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Autore: crazyfred    30/03/2021    2 recensioni
{FRANCESCO & EMMA} "La neve aveva assunto l'odore dei suoi baci sotto i portici, del cioccolato, della cannella e delle arance che aromatizzavano i bicchieri bollenti di vin brûlé"
Prosieguo ideale della storia d'amore di Emma e Francesco, dove li abbiamo lasciati alla fine della quinta stagione. La voglia di ricominciare da zero, ma anche di non cancellare quello che è stato, il ricordo indelebile di errori da non commettere più. E chissà, magari coronare il loro amore con un nuovo arrivo...
Ma anche la storia di quella banda di matti che li circonda: Vincenzo, Valeria, ma anche Isabella, Klaus e naturalmente Huber.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 28 - Noi casomai
 
 


 
Sei tutto quello che non mi aspettavo
Sei quella che aspettavo io da tempo
Riempi la distanza da chi non sarò mai
Tra le disfatte e tutti i miei vorrei
E spero solo che non finirà
Sei la destinazione che mi corre incontro
 
Quella mattina, la stanza di ospedale era piena di luce, inondata dal calore di quella giornata assolata che rischiarava tutto il paese. Era un bel giorno per tornare a casa. Sul letto, che maniacalmente aveva lasciato ordinato, il suo trolley e la borsa della bambina erano pronte, in attesa di Francesco che arrivasse da casa con il carrozzino. Vincenzo aveva passato la sera precedente, durante l'orario visite, a prendere in giro Francesco per le prove attacco e sgancio della navicella dall'automobile, ma per Emma era una cosa dolcissima invece che si stesse dando da fare perché tutto fosse perfetto e sicuro.
Se ne stava ad aspettarlo appoggiata al davanzale della finestra, con Sole stretta e rannicchiata sul suo petto, approfittando del tepore e della luce che arrivava diretta sul suo viso.
"Emma!" la ginecologa che la seguì durante tutta la gravidanza entrò nella stanza "Come andiamo?"
A causa del turno di riposo, era la prima volta che Emma e la dottoressa si incontravano dopo il lieto evento. "Benissimo dottoressa, grazie. E poi oggi porto a casa la mia bimba …"
Lei che aveva frequentato gli ospedali per molti anni conosceva bene la gioia che si provava a tornare a casa, togliersi di dosso l'odore di chiuso e di disinfettante che impregna persino pareti e pavimenti. Sebbene questa volta il ricovero fosse stato dovuto ad un bel motivo, era un sollievo poter tornare tra le proprie mura, nel comfort dei propri spazi e dei propri affetti.
"Mi è dispiaciuto tantissimo non essere presente al parto, ma ahimè non possiamo decidere sulle urgenze" "Non si preoccupi dottoressa, capisco perfettamente. E poi, senza offesa, Renate è stata all'altezza della situazione" "Non lo metto in dubbio. Anzi, non ti avrei lasciata nelle mani di nessun'altra, credimi. E poi mi ha detto l'uccellino che sei stata veramente brava" "Oh è stato un lavoro di squadra" minimizzò. Emma ne era convinta: se era riuscita a partorire velocemente e senza particolari patemi lo doveva anche al supporto di suo marito, e quella presenza positiva aveva aiutato anche la bambina.
"Qui c'è il foglio di dimissioni e tutti i referti dei tuoi esami e quelli della bambina" disse la dottoressa, poggiando una cartellina con il logo dell'ospedale sul tavolo addossato alla parete "per qualsiasi problema non esitare a chiamare. Ho segnato anche i controlli di routine da fare con me tra quaranta giorni e una TAC, come consigliato dal tuo neurochirurgo, mi raccomando…" Emma annui, educatamente. Anche se era passato solo un anno, a volte la sua nuova vita le faceva dimenticare che, per anni, aveva camminato sull'orlo del precipizio.
Date le ultime indicazioni e gli ultimi consigli il medico lasciò la donna da sola in stanza con la bambina che, svegliatasi, reclamava a pieni polmoni il latte materno. Emma andò a sedere sul letto e, aiutandosi con un cuscino, iniziò ad allattare la bambina da sola. Solo quando la piccola era ben attaccata e tirava il latte con decisione, dimostrando che non era una voglia di coccole, ma vera fame, Emma si rese conto che per la prima volta aveva fatto tutto da sola, senza dover suonare il campanello e farsi aiutare dall'ostetrica di turno. Avendo tolto il pigiama, dismessi i panni della paziente, si era sentita già fuori dall'ospedale, pronta ad affrontare quella nuova vita a quattro che l'attendeva a casa. Non aveva paura, era solo orgogliosa.
Mentre Emma allattava, Francesco entrò nella stanza. Emma di spalle, assorta, non si era neanche accorta del marito. La luce del sole che entrava nella stanza, il gioco di luci ed ombre, rendevano quella scena un piccolo quadro impressionista, a cui nessuna istantanea scattata con un cellulare avrebbe potuto rendere giustizia. Non si considerava un abile fotografo a sufficienza da poter fissare in uno scatto la pace e la dolcezza di quel momento. Emma, la testa bassa ed inclinata leggermente di lato teneva gli occhi fissi sulla bambina che, aggrappata al seno quasi con tutto il corpicino, teneva stretta la mano della madre che le favoriva l'attacco.
Era una immagine così straordinaria a cui faceva fatica ad abituarsi: l'universo intero, l'emblema della vita, compresso in una stanza o poco meno. Marco aveva avuto la fortuna di allattarlo lui stesso dall'inizio perché Livia non aveva latte a sufficienza e, quando poteva, non si faceva scappare la possibilità di dargli il biberon. Ma non era affatto invidioso; lui e Sole, ne era certo, avrebbero trovato il modo di ritagliarsi uno spazio tutto loro.
