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Autore: Milagar    02/01/2021    3 recensioni
Bill Weasley ha appena rinunciato al suo incarico da Spezzincantesimi in Egitto per collaborare con l'Ordine della Fenice.
Fleur Delacour è appena stata assunta dalla Gringott per migliorare il suo inglese.
All'apparenza non possono essere più diversi, eppure un evento particolare li porterà ad avvicinarsi e scoprire che sono indispensabili l'uno per l'altra.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Fleur Delacour | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Agosto 1995
Erano passati una manciata di giorni da quando Bill e Fleur avevano presentato la relazione della spedizione a Tinworth a Bartleby e ai folletti. Le creature, nonostante la loro naturale ritrosia nei confronti degli umani, dovettero ammettere l’ottimo lavoro dei due ragazzi, mentre Bartleby ancora doveva capacitarsi di come avessero fatto a convertire gli antichi bajoux in galeoni.

“Sono stata io, monsieur” disse Fleur avanzando di un passo ed ergendosi davanti a Bartleby in tutta la sua bellezza.

“Ah… la nostra francesina! Molto bene, Betancourt…”

“Delacour” lo corresse Bill, ma Bartleby non ci fece molto caso, perché aveva già iniziato a ronzare attorno a Fleur accompagnandola verso il suo ufficio, mentre la ragazza lo guardava deferente. Bill sbuffò. Quanto sei viscido, Bartleby. Lo aveva sempre pensato, ma questa era la conferma che, in effetti, il Capo Ufficio eredità era una brutta persona, oltre che un pessimo lavoratore.

“William Weasley, ottimo lavoro”. Bill si voltò e vide davanti a sé Bartok, uno dei folletti della Gringott col quale andava più d’accordo, forse per le sue idee moderate, forse per il fatto che si vociferava fosse soltanto un Mezzo-Folletto[1] . Si salutarono di buon grado e il folletto accompagnò Bill per un tratto di strada verso il suo ufficio.

“Ancora difficoltà a parlare con Ragnok?” chiese Bartok.

“Sicuramente” rispose Bill “Non sono ancora riuscito a ricevere udienza. Sembra un’impresa impossibile”.

“Beh, un modo ci sarebbe” mormorò Bartok, fermandosi di fronte a Bill. “Ho contatti con i piani alti e loro hanno contatti con Ragnok. Posso mediarti per farti arrivare a lui”.

Bill lo guardò. Per quanto poteva andare d’accordo con quel folletto, sapeva che stringere patti con loro non era una passeggiata. Ma per l’Ordine della Fenice avrebbe dato qualsiasi cosa in cambio.

“Cosa vuoi in cambio?” azzardò a chiedere Bill, squadrando Bartok con fare sospettoso.

Il folletto fu parecchio tormentato: era nella sua natura richiedere oro in cambio di un favore. Contrasse più volte in viso, torcendosi con forza le mani.

“Ti appartiene una cosa che non posso avere” sbottò Bartok, uscendo dallo stato di tensione che aveva assunto alla richiesta di Bill.

“Bartok, non ho niente che potrei darti. E non pensare alla tiara di mia zia, perché l’ha pagata la mia famiglia onestamente…”

“Non intendevo quella tiara! William Weasley, intendevo l’eredità Dupaty”.

“Cosa c’entra l’eredità Dupaty? Non c’erano eredi. Ora è tutta vostra”. Lo stupore si leggeva chiaramente sulla faccia di Bill.

“Ti sbagli, William Weasley. Dalla relazione che avete fatto non è emerso quale tipo di Incantesimo d’Adesione era stato applicato al forziere”.

Bill deglutì. Era stata una scelta di Fleur, che aveva semplicemente detto di aver rimosso un Incantesimo d’Adesione secondo prassi e Bill le aveva semplicemente dato ragione. La ragazza era troppo abile e troppo intelligente per non fidarsi ciecamente delle sue conoscenze.

“William Weasley mi deludi” rise mellifluo Bartok, ricominciando a camminare. “Pensavo fossi più sveglio come Spezzincantesimi”.

“Bartok! Spiegami!”

