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Autore: jinkoria    02/12/2020    4 recensioni
[ BakuDeku; multicharacter, multipairing | Prompt dell’iniziativa #25DaysofBakuDekuChristmas ]
Di come in venticinque giorni Midoriya Izuku si faccia innanzitutto eroe del proprio Natale e di quanto Bakugou Katsuki sia, non poi così sorprendentemente, fondamentale in tutto ciò.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Mina Ashido, Shouto Todoroki
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bonsoir!
Spero di non ridurmi sempre per il rotto della cuffia e, soprattutto, di riuscire a rendere meglio in futuro i prompt come me li immagino e di conseguenza trascriverli :') senza fretta (per cui scusate eventuali orrori ed errori, questo capitolo serviva per chiarire un po' l'andazzo ma è venuto piuttosto raffazzonato comunque sigh), magari, domani spero vada meglio e in orari più decenti! Due piccole precisazioni (da wikipedia): 
🧡 hanten : corta giacca invernale che fa parte del tradizionale abbigliamento giapponese; ricorda l'haori (sopra il kimono). Tra il risvolto e la fodera interna è interposta un'imbottitura di cotone che rende l'indumento più caldo. Il colletto è in genere fatto di raso nero.
💚 kotatsu : (elettrico) è il telaio in legno di un basso tavolino, sopra il quale viene posto un futon o una pesante coperta. Sopra la coperta è presente un piano di appoggio per consentirne l'uso come un normale tavolo, mentre sul lato inferiore della struttura viene montata una fonte di calore.
In ultimo: temporalmente questo dicembre nella storia lo si può considerare come il dicembre del secondo anno, post *tutto quello che sta accadendo adesso*, dunque Midoriya appare agitato e simil a disagio non per paura o soggezione ma perché non è abituato a un rapporto con Bakugou, figurarsi se nel mentre c'è dell'altro. ^^
Grazie a chi ha inserito la raccolta nelle varie categorie efpiane e ai commenti, in sezione e non solo 
❤ Buona lettura!


 

 

-2: Snowfall and please give me your jacket, I’m so fucking cold!


 

L’agitazione con cui la signorina del meteo indicava l’imprevisto peggioramento della nevicata sulla cartina digitale della regione, in particolar modo nei dintorni della propria prefettura, instillò in Midoriya due certezze: la prima, confortante al solo pensiero ma anche, di fatto, solida e concreta, era il kotatsu; persino la superficie del piano del tavolo, sul quale poggiava la guancia un po’ schiacciata, fissando dabbasso la televisione, era fonte di calore e sollievo. Protestava giusto la schiena, incurvata per favorire il contatto con il legno, tuttavia il benessere protettivo del plaid riscaldato era fin troppo attraente, specie se in prospettiva a una simile giornata di pieno autunno.

La seconda, forse ben più assicurata e tutt’altro che rincuorante, era la realizzazione che Bakugou fosse diretto a casa sua proprio sotto quelle avverse condizioni meteorologiche.

Non era un mistero l’antagonismo del ragazzo per il freddo o qualsiasi cosa si avvicinasse oltre un certo – alquanto ridotto – limite all’aggettivo, vi erano semmai circostanze mirate, cause di forza maggiore per cui uscire si facesse inevitabile e seppellirsi sotto una fitta stratificazione di vestiti l’unico modo per risultare vincitore di quella forzatura, come in questo caso poiché Katsuki, essendo il più vicino all’amico d’infanzia, era stato messo in coppia con Izuku per lo svolgimento di alcuni compiti natalizi.

Mina e Kirishima, con l’ausilio di un facilmente corruttibile Kaminari, avevano deciso di organizzare un Natale in anticipo da trascorrere insieme, un concesso periodo di rilassatezza da godersi il più possibile, specie dopo l’anno turbolento che speravano di lasciarsi presto alle spalle. Si erano poi aggiunti Iida e Yaoyorozu, il primo divenuto caposquadra della suddivisione di tali compiti, la seconda responsabile dell’allestimento del proprio salone di casa in virtù del giorno prestabilito, grande abbastanza da ospitare l’intera classe senza star stretti; non ci era voluto molto perché anche gli altri si aggregassero, affiancandosi a coppie o piccoli gruppi nello svolgimento di commissioni per mantenere allegro lo spirito, come l’acquisto di berretti rossi con tanto di pon pon bianco alla fine – che poi Ochako e Aoyama avrebbero personalizzato per ciascun partecipante. Kaminari e Tokoyami si sarebbero occupati delle luci e delle decorazioni per creare la giusta atmosfera, Jirou e Koda della musica…

A Bakugou e Midoriya era toccato l’aspetto culinario. Se per il primo non era un grosso problema nell’atto pratico, lo stesso non poteva dirsi di Izuku, che non poteva ancora definirsi sicuro abbastanza neanche dopo le lezioni di cucina di Rikido durante i preparativi del festival scolastico. Senza contare la più grande e reale magagna dell’onere, la stessa che avrebbe mandato Bakugou su tutte le furie una volta giunto ai fornelli – o semplicemente davanti il suo ingresso, considerato il mancato avviso di annullare l’incontro a prescindere dal maltempo. A meno che non l’avesse sommerso la neve? – ossia: accontentare, dunque conciliare, i gusti di tutti, dalla scelta degli snack alla cena vera e propria nei limiti di un onesto budget.

