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Autore: Slytherin_Divergent    22/02/2021    2 recensioni
In un mondo dove la popolazione ha tatuato sul proprio corpo il nome della propria anima gemella, quando si compie una certa età sul corpo di chi può rimanere incinta compare una macchia bianca.
Kenjirou tiene nascosta la sua da anni a causa del terrore dei genitori e quando scopre di aspettare due gemelli allontana Eita e tutti i suoi cari. Per tre anni lui e la sua anima gemella non si vedono e quando riprendono i contatti sembra andare tutto per il meglio, almeno fino a quando Kenjirou non trova il suo migliore amico svenuto in bagno e scopre che qualcuno ha rapito i suoi figli e vuole ucciderlo.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu, Nuovo personaggio, Taichi Kawanishi
Note: Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Violenza
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«Davvero non vuoi andare?» Akihito strinse le labbra mentre prendeva la busta con i biglietti del concerto. Kenjirou scosse la testa e lanciò un'occhiata all'orologio.

«No. Potete andarci tu, Seiichi e Hideyoshi oppure puoi venderli. Non m'interessa.» s'infilò le scarpe e lanciò un'occhiata al tempo fuori dalla finestra. Aveva incominciato a nevicare.

«Però ti hanno annullato il turno, quindi non capisco perché tu non voglia andare. Vuoi veramente che le cose tra te e Semi tornito com'erano prima?» suo fratello maggiore si sedette sul divano. «Lui ci tiene davvero a te.»

«Lo so. Lo so, e gliene sono grato.» Kenjirou si voltò verso il fratello con un sospiro. «Ma davvero, non posso permettergli di spendere così tanti soldi per me quindi o per favore rivendi i biglietti o usali per qualcuno che... Qualcuno che ci tiene più di me.»

Akihito osservò il più piccolo in silenzio, poi annuì infilando la busta in tasca. «D'accordo. Ci sentiamo dopo.»

«A dopo.» Shirabu annuì ed uscì di casa.

La neve aveva iniziato a ricoprire gran parte del marciapiede da quando Kenjirou si era incamminato verso l'università. Quando raggiunse la facoltà le sue mani erano fredde e il viso arrossato per il freddo, ma varcò i cancelli dell'edificio come se nulla fosse, ignorando tutte le persone accampate nel cortile intente a chiacchierare tra loro. Non aveva veramente bisogno di qualcuno di loro che ficcasse il naso nei suoi affari privati. Aveva già abbastanza problemi.

Quando la campanella dell'ultima lezione suonò, segnando la fine dell'orario scolastico, il castano fu uno dei primi a fiondarsi fuori dalla porta. Non aveva ancora smesso di nevicare e ora per terra si era andato a formare un mucchio di neve di cinque centimetri dentro al quale le sue scarpe affondavano ad ogni passo.

Kenjirou tirò fuori il cellulare e notò che Akihito gli aveva mandato un messaggio mezz'ora prima per informarlo che lui e i bambini sarebbero usciti per giocare un po' con la neve al parco. In silenzio, il castano si augurò che li avesse coperti bene e s'incamminò verso casa.

Raggiunse il palazzo mezz'ora più tardi. Infilò le mani in tasca alla ricerca delle chiavi e corrugò le sopracciglia non trovandole. S'inginocchiò a terra e aprì lo zaino per controllare che fossero lì dentro ma non trovò nulla. Scattò in piedi e si passò una mano tra i capelli con ansia. Tirò un profondo respiro, dicendosi che probabilmente le aveva lasciate in casa, ma che sicuramente Akihito aveva il suo paio, quindi sarebbe bastato semplicemente chiamarlo e attendere che ritornasse.

Tirò fuori il cellulare e premette il pulsante di chiamata proprio mentre qualcuno lo spintonava in avanti. Crollò contro al muro con un grido e strinse il telefono tra le mani, ma quando fece per voltarsi per vedere chi l'avesse spinto la figura dietro di lui lo afferrò per la giacca. Lo sconosciuto lo trascinò nel vicolo di fianco al palazzo ignorando le sue grida di protesta e lo strattonò ancora una volta contro al muro.