Il folletto sembrava non dare ascolto alle richieste di Bill, che lo stava inseguendo fino a precederlo e camminare all’indietro pur di poterlo guardare.

Dopo quello che a Bill parve un tempo lunghissimo, Bartok si fermò.

“So cosa voglio in cambio per farti ricevere da Ragnok”. Bill deglutì e attese silenzioso il verdetto. “Devi solo imparare a distinguere un Incantesimo di Adesione da un altro tipo di Incanto, molto più potente”. Il folletto lo squadrò con un ghigno e lo superò, sparendo in fretta e furia dentro uno dei corridoi della banca.

Bill entrò sbuffando nel suo ufficio, dove lo attendevano nuove pratiche da spicciare, ben lontane dall’avvincente esperienza di Tinworth. A fine mattinata, qualcuno bussò alla porta.

“Avanti” gracchiò Bill, mentre sistemava i capelli in una crocchia fermata da una matita. Entrò Fleur, gli occhi brillanti e una lunga treccia che le ricadeva di lato. Bill le sorrise incoraggiante, spingendo da parte le pratiche a cui lavorava e facendo segno di accomodarsi sulla poltroncina che fino a qualche giorno prima l’aveva vista sua attiva collaboratrice.

“Hai tompo pour parler un peu?” chiese Fleur, posando con arditezza i suoi occhi chiari sul volto di Bill.

“È successo qualcosa?” rimarcò lui, sospettoso, pensando a quanto era stato sgradevole Bartleby quella mattina con Fleur. Non sapeva come avesse fatto a trattenersi da quella insana voglia di tirare fuori la bacchetta e Schiantare il suo capo mentre ronzava attorno a Fleur.

Oui, ma non posso parlar qui. Melio che andiamo fuori. Vien?”

Bill non se lo fece ripetere e seguì Fleur fuori dalla Gringott. Camminarono fino alla gelateria di Florian Fortebraccio e si sedettero ad uno dei tavolini, ordinando due coppe gelato.

“Allora?” chiese Bill, che fino a quel momento era stato in silenzio, mentre seguiva la ragazza per le vie di Diagon Alley.

“Bartleby ha detto che vuole cambiar-me uffiscio” disse Fleur, con il suo solito tono pratico mischiato ad un velato entusiasmo che le colorava leggermente le gote.

Bill sbatté velocemente le palpebre. “Una promozione? Di già?!”

“Alle Valute Internazionali[2]. Mi ha detto di ponsarsci. Non devo descidere subìto”. Bill non sapeva se esserne felice oppure no. Se Fleur avesse accettato, le sarebbe mancato il suo quotidiano passaggio dal suo ufficio, il caffè lasciato di nascosto alla mattina presto, il suo tenace tentativo di parlare bene in inglese.

“Saresti perfetta per quell’ufficio” ammise Bill, pensando più a voce alta che per una vera dichiarazione.

“Disci?!” esclamò Fleur, sbattendo gli occhi azzurri, da farla sembrare una bambina che si meraviglia del mondo. Bill se n’era accorto la sera della loro cena al bristò babbano. Per quanto Fleur fosse determinata e algida da un lato, dall’altro aveva conservato in sé tutta la gioia e lo stupore di una bambina.

“Beh… sì. Sei in gamba. Il caso dell’eredità Dupaty l’ha dimostrato. Anche se mi devi ancora spiegare come hai fatto”.

Fleur fece un gesto con la mano, come per scacciare una mosca, ma a Bill non sfuggì il suo sguardo che repentinamente si era abbassato a fissare il tavolino, ancora sgombro del gelato che aveva ordinato.

“Ehi, Fleur” tentò Bill, piegandosi leggermente in avanti alla ricerca degli occhi della ragazza “Prima o poi me lo dovrai dire. Siamo colleghi, dobbiamo condividere le nostre competenze…” E magari qualcos’altro, si trovò a pensare Bill, sentendo qualcosa all’altezza dell’ombelico che balzava e solleticava. Ricacciò velocemente il pensiero del cassetto più lontano della testa, dove teneva tutti gli impulsi irrazionali che aveva imparato a contenere nei suoi venticinque anni da fratello maggiore.

