una curva. Strinse le spalline del suo zaino e fissò intensamente la palazzina in cortina che gli si era parata davanti. 

«Dio, spero di non pentirmene», mormorò e, con un altro profondo respiro, si avvicinò al citofono per controllare se effettivamente i Parker abitassero lì. Fece scorrere un dito vicino le etichette, leggendole una per una e, quando vide quel nome, tentennò all’idea di premere il tasto, specie a quell’ora della notte. Strinse le labbra amaramente, come se una goccia di limone le avesse improvvisamente colpite e, quando fu quasi deciso di non tornare sui suoi passi, il portone si aprì e gli venne quasi un infarto.

Peter lo guardò più o meno colto dallo stesso male e, per secondi interminabili, si guardarono senza dire una sola, cavolo di parola. Come se in effetti non ci fosse niente da dire, a fronte dei mille concetti che comunque tremavano in entrambi i loro cuori. 

Poi Peter sorrise e il tempo si sgretolò sotto ai loro piedi. «Avrei pensato di incontrare chiunque, ma mai avrei creduto di trovare te davanti a casa mia.» Il sollievo nella sua voce fu come un canto; gli era mancato e non sapeva nemmeno perché; aveva la sensazione che Peter avesse il potere di ricaricargli le pile e di tranquillizzargli l’anima. Qualcosa che mai nessuno era riuscito a fare con lui. Qualcosa che era ben lontano dalla visione frenetica che aveva della vita. Peter era la calma, racchiusa in un contenitore che portava scritto sull’etichetta Caos indomabile. 

 Si sentì nella trappola più dolce in cui gli fosse mai capitato di cadere. 

Sorrise. «Passavo di qui.» 

«Lo immagino», fu la risposta di Peter che, con un gesto abituale, si chiuse la porta alle spalle e lo fronteggiò. Tony alzò le spalle e gli occhi al cielo, ma non smise un solo istante di sorridere. Anche avesse voluto non ci sarebbe mai riuscito. 

«È una scusa troppo banale?» 

«Alle due del mattino, a chilometri da casa tua? Forse un filino banale.» Mimò una quantità infima tra pollice e indice, chiudendo un occhio. «Fortuna che ho un quoziente intellettivo notevole!», ironizzò l’altro, poi sospirò «Sei di nuovo nei guai per colpa mia?»

«Sei una costante per quanto concerne i miei guai, Parker. Comunque sì, sono nei guai. Sono scappato di casa», spiegò, andando dritto al punto, perché dopotutto era inutile continuare ad infarinare quel fatto con scuse poco credibili. Era lì per lui, punto. Non ci sarebbero state scuse realistiche, tanto valeva dire la verità. «E tu che fai fuori di casa alle due del mattino, sentiamo?» 

Peter sbuffò via una risata, prima di infilare le mani nelle tasche dei jeans e alzare le spalle, con una certa noncuranza accompagnata da una luce brillante in quel paio di occhi nocciola. «Non riuscivo a dormire e avevo bisogno di schiarirmi le idee. Mi sa che anche tu, in qualche modo, hai cacciato me nei guai.» 

«Oh, cominciamo con le accuse! Io, che ti caccio nei guai? A te, che non hai un padre che decide persino di che colore devi indossare la cravatta la domenica?»

«Il fatto che ti vietino di vedermi è un limite, che in un certo senso, hanno imposto anche a me.» Se c’era una cosa che Peter non poteva e non voleva fare, era nascondere il bisogno che sentiva di averlo accanto e glielo si leggeva in faccia; anche Tony era già sceso a patti con quel desiderio, ma era più difficile, per lui, ammettere che fosse così. Avrebbe voluto non sapere che anche per Peter fosse lo stesso; forse restare ignaro della cosa avrebbe fatto meno male. Era troppo consapevole del fatto che quella cosa non avrebbe mai avuto un futuro e, a peggiorare le cose, era quel bisogno smodato che sentiva di stringerlo così tanto da registrare il suo odore e ascoltare il suo cuore come se fosse un mare in tempesta. 

Arricciò le labbra. «Se hai bisogno d’aria facciamo una passeggiata.» 

«Magari mi spieghi anche che ci fai qui, nel frattempo», disse Peter, con quel forzato tono ironico che, suo malgrado, aveva quel velo impacciato che lo rendeva adorabile e irritante allo stesso tempo. Lo affiancò e, poco dopo, si ritrovarono a camminare senza una meta lungo i marciapiedi deserti del Queens.

