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Autore: DawnLady94    19/11/2020    2 recensioni
E se Jon Snow fosse nato Visenya Targaryen e suo zio Eddard Stark l'avesse presa con sé crescendola come propria e accettando al proprio servizio la sua Spada Giurata? E, soprattutto, se qualcuno che si credeva da tempo morto fosse in realtà vivo e pronto a riprendersi il proprio trono con sangue e fuoco ricostruendo la dinastia spezzata con la morte del padre? Con Daenerys Targaryen a Essos che risveglia draghi dalla pietra e comanda armate e una sorella che non sapeva nemmeno esistesse?
***
Varys soppesò le successive parole, domandandosi se si potesse davvero fidare dell'uomo che aveva di fronte. Lord Tyrion attese e alla fine il Ragno sospirò
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Aegon VI Targaryen, Arya Stark, Daenerys Targaryen, Jon Snow, Oberyn Martell
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest, Triangolo
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Ciao a tutti! Come state? Eccovi il secondo capitolo dal punto di vista di Oberyn. Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate, che sono curiosa!

Oberyn II

La grande sala di Astapor era stata tetra e opulenta la prima volta che ci avevano messo piede, piena di oro e drappeggi di tessuti pregiati.

 

Daenerys aveva ordinato che tutti i drappeggi con il simbolo di Astapor e dei Padroni venissero raccolti e messi a fuoco, aveva ordinato ai suoi draghi di provvedere, davanti a tutti in piazza. Adesso, lo stendardo di Casa Targaryen svettava fiero ed enorme all'entrata della Grande Piazza che Daenerys aveva ribattezzato Piazza dell'Orgoglio, come suo primo ordine da signora della città aveva ordinato che tutti gli schiavi fossero liberati e fossero offerte loro cure se necessario, poi aveva presieduto un velocissimo processo per Nassos Korasdis che lo aveva trovato colpevole delle accuse di assalto e infanticidio. Il suo secondo ordine era stato crocifiggerlo dopo le frustrate.

Daenerys in persona era presente, indossava i colori del suo khaleesar – il giallo e l'azzurro – e marciava intorno a un tavolo come una bestia in gabbia. I suoi capelli nivei erano intrecciati in due spine lungo la sua testa con morbide onde che ricadevano lungo la sua schiena.

 

«Mi stai dicendo che non posso fare niente per le milioni di schiavi che ho liberato» sbottò contrariata i suoi occhi d'ametista in tempesta, fissi su ser Jorah e la donna che si era presentata come rappresentate delle famiglie nobili della città – una donna alquanto avvenente con pelle carioca e occhi smeraldini – «Non è ciò che io credo.»

 

«Allora perché mi hai convocata, dãrya?» la voce della donna era carica dell'accento essosi mentre parlava un westeron a malapena passabile «Ti dico ciò che vedo.»

 

«Questa città» sibilò Daenerys «è stata costruita sui cadaveri di poveri schiavi dimenticati e questa orripilante pratica avrà fine, adesso.» incalzò, i suoi occhi d'ametista accesi dalla più cupa delle fiamme «Solo perché non è mai stato fatto prima non significa che sia impossibile.»

 

«La Baia degli Schiavi è conosciuta per gli schiavi, dãrya – replicò la donna in tono quasi annoiato – questo significa che la schiavitù è la prima fonte di entrata della città. Collasseremo in un battito di ciglia con Meereen e Yunkai ancora in affari nel mercato degli schiavi, senza una valida alternativa.»

 

Daenerys si voltò di scatto, furiosa, le sue gonne azzurre si avvilupparono come una nuvola attorno alla sua sagoma sottile e ser Jorah sospirò «Devi portare pazienza, Khaleesi» offrì «liberare gli schiavi non equivale automaticamente nel dar loro un futuro.»

