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Autore: Henya    19/12/2020    2 recensioni
Salve a tutti :) questo è il proseguimento della mia prima fanfiction "Never Lose Hope".
Anya , dopo essere partita con Rai per la Cina, ritorna a Tokyo dopo avere ricevuto alcune notizie dalla sua amica Hilary. Da qui ha inizio una lunga e ingarbugliata serie di eventi che, per chi già mi conosce, non saranno certo rose e fiori ^_^""
Spero possa piacervi :) Buona Lettura!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon, Yuri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Boris, devi darmi una mano!” esordisco in tono supplichevole, non appena si siede al bancone per ordinare il primo caffè della giornata.
“Per cosa?” domanda sospettoso.
“Sta per arrivare Kai e devo dirgli che questo venerdì è il compleanno di Hope…”.
“Davvero?”.
“Ovviamente lui non se ne ricorderà minimamente o, peggio, ne ignorerà l’esistenza…” spiego, portando gli occhi al cielo.
“E io cosa c’entro in tutto questo? Posso avere il mio caffè, per favore?”.
“Ecco, io gli dirò del compleanno e che voglio organizzare una festa per Hope e… tu devi aiutarmi nel convincerlo a mettere a disposizione casa sua. Mio dio, eccolo che arriva!”. I miei occhi sono puntati sulla vetrina, e seguono ansiosi Kai incamminarsi verso la porta d’ingresso del locale. Anche Boris, perplesso, volge lo sguardo alle sue spalle…
“ E come faccio a convincerlo, io?” .
“ Tu devi stare al gioco, lo capirai!” gli spiego frettolosamente.
“ Ok, ma potrò avere il mio caffè, nel frattempo?”.
“ Certo!”. 
La porta si apre e Kai fa il suo ingresso in caffetteria. A passi lenti e scanditi si avvicina al bancone, mentre io mi improvviso indaffarata e disinvolta nel fare il mio lavoro.
“Hiwatari, buongiorno!” lo saluta Boris, esibendo uno dei suoi sorrisetti irritanti.
“Hai detto che dovevi parlarmi…” mi dice, sedendosi sullo sgabello accanto all’amico e sorvolando le questioni formali, come il saluto.
“ Sì”.
“E allora parla!”.
“ Ecco…”. Prendo un profondo respiro, mentre inizio a torcere lo straccio che ho tra le mani. Sapete, non è facile riuscire a parlare e contemporaneamente sostenere quello sguardo, che altro non dice –sbrigati, fa’ in fretta!-. 
“Ricordi quale evento ci sarà questo venerdì?”.
E forse la tecnica del ragionamento induttivo che sto per utilizzare, non avrà successo con lo scorbutico Hiwatari, che, prendendosi due secondi per pensare, risponde con un secco e coinciso “No!”.
“Davvero la data di questo venerdì non ti dice nulla??” continuo, imperterrita, nel mio vano tentativo di far venire a galla nella sua memoria qualcosa. Ma niente. Dal suo sguardo intuisco che sto facendo un buco nell’acqua.




*** 





Venerdì?
Si può sapere cosa c’è questo venerdì che io dovrei sapere?
Porto gli occhi in direzione di Boris per avere qualche suggerimento, ma dal suo sorrisetto beffardo capisco sia che lui è a conoscenza di questa famosa cosa che avrà luogo venerdì, sia che non ha intenzione di aiutarmi. 
Insomma, cosa c’è questo venerdì?
“Sarizawa, non mi sono mai piaciuti gli indovinelli!” dichiaro arrendevole, provocando in lei una smorfia di disapprovazione.
“Questo venerdì…” inizia a dire fissandomi ostile. “è il compleanno di Hope!”. E queste parole arrivano come una freccia che mi perfora lo stomaco. Diamine…io non lo ricordavo, davvero. Tuttavia, decido di tenere alto l’orgoglio.
“Quindi?” chiedo, fingendomi disinvolto. E questo atteggiamento sembra darle parecchio fastidio a giudicare dal suo sguardo contrariato.
“Quindi??” ripete, in tono incredulo, stringendo ancora di più quello straccio in mano.


*** 

Quindi???
Ho appena assistito a questa scena e sto cercando di trattenere una gran risata.
In pochi sarebbero stati in grado di pronunciare quel –quindi?- con la stessa nonchalance di Hiwatari.
Credo che, tra pochi istanti, Anya potrebbe prendere ripetutamente a schiaffi il viso di Kai con quel panno umidiccio che stringe tra le mani. E l’immagine che ho in testa di questa fantasiosa scena mi diverte a tal punto, da essere costretto a pararmi la bocca con una mano, per non far vedere ai qui presenti di star per scoppiare a ridere.
Insomma, Kai, come fai a non saperlo…



