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Autore: Enchalott    08/02/2021    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Narsas
 
Irkalla osservò con autoimposta calma la metamorfosi inversa che riconvertì il frammento eversivo di Shion nel Nemico: si sostenne al suolo con le braccia, ansimando, sfiancato dal violento attacco subito. Tossì una boccata sangue vivo e si ripulì le labbra con il dorso della mano. La luce dorata del suo sguardo, nonostante l’evidente debilitazione, non si affievolì.
Poco distante, Adara riusciva a tenere imprigionato Ishkur: il bagliore splendente di Leuhan non si era smorzato e conseguiva su quel mostro lo stesso effetto che aveva esercitato su di lui in passato. Lo obbligava a fermarsi, ad ascoltare, a guardarsi dentro. La speranza del creato risiedeva in quei pochi centimetri, nel misterioso potere del segno falciforme tatuato sul ventre di sua moglie.
Il Distruttore trasse un respiro spossato, ma si ripeté che non era finita. Identificò la ragione che lo rendeva tanto sicuro. Fiducia. Era un dio che aveva fede in un mortale. Sorrise tra sé, pensando a quanto lo avrebbe ritenuto assurdo e umiliante sino a poco prima. Non che ora risultasse meno paradossale. Ishkur stava commettendo il suo stesso errore, ma non stava intraprendendo il suo medesimo cammino. Sarebbe stato quel rifiuto sprezzante a causarne la rovina.
Si concentrò. La presenza estranea ma riconoscibile che aveva rilevato nell’etere, era ancora lì: Irkalla aveva agito in modo che essa potesse superare la barriera incorporea innalzata dal dio del Nulla, accessibile solo a deamhan. Aveva usato la propria energia residua per infrangerla e ne aveva avuto ragione.
Il Nemico non lo aveva realizzato, impegnato com’era a rispedire all’angolo l’anima tardivamente ribelle del principe elestoryano e a non lasciarsi sfibrare dall’effetto del Crescente. La strategia che aveva in mente si arricchì di nuove risorse: non c’era un istante da perdere.
 
Ishkur si ribellò all’imposizione cui il fascio luminoso del Crescente lo stava obbligando, ma non riuscì a muoversi di un centimetro. Dal suo sguardo scaturì un risentimento infuocato, accentuato dal colore rosso sangue, quasi fosforescente delle sue iridi. Le labbra violacee si contorsero in una smorfia di puro divertimento.
«Ma guarda, la famiglia è al gran completo» sogghignò, fiutando l’etere come un animale in caccia «La veggente di Erinna ci concede l’onore di essere presente nell’ora della giustizia. La mia giustizia, non è così?»
Adara si guardò intorno disorientata. Forse il dio del Nulla stava provando a distrarla oppure a caricarle ulteriore angoscia sulle spalle, forse invece sua sorella era davvero presente a un livello spirituale cui lei, priva di poteri divinatori, non poteva accedere.
«Chissà chi devo ringraziare per il suo grazioso intervento» ruggì la divinità, spostando l’attenzione sul Distruttore «Inopportuno quanto superfluo!»
Irkalla ricambiò l’occhiata furibonda come se la cosa non lo tangesse. Poi sorrise, sollevando noncurante le spalle.
«Visto che sei occupato, non ti dispiace se ascolto ciò che la sacerdotessa desidera riferire, vero?»
Inspirò senza attendere la replica e il circostante ebbe una vibrazione inaspettata, pulita. L’immagine semitrasparente di Dionissa si proiettò nell’esistente attraverso la volontà del Distruttore, delineandosi chiara nello scenario brullo e fangoso. La sua voce risuonò cristallina, come se fosse fisicamente partecipe.
«Mio adorato fratello, è per riportarti a noi, per restarti accanto che ho spinto il mio sbiadito Kalah sino all’estremo confine del Nord.»
Adara sgranò gli occhi, colma di emozione nello scorgere la sorella.
Ishkur digrignò i denti, al culmine della sopportazione. La giovane elestoryana aveva scelto lo schieramento opposto, il sottile inganno con cui aveva tentato di metterla contro la regina di Iomhar non aveva funzionato. Ma non era detta l’ultima parola.