 

Lei si voltò di nuovo e nei suoi occhi di ametista Oberyn poté vedere le lacrime appena trattenute, «Questo lo so bene» chiosò «ma non vedo nessuno di voi offrire dei suggerimenti validi, apparte...» non finì mai la frase preferendo non conferire alcuna dignità alla proposta che doveva aver fatto la donna a giudicare dal gesto eloquente che fece rivolto alla nobildonna.

 

«Non è semplice, dãrya» rispose quella chiaramente punta sul vivo a giudicare dal modo in cui i suoi occhi verdi scintillarono contrariati «Il potere di mettere fine alla schiavitù è quello di creare un'alternativa, e quel potere non ce l'hai. Hai fatto il passo più lungo della gamba, dãrya»

 

Gli occhi di Daenerys si accesero di una fiamma incontenibile e, fuori dalla finestra, Drogon lanciò un urlo. Un verso spaventoso, che riuscì nell'intento di spaventare la donna che si irrigidì improvvisamente allerta e chiaramente spaventata, Daenerys sorrise alzando il mento soddisfatta.

 

«Sono la Madre dei Draghi» disse «e, se ho riportato i miei figli in questo mondo quando tutti credevano i draghi estinti puoi star certa che porrò fine alla schiavitù.» si voltò senza dire altro al capo eletto delle truppe di Immacolati, un uomo che si faceva chiamare Verme Grigio.

 

«Scortate Lady Walyssa Senaxiss a casa sua – ordinò – dai suoi figli» enfatizzò; l'Immacolato non batté ciglio, obbedendo all'istante. Nel momento stesso in cui la donna fu scortata fuori dalle sale Daenerys si voltò verso di lui «Cammina con me. Ho bisogno di pensare.»

 

Oberyn annuì e le fece cenno di fare strada, accompagnandola fuori dalla sala la sua guardia del corpo dothraki, Rakharo, li seguì camminando più lentamente, ma comunque in linea visiva.

 

Uscirono dal palazzo e si lasciarono la Piazza dell'Orgoglio alle spalle, passeggiando le strade che gli Immacolati stavano aiutando a ripulire.

 

«Sembri affranta, Daenerys» considerò «se ti piace, condividi con me questo peso. Mi considero un buon ascoltatore.»

 

Lei tirò su col naso, combattendo ancora contro l'incedere delle lacrime e in quel momento Oberyn si ricordò di quanto giovane lei fosse in realtà. Fu questione di un momento, si costrinse a soffocare un singhiozzo e catturò l'unica lacrima che le era sfuggita con un dito.

 

«Ho fatto il passo più lungo della gamba, Oberyn?» domandò incerta «Ho sbagliato a non chiudere un occhio di fronte alla crudeltà dei padroni, ottenere da loro ciò che volevo e abbandonare questa gente al loro destino?»

 

Si fermò quando raggiunsero il porto, fermandosi ad osservare il mare e a godere dell'aria salmastra che le scompigliava i capelli nivei «Sarebbe stato meglio se avessi semplicemente comprato gli Immacolati e mi fossi diretta a ovest?»

 

La fronteggiò guardandola dritta in quei suoi occhi d'ametista «Avere un cuore gentile in un mondo crudele è una forza, Daenerys, non una debolezza» le disse «e tu hai il cuore più caloroso, grande e generoso che io abbia mai visto. Sarà impervia, ma la strada giusta lo è spesso. Abbi fede in te stessa, non ci guiderai fuori rotta. Io ho fiducia in te.»

 

Poté percepire il momento in cui lei comprese le sue parole, soffocò un altro singhiozzo, ma raddrizzò la schiena e ricambiò il suo sguardo con uno sicuro, fiero e più fiducioso della strada che aveva deciso di percorrere.

 

«Dimmi, Oberyn» chiosò «pensi che nostro nipote sarà d'accordo con la mia decisione di liberare Astapor o penserà che fosse una faccenda che non riguardava noi Targaryen?» domandò mentre lo riconduceva lungo la strada che avevano appena percorso.