Lasciata la carrozzina ai piedi del letto, Francesco si sedette di fianco a sua moglie, facendo scivolare un braccio delicatamente dietro la schiena, ma Emma non si scompose, si lasciò solo andare ad un sorriso sereno e delicato. "Pensavo che non ti fossi accorta del mio arrivo …" le disse, poggiando un bacio sulla sua guancia. "Sole, papà è convinto ancora che io abbia bisogno degli occhi per accorgermi di lui" ironizzò, sarcastica, voltandosi finalmente verso il marito "ciao!"
Gli stampò un bacio sulle labbra per essere sicura che non se la fosse presa per quella battuta, ma Francesco non era permaloso; o almeno, non con lei.
"È tutto pronto per andare via?" domandò l'uomo "C'è Leo che scalpita, stamattina mi ha buttato giù dal letto … per convincerlo ad andare all'asilo gli ho promesso che andiamo a prenderlo prima di pranzo" "Francesco!" lo rimproverò Emma "eravamo d'accordo che …." "Dai Emma!" la interruppe "Un'uscita anticipata non è la fine del mondo e poi è un giorno speciale anche per lui!" "Sì ma …" "Niente ma" ribatté Francesco "sono sicuro che anche tu muori dalla voglia di riaverlo tutto per te. Non è così?" "Touché!" ammise, arrendevole. Non sentiva ancora di essere al pieno delle sue forze, ma le mancava la sua routine giornaliera, le coccole con il suo bambino, Luna che scorrazza per casa, il chiasso dei suoi ragazzi che giocano in giardino, persino asciugare il lago d'acqua che Leo faceva durante il bagno. Mentre Emma terminava la poppata, Francesco portò le valige in auto: era talmente euforico all'idea di incominciare questa nuova vita a quattro con la piccola Sole che non riusciva a stare fermo. Aveva incolpato Leonardo, ma la verità era che, un po' per aver dormito la mattina precedente, un po' per l'adrenalina, anche lui aveva dormito pochissimo.
Rientrò in reparto che Emma stava sistemando la piccola nella navicella. Ogni piccolo gesto, quella mattina, seppur banale, aveva un sapore particolare. Nessuno dei due poteva evitare di sorridere ad ogni minima cosa: mentre Francesco metteva le valigie in auto, mentre Emma controllava che non avesse lasciato nulla negli armadietti, pregustavano l'emozione dell'uscita dall'ospedale e del ritorno a casa.
"Coprila bene, mi raccomando" "Amore non incominciare!" lo riprese Emma "non mi sembra stia nevicando fuori, basterà il lenzuolino"
Prima di tornare a casa, uscendo dall'ospedale, decisero di andare a prendere Leonardo all'asilo a piedi, approfittando della bella giornata e dei pochi metri di distanza della scuola dall'ospedale. Vista l'eccezionalità dell'orario i corridoi erano silenziosi, i bimbi ancora impegnati nelle attività giornaliere. Aspettare fuori dall'aula che la collaboratrice andasse ad avvisare la maestra del loro arrivo con la bambina accanto a loro che dormiva nel passeggino era una sensazione stranissima. Bella, certo, ma totalmente surreale. L'idea che quell'esserino innocente fino a pochi giorni prima era poco più di un'idea, di una presenza nascosta ed era stato in grado di sconvolgere totalmente le vite di tutti loro era destabilizzante. Lei non poteva saperlo ma il suo nome rendeva meravigliosamente l'idea di quanto tutta la sua famiglia, fratellino compreso, gravitasse intorno a lei.
"Signori Neri" si sentirono chiamare, chini di fronte al carrozzino. La maestra si avvicinava con Leonardo al suo fianco che le teneva la mano. Il piccolo, repentinamente, lasciò la presa per correre incontro ad Emma che, inginocchiatasi, lo accolse a braccia aperte. "Volevo farvi i miei auguri di persona" disse la donna, cordiale, ma Emma, sperando che l'insegnante potesse comprendere e perdonarla, non aveva che occhi per Leonardo.
"Questo è per te" le disse il bambino, dandole una busta da lettere. "Per me?" la maestra spiegò che ci aveva lavorato su per due giorni. "Grazie cucciolo!" Emma aprì la busta, ma con difficoltà: le mani le tremavano. Leonardo le aveva regalato già tante volte dei disegnini, eppure - forse per colpa degli ormoni o del momento particolare - questa volta c'era qualcosa di diverso. La donna estrasse un cartoncino piegato a metà: sulla copertina aveva composto un bouquet colorato fatto con la tempera e le impronte delle sue mani e, all'interno, il disegno della loro famiglia al completo. C'era la loro casa, con il grande castagno e la legnaia, c'era Luna con il manto grigio e le orecchie a punta, c'era Sole, disegnata come meglio poteva in braccio ad Emma.