***


Non posso crederci. Con quale faccia riesce a dire certe cose??
Gli ho appena rivelato che questo venerdì è il compleanno di sua figlia, cosa che lui non sapeva minimamente, e se ne esce con quel –quindi- pronunciato con una superficialità inaccettabile, che fa intuire che non gliene freghi un fico secco!
Ma devo calmarmi. Il bello deve ancora arrivare…
Prendo un altro profondo respiro, nella speranza che mi aiuti a tener saldi i nervi per poter proseguire il discorso.
“Quindi…” ripeto ancora una volta, esasperata, “…vorrei organizzare una piccola festa per il suo quinto compleanno. E stavo giusto dicendo a Boris che è invitato e ovviamente anche tu. Ci sarai?”.
“Proverò ad esserci”. È la sua secca risposta.
“Bene!”.
La faccenda sembra essersi conclusa, ma… in realtà non è così.
“C’è solo un piccolo…problema!” esclamo, mimando un sorrisetto innocente, che fa alzare il sopracciglio ad un Hiwatari che, evidentemente, pensava che la faccenda si fosse conclusa così facilmente. “Ecco, avrei anche intenzione di invitare alcuni compagnetti di Hope, per rendere la festa più allegra e adatta a una bambina di cinque anni! E… insomma, non credo che staremo tutti comodi a casa mia, essendo piccolina…” concludo sfregando nervosamente le mani, in attesa dell’intervento di Boris, che, come stabilito, dovrebbe aiutarmi.
Ma Boris continua a scorrere il dito sul suo smartphone, mentre Kai mi fissa con una faccia che vuole dire ancora una volta –e quindi?? Cosa vuoi da me??-.
Schiarisco la gola, in modo da richiamare l’attenzione del mio complice, che dopo un’abbondante manciata di secondi, si decide a parlare.
Finalmente!
“Anya… perché parli di problemi, quando la soluzione è proprio sotto al tuo naso??” recita, mostrandosi spontaneo e disinvolto.
“In che senso, Boris?” chiedo io, fingendomi curiosa.
Credo che Hiwatari ci stia guardando in modo molto strano e lo diviene ancor di più nel momento in cui Boris si alza, gli si avvicina e gli poggia le mani sulle spalle, massaggiandole. “Si dà il caso, che il papino Hiwatari…” inizia a dire, continuando ad affondare le mani nelle spalle di Kai, “…abbia una casa talmente grande da ospitare l’intero quartiere. Non è vero Hiwatari??” gli domanda ora, avvicinandosi con sorriso furbetto.
“Allontanati immediatamente e… no! Non se ne parla!” nega autoritario, distruggendo in pochi secondi ogni nostra speranza. 
“Beh, perché no? Si tratta solo di un giorno!”.
“Non riempirò la mia casa di bambini, è fuori discussione!” afferma categorico, mentre scuote le spalle per scollarsi di dosso le mani di Boris, che, incitandomi a continuare con la sua pessima mimica facciale, fa un passo indietro e torna a sedere sul suo sgabello. Ma la mia espressione gli sta comunicando –arrendiamoci-. In fondo, è stato molto chiaro e non ha perso nemmeno un secondo per comunicarci la sua risposta negativa.
 “Peccato, Hiwatari!” esordisce d’un tratto Boris, prendendo la tazzina in mano per assumere l’aria di chi la sa lunga. “…Rai lo avrebbe fatto per Hope!” sentenzia, infine, bevendo l’ultimo sorso di caffè. 
Al suono di queste parole, spalanco gli occhi e l’istinto mi porta immediatamente a spostarli su Kai, il quale, dopo aver serrato con forza la mascella, decide di trafiggere  Boris con uno dei suoi sguardi più truci, mentre le labbra perfettamente sigillate, sembrano voler trattenere una serie di pesanti insulti.
 “Sai benissimo che lui lo avrebbe fatto, non è così, Anya?” aggiunge lo spavaldo Boris, rivolgendosi ora a me, che impreparata, mi limito a deglutire. “Probabilmente…sì…” riesco a dire, poi, inghiottendo una piccola dose di coraggio.
In tutta risposta Kai si alza dalla sedia con fare infastidito e fa saettare il suo sguardo visibilmente irritato prima sull’amico e poi su di me, ormai rassegnata all’ennesimo no.
“Ci penserò” è, invece, la sua breve, secca e inaspettata risposta, prima di voltare i tacchi e andar via.
“Ma dico, sei impazzito?? Dire una cosa simile??” rimprovero, poi, a Boris, non appena Kai esce  dal locale.
“Ha funzionato!” esclama, assumendo un sorriso compiaciuto.
“Non ha funzionato, ha detto solo –ci penserò-!” gli ricordo in tono severo.
“Che nel giro di pochi giorni diventerà un sì. Tranquilla!” cerca di rassicurarmi invece lui.
“Io non ne sarei così sicura!”.
“ Dà retta a me! Non hai ancora capito come funziona Hiwatari? Se vuoi ottenere qualcosa, devi colpirlo nell’orgoglio e credo di esserci riuscito! Hai visto la sua faccia?? Fa tanto il duro ma in fondo le mie parole lo hanno infastidito”.
Beh, anch’io ho visto la sua reazione e, anche se ha cercato di mostrarsi impassibile, sono sicura di aver notato che la questione non gli è poi del tutto indifferente.



