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Autore: Rosmary    31/12/2020    5 recensioni
Raccolta disomogenea di drabble, flashfic, oneshot dedicate a Lorcan e Rose.
1. Passi
2. Di film, pancakes e calderotti
3. Nei ricordi, nel presente
4. Tornavano indietro per andare avanti
5. Imbarazzi – cose taciute
6. Al di là delle paure, noi
7. Una sorpresa per Rose
8. Galeotto fu il palloncino
9. Per le sue paure
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lorcan Scamandro, Rose Weasley
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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A Severa

Tornavano indietro per andare avanti
 
 
Le giornate sapevano assomigliarsi tutte, incastrate in una routine dal ritmo lento e snervante, e Lorcan le odiava di un odio viscerale, che nasceva nello stomaco e si diffondeva in tutto il corpo sino ad arrivare alla testa – era lì che esplodeva, tramutandosi in un mal di testa perenne, che da più di un anno non lo abbandonava mai.
C’erano momenti in cui aveva la tentazione di lasciarsi tutto alle spalle, dare un calcio alla sua vita e reinventarsi altrove, lontano da luoghi e persone che nutrivano quella solitudine che era diventata una seconda pelle – ma poi ricordava il vuoto lasciatogli dalle nuove conoscenze, dai corpi in cui era sprofondato, dalle esperienze mai fatte in precedenza, e capiva che fuggire non sarebbe servito a niente.
 
L’avrebbe portata con sé.
 
In fondo il problema era tutto lì, non riusciva a lasciarsela alle spalle, a dimenticare, a rassegnarsi all’idea che non avessero più niente da dirsi: lei aveva scelto l’altro, lui non sarebbe mai riuscito a esserle solo amico, fine della storia.
Ma per quanto provasse a concentrarsi su immagini positive, dalla vicinanza del fratello sino al brillante percorso in Accademia, non riusciva mai ad accantonare la mancanza.
E a volte rideva, di se stesso e dei suoi patetici sentimenti.
 
 
Ed un po’ mi fa ridere
se penso che ora c’è lì un altro che ti uccide i ragni al posto mio
 
 
E più rideva più impazziva, perché c’era un altro accanto a lei – a sfiorarla, divertirla, consolarla, viverla.
E oggi, oggi che faceva ritorno in Accademia dopo la pausa estiva, il primo settembre che lo avrebbe visto iniziare il secondo anno di preparazione alla carriera Auror, non riusciva a non pensare a lei che non sarebbe salita sul treno per Hogwarts.
 
Chissà dov’era.
 
La giornata era volata via con quest’unico pensiero in testa.
Dove fosse, con chi fosse, cosa facesse, quale strada avesse intrapreso ora che s’era lasciata Case e lezioni alle spalle.
Aveva sempre creduto che sarebbe stato con lei al suo ingresso nel mondo adulto, pronto a stringerle la mano e a ripeterle col sorriso sbilenco di essere nata in ritardo.
E invece non c’era lei, non c’erano loro, e lui non si sentiva altro che un volto tra la folla.
 
 
Ed ora sono solo un tizio
che se lo incontri per la strada gli fai un cenno di saluto e via
 
 
E aveva una paura matta di incontrarla, l’aveva capito quando era arrivato al Ministero e l’ansia aveva preso a divorarlo – paura di incrociarla e vedersi rifilare un saluto cortese, distante, estraneo.
Lorcan non capiva come si potesse passare dall’essere tutto all’essere niente per una persona, ma che a lei non importasse più nulla di lui era evidente dal silenzio assordante di quell’anno di lontananza – solo gli auguri di rito, cui lui non aveva risposto, li aveva trovati offensivi nella loro crudele formalità.
 
S’era chiesto se l’avesse persino dimenticato.
 