Kenjirou sbatté contro i mattoni stringendo i denti per non gridare dal dolore e alzò lo sguardo sul suo assalitore. Non avrebbe potuto dire se si trattasse di un uomo o di una donna perché indossava uno spesso passamontagna e portava un cappotto di piume d'oca che raddoppiava probabilmente la sua stazza.

«Non ho soldi con me!» gridò. «Che cosa vuoi?»

«Non sono qui per i tuoi soldi.» un uomo. Quello doveva decisamente essere un uomo. Prima che Kenjirou potesse fare qualunque cosa lo sconosciuto caricò un pugno e glielo piantò dritto in faccia.

Il telefono crollò a terra, seguito poco dopo anche dal corpo inerme del castano. In qualche modo sapeva di essere ancora cosciente perché percepiva la neve fredda contro le guance, ma il dolore al ponte del naso e la testa che vorticava pericolosamente gli fecero dubitare del fatto che sarebbe rimasto cosciente ancora per molto. Ignorando la sensazione di caduta fece leva su un avambraccio per tirarsi su.

Lo sconosciuto gli tirò un calcio in mezzo allo stomaco che lo fece gridare di dolore e tornare ad accasciare a terra, poi lo afferrò per il colletto della giacca e lo tirò di nuovo su, sorreggendolo. Era sul punto di caricare un secondo pugno – Kenjirou chiuse gli occhi e ringraziò mentalmente gli dei per avergli permesso di vivere per quei pochi anni al fianco di due bellissimi figli, perché era certo che sarebbe morto di lì a pochi minuti – ma il colpo non arrivò.

Quando riaprì gli occhi l'uomo perdeva sangue dalla testa. Si fissarono con occhi vacui per un paio di secondi, poi la presa dello sconosciuto venne meno e crollò a terra, lasciando libera la visuale di Kenjirou. Dietro di lui c'era Eita in piedi, con in mano un tubo di ferro insanguinato.

Shirabu aprì la bocca per parlare, ma prima che potesse farlo le sue ginocchia cedettero e crollò a terra. Semi lo afferrò al volo e si inginocchiò sulla neve stringendolo al petto con sguardo preoccupato.

«Rimani cosciente. Per favore. Chiamo un'ambulanza, ma rimani cosciente...» mormorò il biondo, armeggiando con il cellulare.

Kenjirou si accasciò contro al suo petto, chiudendo gli occhi. Era al sicuro. Non sarebbe morto – sempre ammesso che non avesse un trauma cranico, ma era troppo stanco per auto-visitarsi. «Eita...»

Poi il mondo si fece torbido e il buio lo inghiottì.

<°>.°.<°>

Shirabu svegliò con la sensazione di cadere più e più volte e con le palpebre pesanti. Ruotò la testa di lato e la prima cosa che vide fu se stesso aggrappato ad una brutta maglietta un po' scolorita che piangeva bagnando di lacrime il tessuto. Sbatté un'altra volta le palpebre e capì che era solamente Yukine aggrappato come per la vita alla maglietta di Eita.

Ci mise un attimo a capire di trovarsi in ospedale. Semi doveva aver chiamato l'ambulanza dopo l'aggressione – Kenjirou ricordava vagamente che avesse detto qualcosa a tal proposito. Voltò la testa dall'altro lato e vide suo fratello e Fuyuki concentrati nel colorare dei disegni, poi qualcuno gli prese la mano e un singhiozzo più forte si levò nell'aria.

«Ehi.» voltò la testa a destra e incrociò lo sguardo rassicuratore di Eita. Yukine si allungò sul letto e si accoccolò di fianco al castano, singhiozzando.

«Ehi...» Kenjirou gli scompigliò delicatamente i capelli, stringendolo per quanto possibile al petto.

«Ben svegliato.» suo fratello gli sorrise e così fece Fuyuki.