“Scerto. Ma dammi tompo. Prima devo imparare bene l’anglese” ridacchiò Fleur, alzando in modo vezzoso le spalle, mentre Florian stava avanzando con i loro gelati.

A Bill non andava giù il fatto che Fleur volesse tenere per sé quell’incantesimo che aveva usato. Gli era sempre piaciuto studiare, conoscere cose nuove, avere un confronto alla pari coi colleghi, scambiarsi informazioni utili. Dall’altro verso, però, pensò che quel segreto che Fleur custodiva dentro di sé era tutto ciò che li teneva effettivamente legati, tutto ciò che avrebbe fatto sì che si sarebbero visti ancora.

“Se ti proponessi di vederci qualche volta in più rispetto a quanto ci siamo visti adesso, magari per un boccone in pausa pranzo o dopo il lavoro… cosa dici? Impareresti velocemente l’inglese e prima o poi potrò cavarti di bocca quell’incantesimo”. Bill aveva evidentemente parlato prima di pensarci bene su. Da quando in qua era così spavaldo con le ragazze?
Fleur lo scrutò coi suoi occhi indagatori per diverso tempo e alla fine gli tese la mano. “Affare fatto”. Strinsero il loro patto, tra le risate e il ciuffo di Panna Frizzola che era schizzato sul naso di Bill.
 
***
Non fu facile incastrare lavoro, Ordine della Fenice e gli appuntamenti con Fleur. Certi giorni, Bill rimproverava se stesso per aver proposto a Fleur di vedersi, visti gli impegni di lavoro e l’Ordine, che ad ogni riunione portava notizie sempre peggiori. La sua famiglia si era trasferita in fretta e furia al Quartier Generale dell’Ordine, a Grimmauld Place, sobbarcando con ulteriore carico di lavoro sua madre. Bill dal canto suo cercava di dividersi tra i doveri del buon figlio e i suoi pensieri su Fleur, che avevano iniziato ad essere sempre più invadenti e insistenti e si sentiva spesso addosso quella fastidiosa sensazione che il tempo passato con la ragazza non fosse mai abbastanza e fosse perennemente ansioso di rivederla. Come se non bastasse, ogni qual volta incontrasse Bartok, gli si accartocciava lo stomaco al pensiero del possibile colloquio con Ragnok.

Ma nonostante tutto, quei momenti con Fleur da Florian Fortebraccio erano diventate un rito immancabile. Bill aveva iniziato a contare le ore che lo separavano a quel momento. A casa, i gemelli avevano mangiato la foglia e avevano iniziato a bersagliarlo di domande. Dovette cedere quando, un giovedì sera a cena, venne fatto casualmente il nome di Fleur Delacour e Bill – a causa di quel fastidioso vizio Weasley di far diventare le orecchie rosse ogni qual volta si provasse una forte emozione – venne subito intercettato da Fred.

“Eh, proprio Fleur Delacour. Non è la tua nuova collega Bill?” chiese al volo il gemello, mentre Bill, cercando di togliersi dall’imbarazzo, ingurgitò un pezzo troppo grosso di polpettone, diventando paonazzo.

“Sì… e allora?”

“Beh, sai. Ci chiedevamo perché ogni tanto fai tardi al lavoro o non ti prepari il solito panino per pranzo”.

“E cosa c’entra con Fleur Delacour?” Bill si accorse che gli risultava difficile pronunciare il nome di Fleur senza stiracchiare la bocca in un mezzo sorriso ebete.

“Non deve ameliorooore il suo eengleeese? Non credo che lo migliori parlando con tutti quei folletti che sanno più goblinese che altro”. I gemelli si misero a ridere insieme a Ginny ed Hermione, mentre Ron stava assumendo un colore vagamente scarlatto che perfettamente si abbinava con le orecchie di Bill.

“Che razza di insolenti” borbottò Bill, mentre entrava nella cucina di Grimmauld Place la giovane Auror Nimphadora Tonks, inciampando sgraziatamente nel gradino. “Buonasera, gente! Cosa si mangia di buono, stasera?”

