Astoria chiuse la porta di casa furente, Draco, suo marito, la guardò confuso. «Che hai?» le chiese. Sembrava davvero che non si rendesse conto di quello che era appena successo.
«Ma ti senti quando parli?» rispose lei arrabbiata.
«Be’ solitamente sì, altrimenti significherebbe che sono diventato sordo. Perché questa domanda, amore?» chiese addolcendosi sull’ultima parola. Astoria però si diresse a grandi falcate verso la cucina.
«E visto che ti senti, non è che per caso hai detto qualcosa di vagamente offensivo nei miei confronti mentre eravamo con Zabini e Pansy?» domandò retorica con una voce stridula mentre si versava del tè freddo al limone. Draco la fissò e iniziò a pensare ma per lui era filato liscio come l’olio, non aveva detto nulla di male.
«Mi dispiace, non capisco» ammise.
«Hai detto che il tuo passatempo preferito è farti me. Ti sembra una cosa carina da dire ad un amico che non vedi da quanto? Quattro anni?» rispose sbattendo il bicchiere di vetro sul tavolo. Draco sogghignò, quella battuta gli era uscita dal profondo del cuore e non capiva proprio perché alla moglie non fosse piaciuta.
«Dai, era divertente!» obiettò. «E poi è vero che nel mio tempo libero mi piace farmi te» aggiunse sincero come mai lo era stato nella sua vita.
«Non era divertente! Era una battuta maschilista! Io non sono un oggetto che ti fai quando ti pare e piace!»
«Ma dai Astoria, la stai facendo più lunga di quel che è! Volevo solo fare una battuta!»
«E poi, caso mai, sono io che mi faccio fare. Sono io che mi faccio te» aggiunse con tono di sfida.
«Ah sì?» chiese Draco alzando un sopracciglio.
La moglie si avvicinò e senza dire altro si avventò sulle sue labbra con foga. Senza manco rendersene conto si ritrovarono in camera da letto, stanchi e sfiniti dall’amplesso.
«Merlino, quanto ti amo» ansimò Draco. Astoria ridacchiò.
«Sei patetico. Come minimo hai bisogno di un altro round per farti perdonare». Draco strabuzzò gli occhi.
«Facciamo tra un po’» cercò di patteggiare. Astoria sorrise sorniona.
«Hai visto?» gli sussurrò all’orecchio. «Alla fine sono io che mi faccio te».