"Siamo noi?" domandò, emozionata. "Sì, ho scritto anche i nomi" disse ma, avvicinandosi all'orecchio di Emma con la mano davanti alla bocca chiarì "mi ha aiutato la maestra, io non lo so ancora fare da solo" "Vediamo: papà, Leo, Luna, Sole, Emma. Ci siamo proprio tutti!!! Sei stato bravissimo" lo incoraggiò Emma. "No, non c'è scritto Emma. Vero, maestra?" domandò il piccolo all'insegnante, timoroso di aver fatto un errore. La donna si curvò per vedere il bigliettino. "Eh no, legga bene signora Neri, Leo ha ragione." Emma si scusò per non mortificarlo, incolpando la fretta. Tornò sul disegno e si rese conto che, in effetti, quella che aveva scambiato per Emma era in realtà … Mamma. "Leo!" esclamò, la voce che le tremava "Hai scritto … mamma?" Leo annuì, orgoglioso. "Papà ha detto che Sole è mia sorella perché lui è papà di lei e anche di me" spiegò, come meglio poteva "quindi se tu sei la sua mamma, sei anche mia mamma. È giusto?" "Sì amore mio, certo che è giusto. Io sono la tua mamma!"
Emma si alzò e lo prese in braccio e ringraziò il cielo che non il pancione non fosse più d'ostacolo perché sentiva il bisogno viscerale di stringerlo a sé più forte che poteva e il bambino non se lo fece ripetere due volte che subito si gettò al suo collo, aggrappandosi anche con le gambe come un cucciolo di koala con la sua mamma. La sua mamma. Finalmente l'aveva scelta. E non poteva che essere riconoscente e fiera che lo avesse fatto, ma avrebbe aspettato tutta la vita perché fosse pronto, se fosse stato necessario, senza pretendere nulla, perché è quell'amore incondizionato che fa di una persona un genitore. Non un'etichetta, non un certificato, né una goccia di sangue o una sequenza di DNA.
Tornati verso il parcheggio dell'ospedale, smaltita la commozione e riconquistata l'emozione, salirono in auto: Emma seduta dietro vicino ai bambini, ciascuno sul suo seggiolino auto che Francesco aveva montato alla perfezione, a dispetto degli sfottò del loro testimone di nozze.
 
Ripenso a quando ero rimasto solo
Per un motivo che io non ho mai capito
Sentivo di essere inciampato nel destino
Poi sei arrivata tu e mi hai sorriso
Ad occhi chiusi andiamo verso il mondo
Vivendoci la gioia del momento
 
"Allora signora Neri" Francesco richiamò l'attenzione di sua moglie, guardandola dallo specchietto retrovisore mentre sistemava la cintura dell'ovetto attorno a Sole "andiamo a casa?"
"Decisamente signor Neri" dichiarò, con un sorriso orgoglioso. Vide nello specchietto gli occhi del marito e riconobbe nel suo volto la stessa gioia che illuminava il suo, la stessa energia che li spingeva a tutta forza verso quell'avventura lunga una vita intera. Durante il viaggio in auto il forestale buttava uno sguardo, di tanto in tanto, verso i sedili posteriori. Emma era così immersa nella conversazione con Leonardo, che aveva una lista lunghissima di domande sulla sorella, che nemmeno si accorse che la strada che stavano percorrendo andava nella direzione opposta rispetto al maso. "Ma non siamo ancora arriva- Francesco dove stiamo andando?" domandò alzando per un attimo la testa e buttando lo sguardo fuori dal finestrino. "So che sei un po' stanca ma c'è una sorpresa che non può aspettare" L'uomo gongolò, essendo riuscito a tenerle nascosta quell'improvvisata ben più a lungo delle sue aspettative. Erano, infatti, ormai a destinazione.
"Perché siamo venuti al lago?" "Adesso vedrai …"
L'uomo aiutò la sua famiglia a scendere dall'auto e mentre smontava l'ovetto dalla base per l'auto, Emma si incamminò verso il sentiero assieme a Leonardo con la piccola tra le braccia, avvolta nella sua copertina. Si fermò sul ponticello, in quel tratto in cui gli alberi, nonostante il sole alto del mezzogiorno, ancora garantivano un discreto cono d'ombra e frescura.
"Andiamo!" esclamò Francesco, raggiungendoli e Leonardo corse verso la palafitta. "Che sta succedendo? " Francesco rise, sornione, poggiando il braccio libero attorno alle spalle di sua moglie e, lentamente si incamminarono verso la loro vecchia casa sul lago. Erano settimane che non ci metteva piede e la vedeva sola, vuota, mettendole addosso una tristezza e una nostalgia incredibili. Certo la sua vita era cambiata radicalmente, la loro casa era a misura della loro famiglia, ma sopra quei pali di legno aveva lasciato parte del suo cuore. Arrivati sulle scalette d'ingresso, Emma notò che non solo la porta era aperta ma Leonardo, percorrendo la banchina, trovò Luna ad accoglierlo. "Mi vuoi spiegare per favore?" "Ho organizzato un piccolo benvenuto per Sole … insomma, lei qui ci è nata, non potevamo non portarla" Emma si lasciò andare ad un sospiro di meraviglia, perché suo marito si definiva un non romantico, diceva sempre di non essere in grado di fare grandi gesti sentimentali o dichiarazioni sdolcinate, ma alla fine dei conti, era il re dei sottoni e aveva il sospetto che, con l'arrivo della sua principessa, la situazione sarebbe anche peggiorata.
"E poi" proseguì il forestale "c'è un piccolo regalo" "Sarebbe a dire?"