«Donna! Osi presentarti in qualità di avversaria al mio cospetto, supportata dai fiacchi poteri del mio rivale, e mi dichiari guerra? Credi che io tema la tua misera forza divinatoria, quando sono stato io a fornirla alla nostra stirpe? Tu e lei» sancì, alludendo alla principessa minore «Siete dove io ho voluto che foste!»
Adara esitò, turbata. La luce del Crescente traballò, ma la veggente allungò la mano diafana verso di lei, a sfiorarla per infonderle sicurezza.
«È possibile. Non possiamo sconfiggere l’intenzione di un dio. Ma entrambe abbiamo scelto il bene, l’amore, la vita. Anche nome a tuo, poiché sei il nostro dolce fratello.»
Il dio del Nulla eruppe in una risata cupa, beffarda, gelata.
«Povera stolta! Cerchi ancora di piegarmi con tali futilità… e per mettermi a parte di queste sciocchezze, hai abbandonato la difesa spirituale di Elestorya! O devo supporre che si tratti di un lapsus inconscio e che in qualche misura tu stia favorendo me, fonte del tuo dono e tuo signore, con il sacrificio dell’intero Regno?»
«Altri sta preservando il Sud, divino Ishkur. Il male non avrà dominio.»
«Eppure lo sento« bisbigliò il Nemico, leccandosi le labbra arricciate «Il sangue delle nostre origini inondare la terra in ogni angolo del creato. Mi nutro di quella linfa. Uomini contro uomini, ombre contro anime… deamhan è invincibile, nessuno riuscirà a opporsi al mio volere!»
«Dal giorno in cui nasciamo, noi mortali siamo destinati alla fine, consapevoli, giungiamo a non temerla. Diversamente da chi è eterno, impariamo ad accettarla, qualunque essa sia. Yfrenn-ammri non si nutrirà di noi. Se ci ucciderà, resterà digiuno, poiché spireremo volgendo lo spirito alla luce, affidandoci al supremo arbitrio del dio della Distruzione, che da sempre detiene tale compito. È colpa della nostra cecità, se fino a oggi egli è stato ritenuto colpevole di ogni nefandezza. Per questo gli domandiamo perdono: è stato necessario l’amore puro di mia sorella per svegliarci dalla nostra ottusità. Non sono giunta qui per reclamare mercede o ravvedimento, sommo Ishkur. Sono venuta per chiedere a Shion di morire lontano da voi, tra le braccia di chi lo ama.»
Il Traditore degli dei soffiò furente, artigliandosi la veste lacera al petto, come se quelle parole lo avessero danneggiato. Non si impressionò.
«Stai scegliendo anche per il tuo nascituro. Preferisci privarlo della vita che non ha mai sperimentato, piuttosto che giurare fedeltà a me e sopravvivere con gli onori di una sovrana! Sarebbe questo il tuo concetto di bene?»
«Quale vita?» fece eco Adara, scossa dalle parole accorate della sorella «Il ricordo stesso di ciò che non è morte sparirà per sempre, se sarete voi a vincere! Non tentate la mistificazione, perché non vi lascerò libero di agire!»
Irkalla accennò un sorriso involontario, continuando a osservare il testa a testa con quell’espressione indecifrabile sul volto.
Il Nemico ringhiò, sentendosi afferrare dal potere di Leuhan. Concentrò la propria aura e il buio intorno a lui s’innalzò spaventevole.
«Shionade» mormorò Dionissa con voce carica d’affetto, appoggiandosi la destra sul ventre «La bambina si chiama così. Perché desideriamo che tu faccia parte di noi, fratello. Perché anche lei possiede il tuo sangue e faremo in modo che ne vada fiera, ovunque saremo, fosse soltanto per un istante.»
Shionade. Seme di shion-hyndar, la spezia più preziosa del deserto di cui il principe elestoryano portava il nome. Lo sfolgorio sinistro del Diadema perse d’intensità, il respiro del dio del Nulla si fece affannoso, ma il suo sguardo perverso non mutò.