Bill l’aveva riconosciuta subito, la prima volta che si erano visti. Frequentava Hogwarts ai suoi tempi ed era nella classe di Charlie ma a Tassorosso. Era impossibile non riconoscere i suoi capelli che ogni giorno cambiavano tonalità a seconda del suo stato d’animo. Si ricordava benissimo che i giorni prima dei G.U.F.O. avevano assunto un terribile color vomito. Si era stupito nel saperla Auror, vista la sua incorreggibile tendenza ad essere pasticciona.

Quella sera però, non ci fu più tanto tempo per scherzare e ridere assieme. La porta della cucina sbatté all’improvviso appena i ragazzi più piccoli stavano salendo (non senza proteste) nelle loro camere. Silente entrò in cucina irato come mai Bill lo aveva visto prima. Non portava belle notizie: Harry era stato aggredito dai Dissennatori nel quartiere babbano dove abitava e il Ministero aveva colto l’occasione per convocarlo in udienza. Furono ore concitate: Bill dovette calmare a turno Ron ed Hermione che strepitavano per scrivere all’amico nonostante la promessa che avevano fatto a Silente, Ginny, Fred e George che volevano a tutti i costi rimanere alla riunione dell’Ordine e sua madre che aveva iniziato a piangere a dirotto non appena le era stato raccontato l’accaduto.
***

Il mattino dopo, stravolto dalla difficile nottata passata al Quartier Generale, Bill arrivò alla Gringott con gli occhi pesanti.

Bonjour” trillò una voce dietro di lui. Si voltò e fu illuminato dal sorriso radioso di Fleur. Quel giorno indossava un abito con la gonna voluminosa dai toni pastello che le arrivava a metà polpaccio, piuttosto inusuale tra le streghe inglesi. Sembrava che irradiasse gioia e bellezza su chiunque. Il tutto, era poi reso appetibile dalla tazza di caffè fumante e pancakes che teneva in mano.

“Ti ho portato la colasion!” esclamò superandolo e aprendo la porta dell’ufficio con il gomito. Bill era rimasto incantato da tutta quella bellezza, che era contesa tra il fisico mozzafiato della ragazza e il bendidio che teneva in mano.

“Sei palìdo. Tutto bien?” gli chiese Fleur, mentre il ragazzo appoggiava la tracolla sulla scrivania.

“Ho solo… dormito poco. Un po’ di preoccupazioni…” cercò di sillabare Bill, ricacciando indietro un sonoro sbadiglio.

“Sei preoccupato?” Fleur lo scrutava con occhi profondi, le sopracciglia ben definite leggermente incurvate. Bill pensò ancora una volta quanto fosse simile a sua madre, quando si preoccupava.

“Sì, ma niente di che” cercò di scusarsi Bill, mentre aveva afferrato la tazza di caffè amaro e aveva iniziato a berla, sentendosi pervadere dal piacere della bevanda.

“Credo tu mi nascondi quelche-chose” sentenziò Fleur, incrociando le braccia.

Bill lottò con se stesso per evitare di spifferare a Fleur, che al momento era l’unica persona che lì dentro alla Gringott lo capisse, tutte le informazioni sull’Ordine.

“Nulla. Non è nulla di particolare. Abbiamo fatto una lunga riunione di famiglia e sono andato a letto tardi. Tutto qui” borbottò Bill, cacciandosi in bocca mezzo pancake, sotto lo sguardo altero di Fleur.

“Se vuoi parler, io sci sono”. Lo spiazzava sempre ogni giorno di più. Dov’era andata a finire la zelante francesina che portava le pratiche? Chi era la meravigliosa donna che aveva di fronte, che sembrava conoscerlo da sempre?

“Va bene… stasera, se riesco a sistemare queste pratiche in tempo, ci vediamo. Ti mando un patronus appena possibile”.

Fleur gli sorrise e uscì soddisfatta dall’ufficietto di Bill.

