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Autore: SilvanaFreesound    26/02/2021    0 recensioni
Si tratta del sequel del mio primo racconto "My Angel" in cui i nostri beniamini Kei Tsukishima e Tadashi Yamaguchi si troverranno alle prese con le loro prime esperienze erotico/amorose. I due pallavolisti si inerfacceranno con alcuni personaggi trovandosi in situazioni a volte comiche, al limite del paradossale! Vi auguro buona lettura e buon divertimento !
Genere: Comico, Commedia, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Tsukishima, Nuovo personaggio, Tadashi Yamaguchi
Note: Lime, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUATTRO
 

Arrivati a destinazione, il giovane pallavolista fece subito conoscenza con la nonna di Kaori. Rimase piacevolmente sorpreso nel constatare quanto l’anziana signora somigliasse alla sua amata.

Osservandola così minutina, ancora di bella presenza e giovanile, la mente di Tadashi si proiettò nel tempo immaginandosi a fra cinquant’anni , seduto su di un divano consunto, abbracciato a lei davanti al caminetto acceso, tutti e due attorniati da una miriade di rumorosi e vivaci nipotini.

L’anziana signora si scusò con i ragazzi sul fatto che ancora non fosse pronto.

“Mi dovete scusare, figliuoli cari! Sono tornata ora dal supermercato: ho incontrato una vecchia amica e ci siamo messi a chiacchierare dei bei tempi andati. Voi, intanto, fate con comodo, al resto ci penso io!”

La nonna diede loro le spalle e, riponendo la spesa sullo spianale, cominciò a cucinare.

I ragazzi presero posto a tavola, osservandola mentre preparava amorevolmente per loro.

Attenta a non farsi scoprire, di lì a poco la moretta tutto pepe accolse il suggerimento della nonnina: iniziò a sbaciucchiare dappertutto il timido Tadashi, il quale rimase per un attimo inerme, rigido come il marmo, terrorizzato dalla possibilità che il fratello di lei rincasasse anzitempo.

“Dai, Kaori, non fare così! Non ora, più tardi magari!” la pregò imbarazzato.

La ragazza annuì e, fingendo un improbabile contegno, smise di coccolarlo.

La vecchietta, sempre di spalle, affettando la cipolla ed asciugandosi le inevitabili lacrime con il grembiule, principiò il simpatico interrogatorio.

” Da quanto tempo conosci il mio piccolo angelo? Siete nella stessa classe?”

“No signora, io sono nella sezione 4 e lei è nella sezione 5.”

“Allora siete vicini di classe.”

“Si, signora.”

Kaori tornò alla carica, sussurrandogli all’orecchio frasi che in quel momento non avrebbe voluto sentire.

“Dimmi, amore mio, ma le lentiggini ce le hai soltanto in faccia?”

Così dicendo, fece scivolare la mano sotto il tavolo andandosi a posizionare maliziosamente sul ginocchio nudo del suo moroso.

Il lentigginoso cercò di mantenere una certa compostezza, ma in volto divenne di mille colori.

Le mani di lei si soffermarono lì solo per pochi attimi, spostandosi velocemente verso l’interno delle sue cosce muscolose.

Il ragazzo sussultò piacevolmente ed in qualche modo riuscì a mantenere la calma.

“E dimmi un pò, cos’altro fai oltre che a studiare?” incalzò curiosa l’anziana intenta a cucinare.

“Io gioco a pallavolo, signora! Sono entrato a far parte della squadra del liceo.”

“Ottima cosa” affermo la nonnina mentre tagliava la carne a tocchetti.

“ Gliel’ho sempre detto a Kaori, fai uno sport, iscriviti a danza, prendi una boccata d’aria, ma lei niente, sta tutto il giorno chiusa in camera a studiare. Sempre a studiare! Quella matematica poi, è un’ossessione, che ci troverà di interessante dico io!”

Kaori accolse nuovamente il suggerimento della nonna e gli bisbigliò all’orecchio ridacchiando:

“ Quanto vorrei contare ad una ad una tutte le lentiggini che hai sul corpo!“

Udendo tale affermazione, il ragazzo digrignò i denti irrigidendosi.