Passano un paio di giorni e, come ogni settimana, mi ritrovo ad uno di quegli utilissimi e istruttivi incontri tra genitori e insegnanti insieme a Kai, che, sedutomi accanto, finge, e anche male, di seguire i vari discorsi.
Mi chiedo se avrà pensato alla festa di compleanno. Sono sicura che mi dirà di nuovo di no…
Una volta conclusosi l’incontro, usciamo velocemente dall’aula per dirigerci verso la classe di Hope, evitando anche di fermarci a chiacchierare con altri genitori. La piccola raccoglie velocemente le sue cose nello zainetto e in pochi minuti siamo già in auto. Quando arriviamo a destinazione, Kai ferma la vettura per farci scendere. Prima si salutarlo, però, decido di porre la fatidica domanda, sperando di avere la sua piena attenzione, dal momento che è da tutto il pomeriggio che non riesce a distogliere lo sguardo da quel maledetto cellulare.
“Kai…” lo richiamo, in tono mellifluo, ricevendo in cambio un grugnito che sembra voler dire –ti ascolto, nonostante io non ti stia guardando-. Lo detesto! “Hai pensato a quella cosa?” chiedo, in toni vaghi, provocando in lui un momento di confusione. “Il compleanno…” è la parola magica che sembra aver acceso una lampadina nell’oscurità della sua mente. 
Passano alcuni secondi di silenzio, durante i quali rimango a fissarlo chiedendomi se mi stia effettivamente ascoltando, dato che non sto ricevendo alcuna risposta o segnale della sua attenzione. Questo perché i suoi occhi sono ancora fissi sullo smartphone, e il suo dito si muove velocemente sul display, per scrivere chissà cosa a chi. 
“Va bene…” risponde poi distrattamente, senza degnarmi della sua considerazione.
Ha detto va bene??
Davvero??
Ho sentito bene??
“Davvero?” ripeto a voce alta, per assicurarmi di aver capito bene.
“ Sì…” conferma, rimanendo immerso nel suo mondo di messaggi. “Ma non chiedermi di aiutarti, se vuoi schiavizza Boris…” aggiunge, poi, posando quell’aggeggio tecnologico infernale nel cruscotto. “…Visto che l’hai usato per convincermi!” conclude infine, lanciandomi un ultimo sguardo eloquente, per poi mettere in moto e andare via.
Cosa?? Quindi l’aveva capito. Era così evidente??
Ma chi se ne importa! Ha detto sì!
“Dammi il cinque Hope!” esclamo entusiasta, coinvolgendo la piccola. “Abbiamo una festa da organizzare!”.








“Che cosa ti avevo detto, Sarizawa!” esclama soddisfatto Boris, spingendo il carrello lungo il corridoio tra gli scaffali del supermercato.
“Beh, hai avuto fortuna! Non è così facile convincere Hiwatari”.
“ Sì, se sai dove colpire!” afferma, mettendo nel carrello tutta la roba che gli passo. “Adoro queste queste patatine, prendine altre, tanto paga papino Hiwatari”.
“Non vorrei approfittarmene sinceramente, ma…piacciono anche a me: prendiamone cinque pacchi! E due di queste rustiche e… i palloncini, ci servono i palloncini!” e indico a Boris il punto in cui proseguire per completare i nostri acquisti.
“Palloncini rosa o palloncini di colori vari?” chiedo, esibendo prima l’uno e poi l’altro pacco, “No, Boris, non se ne parla…posa subito quella roba al suo posto!” lo rimprovero, togliendogli dalle mani una pistola ad acqua.
“ Andiamo, sarà divertente!”.
“Non è un party in piscina!” gli ricordo, trascinandolo via per un gomito.
“Ma immagina se riuscissi ad avere tutti i bambini dalla mia parte…” inizia a dire venendomi dietro, mentre spingo il carrello alla ricerca delle ultime cose da comprare. “potrei formare delle squadre e il gioco consisterà nel colpire Kai con queste pistole ad acqua, la squadra vincente avrà come prem….”.
“ No, Boris! Toglitelo dalla testa!” lo interrompo subito, mettendo fine alle sue idee malsane. “Sarà meglio non far arrabbiare Mister-sono-troppo-impegnato-Hiwatari o ci butterà tutti fuori di casa!” gli raccomando in tono severo.
“Che palle” si arrende con aria sconfitta. “Ma almeno queste possiamo?” suggerisce, facendo penzolare vicino al viso un pacco di trombette da festa.
“ E va bene…” accetto in un sospiro, strappandogli la confezione dalle mani per metterlo nel carrello. “Possiamo andare a pagare!”.