 

Mentre camminavano la folla di schiavi che si era ammassata nelle strade le fece passaggio, inchinandosi al suo cospetto e lanciando i collari che avevano simboleggiato la loro schiavitù ai suoi piedi affinché lei li calpestasse mentre camminavano.

 

«Aegon è un uomo buono» considerò «buono e onesto. Riconoscerà quello che hai fatto come qualcosa di meritevole di lode in quanto hai posto fine alla tirannia del forte sul debole e di coloro che si arricchivano sulle spalle degli schiavi. Apprezzerà la tua scelta.» la rassicurò.

 

Quando arrivarono di nuovo alla Piazza dell'Orgoglio notarono le sagome di Verme Grigio, ser Jorah e Missandei che si avvicinavano a loro.

 

«Thorgo Nudo ha delle notizie dalle città vicine, Vostra Grazia» riportò Missandei indicando il soldato verso il quale si rivolse immediatamente l'attenzione di Daenerys.

 

L'Immacolato raddrizzò la schiena prima di parlare in un westeron a malapena passabile «Non ci sono più schiavi» disse «nelle città di Meereen e Yunkai» proclamò porgendole uno stendardo chiaramente ricamato a mano su tessuti di seconda mano e di pessima fattura, ma non per questo meno simbolico o di valore, su cui era stato ricamato il drago a tre teste di Casa Targaryen. Daenerys lo accettò con mani tremanti e avvolto in esso vi trovò due collari spezzati di cuoio su ciascuno era stato marchiato a fuoco il simbolo delle rispettive città – Yunkai e Meereen – un uomo si fece avanti dalle retrovie.

 

«Quest'uomo, darya» disse Verme Grigio «viene da Yunkai ed è stato scelto dagli schiavi liberati per portarti un messaggio.»

 

L'uomo aveva capelli lunghi, lisci e scuri, pelle scura e occhi gentili, neri come la pece. Indossava il qora la tipica tunica che indossavano gli schiavi e non appena fu sotto lo scrutinio della khaleesi cadde in ginocchio parlottando in una lingua che Oberyn non conosceva e che dalla sua espressione non conosceva nemmeno Daenerys che si voltò verso Missandei in attesa di traduzione.

 

«Dice» tradusse l'interprete «che il suo nome è Reil e che era uno schiavo a Yunkai e che quando hanno sentito della tua nobile conquista di Astapor i padroni di Meereen volevano crocifiggere quanti più bambini schiavi possibili per mandarti un messaggio così gli schiavi di Meereen si sono sollevati in rivolta spronando i fratelli di Yunkai a imitarli. Gli schiavi di Yunkai allora si sono ribellati hanno alzato il vessillo Targaryen e si sono liberati dagli schiavi.»

 

Daenerys lo guardò per un momento poi si approcciò all'uomo inginocchiato e posò una mano sul suo capo corvino «Abbi fede, amico mio» gli disse «siete degni figli del drago» aggiunse «e vi proteggerò – poi aggiunse in alto valyriano - Aoha vali issi issa vali sir»

 

La tua gente è la mia gente adesso, e Oberyn osservò stranito mentre l'uomo prendeva le sue mani e le baciava ripetendo la medesima parola sottovoce come una preghiera.

 

«Mhysa» ripeteva «Mhysa» Daenerys si voltò verso Missandei in cerca di una traduzione che non tardò ad arrivare. Infatti l'interprete le rivolse un sorriso spiegando «Significa madre

 

Vide quando quella dichiarazione la toccò nel profondo, accarezzò la guancia dell'uomo e poi ordinò «Che a quest'uomo sia dato del cibo caldo e nuovi abiti, sarà nostro ospite a palazzo per tutto il tempo che desidera»

 

Verme Grigio e Missandei scortarono l'uomo nuovamente all'interno mentre ser Jorah le si avvicinò mentre Daenerys sfiorava con venerazione lo stendardo.

