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Autore: BabaYagaIsBack    20/10/2020    0 recensioni
● Book II ●
In una notte Aralyn ha compiuto nuovamente l'impossibile, mettendo in ginocchio l'intero clan Menalcan. Ha visto ogni cosa intorno a sé macchiarsi del colore del sangue e andare distrutto - forse per sempre. Così, in fuga dai sensi di colpa e dal dolore che le schiaccia il petto, si ritrova a essere ancora una volta l'eroina del suo branco e il mastino al servizio del Duca, ma anche il nemico più odiato dai lupi del vecchio Douglas e l'oggetto di maggior interesse per il Concilio che, conscio di quale pericolo possano ora rappresentare i seguaci di Arwen, è intenzionato a fargliela pagare.
Ma qualcuno, tra i Purosangue, è disposto a tutto pur d'impedire che la giovane Aralyn Calhum venga punita; anche mettere a punto un "Colpo di Stato".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
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Chapter 15

And It Begins
part one

Joseph entrò nella stanza di Gabriel senza nemmeno degnarsi di bussare. Per quanto sapesse di star agendo nel peggiore dei modi, il suo istinto non voleva saperne di mettersi a tacere - perché il lupo bramava sangue e l'uomo una via di fuga, eppure nessuno dei due avrebbe potuto ottenere ciò che desiderava senza mettere a repentaglio il volere dell'altro.

Così avanzò furibondo, alzando minacciosamente l'indice in direzione del fratello che, colto alla sprovvista, smise di allacciare la camicia per rivolgere uno sguardo confuso verso di lui. Sembrava davvero sorpreso di quella visita, eppure avrebbe dovuto aspettarsela visto l'arrivo della lettera.
«Che c'è scritto?» gli ringhiò contro, ora a un passo da lui e con il dito rivolto al suo mento barbuto. 
Gabe corrugò le sopracciglia, provando ad allontanare il viso per non essere toccato. Era alto, almeno una spanna più del fratellino. Il suo metro e novanta abbondante lo rendeva un colosso di carne e muscoli di fronte a cui Joseph pareva essere solo una copia sbiadita, eppure il ragazzo non parve intimorirsi da quell'evidente differenza di stazza: «Allora?» Lo incitò ancora, mentre con gli occhi provava a persuaderlo dall'iniziare l'ennesimo e stupido battibecco, come era solito fare, eppure per una volta l'erede più anziano di Douglas sembrò restio dal voler discutere con lui.

Alzando le mani in segno di resa, l'uomo rilassò l'espressione per poi fare un cenno con il capo: «Non ne ho idea» ammise sornione e, inesorabilmente, il fratellino si ritrovò a non capire. Lo stava forse prendendo in giro?

Seguendo cautamente la direzione in cui i ricci di Gabriel penzolavano, Joseph finì con il poggiare il proprio sguardo sul comò oltre le spalle dell'energumeno, lì dove, insieme alla cravatta e i gemelli che ancora non aveva indossato, se ne stava una busta rossa. La cera del sigillo era intatta, mentre la carta non presentava neppure mezza piega - possibile che non l'avesse letta?

«E' uno scherzo?»
L'altro abbassò i palmi: «No, assolutamente» sogghignò: «Stavo solo aspettando te e quella cozza che ti porti appresso» con un altro cenno, il lupo indicò la porta da cui qualche istante prima il ragazzo aveva fatto il suo ingresso e, spostando appena il capo, anche lui potè scorgere la sagoma di Leah nascosta dietro lo stipite, intenta a origliare come la peggiore tra le spie. Se Douglas si era premurato d'insegnare loro a comportarsi come veri cacciatori, lasciando poi che l'esperienza e l'istinto colmassero le lacune, a lei aveva semplicemente spiegato come azzannare e correre più veloce dei propri inseguitori, per questo alle volte falliva nel compiere anche le azioni più sciocche.

I due si misero in attesa, entrambi rivolti verso l'ingresso finché, quasi riscuotendosi, la sorella si rese conto di essere stata scoperta: «Oh, scusate, io...»
«Devi imparare a farti gli affari tuoi» la precedette Joseph con fastidio, seguito subito dopo da Gabe, sempre cordiale e amorevole come il migliore tra i fratelli maggiori: «Sennò finisce che ti ammazzo prima del dovuto».