«Tu…» rantolò carico d’odio, tentando di tenere indietro la vibrazione intensa che proveniva dalla sua metà umana «Tu, maledetta intrigante! Sbagli a non temere deamhan! Se non sarò io a governarlo, esso invaderà l’universo e provocherà l’implosione dell’esistente! Un atto opposto alla genesi, insanabile. Io sono la sola garanzia, il nulla è l’unica scelta! Un creato privo di ogni dolore, di qualunque differenza, protetto dalle tenebre e presieduto da un Immortale imparziale, che manterrà in eterno una pace silenziosa, mancante delle detestabili brame umane e dalle capricciose disposizioni degli dei! Cosa c’è di sbagliato in questo!? Ciò davanti a cui i Superiori tremano, mostrandosi tanto pavidi da umiliare me, impedendomi di possedere il titolo che mi spetta! Essi non meritano adorazione! Sono esseri invidiosi, che vi illudono, vi tengono in scacco da sempre! Io solo sono venuto affinché mi possiate conoscere, riconoscere come destinazione di salvezza!»
I tratti deformati del Nemico furono attraversati da spire nerastre che si contorcevano, mentre la possessione demoniaca ribolliva per prendere il sopravvento, approfittando dell’immobilità forzata dell’essere in cui dimorava.
«Shion!» gridò Adara, fissando sconvolta l’avversario, che si accasciava rigido sulle ginocchia, ululando come uno spirito infero.
«Non lasciarlo andare!» pregò Dionissa «Il Crescente sta intaccando la sua parte oscura, poiché essa rifiuta l’amore che le viene offerto! Nostro fratello… lui ci sta implorando! Shion desidera terminare insieme a ciò che la sua scelta infausta ha causato… Adara, dobbiamo accettare…!»
L’immagine della veggente oscillò, come se stesse faticando a rimanere lì.
«Nissa!»
La principessa maggiore divenne evanescente, quasi invisibile, un’espressione di sofferenza le intrise il viso delicato.
«Adara, ah… io non riesco più… ah… devi…!»
L’essenza spirituale di Dionissa sparì, abbandonando la condivisione mentale. Ishkur rise selvaggiamente, riassumendo il pieno controllo di sé, scrollandosi di dosso ogni scintilla positiva che la donna gli aveva infuso, precariamente bloccato nel raggio chiaro di Leuhan.
Anthos concentrò le proprie facoltà, provando a recuperare il contatto, ma fu inutile. Non c’era traccia del Kalah della sacerdotessa e non era stato il Traditore a respingerla. Qualcosa di esterno le stava impedendo di incanalare il proprio potere. Erano andati così vicini, invece…
Maledizione!
Adara fu scaraventata a terra e la luminosità del Crescente si smorzò. Era stremata, lo sforzo continuativo che aveva compiuto le aveva prosciugato ogni risorsa, ma stava ancora mantenendo il dominio sul segno sacro che le contornava l’ombelico.
«Sei morta» sibilò il dio del Nulla, muovendosi vittorioso verso di lei.
Stese il braccio verso il pulsare altalenante dell’Imis’eli. Poi cambiò obiettivo e scaricò la propria ferocia sul Distruttore, neutralizzandolo.
«Non mi sono dimenticato di te, Irkalla. Hai fretta di svanire, ma devi attendere con umiltà il tuo turno. Prima, come promesso, assisterai alla fine della tua sposa.»
Il dio della Distruzione gli restituì un’occhiata fiammeggiante, ma ciò che aveva realizzato all’insaputa del Nemico, mentre egli era impegnato altrove, continuò a tenere accesa la sua aspettativa.
 
Anthos si era mosso, trascinandosi verso il corpo inerte di Narsas, cercando di non attirare l’attenzione del rivale con una mossa troppo manifesta.
L’aura maligna del Traditore aveva annerito l’esistente appena aveva ripreso piena padronanza dei propri poteri e dei propri obiettivi, mettendo Adara a dura prova.
Il principe di Iomhar aveva percepito nel ragazzo Aethalas una favilla di vita. Gli aveva posato una mano sul cuore e l’altra sulla fronte, entrando in connessione con ciò che del suo spirito era rimasto intatto.  
Narsas…
Lo aveva raggiunto all’interno del non-luogo in cui la sua essenza si era ritirata in attesa del richiamo pietoso di Reshkigal.
Narsas, ascolta la mia voce…
Il guerriero del deserto si era destato all’interno della condivisione psichica, in preda allo stupore. In parallelo il suo corpo abbandonato nel fango e sfiorato dalla divinità aveva ripreso a respirare impercettibilmente.
