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Autore: Cassidy_Redwyne    14/04/2021    1 recensioni
L’anonima Sheltz Town, dove Rufy e Zoro s’incontrano per la prima volta, è sul punto di diventare teatro di una rivolta.
Per salire di grado Morgan Mano d’Ascia sarebbe pronto a tutto, anche a mettere in pericolo i suoi cittadini attirando una delle flotte più potenti di tutti i mari, interessata all’antico segreto dell’isola, proprio a Sheltz Town.
I cacciatori di taglie di Riadh sono abili, spietati e senza scrupoli. E del tutto impreparati ad affrontare una flotta di tale calibro. Quello che Morgan non ha messo in conto, però, è che pirati e cacciatori di taglie potrebbero mettersi in combutta alle sue spalle. E potrebbero essere gli unici in grado di portare un po’ di giustizia.
***
Per poco non cadde a terra. Spalancò la bocca, la mascella sospesa a mezz’aria.
La faccia squadrata. Gli occhi non particolarmente svegli. I ridicoli capelli biondi.
E l’altro. Capelli corvini e lentiggini.
I pirati a cui aveva intenzione di dare la caccia avevano appena bussato alla sua porta.
***
«Voglio che Zoro si unisca alla mia ciurma» esclamò il ragazzino gioviale.
Riadh strabuzzò gli occhi. «Non se ne parla nemmeno! Giù le mani dai miei cacciatori di taglie!»
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Morgan, Nuovo personaggio, Roronoa Zoro
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO I

“I was born without this fear
Now only this seems clear
I need to move, I need to fight
I need to lose myself tonight”


«Il solito?» domandò l’omaccione dietro al banco, urlando per riuscire a farsi sentire al di sopra del brusio.

«SÌ!» gridò Aibell in risposta.

Quella sera nel locale c’era un tale putiferio che a nulla erano valse le minacce del barista di cacciarli tutti fuori. Solo l’aver menzionato un ipotetico intervento della Marina aveva appena acquietato il cicaleccio degli avventori, che però non erano affatto intenzionati a zittirsi.

Il principale argomento delle loro conversazioni era uno solo: l’avvistamento di una famosa flotta pirata al largo dell’isola.

In una cittadina insignificante come quella, una notizia del genere aveva fatto subito scalpore. I cacciatori di taglie non si erano fatti pregare e, riuniti nelle bettole più malfamate della città, discutevano animatamente sulle imboscate che avrebbero potuto tendere ai membri del rinomato equipaggio, se mai si fossero di nuovo palesati, dato che, dopo quell’unico avvistamento, la ciurma sembrava scomparsa nel nulla.

Aibell, dal canto suo, poteva capirli. Le taglie che pendevano sulle teste di quei pirati erano da far girare la testa. Era certa che la maggior parte dei buzzurri presenti lì dentro non sapesse neanche leggere cifre contenenti tutti quegli zeri. Ma, nonostante quelle taglie la tentassero non poco, il motivo per cui lei quella sera si trovava nel locale era un altro. Stava cercando di informarsi.

Diffidente com’era di natura, non riusciva a gioire appieno di quella notizia senza pensare alle ragioni che potevano esservi dietro. C’era qualcosa sotto, ci avrebbe scommesso. Perché, altrimenti, una flotta di tale fama si sarebbe diretta proprio su un’isola come Sheltz Town? Insignificante come uno sputo nella vastità del Mare Orientale, invisibile alle richieste d’aiuto dei suoi cittadini, stanchi tanto dei numerosi malfattori quanto del pugno di ferro con cui erano governati.

Le pubbliche relazioni, purtroppo, non erano il forte di Aibell. Era entrata nel locale con tutta l’intenzione di chiedere notizie a qualcuno, ma il suo carattere ombroso ben presto l’aveva relegata al bancone, da sola, chiusa nella sua corazza fatta di silenzio e occhiatacce ai pochi sventurati che incrociavano il suo sguardo.

Dopo un po’, stare lì senza avere nient’altro di meglio da fare che fumare e fissare il barista mentre serviva alcolici le aveva fatto venire una gran voglia di bere, così aveva ordinato qualcosa. Magari, aguzzando l’udito, avrebbe potuto origliare qualche conversazione e apprendere qualcosa di interessante. In caso contrario, il giorno dopo si sarebbe rivolta a Riadh.