*** 







Sono di ritorno a casa e dopo aver parcheggiato l’auto nel vialetto e superato il cane, venutomi incontro come al solito, apro e richiudo la porta di casa, calciando un palloncino rosa che mi rotolava in mezzo ai piedi.
Ma che diavolo… 
Mentre avanzo lungo il corridoio, con ancora la giacca addosso e la valigia in mano, mi osservo confuso intorno, notando strani oggetti in giro e, una volta girato l’angolo, vengo colto di sorpresa da qualcuno che mi perfora i timpani col suono di una stupida trombetta, la quale, srotolandosi al soffio, stava per accecarmi un occhio.
“Ahahaah!”. È la gran risata di Boris, decisamente divertito dallo scherzo ben riuscito.
Stringo i denti e il manico della valigia, “Prova di nuovo a farlo e ti faccio inghiottire quella roba!” sibilo a denti stretti, fissandolo minaccioso.
“Andiamo Kai, devi entrare nello spirito della festa!” esclama euforico.
“Sai dove te lo faccio entrare quello spirito se non la smet…”.
“Scusalo…” interviene Anya, apparendo  dal nullacon un sorriso molto tirato stampato in viso. “…Boris, vieni ad aiutarmi!” e se lo trascina per un braccio in un angolo della casa, seguito dal mio sguardo di fuoco.
Solo adesso mi accorgo che il salotto è diventato troppo rosa, con palloncini e altre bizzarre decorazioni. Alcuni divani sono stati persino cambiati di assetto, per creare spazio al centro della stanza.
“Spero non ti dia fastidio se ho cambiato un po’ di cose” sento dire ad Anya giunta alla mia destra.
Mi fisso scettico intorno. “No, puoi fare quello che vuoi, te l’ho detto, basta che non mi coinvolgi…” le spiego, in tono piatto. “Dov’è Hope?” chiedo, notando la sua assenza.
“E’ di sopra, Reina le sta facendo il bagnetto”.
Con un cenno, le faccio capire che la conversazione è chiusa e tornando indietro, mi avvio al piano di sopra. Non voglio rimanere qui a lungo, mi sembra di vivere nella casa delle bambole. È tutto troppo rosa…

Giunto in camera, tolgo la giaccia e la getto con non curanza sul letto, sbuffando. Apro la valigia e prendo il portatile per accenderlo e riprendere il lavoro interrotto.
Tutti questi grafici e valori mi fanno girare la testa. È da giorni che il mio cervello si sforza di trovare una soluzione, ma a causa della stanchezza, o della poca voglia di lavorare o semplicemente il fatto di sapere, che ormai il danno è stato fatto e che sto affondando nella merda…non sono riuscito a concludere un bel niente. Inoltre, il fatto che l’avvocato di Eva continui a tartassarmi di email e messaggi non mi aiuta affatto a trovare la concentrazione. E ci mancava pure il compleanno…
All’improvviso, un rumore distoglie la mia attenzione dal pc. È come se qualcuno fosse dietro la porta. Alzo gli occhi al cielo e, dopo aver adagiato il computer sul letto, mi avvio verso la porta, e una volta aperta…”Che vuoi?” esordisco in tono piatto, trovandomi di fronte Anya, rimasta col pugno serrato a mezz’aria.
“Ehmm… scusa se ti disturbo, ma… ci servirebbe una scala” chiede timidamente.
“Chiedi a Reina…”.
“Reina sta preparando Hope, non credo che…”.
E va bene, ho capito.
Ignorando le sue giustificazioni, la supero e mi avvio a scendere al piano di sotto, per entrare in una specie di sgabuzzino e prendere questa benedetta scala, che adagio nel punto da lei indicatomi.
“Grazie, non ti disturberemo più…”.
Prima di tornare in stanza, però, decido di fare una breve fermata in frigo. E mentre bevo un bicchiere d’acqua, i miei occhi puntano, senza volerlo, verso quei due, laggiù in salotto. Anya si trova in cima alla scala ad appendere alcuni addobbi che Boris le passa da sotto. E non posso fare a meno di notare come lo sguardo di lui cada, di tanto in tanto, sulla silhouette di Anya, messa un po’ troppo in risalto da quei pantaloni aderenti.
È sempre il solito depravato…
E siccome non sopporto quando fa così, decido di intervenire, andando contro il mio stesso volere.
“Ci penso io qui…” inizio a dire, a bassa voce, mentre Anya sulla scala lassù, sembra troppo impegnata ad allineare una serie di figure colorate.
“Cosa? perché?” domanda contrariato.
Già, anch’io mi sto chiedendo il perché.
“Devi scaricare un pacco dalla mia auto”. È la prima scusa che mi viene in mente.
“Perché io?”.
“Perché sì, vai!” gli intimo in un tono che non ammette repliche e, seppur riluttante, abbandona la sua postazione e va via, mormorando qualcosa tra sé e sé. 
“Boris, mi passi lo…”. Anya, che non si era probabilmente accorta di nulla, abbassa lo sguardo, ma, non appena si rende conto che ai piedi della scala non c’è più Boris, come si aspettava, ma il sottoscritto, balza leggermente per lo stupore, facendo traballare la scala a forbice. Istintivamente, una mia mano afferra la scala e l’altra stringe una sua gamba, per timore che possa perdere l’equilibrio. “Kai! Ma quando sei arrivato??” domanda, ad occhi sgranati.
 “Ti piace cadere dalle scale, Sarizawa?” le rimprovero in toni sarcastici, per farle tornare in mente il suo ultimo volo dalle scale, che le era costato una gamba rotta.
“Si può sapere che ci fai qui?” ribatte lei.
“Volevo aiutarti…”.
“Non avevi detto di non voler essere disturbato?” mi ricorda, agitando le mani in segno di beffa, ma nel farlo la scala traballa ancora un volta, fatto che mi porta a stringere la presa.
“Vuoi scendere, per-favore!” sibilo a denti stretti, facendogli intuire che il mio è un ordine.
“Volete aiutarmi voi due, invece di fare i cretini su quella scala??” ci grida Boris, appena entrato, sorreggendo a fatica un pacco enorme. “Si può sapere cosa c’è qui dentro?” lamenta, parlando col fiatone, cosa che mi convince ad aiutarlo.
“Ci metterò il tuo cadavere se continui a lamentarti” lo avverto, sorreggendo il pacco da un lato, per poi adagiarlo delicatamente al pavimento.  
“Che cos’è?” domanda curiosa Anya, scesa finalmente da quella scala.
“è il regalo per Hope”.
“Il regalo per Hope??” ripete sgranando gli occhi. “Che cosa le hai comprato?”. Adesso il suo tono sembra leggermente spaventato, forse per le dimensioni del pacco.
“Lo vedrai” mi limito a dire. E prima che lei possa replicare, una vocina alle nostre spalle ci costringe a voltarci tutti nella stessa direzione.
“ Mamma, sono pronta!” annuncia Hope, girando su se stessa, facendo gonfiare la gonna del suo vestito.
“ Tesoro sei bellissima!” esclama euforica Anya, fissandoci in modo strano. “Non è vero, ragazzi?” sibila a denti stretti, intimandoci a partecipare allo scambio di complimenti.
“E’ vero, sei bellissima Hope!” sento dire a Boris, in tono molto forzato, palesemente finto. Mentre io decido di dissociarmi, nonostante l’espressione torva che mi sta riservando la madre.
“ Siete dei vichinghi…” mormora tra se’ e se’, rassegnata, prendendo la piccola in braccio per andare a finire gli ultimi preparativi, sotto i nostri sguardi scettici.
“Sai…Rai le avrebbe sicuramente detto qualcosa di carino” mi schernisce Boris, con aria divertita.
“Se ti sento pronunciare un’altra volta quel nome, questo compleanno si trasformerà nel tuo funerale” lo minaccio seriamente.
Detto questo me ne vado, o gli spaccherò la faccia pur di non vedere quel sorriso compiaciuto che esibisce ogni santa volta che dice una stronzata.