Francesco salì i due gradini del casotto d'ingresso e porse la mano a sua moglie per aiutarla a salire. Lei, titubante, salì le scalette con attenzione, guardandosi anche attorno per capire cos'altro avesse da tirare fuori dal cilindro. "Bentornata a casa!" proclamò l'uomo, fiero. "Non … non capisco" "Non mi andava che la palafitta finisse nelle mani di qualcuno che la usasse solo per fare profitti e snaturare questo posto riempiendolo di turisti che non lo rispetterebbero. Così … così l'ho comprata" "Cosa?" "Sì, lo so, avrei dovuto consultarti, ma volevo che fosse una sorpresa e poi ero sicuro che per te fosse importante quanto lo è per me e non mi avresti mai detto di no"
Emma si guardò intorno, guardo le acque smeraldine di quel lago baciato dal sole, il verde ancora brillante degli alberi e qualche larice qua e là si tingeva d'oro, la caserma nascosta tra gli alberi e la chiesetta a ridosso della spiaggia, là dove era iniziato tutto. Per quanto gli resistevano, quel lago si era legato a loro a doppio nodo, li attirava sempre a sé in un modo o nell'altro.
Emma accarezzò il viso del marito delicatamente, emozionata. "Come avrei potuto dire di no"
Non importava quanto avrebbero dovuto stringere la cinghia per far quadrare i conti, con tutte le spese che avevano affrontato e il mutuo già aperto: quella casa sul lago, si poteva azzardare, era parte integrante della loro famiglia, non si poteva lasciarla indietro. 
"Sarà il nostro rifugio per quando vorremo staccare da amici invadenti e figli capricciosi" puntualizzò Francesco, abbracciando sua moglie. "Nostra figlia non è nata neanche da 3 giorni e già hai già voglia di staccare?" protestò Emma. "Sia mai …" scherzò l'uomo alzando le mani in alto, la voce scurita quel tanto che bastava a far tremare le gambe della moglie "puntualizzavo semplicemente sul fatto che potrebbe tornarci utile in futuro…"
"Mamma! Papà! Perché non entrate?" domandò Leonardo, affacciandosi sulla banchina. Luna, la compagna fidata di Leonardo, uscì dalla palafitta, avvicinandosi ad Emma per farle le feste. La donna si inginocchiò e altrettanto fece Francesco che prese la cucciola tra le braccia, accarezzandola per tranquillizzarla. "Cosa c'è Luna?" domandò Emma alla lupacchiotta che, scodinzolando freneticamente, annusava indiavolata a ripetizione quel batuffolino, avvolto nella copertina bianca che Rosa aveva sferruzzato per l'occasione, Emma e Francesco, per sincerarsi che l'odore fosse lo stesso e facesse parte anche lei del suo branco "Chi è? Chi è? È Sole, la sorellina di Leo!" "Brava Luna!" la gratificò Francesco per essere rimasta tranquilla di fronte alla piccola.
"Dai mamma andiamo dentro!" insistette Leonardo. "Sì, eccomi, quanta fretta" rispose Emma, rialzandosi.
Uno scroscio di applausi e grida li accolse sul terrazzo "SORPRESAAAA!!!". C'erano tutti. Giulio, Isabella e Klaus, Huber e la sua famiglia, la piccola Mela in braccio al suo papà e Valeria. "Ma cosa …? Vale!" esclamò Emma, dirigendosi verso la sua amica "Dovevo capirlo che c'era il tuo zampino!" "Nasce la mia nipote preferita e secondo te non trovo cinque minuti di tempo per andare a trovarla in ospedale?" domandò ironica Valeria, accarezzando la testolina di Sole che, ancora sazia dall'ultima poppata, non aveva fatto una piega al trambusto della festa a sorpresa organizzata per lei. Valeria confessò alla sua migliore amica di essere stata impegnata a complottare con Francesco ed era fondamentale che le stesse lontana per non far saltare la sorpresa. "Mi perdoni?" implorò. "Solo se mi prometti di non nascondermi più niente" "Promesso!" assicurò la forestale, che corse con la mano a stringere quella del commissario che stava al suo fianco. Ad Emma quel particolare non sfuggì, sebbene Valeria non fece nulla per evitare di essere il più plateale possibile. "No! Non mi dire?!" La forestale annuì, sorridente. La giovane etologa, lasciando la figlia tra le braccia del marito, corse ad abbracciare i suoi amici. Aveva tanto penato per loro e, sebbene sospettasse che ci fosse stato un riavvicinamento o anche qualcosa di più, come le aveva suggerito il marito qualche giorno prima, aveva quasi perso ogni speranza di vederli un giorno insieme. Il suo istinto glielo diceva che stavano bene insieme e, che nel loro essere scombinati, casinisti e chiassosi, sarebbero stati in grado di trovare un equilibrio tutto loro.
"Poi mi devi raccontare tutto" "Spero non i dettagli intimi …" si raccomandò Vincenzo, mentre le due donne erano in un mondo tutto loro. "Soprattutto i dettagli intimi, commissario" lo prese in giro Emma, strizzando l'occhio furbescamente. Il commissario avrebbe voluto controbattere, ma Francesco, avvicinandosi, gli ricordò che era inutile provarci perché contro due donne - Emma e Valeria in particolare - un uomo non avrebbe mai avuto l'ultima parola.
Tutti, a turno, vollero prendere la nuova mascotte della comitiva in braccio. La sua mamma non poteva che essere orgogliosa della sua piccolina, che era entrata nelle grazie di tutti - eccetto di Mela, che guardava con timore quella piccoletta che le rubava le attenzioni degli adulti, ma con il tempo avrebbe imparato anche lei a volerle bene. Francesco era meno d'accordo con questa staffetta, lui che avrebbe voluto tenere la piccola tutta per sé, quasi come fosse una reliquia da mostrare e manipolare con cura.