All’inizio, il pomeriggio in cui tutti si erano incontrati per accordarsi, Katsuki aveva proposto, mancando un po’ di gentilezza nei modi, ciascuno comprasse qualcosa per sé senza… infastidire particolarmente qualcun altro, che avrebbe dovuto altrimenti sceglierla al posto suo in una sorta di menù generico. C’era stato quasi un momento di sincero soppesare la proposta, non sminuendo la difficoltà del soddisfare più di dieci palati, alcuni dei quali intenzionalmente indisponenti, consci che il compito sarebbe toccato di sicuro all’esplosivo compagno e dunque ben intenzionati a complicare la situazione con richieste improponibili.

La pietà era però morta sotto la voce di Todoroki, ingenuo nel suo domandare: «A Natale non si dovrebbe mangiare qualcosa di più elaborato?».

Trattenere Bakugou, già pronto a farlo detonare nell’atmosfera, era stato faticoso persino per Mezo e aveva continuato a sbraitare, tra una minaccia e l’altra, di quanto ingrato e assurdo sarebbe stato da parte loro pretendere si occupasse di tutto da solo; gli occhiali di Iida avevano perciò scintillato, un ghigno saputo sul volto del rappresentante, che come non avesse aspettato altro decretò: «Ti aiuterà Midoriya-kun».

Katsuki lo aveva guardato in modo alquanto sinistro per un attimo, forse per suscitare in lui una qualche replica a quella decisione non propriamente acconsentita da nessuno dei diretti interessati, tuttavia il ragazzo non riuscì a dire nulla se non deglutire e darsi a una risata nervosa poi dispersa in un sospiro una volta che Katsuki si era voltato dall’altra parte, fissando in cagnesco un Iida intento a dargli poderose pacche d’incoraggiamento sulla schiena – con Kirishima e Kaminari a ridersela poco più indietro.

Adesso, perciò, accasciato tra le coperte calde e avvolto nell’hanten, Midoriya attendeva l’arrivo del compagno. Un po’ in ansia, in realtà, perché erano anni che Bakugou non andava a trovarlo, tanto meno per una simile occasione, più ci pensava più sembrava surreale.

A confermare la realtà della situazione fu il campanello, così inaspettato che sobbalzò, dando una ginocchiata al telaio del tavolo ma non poté indugiare sulla parte lesa, costretto a sgusciare in fretta dal giaciglio per andare a interrompere uno scampanellio sempre più ravvicinato e stridente.

Quando aprì la porta, la prima cosa che lo colpì fu una spolverata di neve quasi dritta in viso e Katsuki, che stava scrollandosela di dosso con la punta delle dita – sempre fasciate dai medesimi guanti personalizzati – in gesti nervosi e secchi, a urlarle di morire. Izuku dovette concentrarsi sul male al ginocchio per ignorare il prepotente senso di familiarità nel quale poteva sentire distintamente gli stesse sprofondando il petto.

Come se fosse normale e caloroso, uno che dice alla neve di crepare perché troppo fredda.

Midoriya lo salutò, poi andò a recuperare un asciugamano mentre l’altro si toglieva le scarpe, affinché potesse tamponare laddove la neve si fosse lasciata dietro del bagnato. Bakugou lo accettò senza dir nulla, lo sentì schioccare giusto la lingua, più per stizza verso le proprie condizioni e il tempo all’esterno che altro. Ora che lo guardava meglio, in effetti, il cappotto scuro di Katsuki era bianco in più punti, probabilmente la neve doveva averlo preso in pieno mentre era già per strada e gli si era impigliata addosso come pelo di gatto.

In una parte oscura del cervello di Midoriya, osservando Bakugou agitare la testa per scrollarsi la neve dai capelli, riecheggiarono delle profonde e intense fusa.

«V-vieni di qua!» gli si arrotolò la lingua, il tono alto per l’inevitabile nervosismo, «C’è il kotatsu acceso».

Katsuki si raddrizzò di netto, sfilò il soprabito e lo seguì fino al soggiorno, difatti dinanzi al tavolo riscaldato, sotto al quale si fiondò senza mezzi termini – anche se Midoriya era abbastanza certo avesse borbottato un con permesso, forse indirizzato a Inko qualora fosse stata in casa. Izuku andò prima in cucina a preparare del tè e recuperare dei dolci che proprio sua madre aveva comprato per l’occasione, il volto le si era del tutto illuminato al sentire dell’imminente visita di Katsuki, probabilmente perché non era solito ricevere visite né, tanto meno, dal ragazzo in questione.