***


“Alcuni compagnetti eh…” mi fa notare Kai, fissandomi minaccioso, mentre con un gesto rapido toglie un bambino che stava saltellando pericolosamente da una sedia all’altra.
“Beh, la voce deve essersi sparsa troppo…” spiego, abbozzando un sorriso innocente.
Anche se dalla sua faccia contrariata, non sembra credermi, sto dicendo la verità. Ho invitato soltanto alcuni bambini, ma poi Hope deve averne parlato con tutti e non ho saputo dirle di no.
E’ passata solo mezz’ora dall’arrivo de piccoli invitati e la situazione sta degenerando. Il fatto che la casa sia dotata di ampi spazi da’ loro modo di correre da un lato all’altro, saltare e urlare. Sembrano impazziti e ingestibili. Persino Boris sta cercando di tenerli  bada, mentre Kai si limita a terrorizzarli con i suoi sguardi omicidi. Una bambina che le ha sbattuto contro mentre correva, sembrava seriamente turbata.
“Ti prometto che pulirò tutto!” cerco di rassicurarlo, correndo via a togliere dalle mani di un bambino un oggetto abbastanza appuntito.




*** 





Non ho mai visto tanti bambini in vita mia e spero di non vederli mai più. Se dipendesse da me li raccoglierei uno per uno e li farei volare dal cancello principale. Urlano, schiamazzano, corrono, cercano di fare le cose più pericolose e alcuni piangono.
L’unica cosa che mi frena è vedere che almeno Hope si sta divertendo. Non posso rovinarle la festa, soprattutto perché è il suo primo compleanno con me. Non me lo perdonerebbe mai. Anya non me lo perdonerebbe mai e probabilmente, nemmeno io me lo perdonerei.
“ Al mio tre bambini…” sento sussurrare da una voce alle mie spalle, mentre sono seduto s una poltrona in disparte. All’improvviso, un gruppo di bambini mi circonda e un attimo dopo eccoli soffiare in coro le loro trombette, facendomi perdere per un istante l’udito. “Forza scappate! O vi mangerà!” urla Boris, incitando i bambini a scappare, e questi, alcuni divertiti mentre altri terrorizzati, se la danno a gambe, sotto le grandi risate di Boris.
“Fallo di nuovo e ti incateno a un palo. Li costringerò a suonare quelle trombe per un’ora vicino al tuo orecchio” lo avverto, lanciandogli un cuscino sulla sua faccia divertita.
Quanto durerà questa tortura?






*** 





“Si può sapere come hai fatto a convincere Kai a prestarti casa?” domanda curiosa Hilary, mentre mangia delle patatine.
“Già, come hai fatto?” aggiunge Yuri, tenendo in braccio uno dei gemelli.
“In realtà, è stato Boris a convincerlo, non chiedetemi come…” mi limito a dire, facendo saettare i loro occhi su Boris, che facendo spallucce, rivela “So essere convincente a volte”, risposta che fa insospettire parecchio Ivanov.
“ Beh, è il momento della torta!” annuncio festante, richiamando l’attenzione dei bambini. “Dov’è Kai?” domando, cercandolo in mezzo a tutto questo casino.
“L’ho visto andare fuori, vado a chiamarlo io” dice Yuri, consegnando il bambino alle braccia della moglie.