Il suo loquace amico era sempre molto più informato di lei e non aveva mai nulla in contrario a rivelarle ciò che era venuto a sapere da questo e da quello, nei numerosi giri che aveva modo di frequentare in città. Anzi, era stupita di non trovarlo lì, quella sera, ma era un paio di giorni che non si faceva vedere in giro.

Mentre si guardava intorno, in attesa di qualcosa da buttar giù, Aibell udì una voce alticcia alle sue spalle.

Dal momento che era quasi sicura di essere l’unica donna presente nel locale, oltre alle cameriere, era probabile che si stesse rivolgendo a lei, quando disse: «Che ci fa una bella brunetta come te in questo postaccio?»

Aibell si voltò ed ebbe conferma dei suoi sospetti, ritrovandosi a fronteggiare uno dei tanti avventori di quella decadente bettola: che era ubriaco lo aveva intuito dalla voce e poté confermarlo dalla puzza d’alcol che emanava il suo alito pestilenziale. Capelli scuri, un accenno di barba, la pancia prominente che sembrava sul punto di strappare la camicia unta da un momento all’altro, la sciabola al fianco e un avviso di taglia che spuntava dalla tasca dei pantaloni andavano a completare la figura di quello squallido ubriacone.

La mano della ragazza si posò istintivamente sul suo fucile, ma poi pensò che attaccare briga in una serata già instabile come quella non fosse propriamente una buona idea.

E poi, si disse, poteva essere un cliente. Era venuta lì con tutt’altri piani ma, se il tizio avesse pagato bene, si sarebbe fatta andar giù anche la buzza e l’alitosi.

Ricambiò il saluto dell’uomo con un impercettibile cenno del capo e gli fece spazio vicino a sé.

Mentre le si avvicinava, ad Aibell cadde l’occhio sull’elsa della sua sciabola, riccamente decorata, con dei ghirigori dorati sulla manica e il pomolo color rosso rubino. Pensò distrattamente che fosse una bella arma, sprecata nelle sue mani. Probabilmente l’aveva rubata.

«Posso offrirti qualcosa?» domandò lui, lasciandosi cadere rumorosamente sullo sgabello accanto al suo.

Il barista sembrò venirle in aiuto, perché nel frattempo le aveva poggiato davanti la tanto agognata bevanda. Aibell la mostrò all’uomo, come a dire che avrebbe messo quella sul suo conto, e la tracannò a lunghe sorsate.

L’alcol puro e bruciante che le scese in gola fu in egual modo sgradevole e rigenerante, ma bastò a darle la forza di affrontare quel tizio repellente. Magari avrebbe potuto anche scucirgli qualche informazione ma, visto lo stato in cui versava, ne dubitava parecchio.

Poggiò il bicchiere sul bancone e si voltò risoluta verso di lui ma, nello scorgerla in viso, quello fece una faccia stupita.

«Hai pianto, piccola?»

Aibell strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, nel sentire com’era stata appena apostrofata, ma chiamò a raccolta tutta la sua capacità di sopportazione.

«No» disse, intuendo il perché di quella domanda.

Persino gli uomini con la vista annebbiata dall’alcol prestavano ai suoi occhi più attenzione del dovuto.

Dato che l’uomo non replicava, ma continuava a fissarla come imbambolato, la ragazza decise di saggiare il terreno. «Devi essere molto audace o molto stupido per venire qui a rivolgermi la parola. Sai, di solito la gente preferisce starmi alla larga» disse quindi, facendo un sorrisetto.

Alla sua affermazione, lui rise fin troppo sguaiatamente ma, per via del brusio presente all’interno del locale, nessuno gli destò particolare attenzione.

«Sono solo voci, lo sanno tutti» disse, e rise di nuovo.

Aibell si limitò a rimanere in silenzio, continuando a far finta di sorridere. Lei stessa all’inizio aveva creduto che si trattassero solo di coincidenze, diffuse da chi l’aveva più in antipatia.

