Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Cassidy_Redwyne    26/04/2021    0 recensioni
Le uniche cose che mandano avanti Sarah con i cavalli, dopo dieci anni, sono la grinta e la voglia di non arrendersi.
Il suo maneggio è un ricovero per cavalli problematici, dove il suo istruttore Michele prova a dare un'altra chance ad animali maltrattati e destinati al macello. Dire che i cavalli che montano gli allievi sono difficili, insomma, è un eufemismo.
Amiche in maneggio? Neanche l'ombra. Tutte le ragazze lì hanno un loro beniamino, un cavallo al quale sono più affezionate e con cui hanno uno splendido rapporto di fiducia. Questo genere di cavallo manca a Sarah: vorrebbe un vero amico, uno su cui poter contare e con cui creare un vero legame... possibile che in un cavallo "assassino", esuberante, difficilissimo da gestire, considerato pazzo e poco affidabile si nasconda il tanto atteso candidato?!
[note: un bel po' di gergo equestre!]
Genere: Avventura, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Aprii lentamente gli occhi e mi accorsi di essere sdraiata. 

Tastai la superficie su cui ero distesa e scoprii che era morbida. Ero su un letto. 

Le pareti bianche, la stanza silenziosa, la tenda che mi divideva da un altro paziente... in un attimo capii. Ero in ospedale.

«Ti sei svegliata.» 

Alessia era seduta vicino al mio letto, con il volto pallido e i capelli tutti spettinati.

«Perché sono in ospedale?» chiesi, meravigliandomi di come la mia voce fosse impastata. «Io sto benissimo.»

«Sei svenuta» mormorò la mia amica molto lentamente. «Ti ci hanno portata per sicurezza.»

Sbattei le palpebre, mettendomi seduta. Ora ricordavo: la confusione del traffico, i capricci di Paprika, quel tonfo sull'asfalto, Benedetta...

«Come sta?!» esclamai. «Benedetta... Come sta?»

Alessia mi fissò a lungo, prima di sospirare.

«È viva.»

Mi si tolse un peso dal cuore. In quelle condizioni, sanguinante e immobile sulla strada, avevo subito pensato al peggio. Sospirai di sollievo.

«È viva, ma ha subito dei gravi danni» continuò Alessia, abbassando lo sguardo. «Il cap probabilmente le ha salvato la vita, ma le radiografie hanno rivelato un trauma cranico, una gamba spappolata e diverse costole fratturate. Una di esse le ha quasi perforato un polmone, e ha rischiato un'emorragia interna.»

Il mio sollievo svanì in un attimo. Giusto. La mia amica aveva detto "È viva", non "Sta bene". Non che ci tenessi a lei, anzi, la odiavo, ma non ero così cattiva da augurarle una brutta fine.

«I medici sono sicuri che si rimetterà, ma i tempi potrebbero essere molto lunghi» concluse lei.

«Mi dispiace...» dissi con sincerità. «I genitori di Benedetta potrebbero anche far causa a Michele. Non è colpa sua, ma era sotto la sua responsabilità» riflettei.

«I suoi genitori conoscono Michele, sono sicura che non farebbero una cosa del genere. Li ho visti discutere con lui, prima. Erano a pezzi, ma non sembravano arrabbiati. È il destino di Paprika che mi preoccupa. Le ha quasi sfatto una gamba. Era fuori di sé» rispose la mia amica.

La rividi cadere addosso a Benedetta, alzarsi, graffiata e sanguinante, e scappare via sulla strada, galoppando spaventata con gli occhi strabuzzati. Il rumore dei suoi zoccoli ferrati sull'asfalto, che lasciavano impronte insanguinate, mi risuonò straziante nella mente. Trattenni a stento un gemito, con la testa fra le mani.

Alessia mi posò una mano sulla spalla, e la sentii trattenere un singhiozzo.

Non era facile nemmeno per lei. Non era facile per nessuno.

 

I miei genitori mi vennero a prendere in ospedale, quel pomeriggio.

Mentre camminavo a testa china nel corridoio, incrociammo Michele. 

I miei si fermarono a parlargli ma, prima di rivolgersi a loro, lui mi rivolse un'occhiata strana, quasi volesse supplicarmi. Lo conoscevo abbastanza bene per capire all'istante cosa significasse quello sguardo. Ma io non avevo alcuna voglia di raggiungerlo al maneggio, non dopo tutto quello che era successo.

Dopo essersi salutati, i miei genitori proseguirono e, prima che potessi seguirli, il mio istruttore mi bloccò un braccio.

«Sarah... ho bisogno che tu venga in maneggio.»

«Non voglio» mormorai, fissando il pavimento. «Non mi va proprio.»

«Sarah, ti prego.»

Mi liberai dalla sua stretta ferrea e lo fulminai con lo sguardo. Non era l'unico a stare male.