*** 





Esco fuori in giardino alla ricerca di Kai. I miei occhi lo avvistano immediatamente, seduto su una panca posta in un angolo lontano, con una mano impegnata a tenere una sigaretta e l’altra il cellulare.
“Tra poco ci sarà il momento della torta” lo avviso, non appena gli sono vicino.
“Ok…” si limita a dire, continuando a fissare il cellulare.
Decido di sedermi accanto a lui, per respirare anch’io un attimo di pace.
“Adorabili quei bambini, vero?” dico ironico, accarezzando il cane che si è appena avvicinato per annusarmi. E l’occhiata in tralice di Hiwatari mi fa capire di aver colto l’ironia. “Va tutto bene?” domando, infine, fissandolo preoccupato.
“Va tutto alla grande…” è la sua breve e, presumo, sarcastica risposta. “Sta andando tutto a puttane…” aggiunge arrendevole, sospirando.
“Perché?” chiedo preoccupato. Non l’ho mai visto cosi turbato.
“L’azienda, i guadagni, i clienti, e poi ci si mette pure Eva..” inizia a spiegare, stanco. Ma non riesce a proseguire, perché qualcuno laggiù ci ricorda di rientrare. E così Kai conserva il cellulare in tasca e si alza, invitandomi con un gesto a seguirlo.
Che cosa gli sta succedendo?






*** 





Una volta entrati in casa, le luci si spengono e Anya avanza con una torta in mano verso il tavolo del salotto. Hilary, quasi fosse un maestro d’orchestra, invita con un cenno i bambini a cantare in coro la canzone di buon compleanno e Hope, in piedi su una sedia, attende sorridente il momento di soffiare su una candelina a forma di numero 5. E’ una scena davvero buffa: la piccola, dopo aver riempito i polmoni, soffia a tutta forza sulla fiamma, una e più volte, finche’ questa non si spegne del tutto. I bambini accompagnano questo gesto con un applauso e una serie di urla e, in punta di piedi, cercano di ammirare da vicino quella torta, che Anya sta tagliando a fette, servendola in dei piattini rosa.
Credo che questa festa sia quasi giunta al termine, finalmente.



*** 




Il taglio della torta sembra aver calmato tutti i bambini, che adesso sono stranamente silenziosi e impegnati a mangiare. E io li osservo tutti, badando bene che non sporchino in giro, o Kai mi ucciderà.  A proposito di lui, non ha nessuna torta in mano. Dovrei portargliela? E così prendo una fetta di torta, e una sana dose di coraggio, e a passi lenti mi avvicino a lui. Fingo un colpo di tosse per richiamare la sua attenzione.
“Non hai preso la torta” esordisco, porgendogli il piattino, sotto il suo sguardo scettico.
“Non amo i dolci…” si limita a dire, snobbandomi.
L’istinto mi sta suggerendo di lanciargli questa torta in faccia, ma poi, riflettendo meglio, decido di ignorare le sue parole e con ancora quel piatto in mano, ritorno indietro, stringendo i denti dietro le labbra sigillate.
“Non male questa torta!” si complimenta Boris, strappandomi di mano il piatto per mangiare la fetta in un sol boccone. Almeno c’è qualcuno che mi da’ soddisfazioni.
“Che hai?” domanda a bocca piena, vedendomi corrucciata.
“Niente!” rispondo in tono secco.
Devo calmarmi. Forse è meglio annunciare l’apertura dei regali.  




Sono tutti ammassati attorno a Hope, intenta a scartare i regali, che sono davvero tanti: peluche, un pigiama, uno zainetto, almeno due bambole e tanta altra roba che non saprò dove mettere a casa.
“Questo è da parte mia” dice Boris, porgendole un pacchettino, che Hope subito afferra per scartarlo.
“Wow, gli acquerelli!” esclama la piccola contenta. “Grazie”, ringrazia poi, timidamente.
“Pensa che voleva regalarle una pista di macchinine, per fortuna l’ho fermato!” mi rivela Hilary all’orecchio.
“Scusate, ma volevo regalare una cosa che volevo provare anch’io! Ho sempre voluto giocare con una pista di macchinine! Mi sa che dovrò aspettare che cresca il piccolo Ivanov!” ammette con rassegnazione.
“ Adesso ringrazia la zia Hilary e lo zio Yuri per queste belle scarpette, e poi…penso che abbiamo finito!”.
“In realtà, ci sarebbe il regalo di Kai…” mi ricorda Boris, indicando l’enorme pacco laggiù in fondo. 
Ops, è vero.
Aiutata da Boris, trascino l’enorme pacco al centro della stanza, mentre sua signoria Hiwatari, decide di starsene seduto bell’e comodo sul divano. Grazie per l’aiuto.
 “Credo che tu possa aprirlo” incinto la piccola, che sembra però attendere il consenso di Kai. La vedo troppo esaltata: perché ho l’impressione che lei sappia già cosa ci sia dentro??
Ecco che inizia a strappare la carta, sotto gli occhi  curiosi dei compagni che la circondano.
“Che bellaaa! La cucinaaa!” esclama in un grido di gioia Hope, saltellando e battendo le mani, imitata da altri bambini.
Coooooosa??! Cosa vedono i miei occhi??
“Ma sei impazzito??” mormoro a denti stretti a Kai, badando bene a non farmi sentire da Hope. “Come facevi a sapere che la voleva?”.
“Me l’ha detto lei” rivela come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“ Ma… dove la metto? Sai benissimo che resterà qui, vero?”. Non ho intenzione di portarmela a casa. Una volta che verranno assemblati tutti i pezzi, quella cucina occuperà tanto spazio.
“E qual è il problema, Sarizawa?” domanda scocciato. “La userà quando viene a stare da me!”.
“Bene allora!” rispondo a tono. In realtà non mi aspettavo questa risposta da parte sua, quindi ok. Questione chiusa.
“Bene!” ribatte lui, per avere, come sempre, l’ultima parola.
Quanto lo detesto!
Ignoralo Anya, ignoralo. Sta per finire tutto.