Una volta tornato dall’altro lo trovò nella posizione che Izuku stesso aveva assunto fino a poco prima, avvolto il più possibile nel plaid e accasciato contro il piano, sul quale poggiò il vassoio appena distante dal suo viso. Si accorse in quel momento che gli occhi di Bakugou si erano chiusi per un attimo, riaperti al contatto della guantiera col tavolo, alla quale rivolse un’occhiata stanca prima di sollevare le iridi fino a incontrare quelle di Midoriya.

«Che- che cosa c’è?» domandò quest’ultimo, facendo per prendere posto nel lato adiacente, quando la voce bassa – Izuku si concesse di associare il conseguente brivido lungo la schiena al freddo – di Katsuki lo interruppe.

«Dammi il tuo hanten».

Le lancette dell’orologio ticchettarono tre volte prima che Midoriya replicasse, incolore: «Cosa devo darti?».

«Il tuo hanten» ripeté nel medesimo tono l’altro, forse alzando giusto un po’ la voce, come per evitare potesse fingere ancora di non aver sentito. «Ho camminato per più di un quarto d’ora sotto una bufera di neve per venire da te e sto morendo di freddo, quindi dammi quel cazzo di hanten prima che decida di scuoiarti e indossarti direttamente».

Al suono delle fusa si sostituì il fischio assordante di una teiera, infatti Izuku era piuttosto certo di star fumando dalle orecchie, perché il modo in cui Katsuki aveva sottolineato l’ardua impresa sostenuta col puro scopo di andare da lui aveva fatto sì scattassero meccanismi abbandonati alla polvere, fino ad allora inesplorati e fin troppo sconosciuti alla sua volontà di giovane adolescente, sicché gestirli pareva tutt’altro che un concetto assimilabile. Soprattutto, il modo inconsulto in cui il cuore aveva preso a corrergli su e giù per il petto era quanto di più spaventoso stesse percependo in quel momento. Ovviamente, si ripeté, era colpa del freddo e del fatto che il suo amico d’infanzia stesse neanche troppo cortese invitandolo a spogliarsi – santo All Might – affinché potesse riscaldarsi, a quel punto quello infreddolito sarebbe rimasto lui. Perciò si appigliò a questo e addusse alle residue capacità verbali ancora in possesso: «E io come faccio?».

Bakugou, fortunatamente ignaro della tempesta psico-emotiva nella testa di Midoriya, corrugò le sopracciglia e fece una smorfia, la voce più forte e graffiante «Stai sotto al kotatsu!».

«Ma sono abituato all’hanten, se me lo tolgo sentirò comunque più freddo!».

«Smettila di fare storie!».

«E tu smettila di insistere!».

«Allora» si stizzì in ultimo Bakugou, estraendo una mano fuori dalla coperta surriscaldata «Vieni qua» decretò netto.

Eh? echeggiò nella mente ormai svuotata di Midoriya, sconfitto ed esausto dalla confusione, e «Eh?» fu tutto ciò che riuscì a dire, certo di non aver capito; Katsuki ignorò completamente la sua perplessità, fissandolo dritto negli occhi con espressione impassibile mentre si spostava di appena qualche centimetro, per poi dare un paio di colpi secchi accanto a sé.

«Mi… mi devo mettere là?».

Adesso mi fa esplodere.

«Muoviti».

All’improvviso non gli sembrava poi così maligna l’idea di dargli la sua giacca, poteva pur sempre andare in camera a prenderne un’altra, non c’era nessuna ragione per impuntarsi tanto su una questione così stupida, magari era solo l’abitudine del dover arrivare al bisticcio per forza di cose e la prospettiva dell’essere accomodante non era ben nota a nessuno dei due. Non quando c’era l’altro di mezzo, perlomeno. Sicuramente era questo, poteva perciò ritirare il rifiuto e offrire l’hanten come segno di riappacificazione. Senz’altro. Continuò a pensarlo per ogni millimetro di spazio che il corpo conquistava verso la direzione dapprima indicata da Katsuki, incapace di sfilarsi l’indumento e porgerglielo perché ogni briciola di attenzione era focalizzata sul non spostarsi troppo in fretta in sua direzione e neppure con eccessiva lentezza, sentendo il brivido precedente tornare a scorrergli fino ai polpastrelli ora congelati nonostante il calore considerevole del kotatsu. Soffocante, quasi, soprattutto in prossimità di Bakugou.

«Perciò» riprese dunque l’altro, accasciandosi nuovamente contro il piano «cos’è che cuciniamo?».

Me, pensò Midoriya tra sé, gli zigomi pizzicati dalla calda consapevolezza del ginocchio di Katsuki contro il proprio, lo stesso che aveva sbattuto pochi minuti prima di andargli ad aprire. La sensazione di bruciore si intensificò quando una mano non sua andò a infilarsi nella tasca larga della giacca imbottita. Perché sentiva freddo, chiaramente, non avrebbe avuto altra ragione altrimenti, non con lui. La voleva proprio, quella giacca.

Me, continuò a ripetersi, rigido e tremolante, alla disperata ricerca della scusa della temperatura esterna come giustificazione.

 

   
 
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