La mano di Kaori improvvisamente si mosse dall’interno cosce: ella tentò di salire su il più possibile, tuttavia non riuscì nell’impresa, saldamente bloccata dal lentigginoso.

“Kaori, ti prego, basta così, fai la brava!” la implorò.

La nonna continuò con le sue divagazioni:

“Beata gioventù! Stare insieme in classi miste! Ai tempi miei si studiava a casa e non si poteva fare amicizia con i maschi.”

La fanciulla accontentò il suo amato, visibilmente agitato dai continui attacchi sferrati, lasciando in pace quelle cosce dai peli ormai intirizziti.

Tadashi provò un immediato sollievo al suo ritrarsi: quella tortura, seppur piacevole, stava diventando davvero difficile da celare.

L’idillio durò poche manciate di secondi.

La moretta decise di concentrare le sue carezze altrove: senza farsene accorgere dal diretto interessato, piano piano provò a sollevare un lembo della sua maglietta.

Così facendo, raggiunse indisturbata i suoi turgidi pettorali sfiorando insistentemente i suoi capezzoli, sporgenti e duri come chiodi.

La vecchietta, continuando a dar loro le spalle, proseguì a chiedere di loro:

“ La mia Kaori è sempre tanto triste; sono contenta che si è fatta un nuovo amico. E’ bello farsi nuovi amici!”

“Si nonna, hai ragione! “ disse la fanciulla continuando ad accarezzare avidamente Tadashi ovunque.

“E tu sei contento di essertela fatta amica?” chiese al pallavolista.

La lucidità di Yamaguchi iniziò a vacillare.

“Si signora, sono contento di essermela fatta! Ehm, cioè, di essermela fatta amica!”

La nonna continuò a raccontare le sue esperienze di vita:

“Poi un giorno mi hanno presentato un giovine proveniente da un altro villaggio ed è stato amore a prima vista. Ci siamo sposati presto con tuo nonno.”

“Si nonna, la racconti sempre questa storia!”

“Si tu la conosci, ma il tuo amico no! E abbiamo fatto tanti figli. Ecco la storia della famiglia Mazuka!”

In quell’istante la ragazza smise di sfiorare il torace di Yamaguchi e, cogliendo la palla al balzo, ritornò nuovamente con le mani sotto il tavolo.

Stuzzicata da un agevole accesso, scansò quanto basta l’elastico di quei pantaloncini e giunse rapidamente lì dove Tadashi non si aspettava che potesse arrivare.

“No, che fai….con tua nonna davanti!” il giovane tentò inutilmente di divincolarsi dalla presa.

La ragazza gli sussurrò all’orecchio:

“Dai, stai zitto e fermo! Lasciami fare, che tanto è mezza sorda!”

“No dai, non è il caso, non posso, non voglio!”

La ragazza non badò alle sue rimostranze: poté toccare con mano, in tutti i sensi, che erano delle false ritrosie quelle paventate dal lentigginoso.

Così insistendo, afferrò le redini della situazione, imbroccando il giusto ritmo.

L’anziana signora, sempre dando le spalle ai due amanti, continuò con le sue narrazioni:

“Siamo una famiglia unita come poche, noi Mazuka. A proposito questo fine settimana mio marito ha organizzato una battuta di pesca. Ci sarà il papà di Kaori ed il “piccolo” Ryotaro. Perché non ti unisci pure tu a loro? Sarà un’esperienza divertente, in tenda al contatto con la natura. Un bel modo per sentirti parte della nostra famiglia, tutti gli uomini Mazuka al completo!”

Yamaguchi non riusci a risponderle: completamente in estasi, con la testa in un altro pianeta, non stette ad ascoltare una sola parola di ciò che disse la vecchietta.

A tratti si contorceva abbandonandosi al piacere; poi, intimorito dall’ambiente cosi poco intimo, ritornava per un breve istante in sé provando, invano, a fermare la mano della ragazza che continuava imperterrita, con ritmo sempre più incalzante, diretta a concludere ciò che si era prefissata.

La nonna, sconsolata per non aver udito alcuna risposta, girando e rigirando con un mestolo la preparazione, ripropose insistentemente la domanda:

“Allora ci vieni ? Ci vieni ? “

Il ragazzo al culmine del piacere si lasciò guidare dalle parole della nonna:

“Io direi....che potrei…venire! Si vengo! Ehm, cioè, ci vengoooooooo!”