"Non te la sgualciamo, non ti preoccupare" lo prese in giro Vincenzo, all'ennesima raccomandazione di fare attenzione. Valeria, al suo turno, l'aveva accolta tra le sue braccia con l'emozione e lo stupore di chi non aveva mai visto un neonato in vita sua. Isabella, scherzosamente, le ricordò di essere già zia e di aver accudito Mela quasi fin dal primo giorno, ma la donna fece finta di non sentire. C'era qualcosa di speciale in quella piccolina: era come se tutto l'amore dei suoi genitori emanasse da lei, diffondendo un'aura di pace e serenità in chi l'abbracciava. Forse si era rammollita da quando era tornata a casa, da quando aveva iniziato a prendersi cura di Mela e soprattutto da quando Vincenzo aveva iniziato a far parte della sua vita, ma poteva giurare di aver sentito una fitta allo stomaco quando, mentre teneva la piccola Sole tra le sue braccia, Vincenzo la cinse alle spalle, per vezzeggiare la piccolina con dei versetti e qualche piccola carezza.
"È proprie na bellezza, vero?" "Un angioletto" commentò, estasiata. Quando si era presa cura di Mela, neonata senza la mamma, aveva provato poco inconsciamente il desiderio che fosse sua, ma era ben consapevole che non poteva cambiare lo stato delle cose e, man mano che la bimba cresceva, diventava sempre più evidente che Carmela era figlia di Vincenzo e di Eva, la somiglianza non mentiva e, grazie anche al rapporto migliorato tra i due, la bambina stava iniziando a legare con la madre e lei non poteva mettersi tra di loro. In quel momento però, un altro genere di allarme le risuonò in petto: voleva un bambino tutto suo, che fosse per lei quello che era Sole per Francesco ed Emma. Sapeva che era troppo presto, ma sentiva anche che era giusto e, con un po' di pazienza, ci sarebbe arrivata. Lei che aveva aspettato quasi un anno per lasciarsi andare, ora voleva tutto e lo voleva subito: non si riconosceva ma, in un certo senso, andava bene così; non si era mai sentiva così viva.
"U-una gioovane e u-un veecchio empion la c-c-ccasa e il tetto" esclamò Huber, osservando il commissario in atteggiamento così intimo con Valeria. Nessuno dei due aveva fatto proclami ufficiali, ma si stavano comportando in maniera così naturale che nessuno aveva avuto dubbi, nemmeno il poliziotto che a volte era un po' lento ad intuire certe cose.
"Uèè! Vecchio a chi?" si indignò Vincenzo, alzando la voce. "Sshhhh che mi svegli la bambina!" lo rimproverò Francesco, approfittando del momento di vaga concitazione per riappropriarsi della piccola, che per i suoi gusti aveva passato troppo tempo in braccio ad estranei. Emma, seduta su una panca a parlare con suo fratello e Klaus lo guardava ridendo sotto i baffi. Se lo era immaginato tante volte con il loro bambino tra le braccia e certo, lo vedeva protettivo e dolce, ma non aveva mai pensato ad una deriva così adorabile e buffa, quasi comica. Un gigante buono in scacco a quello scricciolo che stava quasi in una sua mano.
Mentre i grandi facevano un brindisi e chiacchieravano, Leo, un po' annoiato, sfuggì al controllo dei grandi entrando nella casetta. Mela era troppo piccola per giocare con lui, il gioco che stavano facendo i figli di Huber non lo conosceva, Klaus stava sempre appiccicato ad Isabella, e Luna se ne stava spaparanzata al sole mezza addormentata. Su quella palafitta ci aveva passato l'inizio dell'estate, il tavolino vicino alla stufa spenta era il suo banco per disegnare quando fuori pioveva e il lettone lo aveva spesso accolto per le pennichelle del pomeriggio quando per ripararsi dal caldo non bastava l'ombra della tettoia del terrazzo. Tutto era rimasto pressappoco com'era, poca roba era stata portata nella casa nuova. Non c'erano più le cataste di legna per la stufa o gli attrezzi di Francesco. Sul letto, a pancia in su e con le braccine sopra la testa, la sorellina dormiva tranquilla, contornata dai cuscini usati a mo' di protezione. Il bambino si avvicinò quatto quatto, in punta di piedi. Non capiva perché dormisse così tanto. Da quando l'aveva conosciuta l'aveva vista sì e no un paio di volte con gli occhi aperti. Salì sul letto e non gli fu molto difficile perché non era molto alto. Non voleva darle fastidio, la mamma e il papà erano stati chiari a riguardo, ma guardarla sì, sperando magari che la sua presenza bastasse a svegliarla o ad attirare l'attenzione di qualcuno. Non sapeva nemmeno cosa fosse la gelosia, ma le attenzioni che tutti rivolgevano a lui e Mela ora erano tutte le per la nuova arrivata ed era decisamente strano. Non era un bambino che cercava attenzioni particolari, ed Emma e Francesco non gli facevano mai mancare le coccole, ma l'esclusività dei mesi trascorsi già gli mancava. Guardava la sua sorellina dormire e pensava che le sue compagnucce sarebbero state molto invidiose; le accarezzò il visino ed era calda, morbida, non era più rugosa e rossastra come il pomeriggio che l'aveva conosciuta, le si avvicinò per posarle un bacio sulla fronte, come gli aveva insegnato Emma e aveva un buon profumo, il profumo di casa al mattino, di colazione. Gli piaceva: era decisamente molto più umana e vera dei bambolotti con cui giocavano le bimbe a scuola.
"Che fai Leo?" Emma stava sulla porta d'ingresso, con un piattino in mano. Leonardo, temendo di essere rimproverato scese di scatto dal letto. "Non ho fatto niente" "No amore non ti stavo sgridando" gli si avvicinò la donna, inginocchiandosi davanti a lui "C'è la torta e non ti trovavo…nocciola e pistacchio, come piace a te. La vuoi?"