«Mio signore…»
Nel buio che lo stava attorniando, Irkalla gli era apparso circonfuso di una luce trascendente del colore dell’oro, impalpabile e vacillante.
Non sei ancora trapassato, Narsas.
La sua voce atarassica era risuonata come un’eco lontana, appena udibile in quel limbo ovattato.
«Dove mi trovo?»
Tra la vita e la morte.
L’arciere era stato attraversato da un sussulto, quando gli si era riaffacciato il ricordo del colpo letale del Nemico, che lo aveva scaraventato nell’insensibilità della fine.
«Adara!?»
Compie ciò che deve. Il tuo ufficio non è concluso. Il Traditore è ancora in forze.
«Darei ogni cosa per poterla aiutare! Ditemi cosa devo fare!»
Irkalla aveva inchiodato lo sguardo d’ambra nel suo, baluginando evanescente al margine del buio, vicino e lontano nello spazio irreale.
Lo sai. Alzati.
Narsas aveva radunato le forze, ma aveva faticato per tornare padrone del proprio corpo. Poi aveva percepito una sensazione di pesantezza e di sofferenza, quella familiare con cui aveva coabitato negli ultimi mesi. Nella realtà contingente, le dita si erano serrate con lentezza intorno al Medaglione, metallo gelido ma solido nel pugno semichiuso, rilassato al suolo.
Il Distruttore era una scia sfolgorante e non fagocitabile dal vuoto opaco che stava impregnando tutto il resto, che gli era guida attraverso quello stato precario dell’esistenza.
Continua a camminare.
Il dolore del giovane guerriero era aumentato esponenziale a ogni passo, il bruciore del koreyon si era fatto atroce, la mente era precipitata in un ottundimento sempre più intenso, differente da quello che aveva sperimentato nel distacco dalla realtà effettiva.
«Aspettate… siete troppo veloce…»
Non c’è tempo.
L’essere superiore aveva rallentato appena, continuando a comunicare con la sua anima e inducendo le sue membra spossate a non darsi per vinte. L’arciere aveva avvertito il suolo duro e ghiacciato di Iomhar, sull’epidermide il vento impetuoso che spazzava gli ultimi ansiti della terra maledetta, nel tutto l’energia negativa che annientava il creato. Era tornato. Era…
Aveva emesso un gemito, socchiudendo le palpebre al chiarore agonizzante che stava soccombendo al trionfo della tenebra. La voce gli era uscita incerta, soffocata.
«Non… non riesco a distinguere nulla…»
«È il veleno» aveva rimandato Anthos, improvvisamente tangibile e vicino «Il marchio sulla tua schiena è stato assorbito, i tuoi sensi sono compromessi. Mi dispiace.»
«Così non riuscirò a impugnare l’arco!»
«Da quando manchi di fede, Aethalas?» aveva restituito il principe ironico «Per adesso cerca di attingere a quanto di te ancora ti appartiene. Riposati. Io non posso più aiutarti.»
Nonostante i termini duri, il reggente del Nord non si era spostato, era rimasto accasciato a terra al fianco del ragazzo, affaticato e ansante come mai si era mostrato, concentrandosi per sostenere il legame con Dionissa e per non consentire al Nemico di comprendere il suo illeggibile fine. Finché questi non lo aveva scaraventato all’indietro con un ennesimo attacco.
 
Narsas si girò su un lato, strisciando sul suolo intriso d’acqua. Avvertì sulla pelle il sapore inconfondibile del sale e comprese che il mare stava inghiottendo il Nord. Nel momento stesso in cui la sua barriera energetica era venuta meno, quel frammento preservato del mondo aveva cessato di essere escluso dall’apocalisse che imperversava in ogni altro luogo.
Selezionò una freccia dalla faretra che gli pesava sulla schiena, saggiandone l’impennaggio alla cieca: la sua visuale si era schiarita, ma rimaneva confusa, inservibile. Eppure il cuore gli sussurrava di non farsi intralciare dall’impedimento fisico, di servirsi di ben più acuti occhi. Nella propria anima riconobbe la quiete serena che aveva imparato a rendere parte di sé e ad essa si affidò, persino quando comprese che il Traditore aveva ripreso il sopravvento ed era sul punto di privare della vita la donna che amava.