«Ciao, papà!» Akihito si alzò e fece sedere il nipote sul letto. Quello si andò a stendere nella stessa posizione del gemello con un sorriso.

«Vado a dire ai dottori che ti sei svegliato.» e sparì oltre la porta. Kenjirou spostò lo sguardo su Eita.

«Che cos'è successo?» il biondo scrollò le spalle.

«Mi hai chiamato qualche ora fa e quando ho risposto sembrava che qualcuno ti stesse aggredendo. Io, uhm... Passavo da quelle parti – ti stavo cercando in realtà – quindi sono riuscito ad intervenire in tempo. Ho chiamato l'ambulanza e la polizia e hanno arrestato quel tizio. Si è ripreso quasi subito in realtà e se non avesse sentito le sirene della polizia probabilmente anche io sarei nelle tue condizioni.» rispose, appoggiandosi con i gomiti alle cosce. «Mentre ti caricavano in ambulanza sono arrivati tuo fratello e loro due, quindi siamo venuti insieme all'ospedale. Si pensa che il tipo fosse ubriaco o qualcosa del genere, perché ha iniziato a delirare. Oppure gli ho dato una botta troppo forte con quel pezzo di ferro.»

Il castano sforzò un piccolo sorriso. «E... E qual è la mia diagnosi?»

Eita sorrise. «Hanno detto che sei stato fortunato perché non hai nessun trauma cranico e a parte qualche livido stai una favola, quindi adesso ti faranno qualche controllo e ti dimetteranno.»

Yukine si asciugò le lacrime e alzò lo sguardo, trattenendo un singhiozzo. «Non farlo più! Cattivo!»

Kenjirou sospirò, stringendo al petto i due bambini e chiudendo gli occhi.

<°>.°.<°>

«Grazie del passaggio.» Kenjirou guardò il fratello al volante. Lui scrollò le spalle.

«Figurati. Fammi sapere come va il naso poi.» indicò divertito il grosso cerotto che era stato fissato sul viso del minore e il castano arrossì leggermente, dandogli una gomitata.

«Ci vediamo.»

«Ciao.» scese dalla macchina e sorrise vedendo Eita e Fuyuki fare a guerra di palle di neve mentre lo aspettavano. Prese per mano Yukine e aprì il portone d'ingresso con la chiave di riserva di Akihito, guardandosi alle spalle.

«Sto chiudendo la porta!»

«Arriviamo!» Eita si caricò Fuyuki a cavalluccio sulle spalle con un grosso sorriso stampato in viso.

Kenjirou entrò in casa con un grosso sospiro e si accasciò sul divano senza nemmeno togliersi la giacca. Eita aiutò Fuyuki a scendere e il biondo si diresse velocemente verso il padre, tirandogli una delle gambe dei pantaloni. «Cosa c'è per cena, papà?»

Shirabu scosse la testa, mormorando esausto. «Non lo so.»

Eita scompigliò i capelli di Fuyuki e prese per mano Yukine. «Perché non andate a giocare un po' in camera mentre io e papà prepariamo la cena?»

Kenjirou sospirò mentre i due bambini sparivano in camera. Spostò lo sguardo su Eita e scosse la testa, ma prima che potesse dire qualcosa il biondo chiuse la porta e si andò a sedere sul divano al suo fianco. «Dobbiamo parlare.»

«Uccidetemi.» mormorò il castano alzando il viso al soffitto, rendendosi poi conto di quanto ironico suonasse detto da lui, che poche ore prima aveva rischiato di morire.

«Ti ricordi i biglietti che ti ho dato?» Semi ignorò la sua affermazione e l'altro annuì.

«Senti, mi spiace di aver reagito così. In realtà ci tengo a venire e mi hanno cancellato il turno quindi sono libero. Chiuderò a Taichi se riesce a darmi un passaggio in macchina. Io-» il biondo scosse la testa, preoccupato. «Cosa? Pensavo che volessi la mia presenza al tuo concerto.»

«Non puoi più venire.» sentenziò il più grande. «Per favore, non venire.»