Sistemandosi sullo sgabello traballante, l’uomo ne approfittò per farsi ancora più vicino, tanto che la ragazza poté sentire il suo respiro sibilante sul collo. Aibell deglutì a fatica, imponendosi di non muoversi, e decise di tentare il tutto per tutto. Prima che lui le offrisse un’altra bevuta, e chissà che altro. Prima che perdesse il contatto con la realtà. E prima che succedesse qualcosa che il mattino dopo avrebbe mandato giù a forza di pasticche.

«Sai nulla a proposito dell’arrivo di quei pirati in città?» buttò lì, attirando l’attenzione del barman, perché le portasse un altro bicchiere. Tanto valeva sfruttare il buzzurro fino in fondo.

L’uomo ridacchiò sommessamente, come se si trattasse di una cosa esilarante.

«Non c’è cacciatore di taglie a Sheltz Town che non ne parli, di questi tempi.»

«Ma perché proprio Sheltz Town?» borbottò lei, più a se stessa che a lui, percorrendo il bordo del bicchiere vuoto con la punta delle dita.

Non riusciva a capacitarsi del fatto che dei pirati con cifre esorbitanti stessero venendo proprio a bussarle alla porta di casa. Si sapeva che pirati del genere non giravano nel Mare Orientale. E, in ogni caso, se avessero avuto dei problemi con la nave o un urgente bisogno di un porto, c’erano isole molto più vicine. Ma allora...?

«La Gilda non starà con le mani in mano, così dicono.» L’uomo interruppe bruscamente il filo dei suoi pensieri. «Dovrebbero esserci più donne lì, non credi?»

Sospirò con aria sognante, mimando le curve femminili con le mani.

«Già.» Aibell distolse lo sguardo, e si sforzò di non assumere un’espressione troppo disgustata.

La Gilda di cacciatori di taglie di Riadh era ormai da diverso tempo nelle grazie della Marina, e i due organi erano in stretto rapporto di collaborazione. Anzi, per usare un’espressione che Aibell aveva sentito più e più volte nelle bettole, Riadh era ormai la puttanella di Morgan. In ogni caso, il patto che l’amico aveva stipulato con quel folle d’un Marine gli aveva fruttato bene, e aveva fatto sì che la concorrenza venisse sbaragliata. I cacciatori della Gilda ricevevano notizie di prima mano e tutti gli altri – lei compresa – arrancavano a stare loro dietro. A maggior ragione, era convinta che Riadh possedesse qualche informazione utile. Avrebbe parlato con lui di quella faccenda al più presto.

Il barista, nel frattempo, le aveva portato un’altra bevuta e lei, dopo aver agitato il bicchiere davanti al suo nuovo amico con espressione innocente, vi si era attaccata come se non bevesse da settimane.

«A proposito di voci» fece lui, avvicinandosi ancora di più, tant’è che il resto della frase le venne pronunciato nell’orecchio. «Tra i cacciatori di taglie ne gira anche un’altra, sul tuo conto... Be’, mi auguro che sia vera.»

Aibell sospirò. Un sospiro lungo e ambiguo, come se avesse voluto essere scopata lì e in quel momento, o avesse voluto sbattergli in testa il bicchiere e andarsene via, o forse tutt’e due le cose.

Prima che avesse il tempo di comunicare le sue intenzioni, però, lui le aveva già poggiato una mano sulla coscia nuda.

Fu un attimo. Un’immagine.

 
Un corpo riverso a terra, nel buio.
Un colpo di pistola.
Il sangue che si allarga in una pozza, s’infila nelle fessure dell’acciottolato, scorre lungo la strada.
 

La ragazza si pietrificò all’istante e, dimentica di tutti i suoi propositi, reagì d’istinto.

Ignorò la tentazione di ricorrere al fucile che aveva al fianco e afferrò con entrambe le mani il polso dell’uomo, frenando il percorso che le sue dita stavano compiendo verso il suo inguine con un brusco movimento, che provocò un croc che lasciava ben poco all’immaginazione.

«Cazzo!» berciò l’uomo, afferrandosi il polso dolorante con l’altra mano ed allontanandosi di scatto da lei.