E difatti, la festa giunge alla sua conclusione.
Ho appena consegnato l’ultimo bambino ai suoi genitori e chiudo la porta di casa emettendo un sospiro di sollievo. Ritorno indietro, dove Hilary e Yuri, con i bambini in braccio, sono già pronti per andare via.
“Ciao a tutti! Ci vediamo Anya, bella festa! Ciao Hope!” saluta allegramente la mia amica, incamminandosi verso l’uscita.
“Beh, anch’io devo andare” annuncia Boris, alzandosi stancamente dal divano.
“Tu rimani!” lo ferma Kai, assumendo uno strano atteggiamento.
“Perché’?” domanda l’altro confuso.
“C’è un lavoretto per te!” spiega, puntando il dito in una direzione ben precisa.
“oh no. No, Kai! No!” continua a ripetere categorico.
“ Oh sì, invece! Vero che zio Boris ti aiuterà a montare quella cucina?” inizia a dire, rivolgendosi a Hope.
“Sì, zio Boris, ti prego, mi aiuti a costruire la cucina?” chiede, ora lei, assumendo un faccino dolce e  supplichevole, che non gli ho mai visto fare.
“Già, zio Boris…la puoi aiutare?” ripetere Kai, che imita a modo suo la stessa espressione della figlia.
Ma che cosa sto vedendo?
“E va bene!” sbotta d’un tratto Boris, arrendevole, “ma solo perché ha pronunciato bene il mio nome!” ci tiene a precisare, per poi iniziare ad aprire quella scatola e tirarne fuori i pezzi. Il tutto sotto lo sguardo soddisfatto di Hiwatari.
Apro e chiudo gli occhi più volte, come a volermi convincere che non si tratti di un sogno.
“ Abbiamo della roba da raccogliere, non è così, Sarizawa?” mi ricorda Kai, riportandomi alla realtà.
Ah già. Devo mettere tutto a posto.
Diversamente da come mi aspettavo, Kai sta dando una mano a me e Reina a raccogliere le varie cose in giro per metterle dentro a dei sacchi della spazzatura.
“Beh, non è andata così male, no?” esordisco rompendo il silenzio, per provare ad avere un feedback o un commento da parte sua sulla festa.
“Perché? Poteva andare peggio?” domanda a sua volta, togliendomi un bicchiere dalle mani per gettarlo nel suo sacco.
 Perché non mi mordo la lingua prima di parlare??
Sospiro rassegnata, scuotendo la testa. Santa pazienza! Adesso capisco perché Eva è andata via…
A proposito, questa casa sembra vuota da quando lei non c’è più. Ha preso tutta la sua roba, segno che stavolta fa sul serio. Insomma, sono sposati appena da un anno e già si separano. Brutta storia.
Anche se Kai non sembra che ne stia soffrendo.
So già che mi pentirò di ciò che sto per dire.
“Ho saputo di te e di Eva” inizio a dire, continuando a pulire “e…”
“e ti dispiace. Risparmiami il tuo dispiacere” completa lui, in tono piatto.
Ecco, appunto. Perché continuo a voler instaurare una conversazione con lui? 
Fermo ogni mia azione per fissarlo sconvolta, anche se lui mi ignora passandomi davanti più volte come se fossi invisibile.
“Andiamo, perché dovrebbe dispiacerti? Vi odiavate!” confessa infine, come se stesse togliendosi un peso. 
“Beh, questo non vuol dire che mi non mi dispiaccia per la vostra separazione!”.
La sua reazione si limita ad un sorrisetto stizzito e uno sguardo che non sembra credermi.
“Dico sul serio!” ribatto con più convinzione, nonostante lui sia tornato ad ignorarmi. “A te non è dispiaciuto quando hai saputo che Rai mi ha lasciata??”. Ma perché ho deciso di intraprendere questa conversazione.
“No!” rivela immediatamente, quasi quella parola gli fosse scappata contro il suo volere. E un secondo dopo sembra pentirsene. “Cioe’…”. Si gratta una tempia, muovendo nervosamente gli occhi da una parte all’altra della stanza, per non incrociare i miei che lo fissano accigliati e increduli. “Ovviamente per Hope…non per te e lui” si corregge infine, per provare a salvare la situazione.
Ah, quindi eri contento! Penso tra me e me, tornando a buttare rifiuti nel sacco, con più forza del necessario. Avendo intuito che la conversazione è finita, smette di osservarmi e torna anche lui a pulire. E nessuno dei due proferisce parola fino alla fine.