Possibile che James avesse anche questo potere? Anche quello di farle dimenticare il suo migliore amico, il suo primo amore, la prima persona che l’aveva conosciuta come nessun altro.
Era ormai certo che se ne avesse avuto la possibilità le avrebbe chiesto solo una cosa: non dimenticare, non dimenticare le giornate trascorse insieme, i baci rubati, i primi abbracci, la prima volta.
 
 
Però tu fammi una promessa
che un giorno, quando sarai persa
ripenserai ogni tanto a cosa siamo stati noi
 
 
Le avrebbe chiesto solo questo. Non di ripensarci, di tornare da lui, perché non avrebbe mai voluto interferire con la sua felicità, ma che almeno ricordasse i loro momenti e li custodisse come un porto sicuro in cui tornare se ferita, triste, persa – una casa di cui lei avrebbe sempre posseduto la chiave.
 
Era così patetico.
 
Al termine di quella giornata, sbucò nell’ampio atrio del Ministero spronandosi a chiudere le sensazioni divoratrici in un angolo remoto della testa – o sarebbe impazzito.
Tuttavia quelle sensazioni non vollero saperne di isolarsi ed esplosero tutte insieme quando inaspettatamente intravide lei, lì nell'atrio e a un passo da lui – le dita impegnate a torcersi nervose, lo sguardo in cerca e in attesa di qualcuno.
Lorcan si accorse di essersi impalato in mezzo alla folla che continuava il suo andirivieni solo quando capì di aver replicato i gesti e la posa di lei, a sua volta immobile, a disagio, con gli occhi ora fissi su di lui.
La vide sollevare la mano in segno di saluto e abbozzare un sorriso incerto dopo un tempo che era parso interminabile. E la vide avvicinarsi titubante, forse scossa dal silenzio immobile che aveva ricevuto in risposta.
“Lor, ciao.”
“Ciao, dolcezza.”
Gli sembrò di vedere le sue labbra tremare, ingoiare un sorriso, e allora le sue ne abbozzarono uno per entrambe, meno sbilenco, più fioco, ma pur sempre un inizio.
Lei era a un passo da lui, tutto vorticava attorno a questa sola verità, e pur non conoscendone ancora il perché sapeva che la speranza di non incontrarla era già stata calpestata dalla felicità di averla rivista, di sentirne il profumo sulla pelle, di poterla guardare dritto in viso – avrebbe tanto voluto abbattere ogni brandello di distanza e imprimersi il suo calore addosso.
“Hai ricevuto i miei gufi?”
“Gli auguri, certo.”
“Capisco... Scusami. Io... buone cose.”
Lorcan non fece in tempo a esternare dubbio né offesa per quel formale buone cose che Rose gli aveva già dato le spalle e s’era già incamminata altrove – la solita testa calda pensò, incapace di mettere in fila più di due azioni che avessero un senso anche fuori dalla sua testa.
Decise in fretta che non avrebbe fatto finta di niente e la raggiunse in poche falcate, stringendosela d’istinto al petto in quell’abbraccio tutto loro che sapeva di estate e pancakes – finalmente a casa.
Buone cose, sul serio? Non mi parli da un anno e mi tratti come uno sfigato qualsiasi?”
Sputò quelle parole senza neanche pensarci, mosso dalla voglia di non lasciarla andare e dalla rabbia malinconica di doverlo fare di lì a un istante – non riuscì a vedere le palpebre di lei calare sotto al loro peso, ma la sentì rilassarsi contro di sé, poggiare la testa sulla propria spalla, sfiorargli le mani allacciate sul ventre.
Era tutto così familiare, e non capiva se facesse più male o più bene.
“Volevo vederti... Sapere come stessi... Lysander mi ha detto che...”
“Lys? Tu parli con Lys e non con me?”
“Tuo fratello mi risponde, a differenza tua. Dovevo pur avere tue notizie.”
Lorcan si ritrovò zittito dall’incapacità di capire cosa stesse succedendo: aveva la sensazione di essersi perso qualche passaggio fondamentale per strada, e il tono quasi irritato di Rose non aiutava per niente a diradare la foschia.
“Lor.”
Non rispose e fu allora che la sentì voltarsi e vide poi quegli occhi azzurri sollevarsi sul suo viso – riuscì a leggere senza problemi l’emozione altrui nell’averlo di nuovo vicino, la intuiva dallo sguardo che vagava eccitato tra iridi scure e labbra schiuse, tra i lineamenti più decisi e i ricci sempre scompigliati.
“Rose,” chiamò allora. “Perché sei qui? Io sto bene, non devi preoccuparti.”
La vide trarre un respiro e si ritrovò a pensare che tesa e con i capelli lasciati ribelli a incorniciarle il volto e a coprirle la schiena fosse ancora più bella.
“Mi manchi.”
“James non ti basta?”
Se avessero assegnato premi per l’impulsività, lui ne avrebbe vinti a bizzeffe, forse uno al giorno.
Dentro di sé sapeva di dover dire qualcosa per rimediare, ma averla vicino ed essere consapevole che ad aspettarla vi fossero altre braccia gli scavava dentro un tale malessere da indurlo a sbottare.
Eppure, Rose non gli parve né troppo contrariata né troppo infastidita a seguito di quella domanda insinuante, semmai colta da un lieve disagio che come suo solito vinse in fretta e furia – l’ennesimo tratto che amava di lei.
“Se tu mi avessi risposto, sarei riuscita a dirti una cosa.”
“Te lo sposi?”
“L’ho lasciato.”
Lasciato – una parola che prese a rimbombare così tanto nella testa di Lorcan da spazzare via tutto il resto.
“Perché sei qui?”
“Per te.”
Quante volte, nello spazio di una sola vita, fosse lecito cascare nello stesso errore, Lorcan proprio non lo sapeva. E poi perché avrebbe dovuto essere un errore concedersi una seconda possibilità?
 