Tony alzò le spalle, senza riuscire a trattenere un sospiro. «Non lo so nemmeno io che accidenti ci faccio qui. So solo che mio padre mi ha confiscato il cellulare, messo in punizione e chiuso l’argomento senza che potessi esprimere la mia opinione. Inutile nasconderti che il mio intento era quello di riempirlo di insulti, ma non me ne ha dato il tempo. Non ho resistito all’idea di farmi controllare ancora, così sono scappato. Mi è sembrata la cosa più intelligente da fare ma… ora se dovessi dirti che piani ho, non lo so nemmeno io. Forse ho solo fatto una cazzata di cui mi sto già pentendo», disse, duro, e quel pentimento spariva via dalla sua mente ogni volta che i suoi occhi e quelli di Peter si incontravano. Come se, dopotutto, il futuro non avesse importanza, se si rifugiava in quello sguardo in grado di dargli più di quanto meritasse.

«Avrei fatto lo stesso, specie ben sapendo che ero in punizione per qualcosa che non ho fatto.» 

«Ho tradito la sua fiducia, da quanto dice. Questo è il motivo.»

«No, hai tradito le sue aspettative su di te, e non può pretendere che tu prenda in mano il timone della tua vita e muova la tua nave esattamente dove vuole lui. È egoistico. Nessun padre dovrebbe tarpare le ali del proprio figlio in questo modo.»

Tony gli lanciò un’occhiata lunghissima, poi arricciò le labbra. «No, non dovrebbe. Mi chiedo come faccia mia madre a sopportarlo.» Si lasciò sfuggire un sorriso che Peter imitò poco dopo, sospirando poi e alzando la testa verso il cielo ancora stellato che li ammantava. «Dovrei tornare a casa e fingere che nulla di tutto questo sia successo», sbottò, e fu quasi una domanda più che un’affermazione. 

«Dovresti o vuoi?»

Scese di nuovo il silenzio e quel nuovo sguardo fu solo un ulteriore motivo di sentirsi intrappolato in due mondi diversi: quello da cui voleva scappare e quello in cui desiderava ardentemente di vivere. Il fatto che fosse per condurre una vita normale erano solo una serie di stronzate che si era raccontato per non ammettere a se stesso che Peter era semplicemente tutto ciò che desiderava avere accanto e quel suo sguardo che palesava lo stesso nei suoi riguardi non era d’aiuto. Si fermò e lo fronteggiò.

«Non voglio tornare a casa, ecco qual è la verità.» Si passò una mano tra i capelli, e il suo corpo avrebbe dovuto muovere un passo verso la parte opposta, per andare via, ma non lo fece. Non era il suo desiderio. Voleva resta lì, con quelle nuove sensazioni, con quei nuovi desideri; con Peter. Rimase lì, a guardarlo, incatenato alla sua folta corolla di ciglia nere. La cosa più difficile non era tanto il fatto che non riuscisse lui ad andare via, ma l’altro che, inconsapevolmente, non glielo permetteva. Puro. Così puro che quasi faceva rabbia, quasi gli dava fastidio, perché era tutto ciò che il destino gli aveva riservato e lui, a differenza di ciò che aveva pensato, non poteva fare a meno di assecondarlo, ora come ora. 

«Puoi restare da me, stanotte. Non sei costretto a tornare stasera.» 

«Mio padre domani mi cercherà ovunque e Jarvis ci andrà di mezzo, se non torno. Non mi va di coinvolgere nessuno, men che meno chi ha cercato di aiutarmi in questa follia. Non posso restare.» 

«Tony… puoi restare. Devi restare. È il destino, no? Il segno.»  

«Devo? Lo sai cosa penso del destino e di tutta questa storia! Non esiste il destino, e non sarà un segno a determinare quello che sarò», sbottò, facendo un passo collerico verso di lui, che non indietreggiò. Rimase lì, immobile, con gli occhi dentro ai suoi, a combattere quelle insensatezze a cui nessuno dei due credeva più. 