La giornata volò via veloce, sommersa dalle pratiche che Bill doveva spicciare. Si era ripromesso da qualche giorno di andare alla biblioteca della banca per studiare l’Incanto con cui era stato chiuso lo scrigno dei Dupaty, ma non c’era ancora riuscito a causa della mole di lavoro.

Quando ormai il sole era basso, qualcuno bussò alla porta.

“Avanti!” esclamò Bill, sperando di veder entrare dalla porta la figura flessuosa di Fleur, alla quale aveva dato appuntamento al tramonto per mangiare qualcosa assieme. Invece, fece capolino il viso a forma di cuore di Nimphadora Tonks, seguito dai capelli corti e rossi.

“Ehilà, Tonks! Qual buon vento” finse Bill, stampandosi in faccia il miglior sorriso per cacciare via la delusione.

“Disturbo? Stacco ora dal lavoro e tra poco vado tu-sai-dove – e dicendolo disegnò due virgolette con le dita - con Remus. Ero passata per avvisarti che questa sera decidono quando ritirare il regalo” concluse replicando il gesto delle virgolette. Era il codice stabilito dall’Ordine per parlare delle questioni legate ad Harry e all’Ufficio Misteri. A Tonks piaceva particolarmente metterci quelle virgolette fatte con le dita, che le ricordavano le ombre cinesi che suo padre era solito farle quando era piccola.

“Oh, bene!” sentenziò Bill, che aveva deciso di porre fine alla sua giornata lavorativa all’ingresso di Tonks. “Quindi stanotte non ci sarai, giusto?”

“Esatto. Sai, è la mia prima missione con Remus Lupin e sinceramente non so da che parte farmi. Cioè… ok che è un tu-sai-cosa, ma, è pur sempre un ex docente di Hogwarts ed ha più esperienza di me. Spero di essere all’altezza delle aspettative”.

Stavano uscendo dalla Gringott, sorvegliati dagli sguardi arcigni di alcuni folletti. Tonks si guardò un po’ in giro e disse a voce un po’ più alta, facendo tintinnare un sacchetto di galeoni: “Sai, Weasley, oggi è giorno di paga al Ministero. Sono venuta a ritirare un po’ di denaro”. Poi, rivolta a Bill, gli sussurrò: “È da prima che mi guardano male! Che ho fatto, che non va? Sono una cliente come tutti gli altri…”.

Usciti nell’aria calda di agosto, Bill e Tonks si incamminarono per un tratto di strada che li avrebbe condotti al Paiolo Magico, dove Tonks sarebbe uscita per raggiungere il Ministero e Bill avrebbe atteso Fleur. Rimasero a chiacchierare un po’, vagando anche oltre le questioni dell’Ordine.

“Come sta, Charlie? Speravo di vederlo, tu-sai-dove, visto che anche lui fa parte di tu-sai-cosa” disse Tonks.

“Oh, sta benone. Ci sentiamo spesso, via camino. Sono sicuro che se lo vedessi ora, non lo riconosceresti… Si sta facendo crescere i capelli, non li tiene più rasati come quando andavamo ad Hogwarts”.

“Non ci credo! Charlie coi capelli lunghi!?”

Ridevano, ricordando i vecchi tempi ad Hogwarts, quando Bill si sentì addosso due occhi azzurri e profondi come il mare. Fece appena in tempo a vedere un bel volto rigato da un’unica lacrima, prima che sparisse, come un lampo argenteo.
 

[1] Mezzo-Folletto: creatura di mia invenzione. Ho pensato che se esistono Mezzi-Giganti, come Hagrid, possono esistere anche Mezzi-Folletti.
[2] Valute Internazionali: ufficio della Gringott, di mia invenzione.


Cari lettori, con immenso ritardo, pubblico il secondo capitolo della storia! Non ci sono evoluzioni eclatanti, tuttavia, scopriamo come i sentimenti tra i due ragazzi stiano evolvendo e come sono iniziate le "lezioni" di inglese di cui parla Fred nell'Ordine della Fenice. 
Ho già imbastito i prossimi capitoli e non vedo l'ora di portare avanti questa dolcissima storia.
Un abbraccio
Milagar
  
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