Nel brusco movimento, il suo sgabello cadde a terra con un tonfo ed Aibell percepì le teste di tutti gli avventori voltarsi all’unisono nella loro direzione.

Vedendo come l’ubriacone indietreggiava, senza staccarle gli occhi di dosso, gli uomini intorno ripresero a parlottare, lo sguardo sempre fisso su di loro. Non era difficile immaginare quale fosse l’attuale argomento di conversazione, ma la ragazza ormai ci aveva fatto il callo.

«Schifosa puttana» sibilò l’uomo, guardandola come se avesse voluto sputarle in faccia.

Per un attimo, Aibell pensò che l’avrebbe fatto davvero. Invece, dopo averla maledetta sottovoce più e più volte, uscì a passo di carica dal locale, scortato dal rumoroso vociare dei presenti.

Aveva ancora gli occhi fissi sull’uscita dal quale l’uomo si era appena dileguato, quando il barista si schiarì la voce e attirò la sua attenzione.

Voltandosi e incrociando il suo sguardo, Aibell vide che era piuttosto seccato.

Lei ricambiò l’occhiata con quanto più odio riuscì a mettere insieme, si alzò in piedi, rimise al suo posto lo sgabello caduto e, dopo aver lasciato qualche berry sul bancone, imboccò l’uscita senza proferire parola.

 

Era furente, mentre procedeva a grandi passi per le vie deserte della città, e percepiva ancora sulla pelle il tocco dell’uomo, mentre le faceva strisciare la sua lurida mano sulla gamba. Sempre meglio di ciò che aveva visto dopo, in ogni caso.

Sbuffò. Ecco come finiva sempre per mettersi nei guai, per l’appunto cercando di evitarli.

Oltretutto, per aver reagito d’istinto ed aver attirato l’attenzione in quel modo, la sua già dubbia reputazione ne aveva risentito. Del giudizio degli altri se n’era sempre fregata, ma era almeno la decima locanda in cui dava spettacolo e da cui veniva cacciata e, se fosse andata avanti così, di lì a poco avrebbe dovuto trasferirsi.

Sapeva che la gente avrebbe parlato. Di nuovo. Non che le importasse più di tanto, ma forse era davvero lei ad avere qualche problema con gli altri, e non tutto il resto del mondo ad avercela con lei, come credeva inizialmente. Ma c’era poco da fare. Lei amava i combattimenti con le spade, le bevute al bar in compagnia e le taglie dei pirati alla sua portata. Non era come Alma, che era la prima persona che le veniva in mente quando pensava ad una brava ragazza dalla faccia pulita, e dubitava lo sarebbe mai stata. Ma non era quello, o il fatto che girasse con un fucile d’assalto per le vie di Sheltz Town, suscitando le ire dei Marines della zona, il vero problema.

A segnare irrimediabilmente la sua reputazione, in quello schifo di posto, era stata lei.

Si era sempre detta che erano coincidenze, ma avevano iniziato ad accadere spesso. La gente aveva iniziato a parlare, a fare collegamenti, e adesso era difficile evitare le occhiatacce e le offese quando camminava per la strada e veniva adocchiata da qualcuno. Certo, quelli che rimanevano vivi poi tornavano sempre, altrimenti non le avrebbero attaccato quell’etichetta per il vizio di cui persino quello squallido ubriacone, giù al bar, era a conoscenza.

A essere sincera, nemmeno lei andava molto fiera di quel passatempo. Eppure, era un modo per fare soldi facili molto più sicuro della caccia ai pirati, considerando quanto si fosse fatta spietata di recente la concorrenza tra i cacciatori di taglie. E poi, per lei era qualcosa di liberatorio. Un attimo di sollievo, una doccia d’acqua gelata che la inondava, le schiariva le idee e da cui usciva piacevolmente svuotata. Ma, se c’era una cosa che quella doccia non le toglieva, era lo sporco, che si faceva sempre più consistente sulla sua pelle, nonostante fosse invisibile agli occhi di tutti gli altri.  

Sentirsi schifosamente sporca era l’unica cosa che aveva in comune con lei e quello che le mostrava ogni notte. All’una e all’altra cosa, di solito, si sottraeva facendo semplicemente finta che non esistessero, o impasticcandosi prima di andare a letto. Forse, si disse, le due cose erano collegate. Forse era proprio lei il vero motivo per cui aveva iniziato a prostituirsi.