 

«Regina di Astapor, Yunkai e Meereen» considerò «adesso sei la Regina della Baia degli Schiavi» le disse.

 

Sorrise per un momento «Non ci sono più schiavi, amico mio» chiosò «da adesso e per il resto dell'eternità sarà conosciuta come la Baia dei Draghi» dichiarò afferrando la mano del cavaliere nella propria. Offrì la sua altra mano anche a lui.

 

Oberyn la accettò stringendola nella sua mano tanto più grande, la sua pelle mulatta in netto contrasto con la sua d'alabastro, ma in apparente armonia «E – aggiunse lei – non ci sarei riuscita senza la vostra fiducia e consiglio. Adesso vi devo chiedere di aiutarmi a far sì che questo cambiamento sia permanente» aggiunse «che oggi sia l'alba di una nuova era.»

 

«Aye, Khaleesi. Hai la mia spada, il mio cuore e il mio consiglio. Sempre.» proclamò ser Jorah.

 

Daenerys si voltò verso di lui con un sorriso dolce e Oberyn le sorrise di rimando, incapace di trattenersi.

 

«Hai il mio consiglio e la mia fiducia, Daenerys.» le promise sinceramente intendendo che aveva anche la sua lealtà, sebbene entrambi sapessero che non poteva giurarle fedeltà perché essa apparteneva solo ad Aegon in quanto suo re e figlio di sua sorella. Gli sorrise comprensiva.

 

 

 

 

Oberyn stava pensando, marciando avanti e indietro negli alloggi che Daenerys gli aveva assegnato. La regina aveva scelto per sé le camere patronali che si affacciavano sulla Piazza dell'Orgoglio, lo stendardo che i Meereenesi e Yunkaici avevano fatto per lei ora pendeva dalla sua balconata, un chiaro segno di riguardo. I suoi alloggi erano sullo stesso piano ma dall'altra parte dell'ala così come quelli di ser Jorah.

 

Qualcuno bussò alla sua porta timidamente facendolo fermare sui suoi passi «Entrate.»

 

Si trattava di Missandei «Mio principe – lo salutò educatamente – Sua Grazia vi chiede di raggiungerla nei suoi appartamenti appena possibile.» riportò inclinando leggermente la riccia testa di lato.

 

Oberyn annuì e la seguì all'esterno e lungo il corridoio che conduceva agli alloggi della regina. Quando l'aveva conosciuta era una principessa in esilio, minuta e aggraziata, venduta dal proprio fratello a un signore della guerra dothraki. Timorosa e dolce, ma con ferro e fuoco nelle vene sotto la sua pelle d'alabastro. Nei quattro mesi che l'aveva conosciuta era sopravvissuta a un fuoco da lei stessa appiccato, dato vita a tre draghi sputafuoco, conquistato una città e accettato l'alleanza spontanea di altre due. Il tutto, conquistando – ultima, ma non meno importante – la sua lealtà. Il suo rispetto.

 

«Mi hai fatto chiamare?» chiosò a mò di saluto.

 

Lei sbirciò dalla porta che conduceva alle camere private dei suoi appartamenti, osservando l'anticamera in cui era stato condotto e che lei aveva convertito a salotto privato per conversare con i propri consiglieri.

 

«Sì – replicò chiudendosi la porta alle spalle ed entrando nell'anticamera – ho deciso che ciascuna famiglia che possedeva uno schiavo dovrà adottarlo come cliente.»

 

«Come cliente?» domandò, incerto su quanto lei intendesse.

 

«Sì. È un termine più antico per indicare un vassallo di sorta» spiegò «indica un tipo di rapporto in cui il ricco prenderà sotto la propria ala, economicamente e politicamente l'ex schiavo.»

 

«L'ex padrone dovrà assicurarsi che l'ex schiavo abbia un lavoro e i mezzi per prendersi cura dignitosamente di sé e della propria famiglia. L'ex schiavo deve ricadere sotto la potestà dell'ex padrone per questioni politiche, come ad esempio le elezioni al Senato delle Tre Teste.» spiegò.