Il piccolo annuì ma, mentre uscivano, lasciò per un istante la mano della madre e si voltò. "Che c'è?" "A Sole non la diamo la torta?" "No amore, Sole è ancora troppo piccola, non ha nemmeno i dentini. Per ora solo il latte …" "Poverina…" esclamò il piccolo, sconsolato "…non sa che si perdere"
Emma lo guardò sbalordita dal vedere il piccolo ometto che era diventato, ricordando com'era stato portarlo in casa famiglia, solo, impaurito, ferito, bisognoso di qualcuno che gli disse che anche lui, come tutti i bambini del mondo, aveva diritto a qualcuno che gli volesse veramente bene.
Forse fisicamente aveva poco a che fare con loro, eppure più lo vedeva, e più, in lui, rivedeva sé stessa e rivedeva Francesco. Era figlio loro.
 
Erano andati tutti via, persino il sole aveva abbandonato il lago per far posto alla luna nuova che, con uno spicchio appena visibile, si mostrava nel cielo sopra il lago.
Mentre Emma nel cucinino sistemava gli avanzi del piccolo rinfresco da portare via, Leo giocava con Luna, lanciandole una pallina affinché gliela riportasse.
"Leo ricordati che siamo su un lago" si raccomandò il padre, mettendo via nello sgabuzzino alcune assi di legno che avevano usato come tavolo di fortuna. "Emma io non capisco che bisogno c'era di mandare via tutti. Alla fine ti sei dovuta rimboccare tu le maniche per mettere a posto" "Non ti preoccupare, non sto facendo nulla di che … e dopo due giorni e mezzo d'ospedale mi va proprio di fare qualcosa di normale" "Fatti aiutare almeno" si mise in mezzo il marito, prendendole il vassoio di paste dalle mani "Lascia!" esclamò Emma, divertita, tirando uno scappellotto scherzoso sulla mano dell'uomo "Se vuoi aiutarmi vai a controllare Sole" "Molto volentieri" sentenziò Francesco, posando un bacio sulla guancia della moglie
La bambina era sveglia ma silenziosa, una manina chiusa a pugnetto davanti alla bocca e gli occhi che si muovevano come fosse concentrata a distinguere e seguire con lo sguardo i suoni che sentiva intorno a lei. Francesco si chinò su di lei, per posarle un bacio fugace sulla fronte calda. Le sorrise mentre Sole, forse infastidita dalla barba del padre, strofinava le braccine sul viso. "Dorme?" domandò Emma dal cucinino. "No, ma è tranquilla"
Al forestale piaceva pensare che avesse riconosciuto istintivamente quel luogo fondamentale per la sua famiglia, il posto dove era nata ed era casa tanto quanto il maso in cui non era ancora stata. "Andiamo principessa" sussurrò, come se fosse una cosa solo per loro, tra padre e figlia e la piccola dovesse mantenere il segreto "ti faccio vedere una cosa". Francesco avvolse Sole nella copertina che le avevano messo addosso e la strinse a sé: a quelle alture, la temperatura scendeva sempre notevolmente dopo il tramonto. Camminando lentamente, come se avesse paura di agitarla con gli scricchiolii del legno sotto i suoi passi, uscì all'esterno dove Leo se ne stava allungato sul terrazzo, la testa che sporgeva dal parapetto e Luna che aveva la coda e le orecchie ritte, in allerta di fianco al suo padroncino.
"Leo che fai? Via da lì" lo richiamò, mentre il sangue che gli si era gelato nelle vene riprese a scorrere. "La palla è caduta in acqua" "Ti avevo detto di fare attenzione! È troppo buio per riprenderla adesso …"
Con attenzione Francesco fece due scalini della gradinata che scende verso il lago e si sedette. Di fronte a lui, le acque nere del lago e il cielo blu con la luna che sorgeva ad est. Tutto, dalle montagne agli alberi si era colorato di una tinta tra il blu e l'argento, e il riflesso della luna si allungava tra le leggere increspature della superficie dell'acqua che una leggera brezza stava movimentando. Le stelle, ad una ad una, spuntavano in cielo come tante piccole luci, man mano che la notte diventava più profonda.
"Leo, vieni qui" disse a suo figlio, che ci aveva messo poco a riprendersi dalla delusione per la pallina smarrita ed insieme alla sua migliore amica aveva trovato comunque il modo di divertirsi, provando ad insegnarle a giocare ad Un Due Tre Stella, nella più totale perplessità della lupacchiotta che non capiva perché dovesse rimanere ferma. "Troviamo le costellazioni insieme alla sorellina?"
Leo corse di fianco al padre e Luna, che era la sua ombra, le corse dietro, rimanendo leggermente in disparte ma abbastanza vicina da controllare Leonardo e anche la piccolina, che l'affascinava ma al tempo stesso doveva ancora inquadrare con precisione. Insieme, padre e figlio si divertivano a passare le sere d'estate ad imparare i nomi delle stelle e delle costellazioni, seduti in giardino con le teste e i nasi all'insù, approfittando della lontananza dal centro abitato e dalle luci artificiali.
"Ma Sole è troppo piccola!" fece notare Leonardo "Non sa nemmeno cosa sono le costellazioni!" "E tu cosa ci stai a fare?" lo pungolò il padre "È a questo che servono i fratelli maggiori … glielo devi spiegare tu" "Alloraaa" esordì il bimbo "quei puntini bianchi sono le stelle e tante stelle vicine nel cielo fanno formano come dei disegni e si chiamano costellazioni. Va bene così papà?" Francesco alzò il pollice, facendo l'occhiolino. Per avere 5 anni era un bambino estremamente sveglio ed intelligente.