«Tu non vuoi essere quello che tuo padre vuole che tu sia. Tu vuoi essere altro», gli rispose Peter, poi distolse lo sguardo. Quando tornò a guardarlo sospirò leggermente dalla bocca semiaperta, che Tony gli guardò con insistenza. «Tony… lo senti anche tu?», gli chiese, di nuovo, e stavolta sembrava molto più sicuro della risposta che avrebbe ricevuto.

Tony si rizzò sulla schiena, spiazzato. Nessun segno poteva determinare il suo cammino, e nemmeno il suo destino. Ma Peter… voleva disperatamente che divenisse parte della sua vita e, lo sapeva, non poteva più mentirgli.

«Sì,» esordì, poi fece un passo verso di lui, lapidario e gli prese una guancia tra una mano tremante, «Lo sento.» Si avventò contro le sue labbra, e le divorò. Aspettava quel momento da giorni, ore, minuti interi. Non c’era altro desiderio che quello, da quando aveva capito cosa sentiva davvero. Non era amore, o almeno non ancora, ma era altro. Un urgente desiderio di non lasciarlo mai andare, di appropriarsi di lui e di appartenergli, in qualche modo. Peter alzò una mano e la posò sul suo collo, proprio dove campeggiava quel simbolo, il ragno, e rispose con lo stesso trasporto. Si ritrovarono avvinghiati l’uno nell’anima dell’altro, sperando che quel momento potesse non finire mai. Tony si staccò solo un istante, per guardarlo negli occhi, tormentato da troppe domande e troppe certezze, prima di tornare a baciarlo e a chiedersi quanto sarebbe potuto durare, un amore clandestino, che mai nessuno avrebbe approvato, eccetto loro e quel mondo incantevole che Peter si portava dietro. 

Lo avevano accolto tutti con entusiasmo, mantenendo quel rispetto e quella riservatezza che dopotutto non aveva nemmeno chiesto. Qualcosa che non era mai esistita, a casa sua. Qualcosa che era la normalità, ma che non aveva mai avuto modo di conoscere, fino a Peter. Gli carezzò la bocca con lentezza, mentre la pelle morbida e gonfia di libido di entrambi si scollava lentamente come una pellicola di carta, sottile, delicata e fragile come quella situazione in cui si stavano trovando. Affogò ancora nei suoi occhi, prima di abbracciarlo e nascondere la testa nella sua spalla. Lo strinse così forte che ebbe quasi paura di fargli male, di romperlo, di spaccarlo, ma lo voleva vicino. Sempre più vicino. Una cosa sola con lui. Un’unica entità.

Si senti d'aver fatto finalmente quel passo senza alcuna paura di deludere nessuno.

Peter girò la testa di lato e gli baciò i capelli. «Rimani?» 

«Sì, rimango.» 

 

E col pensiero che suo padre lo avrebbe cercato disperatamente, adirato con lui per essergli sfuggito, Tony restava con la sua Anima Gemella, stringendola a sé, come se non avessero fatto altro che quello in tutta la loro miserabile esistenza, rimandando al giorno dopo una separazione che sembrava inevitabile. Sarebbe stata assai dolce, lo sapeva bene. Il più grande rimpianto di una vita che gli aveva finalmente dato qualcosa, ma di cui presto lo avrebbe privato.

 
 

        


Fine Capitolo IV
 


 

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Carissimi!
Ciao a tutti ** Come vi va la vita? Io tra un esaurimento nervoso, l'intolleranza totale per il genere umano e altre cose simpatiche quanto il Covid me la cavo e, infine, siamo giunti allo zenit assoluto della storia. Le cose sono cambiate, Tony ha preso la decisione più importante della sua vita e, malgrado la paura, ha finalmente ammesso che sì, Peter non è solo la porta verso un mondo nuovo, un mondo che sente più suo, ma anche una presenza importante nella sua vita.
Ammetto che la velocità con cui accade questo primo bacio possa un po' far stocere il naso, ma vi assicuro che è tutto ha una motivazione e che tutto avrà una spiegazione, anche questo **
Però è sempre bello farli baciare, oddio, piccoli figli miei ç__ç
Enniente, grazie mille per aver letto, a chi ha recensito gli scorsi capitoli, chi deciderà di farlo da questo, chi ha messo la storia nelle liste e grazie a tutti di esistere!
Un abbraccio e a venerdì prossimo **
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Torte | Pasticceria Cappelli Parma
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La vostra amichevole Miryel di quartiere.

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