In quel preciso momento rientrò il fratello batterista, provato da un’intensa sessione di prove con la band e da una dura giornata di lavoro: da alcuni anni era il magazziniere del punto vendita di ricambi auto di proprietà della famiglia.

Tadashi, tentando in extremis di salvare le apparenze, fece appena in tempo a ricomporre il cavallo dei calzoncini.

Ryotaro salutò a modo suo il nuovo ospite:

“E tu chi diavolo saresti? Pidocchio!”

“Io sono Yamaguchi, Tadashi! Piacere di conoscerla Ryo-san, anzi no, signor Ryotaro-san, anzi che dico, signor Mazuka-san!”

“Guarda che con me tutto questo slinguazzamento non funziona, pidocchio!”

La nonna accolse affettuosamente il nipotino:

“ Ryò, piccolo mio, vai a lavarti le mani che tra poco è pronto!”

“No, nonna, grazie. Come se avessi fatto! Ho già mangiato un hamburger con i ragazzi della band. Sto a posto così. Comunque mi intratterrò ugualmente con tutti voi a tavola, per farvi compagnia, che non si dica che a casa Mazuka manchi l’ospitalità!”

“Ben detto, orsacchiotto mio, mio figlio ti ha tirato su proprio bene!” affermò la nonna soddisfatta.

Il palestrato si sedette di fronte ai due ragazzi, scrutandoli dalla testa ai piedi, pronto a cogliere ogni minimo segnale di defaillance da parte loro.

“Ecco pronto, buon appetito!”

La nonna impiattò con dovizia quanto cucinato annunciando la pietanza con grande entusiasmo:

“Dell’ottimo ramen piccante (*) …..la ricetta originale centenaria della famiglia Mazuka!”

Tadashi trasalì non appena vide quella scodella di brodaglia in cui era affogata della carne ed un paio di noodles attorcigliati.

Accettando l’invito a cena, non aveva messo in conto che gli si offrisse una pietanza così tanto nemica del suo colon; lui che non appena mangiava qualcosa di pesante o di speziato era destinato a finire ore ed ore sopra la tazza del water.

Kaori incoraggiò il ragazzo:

“Te l’avevo detto che la nonna è un’ottima cuoca e che ti avrebbe preparato qualcosa di speciale! Suvvia mangia!”

Il cognato rincarò la dose:

“ Suvvia mangia, non vorrai mica far dispiacere mia nonna!”

Yamaguchi, rassegnandosi ad una inevitabile diarrea acuta, con le bacchette prese via via i vari pezzi di carne, presumibilmente di maiale, premurandosi di portarli alla bocca solo dopo averli accuratamente scolati da tutto quel brodo untuoso. Stessa cosa poco dopo lo fece con quel poco di spaghetti che trangugiò in un sol boccone senza pensarci.

“Mio caro, ma il brodino non lo finisci?” suggerì premurosamente l’anziana signora.

“E’ lì che si concentrano tutti i nutrienti e tu devi ancora crescere!”

Kaori, intuendo che il piatto non fosse esattamente di gradimento, tentò di difendere il suo amato.

“ Nonna, ma non vedi che è già un metro e ottanta? Ed ha ancora quindici anni, dagli tregua!”

“Si, ma non lo vedi com’è gracilino? Guarda tuo fratello invece quanto è forte e bello a furia di mangiare il ramen della famiglia Mazuka!”

“Hai sentito cosa ha detto la nonna? Che ci aspetti? Mandalo giù! “ gli ordinò perentoriamente il cognato.

Lo sguardo insistente dell’energumeno divenne da severo a minaccioso.

Il povero pallavolista non riuscì a tenergli testa e distolse il suo, soffermandosi su quel drago sputafuoco che gli campeggiava fiero, tatuato sul bicipite destro, il quale gli sembrò ,per un attimo, che lo stesse guardando in cagnesco, anche lui come il suo padrone.