"Quello è Pesago!" esclamò Leo, dopo aver scrutato per un po' in silenzio, indicando sopra le loro teste con tutto il braccio. "Pegaso" lo corresse Francesco "e comunque sì. Bravissimo! E a fianco cosa c'è? Le vedi quelle stelle che sembrano una croce?" "Sì … il Cigno!" "Sei diventato più bravo di me" Leonardo sorrise, soddisfatto. Francesco però si accorse che era sudaticcio e, con le temperature che scendevano di molto la notte a quelle altezze era meglio non correre rischi. "Vai da mamma e metti il giacchino, per favore" dopo un po' di rimostranze, riuscì a convincerlo. "Va beeeneee" fece la lagna, ancora convinto di non sentire freddo "Vieni Luna"
"Hai visto che bravo tuo fratello, eh Sole? Penso proprio che sarà lui ad insegnarti un sacco di cose al posto mio …"
Ma la piccola, tra le braccia del suo papà, aveva finito per addormentarsi di nuovo. Francesco le coprì le manine e anche la testolina con la copertina, posandole di nuovo un bacio sulle manine e sulla fronte. Non sapeva fare altro, ma il suo visino placido, il profumo dolce e quell'espressione di assoluta calma e amore erano dei tirabaci naturali. Più gliene dava e più non riusciva a resistere, una dolce condanna a cui non si sarebbe sottratto.
"Quando tuo fratello Marco era piccolo aveva paura del buio" prese a raccontarle, di getto, anche se non l'avrebbe sentito e non avrebbe capito "per aiutarlo avevo attaccato tante stelline fluorescenti sul soffitto della sua camera. Ma noi siamo più fortunati, la tua mamma aveva ragione … qui ce le abbiamo vere … non dobbiamo avere paura di niente. E poi abbiamo due angeli custodi speciali che ci vegliano. Imparerai presto a volergli bene anche se non li hai conosciuti."
Marco e quell'angioletto che non avevano mai conosciuto avrebbero continuato a far parte delle loro vite, comunque, di questo era fermamente convinto. Qualche anno prima, l'idea che rifarsi una vita potesse significare dimenticarsi di chi non c'era più lo terrorizzava e lo bloccava, obbligandosi a rimanere fisso in quel passato che era fonte di dolore. Ma poi aveva capito che si poteva andare avanti portando con sé il ricordo, senza che questo procurasse dolore. Ci sarebbero stati giorni in cui sarebbe stato più difficile, ma ora si rendeva conto di quanto nel vuoto e nel silenzio era anche peggio.
"Che meraviglia!" esclamò Emma, uscendo e andando a sedere di fianco a Francesco sulla scalinata. Leonardo stava un gradino più in basso, in mezzo alle gambe della madre. Luna, impaurita dal buio e dall'acqua, non osava, per una volta, seguire il suo compagno: se n'era rimasta sul terrazzino, alle spalle di Francesco, accucciata come se non volesse vedere Leonardo fare una cosa tanto pericolosa.
"Cosa?" le domandò il marito "Le stelle?" Si guardarono per qualche istante, in silenzio, sorridendo furbescamente. Scoppiarono a ridere al riferimento che entrambi avevano colto. La prima volta che si erano trovati insieme su quel terrazzo Emma fece un commento sul paesaggio che sembrava un complimento verso l'uomo che non era certo passato inosservato. Lei aveva corretto il tiro, non senza imbarazzo, spiegando di riferirsi alle stelle. "Noi la nostra stella ce l'abbiamo qua … è lei la nostra meraviglia. Anzi" si corresse, accarezzando la testa di Leonardo che si accucciato sulle sue gambe come fossero un cuscino "siete tutti voi la mia meraviglia" "E tu la nostra" dichiarò Francesco. Emma arrossì visibilmente, anche alla luce rossastra del lampione che illuminava la terrazza, correndo altrove con lo sguardo, sminuendo la lusinga del marito.  "Emma parlo sul serio. Nessuno di noi sarebbe qui senza di te … ti ricordi com'ero io quando ci siamo conosciuti, sì?" Emma quasi avrebbe voluto dimenticare quell'uomo burbero e solitario che sopravviveva, apatico, non accettando di dare un significato ai suoi giorni, che si crogiolava nel senso di colpa e nel rimorso. Quanta fatica per riportarlo nel mondo dei vivi … lei non poteva accettare che lui, che aveva molti più anni a venire di lei, si rifiutasse di andare avanti, lei che di voglia di vivere ne aveva da vendere ma sentiva il countdown farsi più veloce ed inevitabile. Si era scoperta innamorata ma avrebbe fatto anche un passo indietro, voleva solo che trovasse un qualcosa per cui valesse la pena vivere: che non fosse lei, poco importava. Ed invece, per qualche miracolo o allineamento di stelle, era stata proprio lei.
 
Io credo che il segreto
È respirare mentre tutto va come deve andare
Troppe parole non servono a niente
Ma un'esplosione nel cuore cura la mente
Perché un abbraccio è come guardarsi dentro
Perché pelle su pelle io mi perdo
E andare via da noi vuol dire strapparsi
Guardare i nostri pezzi sparsi tra i passi
 
E Francesco ne era convinto: senza di lei, non avrebbe mai accettato di prendersi cura di Leonardo e, abbastanza ovviamente, non ci sarebbe mai stata Sole. Sarebbe rimasto un ex ufficiale dell'esercito, congedato per motivi di salute e prestato alla forestale altoatesina per non essere riformato. Solo e senza alcuno scopo, avrebbe lasciato scorrere il tempo in attesa di non si sa bene cosa. Della fine, probabilmente.