Io non posso più aiutarti.
Irkalla si era espresso senza mezzi termini, com’era sua abitudine. Ma quelle parole prive di pietà contenevano un significato implicito sostanziale e condiviso. Narsas ne era conscio e non aveva bisogno di lui. Saggiò il Medaglione con le dita e cercò l’anello che lo assicurava alla catena d’oro bianco che il reggente usualmente portava al collo. Sciolse la chiusura e strinse le estremità intorno all’asticella del dardo, facendo sì che il nodo non si allentasse. La sola chance.
«Adara…»
 
La ragazza, riversa a terra, sussultò incredula. Il guerriero del deserto la raggiunse, sostenendosi al puntale dell’arco, zoppicando nella melma vischiosa che gli risucchiava le caviglie.
«Narsas! Ho pensato che tu…»
«L’ho pensato anch’io.»
«I tuoi occhi!» esalò la ragazza, intercettando il suo sguardo vacuo.
»Non ci vedo. Ma non ha importanza, se ci sei tu.»
Cercò la mano di lei a istinto e fece in modo che toccasse ciò che stava occultando sotto il mantello lacero.
«Ricordo una collina del colore dello zafferano» mormorò, quando avvertì in lei l’insorgere timido del dubbio «L’erba secca sotto i nostri piedi e all’orizzonte il brillare azzurro dell’oceano in attesa del nostro viaggio.»
«La rammento anch’io» sussurrò la principessa «Ho pensato che tu avessi messo a tacere sia il vento sia le mie paure… poi mi hai consentito di prendere il tuo arco e mi hai mostrato l’obiettivo. La meta.»
«E tu hai imparato in fretta.»
Adara appoggiò la fronte alla sua, consapevole.
«Hai detto che mi sarebbe stato utile o che sarebbe stato un tuo lascito.»
«Sbagliavo» sorrise Narsas «È entrambe le cose.»
Furono rasentati dalla presenza oscura del Nemico, che preferì privare il Distruttore della propria irosa attenzione per dedicare loro un sogghigno malevolo.
«Che scena commovente! Poveri illusi, non vi darò il piacere di scomparire insieme! Quanto a te, Aethalas, sembri possedere sette vite: poiché con ognuna di esse mi arrechi oltraggio, dissolverò ogni tua cellula per non rischiare di averti di nuovo tra i piedi!»
Adara si parò difronte al ragazzo a braccia aperte, risoluta.
Ishkur le scatenò contro il proprio potere, ma Irkalla riuscì a deviarlo ancora una volta.
«Tre conto uno!» esclamò euforico il dio del Nulla «E siete ben lungi dall’avere ragione di me! Avete perso, vi aiuterò ad ammetterlo!»
La sua furia esplose, circondandolo di un alone violaceo e brulicante di deamhan: ai suoi piedi il suolo si frantumò, sollevandosi in scaglie rocciose e polvere, l’acqua vorticò, allontanandosi da lui in un’onda concentrica.
«Quattro» corresse Narsas senza affidarsi alla vista.
Sollevò l’arco, preparandosi al tiro.
Il Nemico fece saettare gli occhi perfidi nel circostante e sogghignò compiaciuto.
«Siete soli. Tentare con me lo stratagemma del raggiro non è che un modo per adorarmi! Per ammettere che la menzogna è fonte perenne di opportunità!»
«Non ho mentito» dichiarò il ragazzo.
Ishkur ignorò l’asserzione e prese a concentrare la propria energia, certo che nessuno sarebbe riuscito a fermare il suo colpo decisivo: non Irkalla, che giaceva nella mota a un passo dalla rovina definitiva, non la ragazzina mortale, che non riusciva più a sfruttare il potere ancestrale del Crescente, non il cane Aethalas, privo della sensibilità necessaria a qualunque resistenza. Rise, sicuro della vittoria, troppo preso dalla propria ambizione per comprendere di avere ancora un avversario, troppo egoista per avvertire il germoglio d’amore che riusciva a schiudersi persino in seno all’oscurità stessa. Il dio del Nulla sbagliò il computo, poiché non incluse se stesso, non considerò ciò che fondamentalmente era. Rimase bloccato in una stasi imprevista, lo realizzò solo quando le sue facoltà smisero di obbedirgli, quando il Diadema cessò di catalizzare l’energia demoniaca che gli era necessaria per terminare lo scontro e l’esistente.