Quel brodo era bollente e speziatissimo, al limite dell’umana sopportazione: accettando la triste sorte, Tadashi ne buttò giù una buona parte tutto di un fiato, scatenando un “effetto lava” nel suo delicato intestino.

Ryotaro si stava abituando alla presenza in tavola del lentigginoso e, per ammazzare il tempo, prese la sua preziosa cartella portadocumenti, tirando fuori degli occhiali da lettura che inforcò.

Il quindicenne non era per nulla sereno: stava seduto con una gamba fuori dal tavolo, pronto a fuggire in caso in cui la situazione fosse precipitata.

“Ancora lì ce l’hai quel brodo, finiscilo tutto!” gli imperò il cognato.

Yamaguchi si arrese all’amaro destino: chinò la testa sconsolato sul piatto; con tutto quel grasso in sospensione a tratti riusciva a specchiarsi.

Decise di farla finita e bevve direttamente dalla scodella.

Non appena rialzò il capo una immagine lo inquietò: l’energumeno teneva per le mani con nonchalance una rivista osé e Tadashi si ritrovò improvvisamente sbattuta in faccia una pin up dalle tette enormi che addentava una mela rossa; il rossetto aveva lo stesso identico colore del frutto del peccato.

La conturbante modella era “vestita” solamente da un boa, non di piume, bensì un grosso rettile in carne ed ossa che le sbucava direttamente dalle cosce.

A quell’immagine, Yamaguchi sussultò, sputando a spruzzo ovunque, scatenando l’ira del cognato e del suo relativo drago sputafuoco.

“Tadashi, amoruccio mio!” accorse Kaori preoccupata, sincerandosi che stesse bene.

“Figliuolo caro, che è successo?” domandò la nonnina in ambasce.

Il lentigginoso finse di tossire:

“Forse mi è andata una spezia di traverso!”

La vecchietta si meravigliò, certa di aver accuratamente setacciato il brodo con un colino.

Ryotaro distolse un attimo lo sguardo dalle sue profonde letture per sentenziare senza giri di parole:

“Sfigato!”

Dopo poco richiuse con fare annoiato il giornaletto ormai logoro, lasciandolo adagiato sul tavolo in bella vista.

Tadashi ebbe come l’impressione che l’avesse già esaminato parecchie volte.

Il batterista, fingendosi improvvisamente interessato alla vita dell’amichetto di sua sorella, gli chiese:

“Di un pò, senti qua, in che ruolo giochi a pallavolo?”

“Io sono Middle Blocker: sono un attaccante. Mi occupo di murare l’avversario e di schiacciare la palla dal centro della rete. Per il momento mi sto specializzando nei servizi ad effetto: sono un pinch server !” affermò con orgoglio Yamaguchi.

Pinch server ? Pinch come il cane? Fai servizi da cani? “ alla battuta demenziale rise solamente lui.

In quel momento la nonna si allontanò per gettare l’immondizia; il clima divenne a tratti quasi irrespirabile.

La curiosità del musicista divenne più insistente:

“Ma a pallavolo si può battere con i piedi?”

“No” rispose il pallavolista “durante il gioco si può ribattere con tutte le parti del corpo purché la palla non tocchi terra, ma per quanto riguarda il servizio…..”

Ryotaro non gli fece nemmeno concludere la spiegazione:

“Secondo me dovrebbero cambiare il regolamento, almeno per te!”

Yamaguchi si alzò dalla sedia pronto a defilarsi, percependo un non so che di ostile nelle parole del cognato.

“Ti ho visto prima sai, quelle mani addosso a mia sorella, lì, sotto il tavolo, razza di lurido pervertito ! Per tutti gli dei, non mi chiamo Ryotaro se non te le stacco di netto!”

Tadashi, in preda di fortissimi crampi allo stomaco, decise di accomiatarsi dandosela a gambe levate alla velocità della luce.

Una volta a casa, al sicuro sopra il gabinetto, si domandò se la causa di tale diarrea fosse da imputare al ramen della nonna o alle minacce del cognato.

 

(*) Ramen: è un tipico piatto giapponese a base di spaghetti di frumento servite in un brodo di carne o di pesce, spesso insaporito con salsa di soia e con guarnizioni come maiale affettato, alghe marine secche, uova o mais.

 

 

   
 
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