Shirabu si tolse la giacca e guardò il biondo con un sopracciglio alzato. «Perché questo improvviso cambio d'idea?»

Semi deglutì, prendendogli le mani tra le proprie. «C'è stato un casino e... E non voglio che ti accada qualcosa. Né a te né ai bambini.»

«Cos'è successo?» Kenjirou incrociò le gambe sul divano e si voltò completamente verso il biondo.

«Io- Ecco... Ieri sera abbiamo suonato in un bar. È stata una cosa piccola, era una specie di festa privata, ma... C'è stata questa ragazza con cui mi sono messo a parlare dopo la festa perché a quanto pare eravamo in classe insieme al liceo prima che si trasferisse, però stamattina la polizia mi ha chiamato e hanno detto di averla trovata morta sul retro del locale.» Eita afferrò il cellulare e Kenjirou trattenne il fiato quando gli mostro la foto di un biglietto. «Questo è stato lasciato vicino al suo cadavere ieri sera. Non c'è traccia d'impronte e lei è stata accoltellata con una forza che normalmente apparterrebbe ad un uomo di una certa stazza.»

Il biglietto non era altro che un tovagliolo con una scritta in penna che recitava: la prossima troia che finirà sotto la mia lama sarà la tua falsa anima gemella e con lui seguiranno i piccoli bastardi. – la tua vera anima gemella. Il castano crollò contro lo schienale del divano, tirando un respiro tremante. «Credi... Pensi davvero si riferisse a me?»

«È probabile.» Eita fece scivolare nuovamente in tasca il telefono. «L'ho detto alla polizia, ma siccome non abbiamo prove concrete del fatto che tu sia sotto minaccia mi hanno solo raccomandato di dirti di girare sempre con qualcuno.»

«Non... Questo è impossibile. Non vedo come potrei fare.» rispose il castano. «Non ho qualcuno che possa accompagnarmi ovunque.»

Semi chiuse gli occhi e tirò un profondo respiro. «Che... Che ne diresti se ti dessi un passaggio io per quanto riguarda l'università?»

Shirabu scosse la testa. «Non voglio farti venire fino a qui ogni volta. Lavori in centro, no? Qui siamo quasi in periferia.»

«Appunto!» sbottò Semi, alzandosi dal divano di scatto e facendo sobbalzare il castano. «Cazzo, qui non si tratta più di soldi e di favori, ma della vita di ben tre persone! Sono disposto ad alzarmi mezz'ora prima la mattina per tenervi al sicuro, diamine.»

Kenjirou si alzò e superò il più alto, dirigendosi verso il frigo. «Penso che dovresti andare.»

Eita lo guardò con gli occhi sbarrati per qualche secondo, poi si diresse a passo spedito verso di lui e gli fece voltare il viso di scatto afferrandolo per il mento. Shirabu aprì la bocca per ribattere ma il biondo gli parlò sopra. «Sai, quando mi hai chiamato oggi pomeriggio stavo proprio venendo a dirti questo. Se fosse vero allora quell'uomo era un sicario venuto per ammazzarti. Se non fossi stato nelle vicinanze a quest'ora staremmo organizzando un funerale, il tuo

Kenjirou fece un passo indietro e sibilò. «D'accordo, valuterò la tua proposta.»

«Non c'è niente da valutare! Non abbiamo altre opzioni, a meno che tu non possa permetterti un tassista privato, ma dal momento in cui ti lamenti perché ti mancano i soldi e non vuoi accettare i miei nemmeno per tenerti un tetto sulla testa dubito che questo sia possibile!» sbottò Eita.

Il castano tirò fuori dal frigorifero una confezione di carne cruda e superò il biondo per iniziare a cucinare. «Davvero, dovresti andartene. Grazie per tutto, ma...»

Shirabu indicò con la punta del coltello che aveva tirato fuori la porta d'ingresso ed Eita non se lo fece ripetere due volte. Afferrò la giacca e superandolo con una spallata uscì sbattendo l'uscio.

 

   
 
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