«No! Maledetto! Come osi interferire ancora!»
La principessa osservò sgomenta l’alternarsi dei tratti di Shion a quelli dell’essere immortale, in un chiaroscuro che non riusciva ad acquisire una forma definitiva. Un avversario interiore non ancora sopito, che non aveva rinunciato e che stava tentando il possibile per rimediare al proprio fallo.
«Adesso! Non esitate!»
La voce del principe elestoryano, strangolata dal ruggito distorto e lugubre della creatura che gli aveva razziato l’anima e il corpo, implorò la sua ultima richiesta.
Narsas incoccò la freccia e tese la corda, privo di esitazione.
«Adara, guida la mia mano.»
La ragazza si strinse al suo fianco. Pose il braccio intorno alla sua vita e corresse la mira, mentre lui chiudeva gli occhi, affidandosi soltanto a lei e al sesto senso, che il koreyon non aveva potuto sopire. Il Medaglione pendeva dalla punta acuminata dello strale, baluginando nell’aria fosca come una sentenza di morte.
«È più pesante di un lancio ordinario. Indirizzami come se il bersaglio fosse in alto.»
La divinità malvagia fissò con odio l’oggetto sacro. Realizzò con orrore, troppo tardi.
«Non potete! In questo modo non vincerà nessuno! Siete dei folli, non avete idea di cosa scatenerete!»
Adara obbedì all’indicazione del ragazzo. Le yamhnai dalle sfumature cerulee scintillarono intense a confermare la prova.
«Deamhan prevarrà!» urlò Ishkur «Dillo anche tu, Irkalla! Non permettere che accada! Ci estingueremo nell’ombra eterna!»
Il Distruttore non rispose. Le sue iridi dorate rimasero rivolte alla moglie e all’arciere che a lei si sosteneva, limpide e senza incertezze.
Il Nemico riuscì a liberarsi dalla personalità di Shion con uno sforzo sovrumano e si apprestò reagire, ma il Crescente si risvegliò, emanando un’onda di luce lattea e congelandolo in quella posizione aggressiva e contorta.
Adesso…
«Adesso» sussurrò Narsas.
«Adesso!» ripeté Adara.
Lo strale si sganciò dalla corda con un singhiozzo. Descrisse una parabola vibrante, accompagnata dallo splendere di uno struggente arcobaleno a tre colori. Trapassò il cuore putrido di colui che aveva tradito gli dei e condannato gli uomini.
Le shad allineate sul Diadema si accesero, reagendo alla presenza delle gemelle nordiche con una pulsazione fiammeggiante.
Ishkur spolmonò rabbioso, cercando di strapparsi la freccia dalla carne, ma il vertice seghettato era penetrato troppo in profondità per essere divelto e il Medaglione oscillava sul suo petto ansante come se lo stesse indossando. La sua voce divenne un lamento raggelante, le sue parole si fecero incomprensibili, spezzate, terrorizzate. Si spensero in un gorgoglio rauco.
I due gioielli divennero bianchi, incandescenti, entrarono in risonanza l’uno con l’altro, crepandosi come fragile vetro. Poi implosero. La deflagrazione detonò con inaudita violenza, espandendosi in cerchi concentrici e travolgendo tutto ciò che incontrò sulla sua strada, rombando cupa in un boato primordiale, che scosse il creato nelle sue fibre più recondite.
Il corpo mortale di Ishkur si smembrò, annichilendosi insieme con i due amuleti, che mai avrebbero dovuto congiungersi, così come i Testi Sacri riportavano a monito.
Narsas si gettò a terra, portando giù con sé la principessa e facendole da scudo con il proprio corpo.
Un vento furioso falciò le montagne e la piana desolata, ribaltando le rocce già sradicate dal duello tra Immortali e ululò lontano, mulinando in turbini le ceneri di ciò che era stato, disperdendole nell’oblio. Infine scese il silenzio.