Lei era tornata.
 
E il mondo d’improvviso aveva smesso di essere cupo, la testa non faceva più male e l’entusiasmo per il nuovo anno accademico bussava frenetico per scacciare il cattivo umore.
Incrociò gli occhi chiari che amava e seppe di non doverle chiedere nulla – quella comprensione muta era tornata a imporsi come se nessuno l’avesse lasciata ad arrugginirsi, mentre l’anno di silenzio sembrava un punto sfocato di una trama più grande e meravigliosa.
“Lorcan, posso spiegarti tutto, ma se...”
“Ti amo, e se tu sei sicura io sono sicuro.”
Rose si aprì in un sorriso così caldo che Lorcan ne tremò, e l’attimo dopo tremò ancora perché avvertì le sue labbra sfiorare le proprie in una carezza, le sue dita cercare le proprie e incitarle a stringerla in un abbraccio.
La baciò gettando via tutte le remore, certo che di lì in poi le giornate sarebbero state tutte diverse, incastrate in un caos entusiasmante e frenetico, e Lorcan le avrebbe amate di un amore viscerale – ora c’era lei, e per lei era disposto a ricominciare tutto da capo, a rifare persino gli stessi errori.
 
 
Ma alla fine ti giuro che lo rifarei.
 




 
Note dell’autrice: questo piccolo Stralcio partecipa al Gioco di scrittura e a Una storia tutta per te del gruppo fb Caffè e calderotti ed è il mio regalo di Natale – sono sempre in ritardo! – per Severa Crouch, che ama tanto Lorcan e questa coppia e che ormai quando ascolta Ridere la associa sempre ai miei Lorcan e Rose, soffrendo per il primo – con questa songfic ho voluto ribaltare la prospettiva della canzone, regalandoti un finale felice, spero abbia apprezzato!
Segnalo che le frasi in corsivo allineate a destra sono tratte dalla canzone Ridere dei Pinguini Tattici Nucleari.
Grazie a chiunque sia giunto sin qui!
Un abbraccio. ❤
   
 
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