Lei sussultò, stringendosi nelle spalle per difendersi da un pericolo che non aveva idea di quando e come sarebbe sopraggiunto. Nessuna delle minacce che usciva dalla bocca di quel tipo poteva essere considerata una mera presa in giro, lo sapeva bene - così, con un'occhiata assassina, il giovane si rivolse nuovamente all'altro uomo: «Non è necessario dar sempre voce al tuo ego, alle volte sembri più intelligente quando taci».
«Almeno io dò la parvenza di esserlo, tu che scusa hai per l'assenteismo dei tuoi neuroni?» Un nuovo sorriso, questa volta meschino. Per la seconda volta da quando l'Alpha era morto, Gabriel Menalcan dava sfoggio di un minimo di acume, ricordando al povero fratellino quanto inutili e illogici fossero stati i suoi tentativi di mettere i bastoni tra le ruote a chiunque avesse provato a minare le sue speranze - ritornare da Aralyn in primis, non doversi più preoccupare del proprio Clan subito dopo.

La frustrazione prese a graffiargli l'orgoglio e inesorabilmente si chiese come fosse possibile che avesse combinato così tanti disastri d'aver dato modo a quell'energumeno di tirargli frecciatine simili.

«Perché non l'hai aperta?» con una spallata, Joseph provò a cambiare discorso. L'idea di essere vessato da suo fratello lo stava solo fomentando maggiormente, accrescendo in lui la voglia di spaccargli il naso e spezzargli l'osso del collo - due soluzioni che in quel momento non era certo fossero le migliori.
Gabe mosse qualche passo misurato verso il comò, abbandonando definitivamente la sua vestizione e trastullandosi come un bimbo a cui è stato regalato il giocattolo più bello: «Te l'ho detto, ti stavo aspettando» ripetè passando le dita sull'involucro di cellulosa rossa. Quello scelto dal Concilio era il colore del sangue, un monito che voleva indicare la gravità della situazione che si sarebbe dovuta affrontare: un omicidio, avrebbe detto il ragazzo, una vendetta, avrebbe sottolineato suo fratello; loro, invece, avrebbero affermato che fosse una giusta resa dei conti. E tutti, così come nessuno, avevano ragione.

«Perché?» ancora una volta, a uscirgli di gola, fu un ringhio minaccioso.

«Non è ovvio?» Il licantropo più grosso allargò le braccia mostrando un sorriso entusiasta, poi si appoggiò con il sedere al bordo del mobile, in modo da fissar meglio entrambi i parenti: «Perché voglio essere il primo a vedere la tua espressione quando scopriremo che quella sgualdrina di Aralyn Calhum sarà condannata a morte!»
E per l'ennesima volta, stringendo i denti tanto da far sanguinare la lingua, Joseph dovette trattenersi dall'istinto di recidergli la trachea e metterlo a tacere per sempre. Odiava quelle parole, la prospettiva che gli si stava ponendo di fronte. Detestava la voce di Gabriel mentre pronunciava con gioia quella condanna, così come s'imponeva di non immaginare quale idilliaco scenario gli si andava a dipingere tra i pensieri. Doveva resistere e doveva farlo per il bene di entrambi. Eppure quella scelta gli costò fatica, ma mai quanto la risposta che ne seguì: «E cosa pensi di vedere? RabbiaDisperazione?» Una stretta gli cinse il cuore: «No, ti sbagli di grosso. Desidero mettere fine a questa storia tanto quanto lo desideri tu».
«Davvero? Eppure sono certo che colpendo lei, abbatterò te, sai?» e per quanto avrebbe voluto negarlo, purtroppo, non poté che dargli ragione. Lei era l'unico punto debole rimastogli e, ferendola, quell'idiota avrebbero fatto altrettanto con lui.
Fece per rispondergli, ma Leah si frappose: «Sei così stupido da non distinguere una farsa dalla realtà?» Era palese che non avesse idea di ciò che stava facendo, eppure continuò imperterrita a prendere le difese del fratello, conscia di quanto fosse importante mantenere le apparenze. Ciò che c'era stato tra Joseph e Aralyn doveva restare, almeno per i Menalcan, un piano ben orchestrato per ferire l'Alpha del Nord e recuperare il Pugnale - tutto il resto era qualcosa che avrebbero dovuto conservare con gelosia. «Se quella muore,» riprese la ragazza, «l'unico a venirne scalfito sarà Arwen» sottolineò poi, stando attenta a usare le parole migliori per non tradire la farsa. Ad Aralyn si riferì nel modo più dispregiativo e al contempo distaccato che riuscì a pensare in quel momento e, non una sola volta, abbassò lo sguardo; sapeva bene anche lei che farlo avrebbe significato sottomissione, difficoltà, arrancamento, eppure per Gabriel non fu abbastanza convincente.
«Taci, mocciosa» le ordinò digrignando i denti: «Tu non c'eri. Non hai visto ciò che ho visto io» sbraitò, iniziando a perdere le staffe.