 
Irkalla osservò l’estinguersi del Nemico con imperturbabile calma. La luce abbagliante della conflagrazione si specchiò nei suoi occhi feroci e malinconici, tingendoli di arancio vivo. Il Nord e il Sud non avrebbero mai dovuto congiungersi. Lo aveva compreso sin dal loro primo scontro, quando si era sentito respingere con forza dal potere del Diadema, mentre portava il Medaglione per occultare la propria identità. Non sarebbe mai dovuto esistere un unico possessore. Non provò gioia alcuna, non si sentì né vittorioso né trionfante. L’essenza di Ishkur era sparita dal creato, ma con quella giusta fine non era presente nessuna soddisfazione. Solo un momentaneo sollievo. Disattivò la barriera energetica con cui aveva riparato se stesso e i due ragazzi dalla violenza degli elementi: troppo stanco per riuscire a erigerne una davvero efficace. Si avvicinò al cratere in cui erano avvinghiati con lo sguardo venato di tristezza.
Adara riaprì gli occhi, respirando come se fosse appena uscita da un’apnea forzata.
L’arciere era steso su di lei e il suo sangue fresco le macchiava gli abiti e il viso.
«Narsas! Ti supplico, rispondimi!»
Il Distruttore le si inginocchiò accanto, ricoperto di lividi e di stoffa sbrindellata. Sfiorò il corpo inerte del giovane guerriero. La ragazza lo guardò spasimando, cercando in lui una sicurezza, una conferma. Irkalla scosse il capo, accogliendola in un abbraccio confortante. Le lacrime silenziose di lei gli inondarono il petto ferito e l’anima.
«Chi ama non muore» sussurrò, mentre la principessa sfogava stretta a lui il proprio dolore inconsolabile.
«Non gli ho neppure detto addio!»
«È… un arrivederci…»
Adara sussultò e la divinità stessa stentò a credere che il ragazzo possedesse ancora una scintilla di vita nelle membra martoriate. La ragazza gli prese le mani, tremando.
«Narsas…»
Lui le pose sulle labbra le dita macchiate di terra e sangue, con sicurezza e tenerezza, come se potesse vederla.
«Conosco il tuo viso a memoria, è come se ti stessi guardando… voglio andarmene così, con la tua immagine impressa sulla retina. Con il tuo sorriso.»
Le lacrime calde della principessa gli piovvero sul volto esangue.
«Non piangere, Adara… se è vero che non esiste una sola vita, pregherò gli dei affinché nella prossima io possa rincontrarti… e giuro… giuro che ti troverò… che non ti lascerò mai più…»
La sua mano tesa ricadde al suolo. Esalò un gemito sofferente, esausto.
«Gli dei ti ascoltano, Narsas» replicò Irkalla.
«Oh, perdonate…» bisbigliò il guerriero «Talvolta dimentico che voi siete… siete…»
La sua voce svanì in un alito inudibile, ma il Distruttore lo comprese. Abbassò la fronte in segno di rispetto e il cerchio disgiunto gli scintillò tra i capelli biondi.
Adara congelò, incapace di esprimere ulteriore pena.
«Se n’è andato…» sussurrò, spezzata dal dolore.
«Sì. Ha attraversato il confine ultimo.»
«Narsas non è più con me, non è…»
«È libero. Ha mantenuto tutte le sue promesse. È un uomo degno della mia stima, lo ricorderò in eterno.»
Gli sfilò l’arco dalle dita e lo coprì, misericordioso, con il mantello color ocra.
«Non lascerò che l’inondazione lo trascini via con sé. Lo restituirò al deserto.»
La principessa annuì, stringendo con amore tra le mani l’arma di legno che lui le aveva consegnato. Anthos inspirò, raccogliendo le proprie facoltà. La luce aurea del suo potere puro lo avvolse, diffondendosi come una carezza sulle spoglie mortali dell’Aethalas. Un pulviscolo luccicante, simile alla sabbia trasportata dal vento, si levò nell’aria, mischiandosi alle folate che spazzavano il Nord e volgevano a mezzogiorno.
«Va’» ordinò il dio della Distruzione «Torna a casa, Narsas. Hai la mia gratitudine.»
Adara si strinse al braccio del marito, osservando il cielo fino a quando la scia luminosa non svanì e le nuvole nere non tornarono padrone della volta squarciata.
«A presto, mio Narsas» mormorò con la mano sul cuore.
   
 
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