 

Oberyn sorrise «Il Senato delle Tre Teste? Daenerys stai correndo troppo, non riesco a starti dietro, per favore, rallenta e spiegami.» la pregò. Daenerys sorrise e si sedette, il suo abito frusciò contro le sue gambe mentre le accavallava.

 

«Scusa» mormorò, facendogli cenno di accomodarsi anche lui «Ritengo che, siccome sia Yunkai che Meereen si sono volontariamente dichiarate per me – spiegò – e dal momento che mi faccio vanto di aver liberato Astapor, sarebbe ipocrita governare come un sovrano assoluto. Voglio che loro abbiano uno spazio di libertà per autogovernarsi.»

 

Di fronte a questa sua lucida affermazione annuì colpito e lei continuò «Avrei comunque diritto di ultima parola sulla gran parte delle faccende – aggiunse – ma un'assemblea organizzata ha forse più possibilità di far sentire la sua voce del singolo uomo, donna o bambino. Così ho pensato di fondare un'assemblea unita per tutte e tre le città e siccome le città sono tre e lo stemma di Casa Targaryen è un drago a tre teste ho pensato di chiamarlo Senato delle Tre Teste.»

 

«E' un progetto ambizioso» le fece eco «ma non risolve, comunque, il problema del tracollo economico. Dal momento che gli schiavi sono molti di più degli ex padroni.»

 

«E' vero» concordò lei «ma almeno aiuterebbe a ritardare il collasso dell'economia delle città permettendoci di guadagnare tempo per studiare un'alternativa più a lungo termine per stabilizzare l'economia della nuova Baia dei Draghi.»

 

«Sarebbe un palliativo» mormorò «ma, se riusciamo a studiare un'alternativa efficace potrebbe essere piuttosto utile come mezzo per guadagnare tempo.»

 

Lei sorrise luminosamente, i suoi occhi d'ametista lucidi, e raccolse le mani davanti a sé «Come ti è venuta in mente quest'idea della clientela, Daenerys?» le chiese.

 

Lei si scrollò nelle spalle «Abbiamo vissuto a Pentos con Illyro Mopatis per molti anni prima che fossi data in sposa. Lui aveva taluni clienti e ho pensato che questo schema riproposto su scala maggiore potesse ritardare il collasso.»

 

Oberyn annuì osservandola silenziosamente impressionato dalla sua mente acuta e rapida. A prima vista sarebbe potuta apparire come qualcosa di minuto, prezioso e gentile, generosa e piena di luce, ma studiandola da vicino non si poteva mancare di notare che era affidabile, forte e fiera, feroce nella difesa degli indifesi, pronta a sporcarsi le mani per le cause degne pur di dare giustizia a chi la meritava.

 

Il potere, ragazzi miei, era solito dire suo padre, non viene dato a coloro che lo meritano. Ma viene conquistato da coloro che sono disposti a strisciare e a combattere con le unghie e coi denti per raggiungere i loro obiettivi.

 

E seduto lì guardando la nobildonna che aveva di fronte, una principessa, una regina sapeva che sotto la sua pelle d'alabastro, nascosto dietro i suoi fulminei occhi d'ametista c'era un guerriero pronto a strisciare fuori dalla più fangosa delle arene per difendere coloro che non potevano difendersi. Un protettore.

 

Un urlo disumano arrivò alle loro orecchie dalla balconata e Daenerys sorrise mentre i suoi draghi alzavano il loro canto. Rhaegal e Viserion erano in aria e veleggiavano giocando fra loro, Drogon – invece – si sporse verso la madre, in attesa di essere accarezzato, e lei non l'avrebbe certo rifiutato. Osservò affascinato la vista della principessa bella come una fata, mentre accarezzava il forse mostruoso muso irto di denti aguzzi del drago nero come la pece e cremisi come il sangue.

 

Una visione epica.


 
   
 
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