Ma lei non cedette e Joseph ne invidiò la tenacia - un pregio che più di tutti aveva ereditato da loro madre.


«E sarebbe?» mosse un passo in avanti, impavida: «Io so solo che per i Menalcan non c'è nulla di più sacro che il sangue del proprio sangue, quando la minaccia arriva dall'esterno, e dovresti saperlo anche tu...» subito dopo quell'exploits vi fu un momento di esitazione, un vacillamento che il ragazzo al suo fianco, notandolo, non poté che interpretare come una minaccia per il loro già di per sé fragile teatrino: sua sorella era certa di poter reggere il confronto con quel colosso? Ma Leah si riscosse prima di quanto si sarebbe potuto supporre, ritrovando la voce: «Visto che Joseph non ha esitato un solo istante a spezzare il collo del lupo che aveva amato e chiamato fratello più di quanto potrebbe mai fare con te, come puoi pensare che preferisca una schifosa mezzosangue a noi?»

Kyle.

Lui che era stato il suo sacrificio, che si era immolato per loro e aveva fatto ogni cosa per permettergli di sopravvivere, provava a difenderlo persino ora, a distanza di quasi un mese dalla sua dipartita - e lo avrebbe fatto ancora, in eterno. Quale confratello avrebbe mai sospettato che si trattasse di un piano, che i due avessero tacitamente acconsentito a compiere un atto così meschino e riprovevole? Nessuno, a parte Gabe. Eppure quel gesto avrebbe dovuto scagionare Joseph da qualsiasi accusa, soprattutto quella di tradimento.

L'uomo grugnì. Era palese che non gli piacesse il modo in cui la mocciosa di fronte a lui lo stesse sfidando, dopotutto per il suo ego doveva essere abbastanza snervante sentirla opporsi senza però poterla punire; così, con fare scocciato afferrò la busta, porgendola al fratellino: «Se non vedi l'ora di liberarti di lei allora leggi! Su! Prendi questa lettera e dì a tutti cosa l'aspetta». Nei suoi occhi vi era una luce febbrile, la scintilla di una rabbia che sfortunatamente non poteva esprimere come avrebbe voluto - eppure c'era, e diventava ogni minuto sempre più intensa: ma a chi era rivolta? A loro sorella oppure a colei che lo aveva praticamente messo in ginocchio? Era difficile a dirsi e per questo l'altro non volle dilungarsi oltre per scoprirlo - oltretutto, ad aspettarlo ora c'era qualcosa di molto più importante.

Fermo dinanzi alla carta rossa, Joseph per un attimo si scoprì spaesato. Non sapeva quale fosse la cosa giusta da fare: se allungare le dita e afferrare quella lettera, in modo da scoprire l'atroce destino che attendeva Aralyn, oppure rifiutarsi e fingere di non aver più alcun interesse per la questione - però era angosciato, desiderava scoprire cosa c'era scritto più di moltissime altre cose al mondo. Il suo desiderio di conoscenza bramava l'apertura di quel sigillo tanto quanto il suo sé animale anelava il sangue del fratello. Dovette quindi combattere contro la propria riluttanza al pari di un cavaliere che lotta per abbattere il drago più minaccioso - perché ogni istante d'esitazione, sapeva bene, avrebbe minato i tentativi fatti fino a quel momento di persuadere Gabriel sulla sua lealtà verso il branco. Così, mosso da una forza che nemmeno lui seppe spiegarsi, prese l'offerta fattagli dall'altro e, rigirandosi per qualche istante la busta tra le mani, ne analizzò ogni minimo dettaglio.

Sotto ai polpastrelli la cellulosa non era liscia come gli era parsa a una prima occhiata, risultava infatti granulosa, grossolana nonostante la ricercatezza e sottigliezza della trama - ma ciò che più di tutto lo stupì fu il peso. Quella lettera era leggera, troppo per i suoi gusti e gli venne da storcere la smorfia per il disgusto. Più la teneva in mano e più si domandava come fosse possibile che una sentenza di morte pesasse così poco, però si trattenne dal commentare in qualsiasi modo. Nonostante ciò, il rigonfiamento della busta parlava chiaro: ad attenderli c'era molto più di quello che si sarebbe potuto supporre.

E lui sentiva il bisogno di leggere quelle pagine crescere smanioso.

Così, con un colpo secco, aprì.


 
   
 
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