Qualcosa ruppe il corso dei suoi pensieri, mentre camminava nel buio, senza una vera meta.

Si imbatté all’improvviso in una figura riversa a terra, immobile in mezzo alla strada, che catturò la sua attenzione e in un attimo fece tabula rasa nella sua mente.

Sembrava morta, e Aibell ne ebbe la conferma vedendo la pozza di sangue in cui giaceva.

Non era certo la prima volta che, in mezzo alle risse dei cacciatori di taglie, ci scappasse il morto. Se volevano evitare le punizioni della Marina, certo, gli assassini dovevano essere molto discreti. Quello di lui doveva essersi dileguato già da un pezzo.

Stava già scavalcando il cadavere, quando un dettaglio attirò la sua attenzione.

Il pomolo rosso rubino della sua sciabola.

Aibell si pietrificò. Poi, con un’immagine di morte che le si agitava dietro le palpebre e il cuore in gola, non poté fare altro che avvicinarsi all’uomo per esaminarne il volto.

I capelli scuri, il mento con un accenno di barba... con il cuore in tumulto, riconobbe i lineamenti dell’uomo con cui aveva parlato al locale. Non dovette neanche controllare la ferita. Sapeva che era morto per un colpo d’arma da fuoco.

Merda.

Si allontanò di scatto, come se avesse preso la scossa. Cercò di controllare il tremito che si era impossessato delle sue mani, ma gli arti sembravano non risponderle.

No, era impossibile, si disse. Era solo una coincidenza. Un’altra.

Il suo corpo stava reagendo a quelle parole, rendendo il tremito più controllabile, ma dentro di sé sentiva che quella che si stava raccontando, tentando di autoconvincersi, era solo una menzogna.

Non sono solo voci.

Si portò le mani alla bocca e soffocò un singhiozzo. Qualcosa, dentro di lei, non riusciva a farle staccare gli occhi da quelli vitrei dell’uomo, rimasti aperti. Sembrava che la stessero accusando.

Corse via soffocando un grido, dopo solo un momento di esitazione, e non si voltò indietro.
 


Ciao!
 
Una piccola nota: spero di riuscire ad aggiornare a cadenza settimanale, ma da lunedì mi toccheranno dieci giorni di isolamento per il ritorno in campus e temo che li sfrutterò tutti per mettermi a studiare sul serio :P Ma cercherò di fare del mio meglio!
 
Due paroline su questo capitolo (sì, in confronto al prologo è tipo uno sputo, mi dispiace ç-ç). Mi serviva un capitolo a sé per presentare il personaggio di Aibell, che spero vi abbia lasciato un pochino di curiosità (so che tutto appare moolto confuso, ma le spiegazioni arriveranno)! È legata a Riadh e Alma, che avete già conosciuto nel prologo, ed è un personaggio piuttosto delicato da trattare, come credo abbiate intuito, quindi mi auguro di non fare un casino. In ogni caso, le sue “doti” potrebbero davvero far comodo a qualcuno nella ciurma del Babbo ;)  Ma non specifico quali doti, lol.
 
Mi scuso perché fino al capitolo 3/4 non ci saranno volti noti D: Era per presentare al meglio le ambientazioni, i personaggi originali e le loro relazioni, ma spero di non annoiarvi troppo. Continuo a scusarmi per ogni cosa ma sono leggermente nel panico, dato che ho iniziato a progettare questa storia nel 2014 (se non addirittura prima) e da allora davvero tante cose sono cambiate, sia nel manga che nel fandom :) Cerco di stare aggiornata il più possibile ma mi sembra che la storia sia “datata”, non so se mi spiego XD
 
Ringrazio di cuore _Fenixx per la bellissima recensione e per aver messo la storia tra le seguite. Grazie davvero! Ringrazio anche chi le ha silenziosamente dato un’occhiata, non me l’aspettavo! E, se vorrete lasciare un parere in futuro, qualsiasi esso sia, ve ne sarò profondamente grata.
 
Un bacio,

Cassidy.

  
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