"Te l'ho sempre detto" ribatté la donna, incrociando il suo braccio con quello del marito "hai il brutto vizio di buttarti giù. Tu hai deciso di accettare quello che io avevo da offrirti. Non sei mai stato tipo da poter obbligare a fare nulla, o sbaglio?" L'uomo scosse la testa, lasciandosi andare ad un timido sorriso. "Una relazione si vive in due, nei momenti belli e in quelli brutti, quindi abbiamo entrambi colpe e meriti.." continuò lei "in questo momento però preferirei concentrarmi sui meriti. Ne abbiamo fatta di strada dalla prima volta che ci siamo ritrovati su questa terrazza!"
"Papà!" esclamò Leonardo "ci siamo scordati di quella cosa!!!" "Che cosa?" chiese Emma, ma il piccoletto, con la manina davanti alla bocca, le intimò il silenzio, alzandosi e correndo in palafitta.
"È un piccolo regalo" spiegò il marito "lo abbiamo fatto ieri pomeriggio, quando siamo venuti a sistemare qui per la festa" "Siete terribili insieme" decretò Emma, frastornata, scuotendo la testa "non posso lasciarvi soli un attimo…"
Tornando Leonardo le portò una scatolina di cartone semplice, una di quelle avanzate dai confetti che Emma aveva preparato per nascita di Sole, con un semplice fiocchetto di corda anziché il nastrino rosa. Emma lo aprì, ma le mani le tremavano come se davanti a sé avesse la custodia un diamante o un gioiello prezioso.
Dentro c'era un Tao, una piccola croce francescana, che pendeva da una collanina di corda. "L'ho fatto io con papà" affermò orgoglioso Leonardo "mi ha raccontato la storia di questo signore che non aveva paura dei lupi e allora io gli ho detto che nemmeno noi abbiamo paura dei lupi, vero papà?" "Per niente" Francesco aggiunse che allora gli era venuta l'idea di fare quella collanina che sentiva rappresentarli.
"Va beh che ti chiami Francesco, ma non avrai mica la presunzione di paragonarci al fraticello d'Assisi…" ironizzò Emma. "No" rispose il marito "ma si può dire che come lui tu hai salvato questo vecchio lupo cattivo"
Emma sospirò, sorridente, non staccando un attimo lo sguardo dall'uomo. Con le labbra pronunciò un ti amo, muto, come capitava a volte quando erano in mezzo ad altra gente e voleva un momento solo per loro due. Indossata la collana, appoggiò la testa sulla spalla del marito, guardando la loro bambina il cui visino addormentato spuntava dalla copertina, accoccolata com'era contro il petto di suo padre. Anche Leo stava iniziando a cedere. Era ora di spegnere le luci, chiudere le porte con catene e lucchetti ed andare via, tornare alla loro nuova casa e alla loro nuova vita.
"Vogliamo andare?" suggerì Francesco, a mezza voce, quasi impaurito di svegliare tutto quello che dormiva intorno. "Ancora cinque minuti".
L'uomo annuì, posando un bacio fra i capelli di sua moglie. Conosceva bene quella sensazione, la condivideva, la sentiva dentro ogni cellula del suo corpo: quel bisogno viscerale di fare il pieno della magia del lago. Delle sue luci, anche di notte, dei suoi rumori, anche nel pieno del silenzio, dei suoi odori, della sua calma. Alzò lo sguardo verso il nero della notte: verso il lago che gli aveva fatto compagnia in innumerevoli serate solitarie, cercando di poter sparire in quelle acque, verso quel cielo trapunto di stelle che era l'unico spiraglio di luce e speranza. Spesso gli aveva fatto paura, non un sollievo ma un'oppressione, ma considerava di meritarsi quella sorta di purgatorio sulla terra. Ora tutto era diverso: non era solo, aveva abbattuto ogni paura e si sentiva bene. Non aveva riavvolto la sua vita daccapo, come in un sogno, no, tutto quello che era accaduto era vero, e aveva fatto male. Stava andando avanti e non per sentirsi bene, ma per sentirsi vivo.
Ne era sicuro: non poteva esserci più vita di quella che era lì, davanti a lui, tra le sue braccia, gli stringeva la mano, profumava di latte e di cannella e lo avrebbe tenuto stretto, al meglio delle sue possibilità.

 
Chissà, chissà
Se noi casomai
Ci riconosceremo
Anche più in là
Chissà, chissà
Come sarà
Trovarsi non è mai per caso
Per questo amore
Non ti farò andar via
Adesso amore, non ti farò andar via


 


Angolo dell'autrice

Salve a tutti! Siamo arrivati alla fine della storia. Emma e Francesco hanno finalmente avuto quel lieto fine che meritavano. Ma la loro vita non finisce qui, perché entrambi sono attaccati alla vita e hanno lottato per vivere, dacché si sono incontrati sulle sponde di quel lago che li ha fatti innamorare.
Per questo la mia idea è di non lasciarli qui. Di tanto in tanto voglio aggiungere degli extra ( qui il link) a questa storia, per vedere come continua la loro vita e quella della loro tribù. Fatemi sapere cosa ne pensate di questa idea e anche della storia, ora che è conclusa.
A presto! La vostra 
crazyfred

 
   
 
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