«Ho detto che non mi va» sbottai, correndo via per raggiungere i miei.

 

Il resto della giornata lo passai chiusa in camera, a faccia in giù sul letto.

Non potevo credere che Michele potesse essere così egoista. Sebbene si comportasse spesso in modo infantile, aveva ventun'anni, non era un bambino e di conseguenza non doveva comportarsi in quel modo.

Mi rigirai fra le lenzuola, con gli occhi sbarrati.

«Sarah! È pronta la cena» annunciò mia madre dal corridoio, senza aprire la porta.

«Non ho fame» borbottai per tutta risposta.

Lei sospirò e sentii i suoi passi rimbombare sulle scale al piano di sotto.

Sospirai a mia volta. 

Dannato Michele. 

Avevo le idee abbastanza chiare su cosa avrei fatto il giorno dopo.

***

Il maneggio era silenzioso come non lo era mai stato, quella mattina. Non uno scalpiccio di zoccoli sullo sterrato, non un nitrito, non il solito chiacchiericcio delle cavallerizze tipico della mattina.

Si udiva solo il masticare dei cavalli nei loro box.

Alla fine, spinta da non so esattamente quale sentimento, avevo deciso di venire. 

Michele era seduto sulla panca del Club House, e come immaginavo, c'era anche Alessia. Vicino a lei era seduta una delle tante amiche di Benedetta. C'eravamo solo noi.

«Ciao Sarah, alla fine sei venuta!» mi salutò Michele con un sorriso forzato.

Annuii, sedendomi vicino a loro.

«Mi aiutate a dare il mangime ai cavalli in paddock? Ho nutrito solo quelli nei box» chiese poi, alzandosi e facendoci cenno di seguirlo.

Mentre camminavamo lungo la strada che costeggiava i paddock, diretti al fienile, prendemmo un po' di distanza dal nostro istruttore.

«Ha costretto anche te, immagino» dedusse Alessia, parlando a voce bassa.

«Certo. Lo odio quanto si comporta in modo così infantile.» 

«Sarà anche infantile... ma non è niente male! Se fossi un po' più grande...» bisbigliò l'amica di Benedetta, lanciandoci un'occhiata d'intesa, che mi lasciò di stucco. Michele era come un fratello per me e non avevo intenzione di vederlo in altro modo.

Mentre Alessia rideva a crepapelle dopo la sua affermazione, un nitrito improvviso ci costrinse a voltarci. 

In uno dei paddock più distanti dal maneggio, in preda al nervosismo, con il manto sporco e trasandato, c'era un enorme cavallo baio. Glory.

«Cosa ci fa lui qui?» esclamai, indignata, voltandomi verso le altre due ragazze: anche loro erano ammutolite e dovevano saperne quanto me.

Corsi fino a raggiungere Michele, che nel frattempo stava preparando le porzioni di fieno da dare ai cavalli.

«Michele? Cosa ci fa qui Glory?» domandai, stupita e piuttosto irritata.

Lui si voltò verso di me e per un attimo negli occhi gli balenò un lampo colpevole.

Lo fulminai con lo sguardo. «Non doveva andarsene? È un cavallo peric...»

«È stata Benedetta a convincermi a tenerlo un po' più del necessario» spiegò lui, sospirando.

Sgranai gli occhi. Non mi sarei mai aspettata che il mio istruttore si facesse manipolare da una ragazzina.

«Stai scherzando? Ma...»

«Aveva promesso che se ne sarebbe occupata e che non lo avrebbe montato» continuò lui. «Ma adesso ha avuto l'incidente, e prima di una settimana i padroni di Glory non tornano per portarlo... beh, sai dove.»

Scossi la testa con enfasi. «Allora chiama i padroni di Glory! Fallo portare via!»

Lui si alzò in piedi, scuro in volto. Era disprezzo, quello che gli leggevo nello sguardo?

«Davvero? Vuoi sul serio che lo macellino?» Anche il suo tono si era fatto più astioso. «Non so te, Sarah, ma io non mi sento così a posto con la coscienza pensando alla fine che farà quel cavallo, che adesso è qui, da noi, che non avremo mosso un dito per aiutarlo. Benny aveva avuto un'idea geniale, seppur pericolosa. Voleva riscattare quel cavallo! Se fosse riuscita a rieducarlo, avremmo potuto tenerlo. In fin dei conti, il nostro non è un maneggio che salva cavalli dal macello?»

Rimasi in silenzio, colpita dalle sue parole. Glory era un cavallo davvero pericoloso, ma forse, piano piano, se ci fosse stata una minima possibilità di cambiarlo... la pensata di Benedetta dopotutto non era così stupida. Probabilmente lei avrebbe voluto rieducarlo solo per potersene vantare a vita, ma di fondo era una buona idea.