*** 





“ Ciao mamma! Domani vieni che giochiamo con la cucina?”.
“Ma certo, tesoro. Fa’ la brava, ok?”.
La piccola annuisce e, dopo aver scoccato un sonoro bacio sulla guancia della madre, corre via in salotto per tornare ai suoi giochi.
Anya si alza, sospira, e provando a evitare in tutti i modi di incrociare il mio sguardo, sistema la sua borsetta sulla spalle e va via. “Buona serata!” saluta fredda, voltandomi le spalle.
Che le prende ora? Cosa ho detto di sbagliato? Non sono stato io a volere quella discussione!
Decido di lasciar perdere e raggiungo gli altri in salotto, dove mi accascio pesantemente su una poltrona. Una volta scacciati strani pensieri e problemi dalla mente, osservo con più attenzione ciò che Boris e Hope stanno facendo. Lui ha in mano una tazzina di plastica e Hope gli sta servendo dei pasticcini, anch’essi di plastica. Ma ciò che mi lascia alquanto perplesso è il modo di fare disinvolto di Boris.
“Grazie del caffe” le dice, sorseggiando dalla tazzina vuota.
“Vuoi un biscotto?” le propone lei, alzando il vassoio.
“Mmmh, preferirei un hamburger!” chiede invece lui.
“Lo preparo subito! Aspetta qui!” lo avverte, correndo a passi svelti in direzione della sua cucina giocattolo.
“ Ti aspetto!” grida lui, adagiando la tazzina sul tavolo.
“Che diavolo stai facendo?” chiedo, alquanto allibito dal suo strano comportamento.
“Sto al gioco di una bambina di appena cinque anni!” spiega come se fosse ovvio.
 E la cosa mi lascia sempre più sconvolto.
“Ecco il tuo panino!”. Hope arriva di corsa servendo un mini hamburger di plastica al suo presunto cliente.
“Grazie, sembra delizioso! Non avresti una birra? E portane una anche al mio amico!” conclude, puntando un dito verso di me, che avendo fatto già il pieno di bambini e giochi, mi alzo immediatamente e vado via al piano di sopra.
Ne ho avute abbastanza per oggi!









L’indomani mattina, mi alzo al suono della sveglia come di consueto e, dopo aver fatto colazione insieme a Hope, esco di casa per accompagnarla all’asilo. Nonostante il traffico, riusciamo ad arrivare in tempo e, un volta averla consegnata alle maestre, ritorno in auto per guidare fino all’ufficio.
Mentre l’ascensore mi porta lentamente fino al settimo piano, controllo una serie di messaggi che mi sono arrivati durante la notte. Le porte si aprono e, continuando a mesaggiare, cammino a passi svelti verso l’ufficio.
“Signore, io non sapevo che lui sarebbe arrivato oggi…io” sento dire alla segretaria, venutami incontro.
Ma cosa sta dicendo?
La ignoro e la supero aumentando la velocità dei passi, ma il suono dei suoi tacchi continua a seguirmi.
“Lei lo sapeva??” domanda, nervosa.
Sapere cosa?
E la risposta mi viene data non appena apro la porta e metto piede nell’ufficio.
“Salve Kai, ti aspettavo…” dice un uomo piuttosto vecchio seduto al mio posto nella scrivania. “Sorpreso di vedere il tuo nonnino?” domanda infine, abbozzando un ghigno beffardo.
Che diavolo ci fa lui qui? 















 









Ciao a tuttiii :D
Benvenuti nel quarantanovesimo capitolo! Vi giuro che non mi ero resa conto del numero di capitoli e ho notato che la situazione mi è sfuggita leggermente di mano ^-^”.  (leggermente??).
Come vi avevo annunciato, in questo capitolo è stato dato molto spazio al compleanno della piccola Hiwatari (fa strano chiamarla così XD). Kai si è rivelato, come sicuramente vi aspettavate, l’anima della festa (come no!), ma per fortuna non è finita in tragedia. Tutti i bambini sono tornati a casa salvi e Boris è ancora vivo. Anche se Kai avrebbe voluto farlo a pezzi più di una volta XD
Anya e Kai hanno avuto uno strano diverbio nato da una conversazione senza logica apparente XD Ho voluto farli scontrare un po’. (che novità). Si, perché ora ce Eva sembra non esserci più, si dovranno capire un po’ di cose u.u
E in ultimo, per finire in tragedia, non so se avete capito chi c’è dietro la scrivania di Kai XD come come?? Ho sentito qualcuno suggerire Soichiro Hiwatari? Ebbene sì, è proprio lui! L’Adorabile nonnino di Kai che tutti abbiamo odiato nell’anime!
Perché è qui? Beh, perché il nipotino sembra avere combinato qualche casino alla Hiwatari Corporation. Ne parleremo nella prossima puntata.
Attendo con piacere i vostri commenti. Ringrazio come sempre i recensori *____* e i lettori silenziosi :D
Alla prossima!

 
  

   
 
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