E poi non riuscivo a togliermi dalla mente l'espressione con cui mi stava guardando Michele. Mi fissava con puro disprezzo perché, come mio solito, avevo parlato senza riflettere abbastanza. Non volevo che mi guardasse in quel modo. Benedetta mi guardava così, non il mio istruttore.

«Va bene» mormorai, fissandolo dritto negli occhi.

Lui mi fissò senza capire.

«Mi occuperò io di quel cavallo. Al posto di Benedetta» dissi molto chiaramente.

Era fatta.

 

Perché l'ho fatto... Perché sono così irrimediabilmente stupida?

Era questo che pensavo da qualche minuto, da quando Michele mi aveva guardato con sincera sorpresa e mi aveva consegnato il secchio di mangime destinato a Glory. 

Dovevo cominciare a guadagnarmi la sua fiducia partendo dal cibo e quindi ero qui, con le gambe tremanti e in preda al panico, a darmi della stupida e a pensare al fatto che non sarei più potuta tornare sui miei passi. Avevo fatto la mia scelta.

Entrai nel paddock di Glory scavalcando la staccionata. Lui era a pochi passi da me e mi fissava a occhi spalancati e narici ben dilatate.

Io non ho paura di lui, pensai convinta, cercando di non fissarlo negli occhi.

«Guarda cos'ho qui, bello» esclamai con voce incrinata, tuffando la mano nel suo secchio e tirando fuori una manciata di mangime.

Il cavallo drizzò le orecchie ed emise un nitrito. Io mi avvicinai pian piano, la mano con il mangime ben tesa davanti a me. 

Ma, appena fui a pochi passi da lui, Glory indietreggiò appiattendo le orecchie.

«Glory, avanti. Vieni qui» dissi dolcemente, facendo per avvicinarmi. 

Ma lui si comportò esattamente come prima e io rimasi immobile, abbandonando le braccia lungo i fianchi e facendo quindi cadere il mangime a terra. Non potevo arrendermi, avevo appena cominciato, ma già sentivo di non essere in grado di rieducarlo.

Presi un'altra manciata di mangime e questa volta mi chinai a terra, proprio davanti a Glory. Tesi la mano in avanti e lo chiamai. 

Lui fece qualche incerto passo in avanti, sempre molto distante da me, e allungò il collo più che poté per arrivare al mangime. Era sinceramente comico, dovetti ammettere, quando riuscì a sfiorarmi le dita con il labbro, cercando disperatamente di mangiare. Feci un passo in avanti e finalmente poté mangiare quasi normalmente dalla mia mano.

«Sembri una giraffa, lo sai, Glory?» ridacchiai. 

La mia risata, però, ebbe l'effetto di spaventarlo e si allontanò di nuovo. Sospirando, mi alzai in piedi e mi diressi al secchio per prendere un'altra manciata di mangime.

«Sto cercando di rieducare... un cavallo assassino.»

Quel pensiero lo avevo solo formulato, ma dovevo avergli  dato voce senza che me ne rendessi conto. Mentre mi chinavo sul secchio, la mia mente correva veloce: speravo solo di non finire come il suo precedente cavaliere, lo speravo davvero. 

«È un killer.»

Mi bloccai un attimo, sorpresa da un movimento alle mie spalle. 

Voltandomi, vidi Glory venirmi incontro. Appena smisi di parlare però, abbassò la testa al suolo e iniziò a brucare, ignorandomi.

«... Killer» ripetei a voce un po' più alta. 

Glory alzò la testa, e contro ogni previsione, fece qualche passo in avanti, verso il secchio, verso di me.

Sorpresa, afferrai il secchio con entrambe le mani e mi avvicinai, continuando a chiamarlo. Lui rimase immobile, finché non gli poggiai il secchio a terra e abbassò il collo per mangiare. 

Mi sedetti immobile sull'erba, osservandolo mentre tuffava il muso nel secchio, e sorrisi impercettibilmente. Mi era stato detto che quando si chiamava una persona per nome era come parlare direttamente al suo cuore, infondendogli coraggio e fiducia.

Killer.

Che questa cosa valesse anche per i cavalli?

 

 

Salve a tutti! Siamo entrati finalmente nel vivo della storia.
Mi rendo perfettamente conto che l'ultima parte è un po' surreale: i cavalli di solito non rispondono al loro nome (soprattutto quando non è il loro, lol) ma, come si vedrà dai prossimi capitoli, sarà proprio questo avvenimento a determinare la scelta del "vero" nome di Glory, che immagino abbiate già capito. Ho cercato e cercherò sempre di rendere la storia il più verosimile possibile, ma in questa parte non potevo! Comunque sia,  spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Un bacio e a presto,

Cassidy.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Cassidy_Redwyne